Contro i droni funziona bene solo il laser
Quanto accaduto recentemente a Gatwick, dove decine e decine di migliaia di passeggeri sono stati costretti a terra, per la presenza di due droni, i cui piloti ancora non sono stati identificati, è un chiaro esempio dei problemi che occorre prepararsi a fronteggiare.
Ogni volta che ne ho occasione, visitando settori specializzati in varie parti del mondo, cerco di tenermi aggiornato sull’evoluzione delle attrezzature avanti drone. Ad oggi, ricordo i falchi, utilizzati dalla polizia olandese, e le reti, sganciate da altri droni, utilizzate da altre forze dell’ordine.
Il difetto fondamentale di tutti questi strumenti di difesa è che il tempo necessario per attivare queste difese, dal momento in cui il drone viene individuato, è troppo lungo. Oggi un drone che si affaccia su una piazza piena di gente è in grado di raggiungere il centro della piazza in un paio di minuti e sganciare un ordigno che nel migliore dei casi è solo esplosivo, mentre nel peggiore dei casi potrebbe essere una bomba sporca.
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Il tempo necessario per attivare le contromisure sopradescritte è del tutto inidoneo a fronteggiare l’attacco. D’altro canto, abbiamo già visto che altri strumenti di difesa, come ad esempio gli jammers elettromagnetici, potrebbero non avere un’energia sufficiente per bloccare la ricezione del segnale GPS, che pilota un sistema automatico di navigazione del drone, del tutto indipendente da un collegamento con un pilota a terra.
Per questa ragione i militari, soprattutto negli Stati Uniti ed in Israele, stanno studiando sistemi di altra natura, essenzialmente basati su laser portatili, in grado di inquadrare in pochi istanti il drone e scaricare una energia termica concentrata, che può sciogliere parti critiche del drone. Ad oggi, dispositivi del genere sono già disponibili, per droni di grandi dimensioni, ma i laser utilizzati sono di dimensioni altrettanto grandi e non possono essere utilizzati come strumenti portatili di difesa, da mettere in posizione, ad esempio in occasione di qualche evento con grande concorso di pubblico.
Solo da poco tempo sono stati presentati nuovi dispositivi laser, che assomigliano a grossi fucili, completi di alimentazione di bordo, che possono concentrare un raggio laser sul bersaglio, provocando un riscaldamento localizzato che scioglie parti in plastica ed anche di metallo.
Per attivare quindi una strategia antidrone occorre intervenire su più fronti:
- il primo fronte riguarda la capacità di individuare tempestivamente la presenza del drone; da questo punto di vista, ho già visto alla recente mostra della sicurezza ad Essen dei dispositivi, che perlustrano in continuazione lo spazio aereo e possono localizzare in pochi istanti un drone in avvicinamento;
- il secondo fronte riguarda invece la capacità di distruggere rapidamente, o rendere comunque incapace di volare, il drone così individuato.
I laser portatili, di cui offro una immagine, hanno una portata dell’ordine di un paio di km, che è più che sufficiente per colpire un drone in avvicinamento. Resta sempre il problema legato al fatto che l’ordigno a bordo del drone, anche se il drone viene neutralizzato, potrebbe comunque precipitare sulla folla sottostante ed ecco il motivo per cui occorre creare un perimetro di sicurezza di larghezza tale, da consentire un tempestivo abbattimento del drone.
Ad oggi, almeno in Italia, si fanno molte chiacchiere, ma credo che non esista una sola di queste armi già disponibile per le forze dell’ordine, soprattutto quando devono proteggere un grande evento.
Mi auguro che queste informazioni possono convincere i responsabili ad accelerare lo studio e la valutazione di questi strumenti di difesa, che devono essere dispiegati al più presto possibile.
il fucile a laser portatile, dimostrato negli Stati Uniti
il danneggiamento che viene creato dal raggio laser, che fonde parti in plastica e di metallo del drone
Adalberto Biasiotti
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