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Movimentazione manuale e posture corrette nelle strutture sanitarie

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Sanità e servizi sociali

11/06/2012

Un documento affronta il tema dell’ergonomia posturale nella sanità, con riferimento alla corretta posizione nella movimentazione di carichi o pazienti e nelle posture fisse. L’esposizione ai rischi, le posture errate e la prevenzione.


Torino, 11 Giu – PuntoSicuro si è più volte soffermato sulle malattie professionali e sugli eventuali incidenti correlati alle attività di movimentazione di carichi e pazienti nelle strutture sanitarie o alle problematiche posturali, sia dal punto di vista della metodologia per la valutazione dei rischi che da quello dei dati inerenti i disturbi muscolo scheletrici tra il personale sanitario.
In relazione al programma informativo aziendale dell’ Azienda Ospedaliera Ospedale Infantile Regina Margherita - Sant’Anna di Torino (OIRMS) è stata prodotta su questi temi una presentazione, dal titolo “ Ergonomia posturale - La corretta posizione nella movimentazione di carichi o pazienti e nelle posture fisse”, curata dal Dott. Pier Luigi Pavanelli.
 
Il documento offre innanzitutto una panoramica sulla normativa relativa al rischio da movimentazione manuale dei carichi (MMC), con riferimento al Decreto legislativo 81/2008 (in particolare al Titolo VI e all’allegato XXXIII) e al D.Lgs. 106/2009.

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Dopo aver dato alcune definizioni essenziali, l’autore risponde alla seguente domanda: quando si è esposti ai rischi da MMC?
In linea generale la movimentazione manuale dei carichi può costituire un rischio “quando il carico:
- può comportare, a causa della struttura esterna e/o della consistenza, lesioni per il lavoratore in caso di urto;
- è ingombrante o difficile da afferrare, in equilibrio instabile o con il contenuto che si può spostare;
- è troppo pesante” (superiore a 25 Kg per maschi e a 20 Kg per le donne);
- è “collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato ad una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione dello stesso”. 
 
Inoltre nella sanità la MMC “può costituire un rischio nei seguenti casi:
- movimentazione manuale di pazienti: ad es. reparti ospedalieri di degenza, sala operatoria.
- movimentazione di oggetti: ad es. magazzini, servizi tecnici, manutentori, centrale di sterilizzazione”.
E l’autore del documento ricorda che “l'incidenza degli sforzi fisici e delle conseguenti patologie è ovviamente più elevata in reparti dove è necessario assistere soggetti immobilizzati o poco collaborativi (ortopedia, chirurgia, geriatria, riabilitazione funzionale, rianimazione, pronto soccorso, blocco operatorio, ecc.)”. 
 
C’è la possibilità di valutare il rischio di MMC in ambito sanitario con riferimento al tipo di manovra di mobilizzazione: presa a cucchiaio (rischio alto); da carrozzina a letto (rischio alto); sollevamento a tre persone (rischio alto); presa gomito-ascella (rischio moderatamente alto); da letto a carrozzina (rischio moderatamente alto); presa di spalla (rischio basso); sollevamento con traversa (rischio molto basso). 
Il documento riporta a questo proposito alcuni dati relativi alla biomeccanica del rachide. “Secondo alcuni studi di biomeccanica al rachide il carico tollerabile del rachide lombosacrale risulta essere compreso tra 275 Kg e 400 Kg. Nello specifico è stato calcolato il crash point (punto di rottura) con sollecitazioni lombosacrali indirette comprese tra 450 Kg e 600 Kg”.
Qualche esempio:
- sollevamento paziente di 70 Kg: carico a livello L3-L4 fino 640 Kg;
- spostamento paziente di 95 Kg: carico a livello L3-L4 oltre 1000 Kg.
 
Altri punti fermi relativi alla MMC sottolineati nel documento:
- “esistenza di specifici rischi lavorativi in diversi contesti in cui vi è un largo ricorso alla forza manuale;
- studi e ricerche indicano come gli infermieri siano fra le categorie professionali più colpite da patologie della colonna vertebrale;
- i disturbi acuti e cronici del rachide sono assai diffusi fra i lavoratori addetti alla movimentazione manuale di carichi”. 
 
Queste le precauzioni che è necessario adottare per minimizzare i rischi da MMC:
-formazione–informazione del personale: “affinché non vengano adottate procedure ergonomicamente scorrette durante la movimentazione di oggetti o malati”; 
-ausiliazione: ad esempio con riferimento alla movimentazione di oggetti (“carrelli, carrelli elevatori, transpallet”), alla mobilizzazione dei pazienti (“sollevatori meccanici, carrozzine, cinture per il trasferimento dei pazienti, teli ‘senza attrito’, ogni volta che ciò è possibile”) e alla adozione di letti con ruote e barelle regolabili in altezza;
-progettazione di spazi operativi adeguati: “in ambito ospedaliero la ristrettezza degli spazi costituisce un ostacolo al corretto svolgimento della mobilizzazione dei pazienti, sia perché impedisce l’assunzione delle posture corrette, sia perché costituisce uno dei principali motivi el mancato utilizzo degli ausili”;
-organizzazione del lavoro: “team infermieristici più numerosi nei reparti in cui vengono assistiti pazienti non collaboranti o nelle situazioni in cui si rende necessaria la movimentazione di oggetti pesanti”.
 
Dopo aver segnalato che “posture e movimenti scorretti sono responsabili dell’ 80% delle algie vertebrali” e aver affrontato l’epidemiologia di alcune patologie, l’autore si occupa di posture errate e posture corrette.
Il documento fa riferimento, ad esempio, alla zona ergonomica di lavoro in ortostatismo (la posizione che l`organismo assume quando si sta in piedi): “come per il battitore nel baseball, la zona di maggior forza e di minor sforzo nella movimentazione di carichi nella posizione ortostatica risulta essere la fascia compresa tra il bacino e la spalla. Più precisamente nel lavoro a gomito flesso compreso tra spalla e bacino. L’ergonomicità del gesto diminuisce sia nell’allontanamento da tale zona (lavoro sopra le spalle o sotto il bacino) e nell’allontanamento dal tronco (braccio sempre più esteso)”.
 
Nel documento, che vi invitiamo a consultare, sono presenti diverse immagini con esempi di movimentazione manuale o attività comportanti sollecitazioni a livello del rachide: “per l’ottimizzazione occorre bilanciare i pesi, avere la schiena dritta, effettuare flessione sulle gambe ed evitare flesso estensioni massimali, utilizzare la zona più ergonomica del nostro corpo”.
 
L’autore ricorda inoltre che “se l’attività lavorativa ci costringe ad assumere posizioni dannose e ad effettuare movimenti scorretti sarà necessario:
- sostituire le posizioni incongrue ed i movimenti scorretti con quelli corretti ed inserire delle pause;
- alternare le posizioni fisse o di sforzo massimale, che provocano più pressione dello spazio intervertebrale con quelle che ne provocano meno, eseguendo posture e movimenti di compensazione”.
In tal modo i dischi intervertebrali potranno:
- “consentire la massima ampiezza di movimento;
- ammortizzare al meglio gli sforzi;
- evitare la produzione di dolore”. 
 
Per concludere ricordiamo che “le principali misure preventive a carico del rachide sono rappresentate da:
- movimentazione ergonomica;
- igiene del rachide” (nel documento sono presenti diverse immagini esplicative);
- attività fisica.
Riguardo all’attività fisica “si segnalano le seguenti attività che storicamente sono state ritenute importanti per un buon mantenimento del trofismo muscolare: nuoto (tutti gli stili), nuoto (solo dorso), yoga, esercizi di Back School, ginnastica posturale, Tai Chi, Pilates Watsu, stretching specifico”.
 
 
Azienda Ospedaliera Ospedale Infantile Regina Margherita - Sant’Anna di Torino, “ Ergonomia posturale - La corretta posizione nella movimentazione di carichi o pazienti e nelle posture fisse”, a cura del Dott. Pier Luigi Pavanelli (formato PDF, 2.93 MB).
 
 
 
RTM


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