Manomissione di cronotachigrafo: quale normativa si applica?
Da ultimo la stessa Corte di Cassazione aveva avuto modo di precisare con la sentenza n. 13937 del 22/3/2017 Pres. Di Tomassi, consultabile sul quotidiano del 3/4/2017, che la manomissione di un cronotachigrafo su di un mezzo aziendale, oltre ad integrare la violazione dell’art. 179 del Codice della Strada costituisce anche una omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro ex art. 437 c.p.. Nella sentenza che ora si commenta invece la stessa Sezione I penale della Corte suprema, nel rigettare il ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ha invece affermato che l’avvenuta applicazione dell’art. 179 del Codice della Strada, nella specifica ipotesi di un comportamento posto in essere da un conducente di un mezzo che abbia manomesso un cronotachigrafo, esclude la concorrente applicazione al medesimo soggetto della previsione incriminatrice di cui all’art. 437 del codice penale, in riferimento a quanto previsto dall’art. 9 della legge n. 689 del 1981.
Il caso, la sentenza del Tribunale e il ricorso in cassazione
Il GUP del Tribunale ha assolto, in rito abbreviato, l’autista di un autoarticolato imputato del reato di cui all'art. 437 cod.pen. accusato del reato di rimozione o omissione dolosa di cautele contro disastri o infortuni sul lavoro, per avere alterato il funzionamento del cronotachigrafo digitale esistente sul mezzo di trasporto, mediante l'apposizione di una calamita. Nella motivazione il GUP aveva evidenziato che era stata dimostrata dalla difesa l'avvenuta contestazione dell'illecito amministrativo di cui all'art. 179 comma 2 e comma 9 del codice della strada e il relativo pagamento della sanzione e che l'imputato inoltre aveva ammesso di aver collocato lui stesso lo strumento di alterazione.
Il GUP aveva ritenuto applicabile al caso la previsione di legge di cui all'art. 9 comma l della legge n. 689 del 1981, in virtù della specialità della norma che prevede la sanzione amministrativa rispetto a quella contestata in sede penale. Lo stesso giudice aveva osservato, in particolare, che la norma del codice della strada si riferisce a 'chiunque circola' e prevede la specifica alterazione del cronotachigrafo come condotta con cui si realizza l'illecito, mentre la disposizione dell'art. 437 del codice penale è formulata in termini più generali (danneggiamento di impianti destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro) per cui la disposizione del codice della strada rappresenta un «cerchio di raggio minore inserito totalmente all'interno di un cerchio di raggio maggiore costituito dalla norma di cui all'art. 437». Secondo il GUP inoltre non vi sarebbe stata una effettiva diversità dei beni giuridici tutelati.
Avverso la sentenza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero territoriale. Lo stesso ha dedotto una erronea applicazione dell'art. 9 comma 1 della legge n. 689 del 1981 e delle altre disposizioni coinvolte nella operazione interpretativa. Il ricorrente ha affermato in particolare che l'alterazione del cronotachigrafo è concetto più ampio di quello di danneggiamento, posto che per realizzare un danneggiamento è necessario che l'alterazione si sia protratta per un tempo apprezzabile, sì da divenire danneggiamento funzionale e che non vi è coincidenza nei beni giuridici tutelati, atteso che la norma del codice della strada è tesa a garantire la corretta circolazione dei veicoli e la norma penale invece è posta a tutela della pubblica incolumità per cui ha contestata la ritenuta esistenza di un rapporto di specialità tra le due disposizioni.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. La stessa ha premesso che sul rapporto tra le due disposizioni in esame è già di recente intervenuta la stessa Sezione con la sentenza n. 47211 del 22/5/2016 che, per un caso analogo, ha negata la ricorrenza del rapporto di specialità tra le due disposizioni in virtù della diversità dei beni giuridici tutelati (sotto il profilo della sicurezza dei lavoratori, quanto alla direzione funzionale dell'art. 437 cod.pen.) e in riferimento alla ritenuta diversità strutturale tra le due fattispecie.
E’ esatto, ha evidenziato la Corte suprema, che il contenuto della disposizione incriminatrice di cui all'art. 437 del codice penale sia di maggiore «ampiezza» posto che include come destinatari, essenzialmente, tutti i soggetti su cui gravi un obbligo di prevenire, tramite impianti, apparecchi o segnali, disastri o infortuni sul lavoro ma ciò non è sufficiente ad escludere che lì dove la condotta sia posta in essere, come nel caso in esame, dal conducente del mezzo (soggetto cui è pacificamente applicabile la previsione di cui all'art. 179 del codice della strada) si venga a determinare una evidente interferenza nel raggio di azione delle due previsioni di legge aventi portata sanzionatoria.
In effetti, non va trascurato, ha aggiunto la Sez. I, che la previsione dell'art. 437 del codice penale tutela la pubblica incolumità con specifico riferimento all'ambiente di lavoro, imponendo l'adozione dei necessari strumenti preventivi circa il rischio di disastri o infortuni, il che direziona l'ambito applicativo della norma verso la regolamentazione delle attività produttive o comunque di impresa. Tale aspetto pone in rilievo in modo del tutto diverso la condizione del «datore di lavoro» che imponga la manomissione degli strumenti di controllo rispetto a quella del conducente del mezzo. Nel primo caso, il datore di lavoro che realizzi o imponga l'alterazione di un apparecchio avente finalità di prevenzione degli infortuni, risponde del reato di cui all'art. 437 del codice penale, atteso che tale condotta rientra nella previsione tipica della «rimozione» perché per rimozione (aspetto diverso dal danneggiamento, che implica una modifica dell'oggetto) può intendersi anche l'attività diretta a frustrare il funzionamento dell'apparecchio. La punibilità ex art. 437 del codice penale deriva dalla semplice attività di rimozione e prescinde, per stare al caso in esame, dal fatto che il soggetto agente circoli su strada con il mezzo di trasporto.
Lì dove, di contro, l'attività di 'rimozione', per stare alla nomenclatura penalistica, sia posta in essere dal soggetto che utilizza quale conducente, contestualmente, il mezzo, come nel caso in esame, non può negarsi che la previsione dell'art. 179 del codice della strada incorpori tutte le caratteristiche obiettive del fatto (ossia il circolare con un veicolo munito di cronotachigrafo alterato). In tale seconda ipotesi, dunque, in aderenza ai principi di tipicità e specialità è da ritenersi che l'unica disposizione applicabile sia per quanto sopra detto, quella dell'art. 179 del Codice della Strada.
“Va pertanto affermato”, ha così concluso la suprema Corte, “che l'avvenuta applicazione dell'articolo 179 del Codice della Strada nella specifica ipotesi di comportamento posto in essere dal conducente di un mezzo, che abbia posto in essere l'alterazione del cronotachigrafo, esclude la concorrente applicazione al medesimo soggetto della previsione incriminatrice di cui all'art. 437 del codice penale in riferimento a quanto previsto dall'art. 9 legge n. 689 del 1981”.
Gerardo Porreca
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