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La sorveglianza sanitaria in caso di lavoro subordinato di fatto
Milano, 12 Apr - Con una interessante sentenza (n. 6998 del 22 febbraio 2012) la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha condannato un datore di lavoro - formalmente committente - per non aver sottoposto alla sorveglianza sanitaria prevista dalla legge, e in particolare alla visita medica periodica, due lavoratori titolari di ditte individuali ma che sostanzialmente operavano sotto le direttive dell’imputato.
La Cassazione ha confermato la condanna del ricorrente (datore di lavoro) per il reato contravvenzionale di cui all’art. 4, comma 5, lettera g) dell’allora vigente D.Lgs. n. 626 del 1994 (ora corrispondente all’art. 18 c. 1 lett. g) D.Lgs. 81/08), presumibilmente contestato a seguito di ispezione da parte dell’Organo di vigilanza, reato consistente nel non aver richiesto al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico dalla legge.
Già in primo grado la qualificazione di tali lavoratori era stata quali lavoratori subordinati, in applicazione di una concezione sostanzialistica dei rapporti giuridici che è quella che deve guidare e orientare l’interprete allorché occorra verificare l’attuazione degli adempimenti e più in generale delle tutele di salute e sicurezza sul lavoro.
Il Tribunale infatti, dopo aver ricordato che “in materia antinfortunistica, un rapporto di lavoro subordinato deve ritenersi tale, a prescindere dalla qualifica formale, con riferimento all'assenza di autonomia del lavoratore”, aveva accertato che i due lavoratori di fatto operavano sotto le direttive dell'imputato.
E’ interessante verificare a questo punto quali indici siano stati presi in considerazione dal Tribunale per giungere a tale qualificazione.
Anzitutto - ricorda il Tribunale - l’imputato“forniva i materiali (ponteggi tubolari), richiedeva la concessione di suolo pubblico per l'arco temporale previsto, forniva indicazioni in ordine alle modalità di esecuzione dei lavori.”
A ciò va aggiunto che i due lavoratori, “pur titolari di ditte individuali, lavoravano quasi esclusivamente per l'A.[imputato, n.d.r.] e se volevano prendere un periodo di ferie preavvisavano l'imputato.”
L’imputato propone ricorso sostenendo che da un lato era stata ritenuta la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato in difetto dei requisiti richiesti (ed in particolare dell'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro) e dall’altro erano stati ritenuti rilevanti elementi sussidiari (collaborazione, continuità dell'attività, osservanza di un orario di lavoro) che – a suo dire - potrebbero sussistere anche in presenza del lavoro autonomo. Lamenta inoltre la mancata valutazione dell'esistenza di contratti di appalto.
La Cassazione rigetta il ricorso quale manifestamente infondato.
E afferma: “secondo la giurisprudenza di questa Corte, richiamata anche dal Tribunale, “..un rapporto di lavoro subordinato deve essere considerato tale in riferimento all'assenza di autonomia del lavoratore nella prestazione dell'attività lavorativa e non già in relazione alla qualifica formale assunta dal medesimo (Fattispecie in cui è stato ritenuto subordinato e non autonomo il lavoratore che, pur formalmente titolare di una ditta artigiana, prestava in assenza di autonomia la propria attività, ricevendo ordini dal datore di lavoro, del quale utilizzava le attrezzature, il mezzo di trasporto ed il materiale)” (cfr. Cass. pen. sez. 4 n. 12348 del 29.1.2008).
La Corte fa così riferimento alle risultanze processuali, ed in particolare alle testimonianze rese dai lavoratori stessi e alle parziali ammissioni dell'imputato, per giungere a confermare l’assunto del Tribunale che ha ritenuto che:
- i due lavoratori “eseguivano gli stessi lavori realizzati dall'A. con la sua società e cioè ponteggi tubolari”;
- “il materiale e cioè i tubolari li forniva l'A. che si occupava anche di richiedere la concessione di suolo pubblico per l'arco temporale previsto fornendo altresì indicazioni in ordine alle modalità di esecuzione dei lavori”;
- i due “... lavoravano quasi esclusivamente per l'A. , anzi si erano licenziati creando la ditta proprio perché l'imputato aveva dato assicurazioni circa il lavoro con regolarità e quindi se volevano prendere un periodo di ferie era loro cura avvisare il lavoro”.
Da tali risultanze emerge, quindi, secondo la Corte, che i due lavoratori erano assoggettati al potere direttivo ed organizzativo dell'imputato e ne deriva, conseguentemente, la sussistenza - di fatto - degli elementi che caratterizzano il rapporto di lavoro subordinato.
Un cenno infine al precedente giurisprudenziale (Cass. Pen. sez. 4 n. 12348 del 29.1.2008) espressamente richiamato dalla Corte nella sentenza in commento: in quel caso il lavoratore “D., già dipendente della ditta di cui l'imputato era titolare, aveva sostanzialmente proseguito l'attività con le modalità precedenti - pur avendo aperto una ditta artigiana a lui intestata - perché era privo di autonomia, riceveva ordini dall'imputato di cui utilizzava le attrezzature, il mezzo di trasporto e il materiale.”
E ancora, “la sentenza di primo grado, espressamente richiamata da quella di appello, indica ulteriori elementi significativi della subordinazione del rapporto precisando le relative fonti di prova (per l'es. la circostanza che l'infortunato tenesse una scheda con l'indicazione delle ore lavorate e che, lo stesso giorno dell'infortunio, avesse viaggiato con un documento di accompagnamento intestato non a lui ma alla ditta dell’imputato)”.
Infine, “né può dirsi che non siano state indicate le fonti di prova perché è stato proprio un dipendente dell'imputato a riferire che ogni mattina D. si presentava presso la sede della ditta per ricevere istruzioni, prelevava il materiale necessario per il lavoro e veniva avviato ai vari cantieri.”
Nel caso preso in esame da quest’ultima sentenza, la tutela che era stata omessa nei confronti del lavoratore infortunato consisteva in una misura di sicurezza e in particolare nella predisposizione di un idoneo parapetto.
In conclusione, la qualificazione di un lavoratore come sostanzialmente subordinato, benché formalmente autonomo, qualificazione che – lo ricordiamo – passa attraverso la rigorosa e puntuale verifica della sussistenza degli indici su ricordati (in sintesi: assenza di autonomia del lavoratore nella prestazione lavorativa e assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro) ha come conseguenza la potenziale contestabilità al datore di lavoro (solo formalmente “committente”), in caso di condotta omissiva, della mancata adozione delle misure di prevenzione e protezione previste dalla legge, della mancata attuazione degli obblighi di informazione, formazione (generale e specifica), addestramento, sorveglianza sanitaria ove necessaria e, più in generale, di tutti gli obblighi previsti dal D.Lgs. 81/08 e leggi collegate a tutela del lavoratore di cui all’art. 2 c. 1 lett. a) di tale decreto (secondo cui è “lavoratore” la “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari […]”.)
Anna Guardavilla
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