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L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione nelle aziende
Roma, 19 Sett – Secondo quanto indicato nell’articolo 31 del D.Lgs. 81/2008 - modificato dall’art. 32 del decreto-legge 69/2013 convertito con modificazioni dalla Legge 98/2013 – il datore di lavoro, salvo quanto previsto dall’articolo 34 (la possibilità di svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti del SPP), organizza il servizio di prevenzione e protezione prioritariamente all’interno della azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi paritetici. Un tema, quello dell’organizzazione di un servizio di prevenzione interno o esterno, che è costato all’Italia l’apertura della procedura d’infrazione n. 2013/4117 del 26 giugno 2013, per non corretto recepimento della Direttiva 89/391/CEE, poi archiviata il 20 novembre 2013.
Per affrontare il tema dell’istituzione del servizio di prevenzione e protezione ci soffermiamo su una guida pratica prodotta dall’ Ente Bilaterale Nazionale del settore Terziario (EBINTER), dal titolo “Datori di lavoro e lavoratori. Guida pratica agli adempimenti di sicurezza e all’apparato sanzionatorio”, nata con l’obiettivo di fornire una chiave di lettura dei diversi adempimenti a carico dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti. Una guida che benché aggiornata solo al novembre 2011 (ad esempio non sono presenti le modifiche al decreto 81/2008 operate dal Decreto del Fare) fornisce ancora utili informazioni relative ai vari adempimenti.
La guida ricorda che per “servizio di prevenzione e protezione si intende l'insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva”. E che gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, “devono possedere le capacità e i requisiti professionali adeguati, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell’azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati”.
Ricordando che ‘ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia’ (articolo 31, comma 5), l’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi (articolo 31, comma 6):
a) nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del 13 decreto legislativo 19 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
Inoltre nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile (articolo 31, comma 8).
Rimandando i lettori a quanto indicato nella guida a proposito dei compiti, delle funzioni e delle competenze del servizio di prevenzione e protezione (SPP), ci soffermiamo su alcune ipotesi relative all’istituzione di un SPP esterno all’azienda.
Ricordando che in ogni caso i soggetti esterni devono essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32 del D.Lgs. 81/2008, nella guida vengono ipotizzate le seguenti soluzioni (arricchite dai commenti degli autori):
- servizio di prevenzione e protezione interno all'azienda con supporti esterni: “riteniamo questa la soluzione migliore per le aziende industriali con più di 200 addetti (per legge tenute ad avere il SPP interno) ma con meno di 1000 addetti” (o 500, con riferimento a quanto già indicato nella guida relativamente all’istituzione di un SPP interno). “In questo caso il SPP non avrà al suo interno tutte le competenze necessarie, ma sarà più snello e agile, e sarà supportato da un'adeguata rete di competenze esterne;
- servizio di prevenzione e protezione per gruppi di aziende: organizzato congiuntamente da diverse aziende di piccola e media dimensione generalmente localizzate nella stessa area geografica. L'amministrazione ed il finanziamento del servizio può essere garantito congiuntamente dalle aziende del gruppo interessato. Il vantaggio di questo modello è la vicinanza con il posto di lavoro e la diretta proprietà da parte delle aziende, che sono i clienti del servizio, e la sua flessibilità nel rispondere ai diversi bisogni delle piccole e medie aziende. Ammesso che la popolazione di lavoratori di cui occuparsi sia sufficientemente ampia, un'équipe a tempo pieno, ben equipaggiata e multidisciplinare, può essere organizzata in modo assai simile a quella dei servizi delle grandi aziende. I problemi evidenziati in questo tipo di modello sono invece legati al fatto che: l'attività viene condotta dall'esterno delle aziende, e ciò potrebbe causare problemi particolarmente se le aziende sono disperse in una vasta area geografica; si possono incontrare anche ostacoli nel tentativo di rispondere a bisogni molto diversificati dato il grande numero di clienti;
- servizi di prevenzione e protezione orientati per settore (o comparto produttivo): è questo un modello di servizio specificatamente organizzato per un particolare settore dell'attività economica, come potrebbe essere quello delle costruzioni, quello alimentare, quello agricolo, etc. La copertura geografica di tale servizio può variare, a seconda del comparto in questione, da un'area geografica circoscritta, fino ad una dimensione regionale o interregionale. La forza di questo modello consiste nella possibilità di organizzare servizi grandi, ben equipaggiati e con buon personale, dotati, se necessario, di mezzi mobili, con la possibilità di concentrarsi su specifici problemi del singolo comparto, e con la possibilità di portare avanti programmi di prevenzione o azioni di promozione attraverso l'intero comparto. I problemi possono derivare dal carattere esterno del servizio e, in alcuni casi, dalla localizzazione remota rispetto all'azienda. Non vi è tuttavia dubbio sul fatto che in questo modello come nel primo, è fortemente aumentata la possibilità di integrare l'attività di prevenzione con il processo produttivo, seguendo in questa integrazione logiche organizzative di ‘Total Quality’;
- servizio di prevenzione e protezione esterno all'azienda: questo modello che opera all’esterno dell'azienda è applicabile nelle aziende di piccola dimensione, che non posseggono, al loro interno, risorse specifiche da destinare a questa funzione. La forza di questo modello consiste nell’estrema flessibilità di gestione e dai costi relativamente meno sostenuti rispetto all’organizzazione di un servizio interno”.
La guida ricorda che per raggiungere la massima copertura di lavoratori e di aziende da parte del Servizio di prevenzione e protezione, “nessuno dei modelli citati precedentemente da solo è forse sufficiente, ma può essere necessaria la combinazione di due, o più, differenti opzioni per offrire un servizio completo. La scelta del modello dovrebbe essere basata sulla realistica capacità di dare soddisfazione ai bisogni delle aziende e dei lavoratori in questione e di assicurare la più ampia copertura, senza, tuttavia, compromettere professionalità e qualità”.
Si ricorda infine che oltre alla consulenza tecnico-scientifica i servizi di prevenzione e protezione “dipendono in modo vitale dalla possibilità di accedere ad informazioni tecnico-scientifiche su problemi di prevenzione nei luoghi di lavoro e a dati sulle condizioni di rischio e di salute a livello nazionale e di singole aziende”. E dunque i sistemi informativi locali, regionali e nazionali “dovrebbero fornire informazioni sulla forza lavoro e sui lavoratori occupati, sui pericoli e rischi, anche rilevanti, presenti a livello di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, prodotti e anche nell'ambito di attività individuate per comparto produttivo, sulla situazione attuale e sulle tendenze degli infortuni sul lavoro, sulle patologie professionali e su quelle correlate col lavoro e, dove è possibile, sui dati di monitoraggio ambientale e biologico nonché sulle soluzioni di bonifica sperimentate con efficacia e del loro impatto organizzativo”.
In particolare l'accesso a tali dati “dovrebbe essere organizzato in forma sistematica e su base permanente che assicuri un flusso tempestivo verso il Servizio su tutti gli aspetti più rilevanti per le finalità dallo stesso perseguite”.
Ente Bilaterale Nazionale del settore Terziario, “ Datori di lavoro e lavoratori. Guida pratica agli adempimenti di sicurezza e all’apparato sanzionatorio”, Supplemento 1 al N. 1/2011 Anno I del semestrale “EBINTER NEWS - BILATERALITÀ NEL TERZIARIO” (formato PDF, 12.51 MB).
RTM
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: alberto cuomo - likes: 0 | 19/09/2014 (12:26:46) |
concordo sull'applicabilità dei diversi modelli di SPP presentati nell'articolo e sulle considerazioni esposte. Tuttavia un tema che vorrei approfondire è la specifica di servizio (e RSPP) "interno". Ritenete che "interno" significhi unicamente "dipendente"? Se così fosse, perchè nella legge non è stato scritto dipendente? E ancora, che differenza sostanziale vedete tra un RSPP dipendente part time (es. con un contratto da 8 ore/settimana) e un RSPP consulente esterno, con ufficio e mail presso l'azienda, facilmente raggiungibile e conosciuto in azienda, con un contratto che prevede la sua presenza in azienda per 8 ore a settimana? |