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Formazione Rspp. Le Linee interpretative del 5 ottobre sono illegittime, pericolose e fuorvianti e non hanno alcun valore legale. Vanno disapplicate. La FAD è lecita.

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: RSPP, ASPP

20/10/2006

di Rolando Dubini, avvocato in Milano. "Il termine dell'8 febbraio 2008 "inventato" dalle Linee interpretative non ha alcun fondamento legale, non garantisce in sede penale al datore di lavoro, al Rspp e all'addetto l'esenzione da responsabilità per ....

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Formazione Rspp. Le equivoche Linee guida interpretative del 5 ottobre sono illegittime, pericolose e fuorvianti e non hanno alcun valore legale. Vanno disapplicate. La Formazione a distanza è lecita

Il termine dell'8 febbraio 2008 "inventato" dalle Linee interpretative non ha alcun fondamento legale, non garantisce in sede penale al datore di lavoro, al Rspp e all'addetto l'esenzione da responsabilità per aver l'esercizio abusivo della funzione

La FAD è lecita.

di Rolando Dubini, avvocato in Milano

 

Costituzione Italiana - Art. 101. (...). I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

«Si rivela prezioso» un insegnamento che «mette a nudo l’inaccettabilità di alcune prassi applicative incoraggiate da fuorvianti indicazioni non di rado fornite alle imprese da autorità amministrative preposte alla vigilanza» (Guariniello, ISL n. 5/1999, pag. 297).

 

 

La Costituzione Italiana all'art. 101 prevede che "i giudici sono soggetti soltanto alla legge" e non alle circolari ministeriali, o alle "linee interpretative" quali quelle recentemente elaborate dal coordinamento tecnico delle regioni e province autonome in materia di accordo Stato-Regioni sulla formazione dei responsabili e degli addetti al servizio di prevenzione e protezione del 26 gennaio 2006.

Ed è una fortuna, perché siamo ora passati dalla padella di un Accordo enigmatico alla brace di linee guida interpretative del 5 ottobre 2006 che, incoerenti ed illegittime, si rivelano anche pericolose per coloro che affideranno ad esse i propri destini professionali. Tra l'altro l'articolo 8 bis prevede che i contenuti dei corsi di formazione per Rspp e Aspp siano regolati esclusivamente dall'Accordo Stato-Regioni e non da fantomatiche Linee guida Interpretative, che sono appunto totalmente prive di fondamento giuridico, essendo del tutto estranee alla previsione della norma di legge di riferimento.

Iniziamo l'analisi in modo ordinato.

La Conferenza permanente per i rapporti tra lo stato le regioni e le province autonome di Trento E Bolzano con  Provvedimento del 26 gennaio 2006 ha approvato l' Accordo tra il Governo e le regioni e province autonome, attuativo dell'articolo 2, commi 2, 3, 4 e 5, del decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 195, che integra il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, in materia di prevenzione e protezione dei lavoratori sui luoghi di lavoro. (Atto n. 2407) (GU n. 37 del 14-2-2006). 

Già dal titolo si capisce che tutta la faccenda parte col piede sbagliato.

L'Accordo infatti da attuazione all'articolo 8 bis commi 2 e 4 del Decreto Legislativo 19 settembre 1994 n. 626, cosi come integrato e modificato dall'articolo 2, commi 2, 3, 4 e 5, del decreto legislativo 23 giugno 2003, n. 195. Questo andava scritto nel titolo,.e non un cervellotico riferimento ad un articolo del D. Lgs. n. 185/2003 che non vive di vita propria, ma è "al servizio" del D. Lgs. n. 626/94, che modifica e integra. Ma, come detto, l'Accordo è enigmatico, per usare la felice espressione usata da Raffaele Guariniello.

Peraltro, seppur di non semplice interpretazione, e anche impreciso in non pochi punti, qualcosa di chiaro lo afferma in modo incontrovertibile, qualcosa che le Linee interpretative offuscano in modo ingiustificato. Va precisato che le Linee interpretative non sono una interpretazione “autentica” dell'Accordo da parte dei due soggetti necessari per giungere a tale tipo di interpretazione vincolante, Governo e Regioni, ma riguarda solamente le Regioni e le province autonome, e difatti il testo delle Linee afferma che “Le Regioni e le Province Autonome ... convengono quanto segue ...”. Inoltre sono Linee Guida, quindi, in quanto tali, sono una guida per l'interpretazione, ma non vincolano neppure le singole regioni, che ben potranno discostarsi dalle Linee guida, definite interpretazione “univoca”, in effetti “equivoca”.

A) Data di entrata in vigore dell'Accordo Stato Regioni

L'Accordo Stato Regioni del 26.1. 2006 prevede quanto segue:

“1.1. Termine per l’ attivazione dei corsi formativi - Il termine per l’attivazione dei percorsi formativi, considerata la necessità di mettere a punto gli aspetti organizzativi per l’avvio del nuovo sistema, è di un anno, a partire dalla data di pubblicazione del presente accordo sulla Gazzetta Ufficiale, ferma restando, sino all’attivazione dei corsi stessi, la disciplina transitoria di cui all’art. 3 del citato decreto legislativo n. 195 del 2003”.

Occorre notare che l'accordo è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 febbraio 2006 n. 37, e dunque:

1) entro il 14 febbraio 2007 dovranno essere attivati i vari corsi previsti dall'Accordo

2) il 14 febbraio 2007 viene meno la disciplina transitoria di cui all'art. 3 del D. Lgs. n. 195/2006 (che non sarà più vigente da tale data):

3) l'entrata in vigore è la data stessa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ovvero il 14 febbraio 2006, visto che così dispone esplicitamente il punto 1.1 dell'Accordo.

La disciplina transitoria che verrà meno il 14 febbraio 2007 (imponendo così a tutti gli Rspp il possesso dei requisiti di cui al D. Lgs. n. 626/94 art. 8 bis, con salvaguardia degli esoneri di cui all'Accordo stesso) è la seguente:

“Art. 3 D. Lgs. n. 195/2003. Norma transitoria e clausola di cedevolezza

1. Possono svolgere l'attività di addetto o di responsabile del servizio di prevenzione e protezione coloro che dimostrino di svolgere l'attività medesima, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, da almeno sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Tali soggetti sono tenuti a conseguire un attestato di frequenza al corsi di formazione di cui all'articolo 2, primo capoverso, comma 2, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

2. Fino all'istituzione dei corsi di formazione di cui all'articolo 2, primo capoverso, comma 2, possono svolgere l'attività di addetto o di responsabile del servizio di prevenzione e protezione coloro che, in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore, abbiano frequentato corsi di formazione organizzati da enti e organismi pubblici o da altri soggetti ritenuti idonei dalle regioni. Tali corsi devono essere rispondenti ai contenuti minimi di formazione di cui all'articolo 3 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità in data 16 gennaio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 febbraio 1997”.

Le linee interpretative consentono a Rspp e Aspp di completare il percorso formativo entro il 14 febbraio 2008. La tesi, pragmaticamente utile per consentire la regolarizzazione dei requisiti professionali, non ha però alcuna base legale nei testi del D. Lgs. n. 195/2993, degli articoli 8 e 8 bis del D. Lgs. n. 626/94 e nel testo dell'Accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006, che contiene un unico riferimento temporale, ed è quello del 14 febbraio 2007.

Non solo le Linee interpretative inventano un termine del tutto infondato, ma contraddicono apertamente il dettato dell'Accordo, norma secondaria prevista dall'articolo 8 bis commi 2 e 4 del D. Lgs. n. 626/94 (a differenza delle Linee interpretative, non previste da alcuna norma di legge, e come tali legalmente irrilevanti).

Le Linee interpretative affermano che ”per coloro che possono usufruire dell’esonero dalla frequenza dei Moduli A e B sulla base del riconoscimento di crediti professionali pregressi, l’obbligo di aggiornamento legato all’esonero decorre dal 14/2/2007 e deve essere completato entro il 14/2/2008”.

 

Ma questa “interpretazione” (è solo una interpretazione, e in quanto illegittima non ha alcun valore legale) contraddice in modo aperto quanto indicato nell'Accordo nella Tabella A4 - Riconoscimento ai Responsabili SPP dei crediti professionali e formativi pregressi (e anche nella tabella 5) laddove si prevede l'”esonero per il macrosettore ATECO in cui svolge attualmente l'attività, con obbligo immediato di frequenza al corso di aggiornamento di cui al punto 3 del presente accordo entro il termine di cui al punto 1.1”, ovvero entro un anno a partire dalla data di pubblicazione dell'accordo sulla Gazzetta Ufficiale che è il 14/2/2007. e dunque entro il 14 febbraio 2007, e non il 14 febbraio 2008.

Questa autorizzazione “interpretativa” a dilazionare la formazione obbligatoria fino al 14 febbraio 2008 non solo è illegittima, ma è anche pericolosa da un punto di vista penale: se io fossi un pubblico ministero, e a seguito di un infortunio sul lavoro dovessi giungere alla motivata conclusione che l'evento trae origine da una inadeguata valutazione di un rischio specifico inerente la mansione effettivamente svolta dal lavoratore, e desunto dal documento di valutazione dei rischi , elaborato perciò in maniera inesatta, incompleta e non esauriente, non avrei dubbi ad incriminare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in concorso col datore di lavoro, stante la indelegabilità dell'obbligo di valutare i rischi lavorativi, e se per di più dovessi riscontrare che è scaduto il termine tassativo previsto dall'Accordo del 26 gennaio 2006 per la formazione dell'Rspp (che significa aver esaurito l'intero processo formativo, ovvero i moduli A-B-C o C e aggiornamento a seconda dei casi), non avrei dubbi sull'imputare al datore di lavoro la nomina di un soggetto privo dei requisiti professionali-formativi di legge, e l'Rspp stesso per violazione del seguente articolo del Codice penale:

“Codice Penale Art. 498 - Usurpazione di titoli o di onori -

Chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, è punito con la multa da lire duecentomila a due milioni.

Alla stessa pena soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente.

La condanna importa la pubblicazione della sentenza”.

Certo l'organo di vigilanza, l'Upg della Asl non contesterà la mancata formazione prima del 14 febbraio 2008, visto che queste Linee guida sono state elaborate da loro rappresentanti, ma il rischio giudiziario è a mio parere troppo elevato per essere subito a cuor leggere, sulla base di Linee interpretative che, giova ripeterlo, non hanno il benché minimo valore legale.

 

Più in generale occorre ricordare che le circolari amministrative (es. dei Ministeri, della Assessorati Regionali) così come le "linee interpretative" di cui ci stiamo occupando, sono giuridicamente vincolanti solamente per coloro che appartengono alle amministrazioni che le hanno emanate, ma non affatto sono vincolanti per tutti gli altri soggetti giuridici, e tanto meno per la magistratura, che è tenuta solamente ad applicare le leggi: articolo 101 costituzione ai sensi del quale "i giudici sono soggetti soltanto alle leggi". Ciò è tanto più vero nella materia penale, nella quale vige il principio assoluto della riserva di legge in materia penale (articolo 25 comma 2 della Costituzione, ai sensi del quale "nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso").

Non voglio essere impietoso e non vorrei infierire ulteriormente sulle nuove e troppo numerose incongruenze che queste Linee guida introducono complicando così ulteriormente, se ce ne fosse ancora bisogno,  la lettura dell'Accordo che pretendono di illuminare

Ma c'è un altro punto che trovo del tutto inaccettabile, illegittimo, ed illegale.

 

B) FAD - Formazione a Distanza

L'Accordo sul punto è evasivo.

La prevede esplicitamente per quanto riguarda gli impegnativi corsi quinquennali di aggiornamento obbligatorio previsti dall'art. 8 bis del D. Lgs. n. 626/94:

"in attuazione di quanto previsto dal citato comma 5 dell’art. 8 bis, si conviene che i corsi di aggiornamento, che potranno essere effettuati anche con modalità di formazione a distanza".

Non è però affatto detto che tale formazione a distanza sia vietata per la Formazione nei Moduli “A”, di base, “B” e “C”, di specializzazione, nei quali peraltro è prevista la possibilità di un massimo del 10% di assenze, mentre con la formazione a distanza non vi è neanche un'assenza, perché altrimenti non si procede con la formazione.

Inoltre, per confutare la tesi che nega legittimità alla FAD, l'accordo cita una sola volta la parola aula:

“2.2. METODOLOGIA DI INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO

Per quanto concerne la metodologia di insegnamento/apprendimento si concorda nel privilegiare le metodologie “attive”, che comportano la centralità del discente nel percorso di apprendimento.

A tali fini è necessario:

a) garantire un equilibrio tra lezioni frontali, esercitazioni in aula e relative discussioni, nonché lavori di gruppo, nel rispetto del monte ore complessivo prefissato per ogni modulo;”.

Ma nel contesto della esercitazione va sottolineato che la stessa può essere agevolmente svolta, e anche meglio e in modo più individualizzato, anche a distanza.

E' prevista esplicitamente per i corsi di Aggiornamento, che non sono qualcosa di minore e inferiore, ma anzi sono essenziali per tenere Rspp e Aspp a passo con tutte le novità del settore Ateco di appartenenza, e sono di fatto un aggiornamento continuo del Modulo B: quindi se ripercorrrono in modo aggiornato i temi e anche la durata del modulo B, non si capisce per quale ragione al mondo la FAD non possa essere idoneamente svolta anche per il modulo B, e a maggior ragione per i moduli A e C, assai più standardizzati rispetto al modulo B.

E' perfettamente possibile erogare corsi di formazione a distanza che soddisfino tutti i requisiti formativi previsti dall'Accordo, nonché gli aspetti certificativi e di verbalizzazione, purché si abbia l'accortezza di prevedere almeno un momento in aula per certi adempimenti così come configurati dall'Accordo Stato Regioni.

Solo con la formazione a distanza sarà possibile soddisfare l'intera esigenza formativa, riducendo i costi della stessa, ad esempio, per Rspp esterni, ma anche per razionalizzare le assenze dalle aziende.

Come scrive la psicologa Anna Fata, sfatando luoghi comuni poco sostenibili:

"Ancora oggi la Formazione a Distanza viene vista con una certa diffidenza o, comunque, tende ad essere considerata una forma di didattica 'di serie B', rispetto a quella tradizionale.

Questa prospettiva, però, non tiene conto in modo adeguato del fatto che la FaD e, nella fattispecie, la formazione in rete, di terza generazione, differisce sostanzialmente dalla didattica tradizionale, faccia a faccia, al punto che risulta, per certi versi azzardato un confronto con essa.

Inoltre, le due forme di insegnamento non si escludono necessariamente a vicenda, ma possono trovare una proficua integrazione, che può dare luogo ad un modello di educazione innovativo, in cui vengono privilegiati: la formazione della conoscenza come processo ricorsivo, mai concluso, che può essere continuamente arricchito, modificato, ampliato, oltre che come processo collaborativo, in cui ogni discente può fornire il suo apporto, in cui vengono valorizzati i contributi dei singoli, la cooperazione per un obiettivo comune, la possibilità di un percorso di formazione che risponda alle esigenze individuali, sia a livello di contenuto, sia di tempi di fruizione.

Per poter far comprendere i vantaggi che la FaD offre, è necessario non solo fornire dei materiali di elevata qualità ed un supporto tecnologicamente avanzato ed efficiente, ma anche diffondere una vera e propria cultura dell'e-learning".

 

In tale contesto si collocano, inopinatamente, le Linee interpretative del 5 ottobre 2006 adottate dalla Conferenza Stato Regioni in sede politica (con scarsa attenzione ai contenuti da parte dei soggetti politici, e in primis da parte del Ministero del Lavoro) dell'Accordo del 26 gennaio 2006, le quali tra l'altro stravolgono l'interpretazione letterale dell'accordo stesso in modo tale che risulta incomprensibile, da un punto di vista logico giuridico la scelta delle linee interpretative in luogo dei una auspicabile, necessaria ed urgente riscrittura dell'Accordo del 26 gennaio 2006 stesso.

Le Linee interpretative al punto 2.2 Metodologia di insegnamento/apprendimento prevedono che "per i moduli A, B e C è da escludersi nella fase attuale il ricordo alla FAD in quanto si tratta di una metodologia di complessa progettazione, gestione e verifica/certificazione al momento non compatibile con l'attuale fase di sperimentazione e rodaggio del sistema".

In modo contorto e sintatticamente faticoso questa affermazione apodittica delle Linee guida interpretative è in contrasto con la ragione, non si può escludere a priori la capacità di progettare corsi di formazione a distanza adeguati agli obiettivi formativi previsti dall'art. 8 bis del D. Lgs. n. 626/94, e contraddice la costituzione, il diritto comunitario e le disposizioni di legge in materia di formazione universitaria a distanza, le disposizioni sulla formazione ECM, e anche una circolare dello stesso Ministero del lavoro:

1) Costituzione italiana art. 33

L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

2) la risoluzione del Consiglio dei Ministri istruzione dell'Unione europea del 13 luglio 2001 sull'e-learning (2001/C 204/02), la quale, tra l'altro, incoraggia gli Stati membri a sperimentare nuovi metodi e approcci di apprendimento a e a promuovere la mobilità virtuale e progetti di campus transnazionali virtuali;

3) la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante l'adozione di un programma pluriennale (2004-2006) per l'effettiva integrazione delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) nei sistemi di istruzione e formazione in Europea (programma e-learning): la predetta proposta di decisione intende supportare, anche con specifiche risorse, le iniziative degli Stati membri dell'Unione europea nel settore della formazione a distanza, e, nell'ambito dei settori prioritari di intervento, quello universitario;

il decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, ed in particolare l'art. 92, concernente la sperimentazione di nuove attività didattiche universitarie;

4) la legge 19 novembre 1990, n. 341 ed in particolare l'art. 11, comma 3, che consente agli Atenei di avviare, tra l'altro, iniziative di istruzione universitaria a distanza, anche in forma consortile con il concorso di altri enti pubblici e privati;

5) il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 ottobre 1991, con il quale è stato approvato il piano di sviluppo delle Università per il triennio 1991-93, ed in particolare l'art. 12, recante interventi per le innovazioni tecnologiche e per 1'insegnamento a distanza;

6) il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1995 con il quale è stato approvato il piano di sviluppo dell'Università per il triennio 1994-96 ed in particolare l'art. 6 recante misure per lo sviluppo dei consorzi per l'insegnamento universitario a distanza;

7) il decreto ministeriale 6 marzo 1998 con il quale sono stati determinati gli obiettivi del sistema universitario per il triennio 1998-2000 ed in particolare l'art. 1, comma 1, lettera h), nonché il decreto ministeriale 21 giugno 1999, ed in particolare l'art. 18;

8) il decreto ministeriale 29 dicembre 2000 con il quale sono stati determinati gli obiettivi del sistema universitario per il triennio 2001/2003 ed in particolare l'art. 1, comma 1, lettera a);

9) il decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 con il quale è stato approvato, ai sensi dell'art. 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, il regolamento recante norme sull'autonomia didattica degli atenei;

10) Decreto Ministeriale 17 aprile 2003 - Criteri e procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle università statali e non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici di cui all'art. 3 del decreto 3 novembre 1999, n. 509

Il quale esplicitamente riconosce "altresì che la diffusione dell'e-learning nel settore universitario può migliorare l'accesso alle risorse di apprendimento stesso e soddisfare specifiche ed ulteriori esigenze quali quelle dei disabili e della formazione nei luoghi di lavoro";

11) articolo 8 bis comma 2 del D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 ai sensi del quale "per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1, è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore ed essere inoltre in possesso di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuati gli indirizzi ed i requisiti minimi dei corsi", articolo che colloca il percorso formativo nell'ambito del più complessivo sistema formativo nazionale, tanto è vero che il successivo Accordo Stato Regioni del 26 gennaio 2006 prevede al punto 2.5 che "L’insieme degli attestati di frequenza con verifica dell’apprendimento conseguiti dai RSPP e dagli ASPP, potranno essere inseriti nella III sezione “Elenco delle certificazioni e attestazioni” del libretto formativo, così come definito all’art. 2, comma 1 – lettera i), del d.lgs 10 settembre 2003, n. 276".

12) l'articolo 117 della costituzione, che al comma 1 lettera n) prevede che le norme generali sull'istruzione sono di competenza dello stato, e quindi il principio della valorizzazione della FAD, Formazione a distanza, è principio generale che non può essere menomato da "interpretazioni" illegittime e incostituzionali.

13) E.C.M. Educazione Continua in Medicina 10 dicembre 2003 - Commissione nazionale per la formazione continua - Segreteria - ACCREDITAMENTO DEI PROVIDER SPERIMENTAZIONE PRELIMINARE FAD Formazione a distanza.

14) Ministero del Lavoro, Ufficio centrale per orientamento e la formazione professionale dei lavoratori divisione VI, CIRCOLARE N. 43/99 del 08/06/1999 - Oggetto: Attività corsuali effettuate nello svolgimento dei moduli di formazione a distanza(fad) per i Programmi Operativi multiregionali e per le Iniziative Comunitarie, cofinanziati con il FSE.

 

Tutte queste disposizioni valorizzano la formazione a distanza, fanno riferimento ai luoghi di lavoro, e disegnano un intreccio di innovazione tecnologica e facilitazione dell'accesso alle risorse dell'apprendimento che vengono vanificate dalle citate Linee guida interpretative, delle quali è necessario e urgente paralizzare l'efficacia del punto 2.2

 

SINTESI

L'art. 8 bis del D.Lgs. 19 Settembre 1994 n. 626 da attuazione alla direttiva 89/391/CEE in materia di requisiti professionali dei Responsabili e Addetti dei Servizi Protezione e Protezione e prevede la frequenza obbligatoria di corsi di formazione i cui contenuti sono stati definiti dall'Accordo Stato- Regioni del 26 Gennaio 2006 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 14 Febbraio 2006. Detto accordo prevede, tra l'altro, esplicitamente per gli impegnativi corsi quinquennali di aggiornamento obbligatorio: "in attuazione di quanto previsto dal citato comma 5 dell’art. 8 bis, si conviene che i corsi di aggiornamento, che potranno essere effettuati anche con modalità di formazione a distanza".

L'accordo non esclude affatto che la formazione a distanza possa essere utilizzata anche per la Formazione nei Moduli “A”, di base, “B” e “C”, di specializzazione, ma pone solo un accento particolare sulla utilità del suo impiego per gli impegnativi corsi di aggiornamento, nei quali peraltro è prevista la possibilità di un massimo del 10% di assenze, mentre con la formazione a distanza non vi è neanche un'assenza, perché altrimenti non si procede con la formazione.

Il 5 Ottobre 2006 la Conferenza Stato-Regioni ha emanato delle Linee interpretative dell'accordo citato le quali, inaspettatamente, escludono inopinatamente, con una motivazione per nulla giustificata la possibilità di ricorrere a momenti di formazione a distanza anche per i moduli A, B e C, concettualmente non dissimili dai moduli di aggiornamento:

Le Linee interpretative al punto 2.2 Metodologia di insegnamento/apprendimento prevedono che "per i moduli A, B e C è da escludersi nella fase attuale il ricordo alla FAD in quanto si tratta di una metodologia di complessa progettazione, gestione e verifica/certificazione al momento non compatibile con l'attuale fase di sperimentazione e rodaggio del sistema".

Questa interpretazione è in contrasto con l'interpretazione letterale dell'accordo del 26 Gennaio 2006, è in contrasto con l'impegno della Comunità Europea a favorire la diffusione in tutti gli stati membri della formazione a distanza, e con il recepimento italiano di tali indicazioni operato a livello universitario e nel settore della formazione degli operatori della sanità.

Va sottolineato che i corsi A, B, C di aggiornamento svolti e da svolgere restano perciò perfettamente e leciti e validi, purché i contenuti e il soggetto formatore siano quelli previsti dall'Accordo del 26 gennaio 2006.

 

c) Occorre precisare che le Circolari, e tanto più le Lettere circolari e i pareri ministeriali. Così come le c.d. Linee interpretative delle regioni e provincie autonome, rappresentano interpretazioni qualificate dettate dalla necessità di fornire criteri applicativi delle norme di legge quanto più possibile dettagliati. Ma si tratta pur sempre di interpretazioni che vincolano solo coloro che appartengono all’amministrazione che le ha emanate, ma non il giudice penale, che è vincolato solo alla rigorosa osservanza della legge, ai sensi dell'art. 101 della Costituzione. Difatti la legislazione vigente è ordinata a piramide (struttura, scala gerarchica dell'ordinamento giuridico) , con subordinazione delle norme giuridiche di grado inferiore (meno efficaci) rispetto alle norme giuridiche di grado superiore (più efficaci).

Le norme contenute nella Costituzione italiana (Legge fondamentale dello Stato) rappresentano fonti di tipo "superprimario", sovraordinate a qualunque altra fonte del diritto, e rappresentano anche il criterio in base al quale viene controllata la costituzionalità delle norme di legge dalla Corte Costituzionale.

Scendendo dalla cima della "piramide" abbiamo le norme primarie di primo grado, quali le Leggi ordinarie dello Stato e i Decreti legislativi (inclusi alcuni D.p.r. antecedenti il 1988), e i Decreti Legge (che se non vengono convertiti in legge entro 60 giorni decadono con effetto retroattivo).

Sono atti di normazione secondaria i regolamenti, che in forma di Decreti Ministeriali sono fonti del diritto, ma non possono derogare o contrastare con la Costituzione e con le leggi ordinarie. Alla base di questa piramide troviamo le Circolari Ministeriali, che, in quanto costituite da interpretazioni applicative, non possono in alcun modo mutare il senso e il significato delle norme di grado superiore.

In tal senso il giudice applica il diritto col solo vincolo della legge, e qualora constati che una determinata circolare (o una linea interpretativa) pertinente il procedimento giudiziario contrasti con la legge, disapplicherà tale circolare.

Ciò è tanto più vero nella materia penale, nella quale vige il principio assoluto della riserva di legge in materia penale (articolo 25 comma 2 della Costituzione, ai sensi del quale “nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso”). In tal senso gli artt 1, comma 1, e 5, comma 1, della L. 818/1984 vennero dichiarati incostituzionali dalla Corte Costituzionale perché prevedeva la sanzione penale per le “attività” individuate con il D.M. 16 febbraio 1982, demandando così in modo tipicamente incostituzionale “all’amministrazione la determinazione di tutti i termini normativi rilevanti per l’individuazione del fatto tipico, contraddicendo l’esigenza che sia la legge, e solo la legge dello Stato, a stabilire, con sufficiente precisione, gli estremi del fatto”.

Ad avviso della Cassazione sono tutt’ora “penalmente” assoggettate al rilascio del certificato di prevenzione incendi quelle “aziende e lavorazioni” specificamente indicate nelle tabelle ‘À e ‘B’ approvate con D.P.R. n. 659/1959 (in rapporto all’art. 36 del D.P.R. n. 547/1955), mentre non lo sono invece le “attività” individuate con il D.M. 16 febbraio 1982 [Corte di Cassazione, sez. III Penale, 4 maggio 2000 n. 5206, Pezzini].

In passato Guariniello ha già avuto modo di esprimersi negativamente sulla “inaccettabilità di alcune prassi applicative incoraggiate da fuorvianti indicazioni non di rado fornite alle imprese da autorità amministrative preposte alla vigilanza» (Guariniello, ISL n. 5/1999, pag. 297) in relazione alla Circolare del Presidente della Giunta Regionale Piemonte n° prot. 25/SAS del 22/11/1994 [Circolare recante «Linee guida per l'applicazione del D. Lgs. 277/91 - Capo IV] e alla Circolare dell'Assessore alla sanità della Regione Emilia Romagna n° 23 del 18 maggio 1993 [recante Indicazioni sull'applicazione del Capo IV del D. Lgs. 277/91 - Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro] che ammettevano l’autocertificazione da parte del datore di lavoro della stima preliminare di esposizione dei lavoratori al rumore di cui all’art. 40 comma 1 D. Lgs. n. 277/91: in realtà ai sensi dell'arte. 40 comma 3 D. Lgs. n. 277/1991 si “ richiede che sia redatta una relazione sulla pericolosità ambientale del posto di lavoro da parte di personale competente e con l'impiego di strumenti adeguati” , e perciò non è possibile “sostituire tale relazione con una sorta di autorelazione (…) nella quale si afferma che il livello di rumorosità è inferiore ad una determinata soglia».

Ma «pur tenendo conto dei principi in tema di semplificazioni amministrative, non sembra che il precetto normativo, volto a tutelare il lavoratore contro il rischio da rumore, possa essere soddisfatto mediante una affermazione unilaterale, con la quale il datore di lavoro ritiene di poter sostituire la propria valutazione a quelle dei tecnici competenti» [Cassazione penale, sez. III, sentenza n. 851 del 22 gennaio 1999 (u.p. 17 dicembre 1998) - Pres. Avitabile - Est. Di Nubila - Ric. Di Penta, in ISL, 5/1999, pag. 297]. E nel caso specifico l’utilizzo di studi non convalidati ai sensi dell'art. 16 comma 1 del D. Lgs. n. 494/94 significa proprio autovalidazione di tali studi da parte del datore di lavoro, possibilità questa non consentita dalla legge, e tento più da una legge penalmente sanzionata.

 

 

 


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