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Il licenziamento dell’RSPP e il Servizio “prioritariamente” interno

Il licenziamento dell’RSPP e il Servizio “prioritariamente” interno
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

16/01/2017

Una sentenza dichiara illegittimo il licenziamento di un RSPP atto a “contenere i costi gestionali” in quanto la posizione dell’RSPP non può essere “né soppressa, né esternalizzata in occasione del licenziamento collettivo”. Di Anna Guardavilla.


Una interessante sentenza di merito della fine del 2016 (Corte di Appello di Messina, Sez. Lav., 5 ottobre 2016 n.1117) si è pronunciata sul tema del licenziamento dell’RSPP ed in particolare sul collegamento tra la norma - introdotta dalla legge 98/2013 attuativa del Decreto Fare - che prevede che l’organizzazione del Servizio di Prevenzione debba essere “prioritariamente” interna e l’illegittimità del licenziamento dell’RSPP finalizzata a “contenere i costi gestionali” nell’ambito di un licenziamento collettivo.

Si tratta dunque del tema dell’“insopprimibilità del ruolo” di RSPP a fronte di una norma che impone attualmente che l’organizzazione del servizio debba essere interna e la cui applicazione ha come conseguenza diretta - secondo quanto ricordato dalla Corte nella pronuncia - che “possa quindi essere esternalizzato solo se le competenze nell’impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione (cosi l’art.7 della Direttiva CEE 12 - 6 - 1989 n. 89/391/CEE).. 



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Esaminiamo il caso e i preziosi principi stabiliti dalla Corte.

 

Con ricorso al giudice del lavoro l’RSPP aveva impugnato il licenziamento che gli era stato intimato con una nota dalla sua Società “a conclusione della procedura di licenziamento collettivo, e ne contestava la legittimità adducendo ragioni attinenti alla regolarità della procedura e alla mancata inclusione dei dirigenti nel novero del personale chiarendo che egli aveva svolto fin dal 14 settembre 2000 mansioni di responsabile del servizio di prevenzione e protezione per le strutture di Hotel … tutte appartenenti alla società …”

L’RSPP “deduceva inoltre illegittimità del recesso per violazione dell’art. 31 D.Lgs.81/2008, giacché con la riduzione del personale veniva soppressa la funzione da lui svolta fino a quel momento, nonostante la normativa imponesse di ricorrere a personale interno per il servizio di prevenzione e protezione.”

Pertanto egli chiedeva “che venisse accertata la nullità del recesso, con la condanna alla riammissione in servizio e al risarcimento del danno, commisurato alla retribuzione goduta al momento della cessazione e decorrente dal licenziamento fino all’effettiva riammissione in servizio, ovvero, riconoscendo la violazione delle procedure previste per il licenziamento collettivo, con la condanna al pagamento del’indennità risarcitoria nella misura massima.”

 

Dal canto suo la società, costituitasi in giudizio, rilevava che “la procedura si era svolta regolarmente, che era stato risolto il rapporto anche con sei dirigenti, e quanto alla violazione del D.Lgs. 81/2008, che la normativa in questione poneva l’obbligo di nominare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione all’interno solo nei casi specificati, tra i quali non erano comprese le strutture alberghiere, sicché risultava legittima la soppressione della posizione di Responsabile Sicurezza e Manutenzione.”

 

All’esito della fase sommaria, il giudice del lavoro con ordinanza dichiarava illegittimo il licenziamento e, ritenendo che si configurasse la violazione dei criteri di scelta ex art.5 L.223/1991 in quanto non poteva essere soppressa la posizione lavorativa di responsabile del servizio prevenzione e protezione, a cui era addetto il … ne ordinava la reintegrazione con condanna al risarcimento del danno commisurato all’ultima retribuzione globale di fatto dal licenziamento fino alla effettiva reintegra.” (La legge citata in sentenza è la Legge 23 luglio 1991 n. 223 recante “Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro” (G.U. n. 175 del 27 luglio 1991), il cui titolo I contiene “Norme in materia di integrazione salariale e di eccedenze del personale” e il cui articolo 5 è dedicato ai “Criteri di scelta dei lavoratori ed oneri a carico delle imprese”).

 

La società si era opposta alla ordinanza, lamentando - tra le altre cose - “la erroneità dell’assunto sulla insopprimibilità del ruolo di responsabile del servizio prevenzione e protezione”.

 

L’RSPP si era costituito in giudizio “affermando la correttezza dell’interpretazione data dal primo giudice alla normativa contenuta nel D.Lgs. 81/2008 e chiedendo il rigetto del’opposizione.”

 

Con sentenza il Giudice del Lavoro ha accolto l’opposizione della società e rigettato la domanda originariamente proposta dal lavoratore.

 

L’RSPP ha così ricorso in appello “sottolineando la erroneità della pronunzia nella parte in cui aveva escluso la insopprimibilità della posizione già da lui occupata in azienda alla luce delle disposizioni del D.Lgs. 81/2008”.

 

La sentenza della Corte d’Appello dà ragione all’RSPP.

 

Questa pronuncia sottolinea anzitutto che “la controversia sulla legittimità del licenziamento intimato al [RSPP] si accentra sulla possibilità per il datore di lavoro di sopprimere la posizione del lavoratore per contenere i costi gestionali, nonostante la posizione lavorativa di responsabile del servizio prevenzione e protezione, a cui questi era addetto. Il licenziamento, infatti, è stato espressamente motivato con la necessità si sopprimere la posizione di responsabile sicurezza e manutenzione ed è incontroverso che proprio il… svolgesse tali mansioni presso la struttura regionale… appartenente alla società e comprendente Hotel ….”.

 

Secondo la Corte, “la lettura dell’art 31 del DLgs.81/2008 (nel testo risultante dalla modifica introdotta con l’art 32, comma 1 lett b-bis) DL 21 - 6 - 2013 n. 69 conv.L9 - 8 - 2013 n.98), conduce alla conclusione che il servizio di prevenzione e protezione deve essere interno all’azienda e possa quindi essere esternalizzato solo se le competenze nel’impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione” (cosi l’art.7 della Direttiva CEE 12 - 6 - 1989 n. 89/391/CEE).

In tal senso depone infatti l’art.31 del D.Lgs, che così dispone:

Art. 31. Servizio di prevenzione e protezione

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 34, il datore di lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione prioritariamente all’interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo.

2 Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all’articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell’azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell’espletamento del proprio incarico.

3. Nell’ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio.

4. Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 32.

5 Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia.

6 L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda., ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:

a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n 334, e successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;

b) nelle centrali termoelettriche;

c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;

d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni,

e) nelle aziende Industriali con oltre 200 lavoratori;

f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;

g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.

1. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.

8. Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile.”

 

La pronuncia chiarisce che la norma riportata in effetti stabilisce che il servizio deve essere organizzato dal datore di lavoro “prioritariamente” all’interno dell’azienda, utilizzando cioè personale interno e tale obbligo è rafforzato dalla previsione che gli addetti devono possedere i requisiti professionali stabiliti e che nell’ipotesi di utilizzo di un servizio interno il datore di lavoro potrà avvalersi di persone esterne all’azienda per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio.”

 

La conclusione del ragionamento da parte della Corte è la seguente: “E’ pertanto evidente il carattere subordinato del ricorso a competenze esterne all’azienda, nonché la possibilità di ricorrere a queste solo in caso di insufficienza all’interno della struttura.”

 

Dunque, “rapportando tale disposizione al caso in esame, emerge chiaramente la illegittimità del recesso attuato con il licenziamento collettivo: il lavoratore era stato infatti destinato alla funzione di responsabile sicurezza e manutenzione della struttura regionale aziendale …, che svolgeva da molti anni, e tale posizione lavorativa non poteva essere né soppressa, né esternalizzata in occasione del licenziamento collettivo poiché la legge impone al datore di lavoro di organizzare tale funzione con personale interno prioritariamente.

Non può quindi che ritenersi assolutamente illegittimo il comportamento della società, la quale ha proceduto al licenziamento dell’unico lavoratore che svolgeva la indicata funzione provvedendo, secondo l’assunto addotto a motivazione del recesso, ad esternalizzare il servizio nonostante fosse presente in azienda un lavoratore dotato delle competenze richieste, il quale svolgeva fino a quel momento proprio tali funzioni.”

 

La Corte d’Appello conclude: “accertato che la società non avrebbe potuto esternalizzare il servizio, ne deriva che si configura una violazione dei criteri di scelta nell’ambito del licenziamento collettivo poiché il vizio riguarda la individuazione del lavoratore licenziato, sicché risulta applicabile la tutela reale di cui all’art. 18, 4° comma L. 300/1970, come modificato dalla L.92/2012.”

 

La società è stata così condannata “alla reintegrazione e al pagamento dell’indennità risarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione di fatto dal licenziamento sino all’effettiva reintegrazione, in riforma della sentenza impugnata”, oltre agli “interessi e rivalutazione monetaria, nonché al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal licenziamento all’effettiva reintegrazione” e alle “spese giudiziali di entrambi i gradi del giudizio possono porsi a carico della società”.



Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro



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Rispondi Autore: Franco Rossi - likes: 0
16/01/2017 (09:07:39)
Ciao, Anna e BUON ANNO, sia pure un po' in ritardo.
Son convinto che per gli alberghi l'RSPP possa essere benissimo esterno. Tra l'altro, mi pare di capire che era RSPP per vari Hotel (sia pure della stessa catena); e quindi era "interno" solo per uno di questi.
Ancora una volta mi pare che i giudici vivano un po' fuori dal mondo ... (tranne quando si tratta delle loro pensioni).
Rispondi Autore: Anna Guardavilla - likes: 0
16/01/2017 (11:58:21)
Caro Franco,
buon anno anche a te.
Personalmente in questo caso - non volermene - non condivido la tua valutazione. Se la legge prevede ormai in via obbligatoria che il SPP debba essere organizzato "prioritariamente" all'interno dell'azienda, non c'è più spazio a mio parere per valutazioni discrezionali del tipo "secondo me in un hotel (o in un'altra attività..) il SPP può essere esterno etc..", solo in virtù del fatto che una certa attività non rientra nell'elenco delle aziende in cui vi è l'obbligo dell'RSPP interno di cui all'art.31 c.6 e/o in virtù di altre valutazioni discrezionali legate al comparto o che comunque non tengono conto delle competenze presenti all'interno di una data azienda.
Prima del 2013 se un'azienda non rientrava in quell'elenco tassativo (di cui all'art.31 c.6), al di là di altre considerazioni di natura organizzativa, o meglio di considerazioni che avevano a che fare coi livelli di tutela della salute e sicurezza che l'azienda si era posta, si riteneva che nulla ostasse alla normina di un RSPP esterno.
Ora dal decreto fare in poi (legge 98/2013) abbiamo una norma che regola quelle situazioni prima non normate in quanto non ricadenti nell'elenco di cui sopra: in generale, il SPP ora deve essere prioritariamente interno.
Alla luce di questa norma, la discrezionalità aziendale in questo tipo di scelta organizzativa è drasticamente ridotta: è già il legislatore che ha fatto la scelta organizzativa.
Resta casomai solo la possibilità di dimostrare in via oggettiva che, come dice la sentenza, in una determinata situazione aziendale non vi è all'interno dell'azienda una risorsa disponibile in termini di competenze, ruoli etc.: come dice la pronuncia, quando vi è "insufficienza all'interno della struttura".
Ormai dal 2013 la norma che impone l'organizzazione prioritariamente interna c'è: non possiamo più ragionare come prima che venisse introdotta...
Un caro saluto
Anna
Rispondi Autore: Riccardo Gianforme - likes: 0
16/01/2017 (16:51:22)
Quindi mi pare di capire che se ci fosse il caso in cui un DDL che svolge le funzioni di RSPP e un giorno decidesse di non riuscire a ricoprire più il ruolo e decidesse di nominare un RSPP esterno, allora il DDL non potrebbe farlo perchè DEVE prioritariamente organizzarlo internamente. E visto che è stato già formato per ricoprire il ruolo di RSPP DLL allora si ritrova in una condizione in cui non può fare altrimenti che continuare a svolgere il ruolo (quindi aggiornarsi con i corsi periodici obbligatori) e al massimo farsi assistere da un consulente esterno per integrare il suo ruolo di RSPP DDL.
Dico bene?
Rispondi Autore: Riccardo Borghetto - likes: 0
16/01/2017 (18:12:59)
Bell'articolo.
Sentenza interessante anche se a mio avviso non condivisibile. Bisognerà vedere come si esprimerà la cassazione.
Questa sentenza fa a pugni con la sentenza Cass. sent. n. 15082/16 del 21.07.2016 che sostanzialmente afferma che una azienda può licenziare un dipendente per massimizzare i profitti. fa a pugni anche con lo legge 11 novembre 2011, n. 180 «Norme per la tutela della libertà d’impresa.Statuto delle imprese» che porta in dote a) la libertà di iniziativa economica, di associazione, di modello societario, di
stabilimento e di prestazione di servizi, nonché di concorrenza, quali principi riconosciuti dall’Unione europea;
Inoltre viene violato l'altro requisito di indelegabilità della nomina RSPP. Il termine prioritariamente a mio avviso non è perentorio, altrimenti avrebbero scritto l'RSPP deve essere interno. Punto.
Insomma mi aspetto che la Cassazione la rovesci.

Rispondi Autore: Franco Rossi - likes: 0
17/01/2017 (09:20:00)
Concordo on Riccardo Borghetto.
Insomma, penso che il DDL dovrebbe inserire nel DVR i motivi per cui, dopo aver PRIORITARIAMENTE valutato se avere un RSPP interno, decide per uno esterno. Ad esempio (ma è solo un esempio!)perché in un hotel i rischi sono sempre gli stessi, perché il personale è dipendente da cooperative, perché vengono comunque fatte le prove di evacuazione, ecc. ecc.
Rispondi Autore: Anna Guardavilla - likes: 0
17/01/2017 (15:53:40)
Gentilissimi,
questa norma (che ha inserito il "prioritariamente") è recepimento di una direttiva comunitaria, quindi per la sua interpretazione occorre guardare la direttiva e poi la giurisprudenza comunitaria che ha già abbondantemente interpretato quel punto della direttiva stessa.
Si tratta dell'articolo 7 comma 3 della direttiva quadro.
Di seguito riporto l'articolo 7 (da guardare con particolare attenzione al comma 3) e un esempio dell'interpretazione che ne dà la Corte di Giustizia dell'Unione Europea (una sentenza, o meglio una massima giurisprudenziale, per tutte).
Cordialmente
Anna Guardavilla

DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 12 giugno 1989 concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (89/391/CEE)

"Articolo 7 (Servizi di protezione e prevenzione):
1. Fatti salvi gli obblighi di cui agli articoli 5 e 6, il datore di lavoro designa uno o più lavoratori per occuparsi delle attività di protezione e delle attività di prevenzione dei rischi professionali nell'impresa e/o nello stabilimento.
2. I lavoratori designati non possono subire pregiudizio a causa delle proprie attività di protezione e delle proprie attività di prevenzione dei rischi professionali.
I lavoratori designati, al fine di assolvere gli obblighi previsti dalla presente direttiva, devono poter disporre di tempo adeguato.
3. SE LE COMPETENZE NELL'IMPRESA E/O NELLO STABILIMENTO SONO INSUFFICIENTI per organizzare dette attività di protezione e prevenzione, il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all'impresa e/o allo stabilimento.
4. Nel caso in cui il datore di lavoro faccia ricorso a dette competenze, le persone o i servizi interessati devono essere informati dal datore di lavoro circa i fattori che si sa o si suppone abbiano effetti sulla sicurezza e la salute dei lavoratori e devono avere accesso alle informazioni di cui all'articolo 10, paragrafo 2.
5. In ogni caso:
- i lavoratori designati devono possedere le capacità necessarie e disporre dei mezzi richiesti,
- le persone o servizi esterni consultati devono possedere le attitudini necessarie e disporre dei mezzi personali e professionali richiesti, e
- il numero dei lavoratori designati e delle persone o servizi esterni consultati deve essere sufficiente, per assumere le attività di protezione e prevenzione, tenendo conto delle dimensioni dell'impresa e/o dello stabilimento e/o dei rischi a cui i lavoratori sono esposti, nonché della ripartizione dei rischi nell'insieme dell'impresa e/o dello stabilimento.
6. Alla protezione ed alla prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute, oggetto del presente articolo, provvedono uno o più lavoratori, un solo servizio o servizi distinti, siano essi interni o esterni all'impresa e/o allo stabilimento.
Se necessario, il(i) lavoratore(i) e/o il(i) servizio(i) debbono collaborare.
7. Gli Stati membri possono definire, tenuto conto della natura delle attività e delle dimensioni dell'impresa, le categorie di imprese in cui il datore di lavoro, a patto che abbia le capacità necessarie, può assumere personalmente il compito di cui al paragrafo 1.
8. Gli Stati membri definiscono le capacità e le attitudini necessarie di cui al paragrafo 5.
Essi possono definire il numero sufficiente di cui al paragrafo 5."

MASSIMA DELLA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNIONE EUROPEA (Quinta Sezione) del 22 maggio 2003. - Commissione delle Comunità europee contro Regno dei Paesi Bassi. - Inadempimento di uno Stato - Direttiva 89/391/CEE - Misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro - Art.7, n.3. - Causa C-441/01.

"1. L'art. 7 della direttiva 89/391, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, comporta una GERARCHIA DEGLI OBBLIGHI che sono imposti ai datori di lavoro. Infatti, con il suo n. 1, il detto articolo impone al datore di lavoro un obbligo principale, che è quello di designare uno o più lavoratori per occuparsi delle attività di protezione e di prevenzione nei confronti dei rischi professionali. Con il suo n. 3, esso prevede l'obbligo di fare ricorso a competenze esterne all'impresa. Tale obbligo è TUTTAVIA solo SUBORDINATO rispetto a quello espresso al detto art. 7, n. 1, in quanto esso esiste solo «[s]e le competenze nell'impresa e/o nello stabilimento sono insufficienti per organizzare dette attività di protezione e prevenzione». I nn. 4 e 6 del detto articolo non rimettono assolutamente in discussione la gerarchia definita ai nn. 1 e 3 di tale norma. Così, al fine di garantire la piena applicazione della direttiva 89/391 in maniera chiara e precisa, LA SUA TRASPOSIZIONE NELL'ORDINAMENTO NAZIONALE DEVE RISPECCHIARE LA GERARCHIA DEFINITA ALL'ART. 7 DELLA DIRETTIVA.
(v. punti 20-21, 23, 30)
2. La scelta, operata all'art. 7 della direttiva 89/391, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, di privilegiare, qualora le competenze interne dell'impresa lo consentano, la PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI alle attività di protezione e di prevenzione nei confronti dei rischi professionali anziché far ricorso a competenze esterne è una misura di organizzazione conforme all'obiettivo di detta direttiva di FAVORIRE LA PARTECIPAZIONE DEI LAVORATORI alla loro propria sicurezza. Risulta dall'undicesimo e dal dodicesimo considerando della direttiva che quest'ultima comprende infatti tra i propri obiettivi un dialogo e una partecipazione equilibrata dei datori di lavoro e dei lavoratori ai fini dell'adozione delle misure necessarie alla protezione di questi ultimi contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
(v. punti 39-40)
3. Lasciare al datore di lavoro la scelta tra l'organizzazione delle attività di protezione e di prevenzione nei confronti dei rischi professionali in seno all'impresa o il ricorso a competenze esterne a quest'ultima non contribuisce ad assicurare l'effetto utile della direttiva 89/391, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, ma costituisce un inadempimento dell'obbligo di assicurare la piena applicazione di tale direttiva.
Infatti, da una parte, l'art. 7, nn. 1 e 3, di detta direttiva stabilisce chiaramente un ordine di priorità per quanto riguarda l'organizzazione di dette attività in seno all'impresa. Solo quando le competenze nell'impresa sono insufficienti il datore di lavoro deve fare ricorso a competenze esterne a quest'ultima. D'altra parte, la direttiva 89/391 ha l'obiettivo di favorire la partecipazione equilibrata dei datori di lavoro e dei lavoratori alle attività di protezione e di prevenzione nei confronti dei rischi professionali. Proprio quindi privilegiando l'organizzazione di tali attività in seno all'impresa l'effetto utile della direttiva può essere garantito il più possibile.
(v. punti 53-55)"


Rispondi Autore: Franco Rossi - likes: 0
17/01/2017 (17:36:30)
Mi hai (quasi) convinto.
Però: è meglio un RSPP interno chiaramente non adatto, o un RSPP esterno "coi fiocchi"?
Rispondi Autore: walter polinelli - likes: 0
21/01/2017 (11:16:28)
... Oppure (aggiungo un esempio) che la riorganizzazione dell'organico interno della struttura non permettesse più di avere una persona con spazio e tempo adeguati per svolgere la funzione. Non concordo assolutamente su questa sentenza. PRIORITARIAMENTE non significa OBBLIGATORIAMENTE. Quindi non vedo un presupposti per il quali il DL sia OBBLIGATO ad incaricare RSPP interno.

Concordo con il primo commento del sig. Franco Rossi: Ancora una volta mi pare che i giudici vivano un po' fuori dal mondo (e aggiungo io: si limitano, come scritto anche nella sentenza, alla lettura accademica del testo senza nessuna volontà di comprensione del contesto applicativo)

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