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La non responsabilità del Sindaco per violazioni in materia SSL

La non responsabilità del Sindaco per violazioni in materia SSL
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

06/05/2024

Con l'atto di individuazione di un dirigente pubblico come datore di lavoro ex art. 2 del d. Lgs. N. 81/2008 gli vengono trasferite tutte le funzioni datoriali, comprese quelle non delegabili, il che rende l’atto non assimilabile alla delega ex art. 16.

Al centro di questa sentenza della Corte di Cassazione c’è l’individuazione del datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni così come definito nell’art. 2 comma 1 lettera b) del D. Lgs. n. 81/2008, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, secondo cui “per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa”.

 

Nel caso in esame il Tribunale ha condannato il sindaco di un comune alla pena di giustizia per avere violato numerose disposizioni di sicurezza contenute nel D. Lgs. n. 81 del 2008 e concernenti in particolare la mancata redazione del documento di valutazione dei rischi, la mancata nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, la mancata nomina del medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria e la mancata informazione dei lavoratori circa i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro.

 

La difesa del sindaco ha fatto ricorso alla Corte di Appello che, qualificato lo stesso come ricorso per cassazione, lo ha trasmesso alla Corte suprema, sostenendo che il sindaco, ancor prima delle contestazioni fattegli, aveva provveduto, con un atto specifico, a individuare ritualmente quale datore di lavoro il dirigente comunale responsabile dell’area territorio e ambiente dotando lo stesso dell'autonomia di poteri di gestione e di spesa richiamando un indirizzo fornito dalla stessa Corte di Cassazione (sentenza Sez. IV n. 22415 del 12/05/2015) secondo il quale il sindaco, ove abbia provveduto all'individuazione dei soggetti cui attribuire la qualità di datore di lavoro, risponde per l'infortunio occorso al lavoratore solo nel caso in cui risulti che egli, essendo a conoscenza della situazione antigiuridica inerente alla sicurezza dei locali e degli edifici in uso all'ente territoriale, abbia omesso di intervenire, con i propri autonomi poteri, atteso che con l'atto di individuazione, emanato ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b) del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, vengono trasferite al dirigente pubblico tutte le funzioni datoriali, ivi comprese quelle non delegabili, il che rende non assimilabile detto atto alla delega di funzioni disciplinata dal medesimo art. 16.

 

La difesa del sindaco ha sottolineato d’altro canto nel suo ricorso l'errore di diritto in cui era caduto il Tribunale nel richiamare la disposizione sui poteri non delegabili, in quanto si trattava quella messa in atto non già di una delega ex art. 16 del D. Lgs. n. 81 ma di una designazione del datore di lavoro nell'ambito di una pubblica amministrazione, con la conseguente sussistenza quindi di un'autonoma posizione datoriale, cui dovevano ritenersi inapplicabili i limiti di delega di cui all'art. 17.

 

La Corte di Cassazione in considerazione delle osservazioni sopraindicate formulate dal ricorrente e del fatto altresì che il Tribunale non aveva tenuto conto della documentazione dallo stesso esibita, ha accolto il ricorso e ha quindi annullata la sentenza di condanna del sindaco senza rinvio in quanto i reati contestati si sono nel frattempo estinti per prescrizione.


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Il fatto, la condanna del Tribunale, il ricorso per cassazione e le motivazioni.

Il Tribunale ha condannato il sindaco di un comune, in qualità di datore di lavoro del personale dipendente, alla pena di giustizia in relazione ad una pluralità di violazioni del D. Lgs. n. 81 del 2008, a lui contestate e concernenti la mancata redazione del documento di valutazione dei rischi (capo a), la mancata nomina del soggetto responsabile del servizio di prevenzione e protezione (capo b), la mancata nomina del medico competente per la sorveglianza sanitaria (capo c) e la mancata informazione dei lavoratori circa i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro (capo d).

 

L'impugnazione proposta nell'interesse del sindaco, qualificato dalla Corte di Appello come ricorso per cassazione con conseguente trasmissione alla Corte di Cassazione, ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento a tutti i capi di accusa, per avere il Tribunale erroneamente individuato nel sindaco il "datore di lavoro" in materia di sicurezza sul lavoro.

 

Il difensore del sindaco ha censurato, in particolare, il mancato apprezzamento della documentazione prodotta in giudizio, ritenuta dimostrativa del fatto che, già prima dell'accesso degli operanti, era stato ritualmente nominato, quale datore di lavoro il responsabile dell'area territorio e ambiente (essendo egli responsabile di tale articolazione comunale deputata, tra l'altro, agli adempimenti per la sicurezza dei luoghi di lavoro di competenza del datore di lavoro, nonché le funzioni di supporto al medico competente e al responsabile del servizio prevenzione e protezione di cui al D. Lgs. n. 81 del 2008). Il difensore ha evidenziato poi, da un lato, l'attribuzione al dirigente stesso di poteri di spesa per il settore specifico e ha sottolineato, d'altro lato, l'errore di diritto in cui era caduto il Tribunale nel richiamare la disposizione sui poteri non delegabili, in quanto si trattava non già di una delega ex art. 16 del D. Lgs. n. 81 (con la conseguente coesistenza di due figure, il delegante e il delegato), ma di una designazione del datore di lavoro nell'ambito di una pubblica amministrazione, con la conseguente sussistenza di un'autonoma posizione datoriale, cui dovevano ritenersi inapplicabili i limiti di delega di cui all'art. 17.

 

Il Procuratore Generale, da parte sua, ha sollecitato il rigetto del ricorso, evidenziando che mancava, nel caso in esame, una espressa attribuzione al responsabile del settore della qualifica di datore di lavoro, con la conseguente persistenza sul sindaco degli obblighi datoriali.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

La non manifesta infondatezza delle doglianze prospettate con il ricorso ha imposto alla Corte di Cassazione l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere i reati contravvenzionali ascritti al sindaco ormai estinti per intervenuta prescrizione, essendo ampiamente già decorso il termine massimo quinquennale.

 

Il percorso argomentativo della sentenza impugnata, volto ad affermare l'identificazione nel sindaco del "datore di lavoro" per i dipendenti del comune, con ogni conseguenza in ordine alla sua responsabilità penale per le violazioni riscontrate dall’organo di vigilanza, era risultato imperniato sulla inesistenza di valide deleghe ad altri soggetti, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 16 del D. Lgs. n. 81 del 2008. In tale prospettiva, il Tribunale aveva ritenuto irrilevante la documentazione offerta in giudizio dalla difesa, volta a comprovare che in realtà la posizione datoriale era stata attribuita a un dirigente e era anzi stato conclusivamente precisato che "ammessa e non concessa l'eventualità di una valida delega di funzioni dal sindaco al dirigente" la prospettazione difensiva non sarebbe stata comunque accoglibile, sia per l'impossibilità di estendere la delega agli adempimenti di cui alle lettere a) e b), sia comunque perché la delega non avrebbe comunque comportato, ai sensi dell’art. 16 comma 3 del D. Lgs. n. 81 del 2008, l'esonero del garante originario da ogni incombenza (essendosi determinato piuttosto la trasformazione di un obbligo di garanzia in un obbligo di vigilanza).

 

La difesa, ha osservato la suprema Corte, ha censurato l'impianto motivazionale della sentenza, per un verso lamentando un difetto di effettivo apprezzamento dei documenti prodotti, ritenuti dimostrativi dell'attribuzione al dirigente della qualifica di datore di lavoro per i dipendenti del comune, con specifico riguardo: alla delibera comunale relativa al riassetto dell'organizzazione comunale, con l'attribuzione, ad una delle articolazioni dell'area del suo settore, degli adempimenti relativi al D. Lgs. n. 81 del 2008 di competenza del datore di lavoro (anche quanto alle funzioni di supporto al medico competente e al responsabile del servizio prevenzione e protezione, ecc.); alla determinazione sindacale con cui era stata attribuita al dirigente la responsabilità della predetta area; alla delibera comunale di approvazione del bilancio, con la previsione di risorse per la tutela della sicurezza e dell'igiene sui luoghi di lavoro (riconducibili alla predetta area diretta dal dirigente stesso).

 

Per altro verso, la difesa ha censurato la sentenza per avere ricondotto la fattispecie all'istituto della delega, disciplinato dall'art. 16 del D. Lgs. n. 81: è stata infatti prospettata dalla stessa difesa la configurabilità di una autonoma posizione datoriale in capo al dirigente, scaturita dalla rituale designazione da parte del sindaco e connotata dall'autonomia di poteri di gestione e di spesa. Ad avviso del ricorrente quindi si doveva ritenere erroneo il richiamo all'art. 16 e ai limiti ivi previsti per l'esercizio del potere di delega. La prospettazione difensiva aveva fatto riferimento evidentemente all'indirizzo interpretativo dato dalla stessa Corte di Cassazione secondo il quale "il Sindaco, ove abbia provveduto all'individuazione dei soggetti cui attribuire la qualità di datore di lavoro, risponde per l'infortunio occorso al lavoratore solo nel caso in cui risulti che egli, essendo a conoscenza della situazione antigiuridica inerente alla sicurezza dei locali e degli edifici in uso all'ente territoriale, abbia omesso di intervenire, con i propri autonomi poteri, atteso che “con l'atto di individuazione, emanato ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b) del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, vengono trasferite al dirigente pubblico tutte le funzioni datoriali, ivi comprese quelle non delegabili, il che rende non assimilabile detto atto alla delega di funzioni disciplinata dal medesimo art. 16 (sentenza Sez. IV n. 22415 del 12/05/2015).

 

La mancanza quindi di un effettivo confronto, da parte del Tribunale, con la plausibilità di tale specifica ipotesi ricostruttiva avuto anche riguardo alla documentazione di supporto, ha portato la Corte di Cassazione a ritenere il ricorso immune da profili di manifesta infondatezza per cui la stessa ha annullata la sentenza impugnata e senza rinvio per essere estinti i reati ascritti all’imputato per intervenuta prescrizione.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

 

Corte di Cassazione Sezione III penale - Sentenza n. 49041 del 11 dicembre 2023 (u. p. 20 ottobre 2023) -  Pres. Sarno  – Est. Pazienza – Ric. omissis.  - Con l'atto di individuazione di un dirigente pubblico come datore di lavoro ex art. 2 del d. Lgs. N. 81/2008 gli vengono trasferite tutte le funzioni datoriali, comprese quelle non delegabili, il che rende l’atto non assimilabile alla delega ex art. 16.





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