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Una norma veramente insolita: come i grandi possono parlare con i piccoli!

Una norma veramente insolita: come i grandi possono parlare con i piccoli!
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

09/09/2020

Il mondo normativo non cessa mai di stupire coloro che lo vivono da vicino. Questa norma, in fase di approvazione, affronta un tema che è tanto impegnativo, quanto insolito.

È in corso di esame, presso il comitato tecnico ISO TC 286, una norma dal titolo affatto accattivante:

ISO/DIS 44004 - Collaborative business relationship management — Guidelines for large organizations seeking collaboration with MSMEs

 

Questa norma rappresenta un approfondimento di una norma già pubblicata, la ISO 44000, con una attenzione specifica alle MSME, vale dire micro, small and medium sized enterprise, vale a dire grandi aziende che vogliono collaborare con aziende micro, piccole o di media dimensione.

 

Ai lettori, che potrebbero stupirsi perché il comitato tecnico dedichi la propria attenzione a questo argomento specifico, vorrei far presente che oggi sempre più spesso le grandi aziende si appoggiano, per ragioni di flessibilità, di costo, di rapidità di reazione e simili ad aziende piccolissime, piccole o medie. Infatti, le raccomandazioni di questo documento sono basate sull’assunto, convalidato dall’esperienza, che le grandi aziende spesso hanno bisogno di appoggiarsi ad aziende assai più piccole, perché esse possono offrire una dinamica di collaborazione, che tra grandi aziende può essere assai difficile.

 

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Chiunque abbia lavorato per qualche tempo in una grande azienda sa che essa adotta proprie linee guida e modelli di comportamento, che sono ispirati da principi, che sono assai diversi da quelli che vengono utilizzati da una piccola e media impresa. L’esperienza pratica conferma che gli strumenti utilizzati dalle grandi aziende non sono stati progettati per sfruttare al meglio i pregi della collaborazione con piccole aziende e questo fatto può portare ad una riduzione dei vantaggi competitivi, offerti appunto da una collaborazione tra grandi e piccoli soggetti. Ecco perché può essere estremamente interessante, per una grande azienda, adottare degli schemi organizzativi, che possono permettere di conciliare le esigenze operative di una grande azienda, con i vantaggi competitivi delle piccole aziende.

 

Si tratta evidentemente di un’affermazione che è facile da fare, ma che può essere piuttosto difficile da attuare in pratica, anche per la naturale resistenza che molti soggetti pongono, quando si richiede loro di adottare atteggiamenti flessibili.

 

Ecco perché la norma mette subito in evidenza come essa possa essere applicata solamente se la grande azienda adotta una politica di incoraggiamento nello stabilire dei rapporti con organizzazioni più piccole, adottando un piano congiunto di gestione delle relazioni, nell’elaborazione del quale entrambe le parti coinvolte danno un contributo costruttivo. Come di consueto, è fondamentale, per raggiungere un compromesso soddisfacente, che l’alta direzione della grande azienda dia piena disponibilità; la disponibilità della piccola e media azienda è data per scontata.

 

La norma mette in evidenza che un aspetto fondamentale è legato al fatto che la grande azienda deve rendersi conto di quali siano i vantaggi legati all’utilizzo di piccolissime, piccole e medie aziende, in modo da rendersi conto che le esigenze della grande azienda sono correttamente soddisfatte proprio da questi profili aziendali.

 

Ad esempio, la norma mette in evidenza come sarebbe opportuno che il rappresentante della grande azienda, che siede al tavolo negoziale, abbia avuto precedenti esperienze di lavoro in piccole e medie aziende, per consentirgli di comprendere al meglio le esigenze della controparte. In questo modo, la piccola azienda può sentirsi rassicurata dal fatto che anche i suoi interessi sono ritenuti importanti e debbono essere protetti.

 

Un altro aspetto che la norma prende in considerazione riguarda un approccio congiunto alla gestione del rischio, in maniera che entrambe le parti condividano la individuazione del rischio, le sue modalità di messa sotto controllo e di gestione. Appare infatti evidente come, ad esempio, il rischio legato all’immagine può essere estremamente importante per una grande azienda, mentre potrebbe esserlo assai meno per una piccola azienda, che, per quanto sia brava, è certamente assai meno conosciuta sul mercato, almeno rispetto all’azienda partner.

 

Infine, poiché non sempre tutto può andare per il meglio, la norma dedica uno specifico paragrafo alla messa a punto di una strategia di risoluzione del contratto, se l’esperienza dimostra che il rapporto fra la grande la piccola impresa non riesce a svilupparsi in maniera costruttiva per entrambe le parti coinvolte. Ovviamente la strategia di risoluzione del contratto può avvenire sia nel corso del contratto stesso, a fronte di situazioni impreviste o inconciliabili, ma può anche avvenire al termine del contratto. Anche in questo caso, occorre stabilire per tempo delle regole che permettano di gestire al meglio, ad esempio, le modalità di detenzione e cancellazione delle informazioni che sono state scambiate, la possibilità che clienti terzi siano stati coinvolti e debba quindi essere gestito il rapporto con questi ultimi, le modalità con cui la risoluzione del contratto può avvenire in modo coordinato, senza lasciare strascichi.

 

Per chi ha contatto pressoché quotidiano con il mondo normativo, l’analisi di questa norma rappresenta una sfida assai interessante, in quanto fa assai più spesso riferimento ad aspetti, oserei dire psicologici, piuttosto che ad aspetti tecnici. Si tratta comunque di una utile proposta di impostazione del rapporto tra chi è grande e chi è piccolo, che può tornare vantaggiosa a tutte le parti coinvolte.

 

Adalberto Biasiotti



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