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Formazione carente e prevedibilità del comportamento del lavoratore

Formazione carente e prevedibilità del comportamento del lavoratore
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Sentenze commentate

19/01/2023

Nel caso la formazione sia mancante o inadeguata (anche alla luce del principio di effettività), può il comportamento scorretto del lavoratore essere qualificato imprevedibile? Criteri ed esempi dalle sentenze di Cassazione Penale.

Occorre anzitutto premettere che, ai sensi dell’art.37 del D.Lgs.81/08, “il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata […]”.

 

Da una attenta lettura di tale norma ed in particolare del verbo “ricevere” che viene in essa utilizzato, si deduce che l’obbligo del datore di lavoro non è limitato all’erogazione dei corsi di formazione necessari, bensì si sostanzia nell’obbligo di far sì (in termini di “assicurare”) che il lavoratore “riceva” e quindi recepisca, assimili i contenuti e i messaggi trasmessi mediante la formazione (principio di effettività della formazione).

 

Di conseguenza, quella contenuta nell’art.37 (in comb. disp. art.18 c.1 lett.l) D.Lgs.81/08) è un’obbligazione di risultato, laddove quest’ultimo è rappresentato dalla effettiva assimilazione dei concetti e dei contenuti ad opera dei destinatari della formazione (cui deve seguire la concreta messa in pratica di tali contenuti da parte di costoro).

 

Tutto ciò ricordato, l’art.37 del D.Lgs.81/08 si correla in maniera naturale all’art.20 c.1 del medesimo decreto, secondo il quale “ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.”

 

Il livello di osservanza dell’obbligo di cui all’art.20 richiesto al lavoratore è collegato dunque (anche) al livello di adempimento dell’obbligo formativo - oltre che di fornitura di istruzioni e mezzi - da parte del datore di lavoro e, in virtù di quanto visto sopra, è di conseguenza ancorato al livello di attitudine di tale formazione a rappresentare un bagaglio effettivo del lavoratore, realmente ed effettivamente spendibile e utilizzabile nell’ambito dell’ordinaria attività lavorativa.

 

Detto in parole semplici, vi è uno stretto legame tra l’adeguatezza (o meno) della formazione erogata e la valutazione in ordine alla prevedibilità o imprevedibilità del comportamento del lavoratore a fronte di condotta scorretta da parte di quest’ultimo, con tutto ciò che ne consegue in termini di attribuzione delle responsabilità penali.

 

Vediamo qualche applicazione concreta.

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Con una sentenza di tre mesi fa ( Cassazione Penale, Sez.IV, 19 ottobre 2022 n.39489), la Corte ha confermato la condanna del datore di lavoro R.E. della T.I. S.r.l. per il reato di omicidio colposo a seguito di un infortunio occorso ad un caposquadra qualificato dai Giudici come preposto di fatto.

 

Nel caso di specie, nell’ambito di un cantiere “la T.I. s.r.l doveva procedere alla realizzazione di nuove linee per la distribuzione esterna dell’acqua riscaldata mediante la realizzazione di una dorsale metallica sopraelevata e previa posa in opera dei moduli metallici che, assemblati, avrebbero dovuto sormontare una pipe-rack pre-esistente, servendosi per il loro posizionamento di una gru, come previsto nel POS aziendale.”

 

La sentenza precisa che “tuttavia, la lavorazione era stata effettuata mediante l’impiego di un muletto, macchinario inadatto allo scopo.”

 

Così è accaduto che, “durante il lavoro, il capo squadra S.S. non era riuscito a reggere la fiancata di uno dei moduli del peso di circa 3,5 quintali, finendo per essere colpito dalla stessa e riportando lesioni dalle quali era derivata, a distanza di circa due mesi, la morte.”

 

A livello processuale, “in primo grado, il R.E. era stato giudicato responsabile di un addebito colposo commissivo (aver dato, cioè, l’ordine di spostare la gru in una differente zona del cantiere all’interno della stessa area di lavoro, privando i lavoratori coordinati dalla vittima dell’unico strumento idoneo a quella operazione) e di omessa formazione e informazione del S.S. circa i rischi connessi alla lavorazione da eseguirsi.”

 

Dagli accertamenti svolti dalla Corte d’Appello era emerso che “il S.S. era un caposquadra e un preposto di fatto, non essendo mai stato formato per tali attività; il suo bagaglio professionale vantava anche una SOA che ne certificava la partecipazione a lavori pubblici e, tuttavia, i giudici territoriali hanno ritenuto che tale condizione non esentasse il datore dagli obblighi di cui all’art.37 d.lgs.n.81/2008, recante la diversa disciplina della formazione del lavoratore sotto il profilo specifico della sicurezza, laddove la SOA si riferisce alla capacità operativa del soggetto, alla sua idoneità cioè a operare correttamente.”

 

E “proprio tale gap formativo è stato correlato alla scelta infausta operata il giorno dell’infortunio dalla stessa vittima (non essendo stato provato che l’ordine di spostare la gru in altro sito e di procedere con il muletto per quella lavorazione fosse stato impartito dal datore di lavoro o che costui lo avesse in alcun modo saputo e avallato).”

 

Ciò detto, “tale difetto non poteva ritenersi compensato dalla professionalità acquisita negli anni dal lavoratore, il cui agire, nell’occorso certamente colpevole, non poteva ritenersi imprevedibile per il datore di lavoro, stante il difetto di informazioni in capo al lavoratore”.

 

Pertanto, “il S.S. aveva agito nell’ambito delle funzioni assegnategli e del segmento di lavorazione attribuitogli, in assenza di adeguata e specifica formazione che avrebbe potuto scoraggiare l’impiego di un mezzo non idoneo per la lavorazione, in un cantiere nel quale, nonostante le possibili interferenze tra le lavorazioni in corso, non esisteva neppure una figura di controllo e organizzativa, unica figura apicale essendo stato il datore di lavoro.”

 

Nel confermare la responsabilità del ricorrente, la Suprema Corte richiama i “principi più volte affermati dal giudice di legittimità, a mente dei quali il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi (sez.4, n.39765 del 19/5/2015, […], Rv.265178; n.8163 del 13/2/2020, Lena, Rv.278603, opportunamente richiamata nella stessa sentenza censurata).”

 

Nel caso di specie, secondo la Cassazione “la Corte di merito ha correttamente evidenziato che la condotta del lavoratore non era imprevedibile proprio in relazione alla mancata formazione e informazione del predetto sui rischi specifici connessi all’impiego di un macchinario diverso da quello contemplato nel POS.”

 

Inoltre, “a tal proposito, va poi rilevata la fallacia dell’argomento difensivo che ritiene ridondante un passaggio di conoscenze sulla necessità dell’utilizzo di un solo macchinario (la gru), dal momento che nel POS era contemplato solo quello.”

 

Infatti “l’argomento, oltre a essere del tutto apodittico, prescinde dal contenuto dell’obbligo di formazione e informazione, come sopra già richiamato, per il quale la sola indicazione dell’obbligo di impiego di uno specifico macchinario non contiene in sé tutti i dati conoscitivi utili al destinatario della informazione per valutare le conseguenze dell’impiego di un diverso macchinario, in ipotesi di indisponibilità di quello indicato nel documento operativo sulla sicurezza.”

 

E “pertanto, nessun rischio eccentrico può dirsi imprevedibilmente introdotto dal S.S. nel caso di specie, la sua condotta ponendosi quale diretta e prevedibile conseguenza della mancanza conoscitiva sui rischi connessi alla lavorazione, nel corso della quale è avvenuto l’infortunio.”

 

Passiamo ora al caso trattato circa tre anni fa da Cassazione Penale, Sez. IV, 2 marzo 2020 n.8160, nel quale, “sebbene il comportamento tenuto da C.A. era stato effettivamente contrario alle basilari regole di sicurezza prescritte per manovrare il bobcat”, si è ritenuto che “lo stesso non potesse, per ciò solo, essere qualificato come del tutto imprevedibile.”

 

Ma “al contrario, la mancata formazione in capo al lavoratore - il quale era comunque sprovvisto del patentino necessario a manovrare quella tipologia di macchinario - avrebbe dovuto rendere del tutto prevedibile la possibilità che C.A. utilizzasse il bobcat e la relativa benna impastatrice in maniera totalmente errata.

Del resto, lo stesso art.20, co.1 del d.lgs.n.81/2008, nel prevedere che ogni lavoratore debba prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, dispone, tuttavia, che tale obbligo operi conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e mezzi forniti dal datore di lavoro.”

 

Concludiamo questo breve excursus (che come sempre non si propone di essere esaustivo sull’argomento) richiamando sinteticamente il caso su cui si è pronunciata Cassazione Penale, Sez.IV, 7 dicembre 2018 n.54803, in cui era stato accertato che “il lavoratore infortunato - assunto da poco tempo - era stato addetto alla pressa solo qualche giorno prima dell’infortunio”.

 

In particolare, “egli aveva affermato di essere uno stampatore, ma non aveva alcuna competenza nello specifico settore, come appurato dai colleghi di lavoro”.

 

La sentenza specifica poi che “la formazione impartitagli era stata dunque del tutto insufficiente, perché il corso generale sul funzionamento dei macchinari era durato solo quattro ore ed egli era stato avviato a lavorare da solo sul macchinario in questione dopo appena due giorni, senza una previa verifica pratica e in assenza di un vero e proprio affiancamento e di una concreta supervisione, come pure previsto dall’art.5.1 della procedura per la formazione del personale in vigore presso l’azienda.”

 

Nel confermare la condanna del datore di lavoro per lesioni colpose, la Corte sottolinea il principio secondo cui “l’obbligo di formazione non si esaurisce nel passaggio di conoscenze teoriche e pratiche al dipendente, dovendo il soggetto obbligato verificare anche che esse siano divenute patrimonio acquisito in concreto, ciò che solo una effettiva prova pratica, sotto la supervisione di un tutor può garantire, rilevando che, nel caso di specie, la completa estraneità del DB.I. [il lavoratore, n.d.r.] a quella specifica attività era constatabile da chiunque e spiegava ampiamente il comportamento scorretto tenuto dal predetto”.

 

 

Anna Guardavilla

Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro

 

 

Corte di Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 39489 del 19 ottobre 2022 (u. p. 22 settembre 2022) -  Pres. Ciampi – Est. Cappello – P.M. Odello - Ric. R.E.. - Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione risponde dell'infortunio di un lavoratore dipeso da una condotta imprudente, trattandosi di una conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi.

 

 

Corte di Cassazione Penale, Sez. 4 – Sentenza n. 8160 del 02 marzo 2020, - Contatto con la spirale elicoidale rotante presente all'interno della benna impastatrice. Mancanza di requisiti di sicurezza e di formazione

 

Corte di Cassazione Penale Sez.IV - Sentenza n.54803 del 7 dicembre 2018 - Infortunio con una pressa di stampaggio a caldo. L'obbligo di formazione non si esaurisce nel passaggio di conoscenze al dipendente ma va verificato che esse siano patrimonio acquisito in concreto





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Rispondi Autore: Gian Piero Marabelli - likes: 0
19/01/2023 (08:27:02)
Commento a caldo: a me sembra che nella prima sentenza, anche qualora ci fosse stata “tutta” la formazione adeguata, il comportamento del lavoratore non poteva in alcun modo essere qualificato come "imprevedibile" e dunque la condanna del datore di lavoro era nei "fatti". L’erogazione di “tutta” la formazione possibile (ma quale? ASR alto rischio? Carrelli elevatori? Ma di che tipo?) L’erogazione della formazione poteva al massimo costituire un’attenuante generica. Tutti però sappiamo che, anche qualora al lavoratore venga erogata “tutta” la formazione possibile ed adeguata e poi lui stessa tenesse un comportamento "non imprevedibile", ma "prevedibile”, secondo le sue mansioni, entra in gioco l'obbligo "residuale" di sicurezza del DL che si chiama "vigilanza". Tipico: la disattivazione dei RES: sicuramente nella formazione sarà stata detto di “non disattivarli” (può forse essere detto diversamente??) e magari c’è anche un test in cui il lavoratore ha risposto in modo adeguato alla domanda corrispondente. Ma tutto questo sappiamo che non esonera il datore di lavoro dalla “vigilanza” Magari fosse esattamente come sembra dire ciò che leggiamo nella sentenza: “qualora in azienda sia stata erogata "tutta" la formazione, non solo cogente, ma che risulti adeguata alle mansioni e agli ambienti di lavoro, i comportamenti dei lavoratori, qualora siano posti in essere non tenendo conto della formazione ricevuta, possono essere classificabili come "imprevedibili”. Magari fosse così: ma sappiamo che non è così. Sulla seconda seconda sentenza "nulla questio" sulla responsabilità del DL: mancava il requisito cogente della formazione prevista per le macchine movimento terra (curioso che venga chiamato “bobcat”) Si, ogni tanto i lavoratori lo chiamano cosi…ma Bobcat company è una società americana che costruisce macchine di movimento terra, normate per la formazione dagli ASR del 22/02/2012..

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