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Quando la delega di funzioni viene data (validamente) a un preposto

Come noto, l’art.16 c.1 del D.Lgs.81/08 prevede che la delega “da parte del datore di lavoro” possa essere conferita solo ad un soggetto che “possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate”.
Sotto il profilo dei poteri, poi, la delega di salute e sicurezza deve attribuire “al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate”, nonché “l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate”.
A ciò si aggiunga, inoltre, che, all’interno del Titolo I del D.Lgs.81/08, gli obblighi delegabili da parte del datore di lavoro sono quelli contenuti all’interno dell’articolo 18, che elenca specificatamente gli “obblighi del datore di lavoro e del dirigente”.
Tutte queste considerazioni conducono (opportunamente) i datori di lavoro, per motivi fin troppo intuitivi perché vi sia necessità di soffermarvisi, a conferire le deleghe di funzioni di salute e sicurezza principalmente a coloro che rientrano nella definizione di dirigenti ai sensi dell’art.2 del D.Lgs.81/08, in maniera fisiologica rispetto al sistema delineato da tale decreto.
Tuttavia, sebbene il dirigente sia evidentemente il destinatario naturale di un atto di traslazione di poteri e obblighi datoriali (sempre fatta eccezione ovviamente per quelli indelegabili), la giurisprudenza non esclude la possibilità che una delega di funzioni attribuita ad un preposto possa - al ricorrere delle necessarie condizioni - essere ritenuta valida.
Poiché la delega di funzioni è uno strumento atto a trasferire obblighi che gravano a titolo originario sul datore di lavoro, allorché il preposto dovesse accettare una delega ai sensi dell’art.16 del D.Lgs.81/08, egli avrà da un lato gli obblighi previsti dall’art.19 del medesimo decreto in qualità di preposto (sovrintendere e vigilare, segnalare le situazioni di pericolo etc.) gravanti su di lui a titolo originario e, in aggiunta ad essi, gli obblighi datoriali oggetto della delega di funzioni, che il preposto assumerà a titolo derivativo.
Una sentenza di due settimane fa circa ( Cassazione Penale, Sez.III, 26 settembre 2025 n.32030) si è occupata di questo tema, confermando la condanna della datrice di lavoro A. “ritenuta responsabile delle contravvenzioni a lei ascritte, di cui all’art.112, comma 1, 159, comma 2, lett.b), D.Lgs.n.81/2008, a lei contestate nella “qualità di datore di lavoro della impresa E.E. Srl”, unite per il vincolo della continuazione.”
L’imputata ha ricorso in Cassazione lamentando “la erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art.16 D.Lgs.81/2008 e art.43 cod. pen. essendo stata asseritamente del tutto omessa ogni valutazione sul documento prodotto dalla difesa relativo alla delega di funzioni che il datore di lavoro avrebbe conferito al preposto, B., dotandolo di autonomia organizzativa e potere di spesa rispetto allo specifico cantiere dove le violazioni sono state accertate.”
Dunque, secondo la ricorrente, la motivazione della sentenza di primo grado “sarebbe quindi errata sia perché la delega non è stata ritenuta efficace in violazione dei requisiti, pur sussistenti, espressamente richiesti dalla legge, sia perché comunque su tale documento decisivo prodotto dalla difesa il giudicante ha omesso di confrontarsi compiutamente.”
Nel rigettare il ricorso dell’imputata, la Suprema Corte ha anzitutto precisato che “il Tribunale ha desunto dal piano operativo di sicurezza allegato all’udienza del 20 ottobre 2022, l’individuazione di A., amministratrice unica della società, quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione, e il dipendente B. quale addetto alla lotta antincendio e gestione del Pronto soccorso (presente sul cantiere al momento del controllo), pur se dai testi della difesa indicato quale ‘preposto’ al cantiere.”
In particolare, il Tribunale “ha, altresì, ritenuto la delega di funzioni ostesa dalla difesa priva dei requisiti necessari ad escludere la responsabilità dell’imputata, e ciò in quanto priva della delega del potere decisionale, come, peraltro, testualmente risultante dalla comunicazione inviata al dipendente B. da cui il riferimento al responsabile aziendale A.”
La Cassazione ha dato ragione al Tribunale, il quale “ha rammentato, inoltre, che per giurisprudenza costante, l’esistenza su un cantiere di un preposto, in difetto di una delega espressamente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri ed autonomia decisionale, e di una sua particolare competenza, non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro, essendo a suo carico, peraltro neppure in maniera esclusiva, solo il dovere di vigilare a che il lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione, comportandosi in modo da non creare pericolo per sé e per gli altri (Sez.4, n.24055 del 01/04/2004, Rv.228587).”
La sentenza qui da ultimo espressamente richiamata ( Cassazione Penale, Sez.IV, 1° aprile 2004 n.24055) aveva affermato, in un caso analogo a quello che stiamo analizzando, che in queste situazioni “i problemi da esaminare sono, quindi, due: il primo è di individuare la natura del rapporto tra datore di lavoro e preposto; il secondo è di valutare se in questo caso sia egualmente necessaria la “delega” per esonerare da responsabilità il datore di lavoro.”
In tale ottica, “in ordine al primo punto non vi è dubbio che il preposto sia pur sempre un lavoratore subordinato alle dipendenze del datore di lavoro, il quale è tenuto a tutti gli obblighi previsti dalle leggi generali (art.2097 c.c.) e da quelle speciali per garantirne l’incolumità, o quanto meno per assicurare quei mezzi, che - tranne comportamenti assolutamente imprevedibili del lavoratore - siano idonei a tutelare la sicurezza del lavoro da parte dei dipendenti.”
Passando ad esaminare il “secondo punto, la giurisprudenza costante di legittimità ha ritenuto che “in tema di infortuni sul lavoro l’esistenza sul cantiere di un preposto - salvo che non vi sia la prova rigorosa di una delega espressamente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri ed autonomia decisionale, e di una sua particolare competenza - non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro, essendo a suo carico (peraltro, neppure in maniera esclusiva quando l’impresa sia di dimensioni molto modeste) soltanto il dovere di vigilare e che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione, comportandosi in modo da non creare pericolo per sé e per gli altri”.
Tornando al caso di specie oggetto della nostra analisi e quindi alla responsabilità della datrice di lavoro A., la Cassazione, dopo aver ricordato che “l’imputazione attiene a violazione di obblighi del datore di lavoro”, ha a questo punto chiarito che una delega può sì astrattamente essere conferita da un datore di lavoro ad un preposto, ma che per essere valida devono sussistere tutti i requisiti elencati dall’art.16 del D.Lgs.81/08.
Con riferimento agli obblighi oggetto dell’imputazione nel caso specifico, la Corte ha sottolineato che, “se è vero che si tratta di obblighi delegabili rispetto ad uno specifico cantiere o unità produttiva a un preposto, occorre però che in base alla articolazione aziendale tale delega assuma i crismi della necessità e si fondi sulle esigenze organizzative dell’impresa per cui il datore di lavoro non può prendersi in carico tutte le realtà aziendali, operanti magari a distanza di luogo e contemporaneamente.”
Sotto questo profilo, infatti, “le condizioni perché una delega di funzioni sia efficace oltre ad afferire al conferimento di poteri effettivi di autonomia gestionale e di potere di spesa presuppongono che il datore di lavoro non si sia intromesso, o non abbia assunto specifici obblighi di vigilanza proprio sull’operato del delegato e sulle violazioni che risultano oggetto di rimprovero”.
Su questo specifico punto, la Corte ricorda che il ricorso dell’imputata “si limita a rilevare che era presente un preposto correttamente delegato, e si invoca quindi il principio di diritto per cui sia formalmente che in concreto le contravvenzioni contestate non erano rimproverabili al datore di lavoro.”
Ma tale ricorso, secondo la Cassazione, non tiene conto “dell’insegnamento di questa Corte di legittimità per cui il datore di lavoro può invocare la causa di esclusione della punibilità in forza di delega efficace ove trattasi di azioni o omissioni avvenute sul luogo di lavoro per le quali non poteva esercitare un capillare e quotidiano controllo.”
Infatti “la documentazione organizzativa del cantiere dimostra, al contrario, come nella specie, che questo quotidiano e capillare controllo il datore di lavoro aveva assunto su di sé come obbligo specifico”, per cui “la delega invocata non rileva.”
In conclusione, “nel caso di specie quindi la organizzazione aziendale, articolata in una distribuzione di responsabilità in parte delegate, vedeva lo stesso datore di lavoro coinvolto e doverosamente investito della conoscenza dello stato del cantiere anche nei suoi dettagli (in termini Sez.4, n.51455 del 05/10/2023 Ud. (dep.28/12/2023) Rv.285535-01: “In tema di sicurezza sul lavoro, la delega di funzioni, disciplinata dall’art.16 D.Lgs.9 aprile 2008, n.81, non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro sul corretto espletamento delle funzioni trasferite, ma, afferendo alla correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato, non può avere ad oggetto il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni”.”
E dunque, aveva avuto ragione il Tribunale nell’affermare che “il destinatario delle norme di cautela antinfortunistica contestate doveva essere il datore di lavoro, essendo del tutto irrilevante e ininfluente l’esistenza di un preposto di cantiere delegato, avendo mantenuto il datore di lavoro un ruolo di vigilanza attiva su ogni aspetto riguardante la prevenzione infortuni”.
Vi sono poi vari casi, in giurisprudenza, in cui i datori di lavoro adducono, quale argomentazione difensiva, il fatto di aver conferito una delega di funzioni ai sensi dell’art.16 del D.Lgs.81/08 ad un preposto, senza però essere in grado di dimostrare tale conferimento o di dimostrare la sussistenza dei requisiti necessari per la validità della stessa (e, forse, confondendo la delega di funzioni con l’individuazione dei preposti, che è tutt’altra cosa).
Vale la pena subito precisare, a questo proposito, che, come ricordato da Cassazione Penale, Sez.III, 28 marzo 2018 n.14352, “la delega di funzioni, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità, deve essere dimostrata da chi l’allega”, su cui ricade, quindi, l’onere della prova (su questo punto, rinvio al precedente contributo “ La prova dell’esistenza della delega: chi deve fornirla e in che modo”, pubblicato su Puntosicuro del 13 febbraio 2020 n.4635).
Ciò premesso, nel caso di specie trattato da tale pronuncia, “l’imputato non ha dimostrato in alcun modo di aver conferito una delega di funzioni al preposto”, dal momento che “è mancata la prova della delega di funzioni sia essa mediante produzione di documento scritto, sia provata aliunde, sicché correttamente la Corte d’appello ha ritenuto che essa non fosse mai stata conferita dal [datore di lavoro] al preposto.”
E ancora, con Cassazione Penale, Sez.IV, 2 ottobre 2019 n.40276, la Corte si è pronunciata sulle responsabilità del datore di lavoro A.N. per il reato di omicidio colposo ai danni della lavoratrice F.E.
Si era verificato, in particolare, che la lavoratrice “F.E. - nel corso di un’operazione di posa di manto stradale in asfalto - aveva attraversato la strada in corrispondenza della parte posteriore di un compressore stradale a due rulli che stava procedendo in retromarcia, dal quale veniva investita riportando lo schiacciamento dell’arto inferiore sinistro, lesione dalla quale derivava la sua morte”.
L’imputato A.N. è stato condannato in primo grado e assolto poi dalla Corte d’Appello.
Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Milano ha ricorso avverso la pronuncia assolutoria, avendo “rilevato il difetto della motivazione in ordine alla efficacia della delega di funzioni rilasciata al preposto, negata dal primo giudice per carenza dei requisiti di forma (data certa e attribuzione di autonomia di spesa in capo al delegato), essendosi trattato, nella specie, della semplice nomina del R.M. (coimputato che ha definito separatamente la sua posizione con sentenza ex art.444 cod. proc. pen. al pari di R.A., conducente del macchinario) quale preposto.”
Dopo aver ricordato che la Corte d’Appello “sembra aver ritenuto operativa una delega delle specifiche funzioni in esame al preposto”, la Cassazione ha annullato con rinvio per un nuovo giudizio tale sentenza assolutoria.
Ciò in quanto, secondo la Suprema Corte, “nessuna delega, valida secondo i principi sopra richiamati, era stata conferita al preposto, sul punto avendo pure il Tribunale conclusivamente, quanto correttamente, rilevato la mancata osservanza dell’obbligo datoriale di vigilare sul soggetto delegato, tenuto conto delle caratteristiche dell’azienda e delle sue dimensioni”.
Dunque la sentenza di assoluzione della Corte d’Appello è stata annullata con rinvio per nuovo giudizio, in quanto essa “ha del tutto omesso di esaminare l’aspetto della questione attinente ai requisiti di una delega valida e di analizzare in chiave critica l’ulteriore argomento utilizzato dal Tribunale per ritenere integrata la violazione contestata nell’imputazione, direttamente collegata alla mancata vigilanza da parte del soggetto delegante sull’attività del delegato, per il caso in cui si volesse considerare valida la delega opposta a difesa.”
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

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Rispondi Autore: Massimiliano ![]() | 09/10/2025 (06:18:58) |
In riferimento alle tematiche trattate dall'articolo, segnalo anche la sentenza n. 5322 del 10 febbraio 2020 pronunciata dalla Corte di Cassazione (Sez. IV Penale). |