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Codice etico e “spiate”: a che punto siamo?

Codice etico e “spiate”: a che punto siamo?
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

17/10/2016

Il codice etico prevede degli strumenti per segnalare alla direzione aziendale comportamenti anche potenzialmente illeciti. L’efficienza ed efficacia di questi strumenti lascia ancora molto a desiderare. Di Adalberto Biasiotti.


Il fatto stesso che in linguaggio corrente la espressione anglosassone “whistleblower” venga tradotta con “spione”, lascia capire quale possa essere l’atteggiamento della popolazione italiana nei confronti di coloro che segnalano comportamenti illeciti di un’azienda.

Anche se nel codice etico devono essere inserite precise garanzie di tutela di coloro che assumono un ruolo attivo per segnalare comportamenti illeciti, la realtà operativa è alquanto diversa.

 

 

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Più di una volta, purtroppo, coloro che hanno segnalato comportamenti illeciti della azienda sono stati poi messi sotto accusa e allontanati. Solo dopo qualche tempo la magistratura li ha reintegrati, ordinando la corresponsione di tutti gli stipendi non pagati dal momento dell’allontanamento.

 

Esiste una convenzione mondiale che tutela questi soggetti ed esiste anche una norma inglese, che specificamente dà indicazioni su come sia possibile impostare un programma di sostegno e tutela di coloro che non fanno altro che fare il proprio dovere, segnalando comportamenti illeciti nell’ambito dell’azienda.

 

Purtroppo il problema non esiste solo in Italia, ma esiste anche in molti altri paesi e un recente studio, condotto negli Stati Uniti, ed in particolare presso il dipartimento dell’energia, ha messo in evidenza come la tutela offerta a questi soggetti sia lungi dall’essere soddisfacente. A questo punto, nessuno  deve stupirsi se, per amor di quieto vivere, casi clamorosi di violazione di leggi e regolamenti, ben noti a molti dipendenti aziendali, non vengono tempestivamente segnalati.

Lo studio in particolare ha esaminato quali erano le regole in vigore presso le aziende appaltatrici, che evidentemente possono essere messe in condizione di venire a conoscenza di situazioni illecite, presenti nell’ambito delle attività dell’ente appaltante. Un primo problema nasce dal fatto che la procedura per segnalare anomalie spesso è assai complessa e abbisogna addirittura dell’assistenza di un legale, perché si richiede una formalizzazione spinta delle segnalazioni, prima che esse possano essere prese in esame.

 

Un caso, esaminato in profondità, ha messo in evidenza come la segnalazione era stata ignorata perché, a detta di chi l’aveva ricevuto, essa era “troppo vaga”. Un successivo approfondimento ha permesso di acquisire ulteriori informazioni e la segnalazione ha acquisito uno status ben più impegnativo.

 

Questa è la ragione per la quale spesso si raccomanda la segnalazione venga inviata ad un ente esterno, con buone competenze legali, in modo che tale ente esterno possa aiutare il segnalatore a raccogliere e puntualizzare tutti gli elementi necessari per dare sostegno e credibilità alla segnalazione stessa.

 

Un altro problema che lo studio ha messo in evidenza riguarda  quanto sia ampio il campo d’azione per l’ente appaltante, nei confronti dell’ente appaltatore. Ci si chiede se rientra nei poteri dell’ente appaltante imporre che l’appaltatore adotti tecniche efficienti ed efficaci di ricezione di segnalazioni di possibili comportamenti anomali.

 

Nel corso dell’esame di molte lagnanze, gli ispettori hanno rilevato:

•        dei casi in cui poco nulla è stato fatto a fronte di segnalazioni di dipendenti che mettevano in evidenza rischi per la sicurezza, nel corso dell’attività lavorativa,

•        un caso in cui un appaltatore è stato cacciato via perché aveva segnalato problemi legati alla sicurezza dei lavoratori, e

•        il caso di un dipendente di un ente appaltatore  licenziato perché egli aveva cooperato con gli investigatori, che stavano conducendo le indagini appena menzionate.

 

Al termine dell’esame, gli ispettori hanno avanzato numerose raccomandazioni, tra cui

•        la introduzione di un tempo massimo per dare risposta ad una segnalazione,

•        l’adozione di procedure semplificate per acquisire segnalazioni e

•        la introduzione, nella valutazione delle segnalazioni, di soggetti terzi, che possono operare con maggiore indipendenza.

Sono raccomandazioni che sarebbe bene che ogni azienda italiana esaminasse attentamente, nel mettere in pratica le indicazioni, talvolta assai teoriche, del proprio codice etico.

 

Adalberto Biasiotti




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