La responsabilità dell’amministratore di società per mancate cautele antinfortunistiche
È una sentenza questa che può interessare le organizzazioni societarie quando c’è da stabilire la eventuale responsabilità per un infortunio accaduto a un proprio lavoratore dipendente. All’esame della Corte di Cassazione è questa volta l’infortunio di un lavoratore che aveva subito delle lesini gravi a una mano nel mentre stava utilizzando una sega circolare e avvenuto per avere azionato inavvertitamente l'interruttore di avvio del macchinario. Per l’accaduto erano stati condannati per lesioni gravi la Presidente della società di appartenenza e il proprio marito ritenuto gestore di fatto dell’azienda, per non avere assicurato le condizioni di sicurezza del macchinario e per avere omesso di verificare l'idoneità tecnico-professionale del lavoratore in relazione alle concrete funzioni dallo stesso esercitate.
La Presidente ha ricorso per cassazione sostenendo che della gestione del cantiere si occupava di fatto il proprio marito e ritenendo che non fosse necessaria l’attribuzione di una delega specifica dato il rapporto coniugale. Nel rigettare il ricorso perché ritenuto inammissibile, la suprema Corte ha preso lo spunto per richiamare dei principi della giurisprudenza di legittimità già espressi dalla stessa Corte in precedenti sentenze. In tema di sicurezza e di igiene del lavoro, ha infatti ribadito in merito la stessa, nelle società di capitali il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all'interno dell'azienda e quindi con i vertici dell'azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni. Tale principio, ha evidenziato la suprema Corte, è stato ulteriormente precisato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che è stato ribadito in altre espressioni che nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia.
Il datore di lavoro, ha ancora ricordato la suprema Corte, è il soggetto titolare del rapporto di lavoro il quale riveste una posizione di garanzia, indipendentemente dalla effettività dello svolgimento delle mansioni tipiche imprenditoriali e datoriali. Permane, dunque, in capo allo stesso la posizione di garanzia attribuitagli dalla legge, a meno che questi non abbia investito altri soggetti delle funzioni prevenzionistiche mediante apposita delega che nel caso in esame non era stata attribuita. Quindi, con riferimento alla gestione di fatto dell’azienda condotta dal marito, come sostenuto a propria difesa dall’imputata, ha ribadito il principio a mente del quale la titolarità solo formale della qualifica di amministratore di società, a cui fa capo il rapporto di lavoro con il dipendente, non costituisce causa di esonero da responsabilità in caso di omissione delle cautele prescritte in materia antinfortunistica.
Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni
La Corte di Appello, parzialmente riformandola in punto di pena, ha confermata la pronuncia del Tribunale che aveva dichiarato la Presidente di una società (unitamente al gestore di fatto dell’azienda) responsabile del reato di lesioni gravi, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, perché in cooperazione colposa tra loro, entrambi nella loro qualità di datori di lavoro, cagionavano a un lavoratore dipendente non contrattualizzato l'amputazione di due dita della mano sinistra. Nella specie, la vittima si procurava le lesioni utilizzando una sega circolare mentre toccava inavvertitamente l'interruttore di avvio del macchinario, il quale, iniziando a funzionare, ne attingeva la mano sinistra. I profili di colpa specifica ascritti agli imputati erano consistiti nell'avere omesso di mettere a disposizione del lavoratore attrezzature di lavoro oggetto di idonea manutenzione, al fine di garantirne l'utilizzo in condizioni di sicurezza e nell'omettere di verificare l'idoneità tecnico- professionale del lavoratore in relazione alle concrete funzioni dal medesimo esercitate.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore della Presidente della società che ha lamentata violazione di legge e vizio di motivazione, sotto il profilo della sua carenza, con riferimento alla sua posizione di garanzia. Nella vicenda in esame, infatti, era risultato pacificamente provato che colui che si occupava della gestione del cantiere edile, ove si sarebbe verificato l'infortunio, era il marito della stessa, apparendo altresì evidente che una delega, con la quale si fosse formalmente demandato a quest'ultimo il compito della supervisione, costituisse una anomalia, stante il rapporto di coniugio. La sentenza impugnata altresì, ha sostenuto l’imputata, oltre a non avere individuato il contributo causale fornito dalla stessa, non avrebbe motivato sulle innumerevoli contraddizioni emerse dalle dichiarazioni testimoniali, pur evidenziate nei motivi di gravame.
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato considerato inammissibile dalla Corte di Cassazione perché manifestamente infondato. La stessa ha posto in evidenza che la sentenza impugnata aveva affermato che lo svolgimento di fatto del ruolo di datore di lavoro da parte del marito non la esonerava dagli obblighi inerenti alla sua qualità formale di datore di lavoro, in quanto Presidente del Consiglio di Amministrazione della società, considerato altresì che la stessa non aveva rilasciata alcuna delega al coniuge, ma gli aveva consentito di disporre liberamente dei dipendenti e di organizzare in sua vece il lavoro nel cantiere svolto anche da ditte appaltatrici di singole opere. Quindi, secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità dell'imputata è stata correttamente fatta discendere dal principio in forza del quale in tema di sicurezza e di igiene del lavoro, nelle società di capitali il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all'interno dell'azienda, e quindi con i vertici dell'azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni.
Tale principio, ha così proseguito la suprema Corte, è stato ulteriormente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che, nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia, citando la sentenza della IV Sezione n. 8118 del 01/02/2017 con la quale la stessa Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del Presidente del Consiglio di amministrazione di una società per l'infortunio occorso ad un dipendente a causa della mancata manutenzione dei macchinari cui lo stesso era assegnato.
Ha sostenuto altresì la suprema Corte che, in tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità dell'amministratore della società, a cui formalmente fanno capo il rapporto di lavoro con il dipendente e la posizione di garanzia nei confronti dello stesso, non viene meno per il fatto che il menzionato ruolo sia meramente apparente, essendo invero configurabile, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 299 del D. Lgs. 8 aprile 2008, n. 81, la corresponsabilità del datore di lavoro e di colui che, pur se privo di tale investitura, ne eserciti, in concreto, i poteri giuridici. Il datore di lavoro, ha sottolineato ancora la Sezione IV, è il soggetto titolare del rapporto di lavoro, il quale riveste una posizione di garanzia, indipendentemente dalla effettività dello svolgimento delle mansioni tipiche imprenditoriali e datoriali. Permane, dunque, in capo allo stesso la posizione di garanzia attribuitagli dalla legge, a meno che questi non abbia investito altri soggetti delle funzioni prevenzionistiche mediante apposita delega e ha citato in merito la sentenza n. 2157 del 19/01/2022della Sez. IV, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “Sulla figura del datore di lavoro e sul principio di effettività”.
Deve essere quindi ribadito, ha così concluso la Corte di Cassazione, il principio a mente del quale “in tema di infortuni sul lavoro, la titolarità solo formale della qualifica di amministratore di società, a cui fa capo il rapporto di lavoro con il dipendente, non costituisce causa di esonero da responsabilità in caso di omissione delle cautele prescritte in materia antinfortunistica”. Alla declaratoria di inammissibilità è quindi seguita la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Gerardo Porreca
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