DL Lavoro: le novità sul lavoratore autonomo in un quadro d’insieme
Come noto, l’attuale art.21 c.1 lett.a) del D.Lgs.81/08, come modificato dal Decreto-Legge 4 maggio 2023 n.48, attualmente prevede che “i componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del Codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III, nonché idonee opere provvisionali in conformità alle disposizioni di cui al titolo IV”.
Collegando e raccordando tale novella legislativa al quadro normativo preesistente (ovviamente ancora in vigore), ricordiamo che l’art.3 c.11 D.Lgs.81/08 (“campo di applicazione”) prevede che “nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all’articolo 2222 del Codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26” e che l’art.2222 del codice civile (“contratto d’opera”), cui rinviano gli artt.3 e 21 del D.Lgs.81/08 al fine di definire i lavoratori autonomi, prevede che “quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV”.
Dunque, il lavoratore autonomo è un soggetto che opera con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione.
Tornando al Decreto Lavoro, tale provvedimento pertanto ha aggiunto all’art.21 del D.Lgs.81/08 l’obbligo dei lavoratori autonomi di utilizzare idonee opere provvisionali in conformità alle disposizioni di cui al titolo IV (art.14 c.1 lett.b) Decreto-Legge 48/2023).
Un obbligo, quest’ultimo, sanzionato con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda e che si aggiunge a quello - già presente in precedenza - di utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III e, più ampiamente, a tutti gli altri obblighi contenuti nell’art.21 D.Lgs.81/08.
Resta ferma e immutata poi la regolamentazione prevista dal Titolo IV del D.Lgs.81/08 sui cantieri temporanei o mobili con riferimento agli obblighi dei lavoratori autonomi ivi operanti.
Secondo il Titolo IV ed in particolare l’art.94 del D.Lgs.81/08, infatti, “i lavoratori autonomi che esercitano la propria attività nei cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto legislativo, si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per l’esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.”
Ciò premesso, può essere utile approfondire per qualche momento la ratio dell’estensione contenuta nel Decreto Lavoro in materia di lavoratori autonomi.
A commento del nuovo obbligo di questi ultimi di utilizzare idonee opere provvisionali in conformità alle disposizioni di cui al titolo IV (obbligo che, come si diceva, è stato introdotto dal Decreto-Legge n.48/2023), l’Atto n.685 del Senato ha specificato che tale ultimo Decreto “introduce una previsione volta a ridurre gli infortuni soprattutto nel settore delle costruzioni. Nello specifico si estendono ai lavoratori autonomi le misure di tutela per la salute e sicurezza previste nei cantieri temporanei o mobili con particolare riferimento all’introduzione di idonee opere provvisionali conformemente a quelle già previste nel titolo IV” (Senato della Repubblica, XIX Legislatura, Fascicolo Iter DDL S.685, Conversione in legge del decreto-legge 4 maggio 2023, n.48, recante misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro).
Su questo punto va sottolineato che l’estensione alle norme generali contenute nel Titolo Primo del D.Lgs.81/08 di istituti giuridici - e corrispondenti obblighi - previsti dal Titolo IV (quale norma speciale) prosegue un percorso già intrapreso dal Legislatore prevenzionistico da più di quindici anni.
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Molti ricorderanno, infatti, che con l’entrata in vigore delle norme “immediatamente precettive” contenute nella Legge n.123/2007 vari istituti giuridici, che originariamente trovavano applicazione solo nei cantieri, sono stati estesi ad un ambito più generale: basti pensare ad esempio alla tessera di riconoscimento il cui ambito è stato generalizzato dai cantieri a tutti gli appalti, all’introduzione del DUVRI che concettualmente era “figlio” del PSC, alla norma sull’indicazione dei costi nei contratti di appalto, alla sospensione del cantiere che era stata introdotta nel 2006 dal Decreto-Legge 4 luglio 2006 n.223 e che l’anno dopo è stata estesa a tutte le attività imprenditoriali.
Al fine, poi, di dare la dovuta considerazione al “contesto” all’interno del quale si è inserita quest’ultima novella legislativa in materia di lavoratori autonomi, non sembra qui inutile richiamare le parole della Relazione Finale della Commissione Parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati (istituita con deliberazione del Senato della Repubblica il 31 ottobre 2019 e approvata dalla Commissione nella seduta del 26 luglio 2022).
La Commissione Parlamentare ha infatti sottolineato che “l’emergere di nuove forme organizzative, modelli aziendali e tipologie di contratto ha determinato un mutamento radicale del concetto stesso di lavoro che necessita di un impegno globale per gestire il cambiamento […]”.
Allargando a questo punto ancora un po’ il campo di osservazione, occorre tenere presente - quando si parla di lavoratori autonomi - che la giurisprudenza di legittimità “distingue con molta chiarezza il caso in cui il “lavoratore presti la sua opera con la esclusiva applicazione delle proprie energie personali” dal “caso in cui il medesimo, sebbene non dotato di una articolata struttura imprenditoriale, adibisca alla prestazione lavorativa altri soggetti”.”
Infatti, ““sebbene corrisponda al vero” il fatto che, “ai sensi dell’art.3, comma 11, del d.lgs n.81 del 2008, nei confronti del lavoratore autonomo si applicano le disposizioni contenute negli artt.21 e 26 del citato decreto legislativo, deve osservarsi che il principio di cui sopra vale limitatamente alla ipotesi in cui il predetto lavoratore presti la sua opera con la esclusiva applicazione delle proprie energie personali e non anche nel caso in cui il medesimo, sebbene non dotato di una articolata struttura imprenditoriale, adibisca alla prestazione lavorativa altri soggetti, a prescindere dal tipo di rapporto lavorativo in base al quale i medesimi siano stati investiti dei loro compiti.” ( Cassazione Penale, Sez.III, 28 luglio 2016 n.33038).
Questo è un principio che è consigliabile che anche i committenti tengano in considerazione e valutino attentamente.
Se prendiamo in esame, infatti, dal lato del committente, l’obbligo che per legge grava su quest’ultimo di scegliere un soggetto idoneo a cui affidare i lavori o i servizi o le forniture (spaziando a questo punto del discorso, in termini generali, dall’art.26 al titolo IV D.Lgs.81/08), possiamo dire che, nel caso tale scelta ricada su un lavoratore autonomo (es. artigiano) e non su una ditta appaltatrice avente una propria organizzazione di mezzi, è importante che tale scelta poggi su saldi presupposti.
Anzitutto, anche laddove tale scelta ricada su una ditta appaltatrice, è ormai noto l’orientamento della Cassazione secondo cui, in materia di verifica dell’idoneità tecnico-professionale da parte del committente, ““il rispetto di tale obbligo non può ridursi al controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo, ma esige la verifica, da parte del committente, della struttura organizzativa dell’impresa incaricata e della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell’opera commissionata - in particolare, in caso di lavori in quota, il committente deve assicurarsi dell’effettiva disponibilità, da parte dell’appaltatore, dei necessari dispositivi di sicurezza” ( Cassazione Penale, Sez.IV, 16 ottobre 2020 n.28728).
Se poi prendiamo invece in considerazione l’affidamento di lavori da parte del committente ad un lavoratore autonomo, vi è ormai una consolidata giurisprudenza che vale come monito ad effettuare delle scelte oculate in relazione alla pericolosità dei lavori, ai mezzi occorrenti per effettuarli etc.
Citiamo qui ad esempio Cassazione Penale, Sez. III, 26 aprile 2016 n.35185, avente ad oggetto una “fattispecie, relativa alla morte di un lavoratore edile precipitato al suolo dall’alto della copertura di un fabbricato, nella quale è stata ritenuta la responsabilità per il reato di omicidio colposo dei committenti, che, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, si erano rivolti ad un artigiano, ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa, che gli consentisse di lavorare in sicurezza”.
Secondo la Corte, “nella scelta della ditta da incaricare di un lavoro particolarmente pericoloso l’imputato ha individuato un artigiano, privo di specifiche competenze tecniche in ordine al lavoro in concreto da svolgere, relativo alla riparazione di lastre in eternit, dopo averlo incaricato inizialmente della diversa attività di ricerca di una perdita d’acqua nel bagno, a conferma della totale assenza di una valutazione del rischio della specifica attività richiesta e della mancanza dei relativi presidi anti-infortunistici e della mancata valutazione circa la necessità di incaricare del lavoro una ditta specializzata”.
Chiudiamo poi con Cassazione Penale, Sez.IV, 19 gennaio 2018 n.2332, con cui la Corte ha confermato la condanna di M.G. per avere, quale datore di lavoro della F. S.p.a. e committente di opere, cagionato il decesso dell’artigiano A.K.
In particolare “la s.p.a. F., di cui M.G. era amministratore delegato, aveva affidato i lavori di impermeabilizzazione alla impresa individuale D.A. di D.A., il quale aveva dato a disposizioni ad A.K., formalmente non dipendente di alcuno ma titolare di una ditta artigiana individuale, di provvedere al lavoro in quota.”
Va aggiunto che, oltre a quella di M.G., “è stata affermata la penale responsabilità di D.A., sotto molteplici profili (principalmente, ma non esclusivamente, per la mancata messa a disposizione dell’operaio, sostanzialmente subordinato, di presidi di sicurezza per il lavoro in quota, quali reti di protezione, soppalchi con tavole o linee-vita, e per non avere segnalato i lucernai non calpestabili)”.
E’ assai significativo infine che, “quanto alla posizione di M.G., si è ritenuto da parte dei Giudici di merito […] che lo stesso sia stato negligente nella verifica della idoneità tecnico-professionale della ditta cui aveva affidato i lavori, sotto plurimi aspetti:
l) perché dalla visura presso la camera di commercio risultava che la ditta D.A. non aveva dipendenti e ciò avrebbe dovuto indurre il committente, che non aveva autorizzato alcun subappalto, sia a chiedersi chi fossero gli uomini visti lavorare sul tetto, quindi in quota, e ritenuti, come emerso dall’istruttoria, “uomini di D.A.”, sia ad interrogarsi sulla idoneità del solo D.A., che risultava imprenditore individuale, a realizzare da solo tutti i lavori commissionati;
2) perché l’esiguo preventivo della ditta D.A. appariva palesemente inidoneo a coprire gli oneri della sicurezza, con la conseguenza che la F. avrebbe dovuto chiedere chiarimenti al riguardo - cosa che non risulta fatta - anche perché il rischio di caduta dall’alto, di persone o di cose, trattandosi di lavori di impermeabilizzazione di una copertura ad otto metri di altezza era immediatamente percepibile a chiunque e non era specifico della sola ditta appaltatrice né esclusivo ad essa, esistendo, in realtà, pericolo anche per i dipendenti F. che agivano in basso nella zona sottostante […]”.
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
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