Gli aspetti psicologici alla base degli incidenti automobilistici
Gli aspetti psicologici alla base degli incidenti automobilistici
di Pietro Iacono Quarantino
Nel 2016, secondo l'ISTAT, in Italia si sono verificati 175.791 incidenti stradali, che hanno provocato quasi 249.175 feriti e oltre 3.283 vittime. Gli incidenti stradali sono un problema anche per la sicurezza dei lavoratori. Nel 2016 (dati INAIL), 20.903 incidenti in occasione di lavoro (su un totale di oltre 540.000) sono accaduti con il coinvolgimento di un mezzo di trasporto. A questi, bisogna aggiungere 72.041 incidenti in itinere con mezzo di trasporto (su un totale di oltre 98.000 incidenti in itinere). Gli incidenti stradali in occasione di lavoro e in itinere rappresentano uno degli aspetti sui quali è più difficile intervenire per migliorare le condizioni di sicurezza dei lavoratori, perché si tratta di situazioni che difficilmente possono essere affrontate con procedure standardizzate o con efficaci sistemi di architettura delle scelte. Il 90% degli incidenti stradali, infatti, è causato da un errore umano.
È molto probabile che entro pochi anni la guida dei mezzi di trasporto sarà delegata a sistemi di intelligenza artificiale e il problema passerà nelle mani di coloro che progettano questi sistemi. Nell'attesa che ciò avvenga, dobbiamo però chiederci cosa possiamo fare per ridurre l'incidenza di un fenomeno che ha costi sociali enormi.
Una delle cose che possiamo fare è cercare di avere una migliore comprensione degli aspetti psicologici alla base degli errori umani che causano gli incidenti, in modo da poter progettare azioni formative volte a modificare i comportamenti e gli atteggiamenti dei conduttori di mezzi di trasporto nelle situazioni potenzialmente critiche. Un altro aspetto da tenere in considerazione è l'interazione con i sistemi informativi di bordo e quelli di assistenza alla guida, che si stanno diffondendo sempre di più negli ultimi anni.
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Non l'ho visto. Non me l'aspettavo
Percezione, attenzione, creazione di aspettative, valutazioni cognitive, stanchezza, noia, distrazione, prudenza e consumo di alcool o altre sostanze sono le principali cause umane degli incidenti stradali. Nei casi di incidenti con il coinvolgimento di altri veicoli, generalmente è possibile riscontrare errori dovuti a una non adeguata allocazione dell'attenzione o ad aspettative errate relative al comportamento degli altri conducenti.
Spesso, nel caso di tamponamenti, il guidatore riferisce che non si aspettava che la macchina davanti frenasse. In questo caso, l'errore è quindi quello di aver elaborato aspettative errate. Recentemente mi è capitato di assistere a un tamponamento accaduto a un semaforo, causato dalla mancanza di prontezza di un automobilista a reagire alla frenata improvvisa dell'auto che lo precedeva, avvenuta poco dopo che scattasse il verde. In quel caso, probabilmente, lo script del tamponatore escludeva che, dopo il verde, l'auto che lo precedeva potesse fermarsi. Nel caso, invece, di collisioni con altri veicoli o pedoni, dovute al non rispetto dei segnali di precedenza o negli incroci, i conducenti spesso riportano di non aver visto arrivare l'altro veicolo o non aver notato il pedone. L'errore appare quindi riconducibile alla percezione o all'allocazione dell'attenzione. In questo genere di incidenti, una situazione critica risulta essere la svolta a destra quando ci si immette in una strada principale. In questa situazione, infatti, il guidatore tende a focalizzare l'attenzione alla propria sinistra, da dove proviene il traffico principale, e rischia di non notare un pedone che sta attraversando la strada alla sua destra o un’altra vettura che sta uscendo da un parcheggio in prossimità dell'incrocio. La presenza di attraversamenti pedonali ben segnalati, infatti, mitiga il rischio di incidenti nelle situazioni di svolta a destra, perché spinge gli automobilisti a prestare attenzione in entrambe le direzioni. Questo esempio può essere ricondotto alle situazioni in cui un’efficace architettura delle scelte da parte degli enti responsabili del traffico può incidere significativamente sul numero di incidenti.
Gli atteggiamenti alla guida
In generale, gli incroci rappresentano un compito impegnativo per l'allocazione dell'attenzione dei conducenti, che deve essere divisa tra diversi possibili rischi: i tempi dei semafori, vetture che provengono da direzioni opposte, pedoni che attraversano la strada, ciclisti che procedono a velocità differenti, ecc.
Oltre all'attenzione, però, gioca un ruolo fondamentale l'atteggiamento più o meno prudente dei guidatori. Le ricerche dimostrano, infatti, che i guidatori più anziani commettono meno incidenti agli incroci proprio perché, essendo consapevoli della minore prontezza dei loro riflessi, tendono ad assumere atteggiamenti fortemente improntati alla prudenza e sono disposti ad aspettare più a lungo il momento in cui il traffico diminuisce, rendendo più semplice l'attraversamento dell'incrocio. I giovani invece tendono ad avere da un lato una minore percezione del pericolo, dall'altro invece lo ricercano attivamente, così come capita agli adulti che presentano un continuo bisogno di stimoli (i cosiddetti sensation seeker, i ricercatori di emozioni). La categoria dei neopatentati è, infatti, quella più soggetta a incidenti, che però diminuiscono quando i giovani guidano con accanto un genitore. La presenza di altri passeggeri è un aspetto interessante: combinata con l'età (in termini di esperienza di guida) e con il genere dei conducenti, risulta essere un fattore che influenza, abbassandola, la velocità media tenuta in situazioni di traffico complesse, ad esempio incroci o strade che diventano progressivamente più strette. Questo effetto però ha luogo soltanto quando il limite massimo di velocità è di 50 Km/h e sparisce nelle situazioni in cui il limite è di 30 Km/h.
L'effetto della noia e della stanchezza
Gli incidenti senza collisioni di altri veicoli, che tendono ad accadere in strade extra urbane, sono spesso caratterizzati da errate valutazioni cognitive, di solito relativamente alla velocità eccessiva rispetto alla tipologia della strada o alle condizioni del manto stradale. Anche in questo caso, però, entra gioco un altro fattore: la guida extraurbana spesso implica che si percorrano lunghi tratti autostradali, la cui monotonia provoca sonnolenza e una maggiore percezione del senso di stanchezza, che è alla base di una buona parte degli incidenti stradali. Molte auto moderne sono, infatti, dotate di sistemi per monitorare il grado di concentrazione del conducente e avvisarlo quando rilevano un calo di attenzione, l'assenza della distanza di sicurezza dalla vettura che precede o l'abbandono della corsia di marcia. D'altro canto, la presenza di questi dispositivi può essere percepita come un fastidio (molti automobilisti li disabilitano proprio per questo motivo) o avere effetti controproducenti: coloro che guidano veicoli con un sistema di assistenza attivo hanno bisogno di più tempo e più assistenza per percepire e comprendere appieno la complessità di una situazione di traffico e per acquisire un grado di consapevolezza e controllo paragonabile a quello di chi guida un'auto tradizionale. Per questa tipologia di incidenti, quindi, una possibile soluzione è quella di sviluppare cruscotti in grado di mantenere un buon livello di interattività con il conducente, senza però distrarlo con una quantità eccessiva di informazioni.
La tentazione di usare lo smartphone mentre si guida
La noia è anche uno dei motivi che ci spinge a consultare il nostro smartphone, per accedere a una app, leggere o inviare messaggi sms o whatsapp oppure per effettuare una o più telefonate. L'uso dello smartphone ha un impatto enorme: scrivere un messaggio o anche soltanto dare una lettura veloce aumenta di sei volte il rischio di causare o di essere coinvolti in un incidente. Sorprendentemente, invece, parlare al telefono (a condizione che si utilizzi un sistema di comunicazione che non impegna l'uso delle mani) riduce il rischio di incidenti: generalmente, chi telefona mentre guida tende a mantenere una velocità più bassa e a stare più attento, anche perché chi parla al telefono tende a guardare fisso davanti a sé (il cosiddetto effetto cannocchiale), ossia nella direzione da cui è più probabile che provenga un eventuale pericolo. Chi parla al telefono, però, proprio a causa dell'effetto cannocchiale, deve stare attento a eventuali pedoni nel caso di svolte a destra o a sinistra.
L'alcool
Infine, concludiamo questa rassegna con uno dei fattori più importanti: il consumo di alcool aumenta la probabilità di una collisione fino a 70 volte, nel caso in cui il valore di alcool nel sangue raggiunga l'1,6 g/litro (il limite in Italia e nella maggior parte dei paesi è di 0,5 g/litro). Un aspetto interessante dell'influenza del consumo di alcool è che la quantità assunta influenza diversamente le persone, a seconda della loro maggiore o minore abitudine a bere: i bevitori occasionali devono stare ben attenti a non superare il valore di 0,5/0,8 g/litro, mentre i bevitori abituali raggiungono lo stesso livello di incapacità a guidare a 1,6 g/litro e i bevitori affetti da dipendenza a 2 g/litro. Ovviamente, queste considerazioni non devono essere in alcun caso addotte come scuse per modificare il limite oltre il quale deve essere assolutamente proibito guidare.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.
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Rispondi Autore: Andrea Decorato - likes: 0 | 29/08/2018 (09:35:24) |
Buongiorno, in merito a quanto letto ritengo che, per chi percorre chilometri e chilometri con auto, moto, camion e camper, vengano sempre rispettati:sonno (almeno 8 ore di sonno), alimentazione corretta (pochi fritti,carne, verdura e frutta). Lo smartphone,non si sa chi lo abbia consigliato, lo si usa sempre soprattutto quando tutto risulta noioso e seccante (soprattutto durante i corsi di aggiornamento sulla sicurezza) .Il suo utilizzo deve essere ridotto al minimo. Musica troppo alta, rilassa lo spirito, ma ritarda la percezione di rischio. E' solamente sul treno, lo dice la fisica, che quando guardiamo il treno opposto a noi, ci sembra che si stia muovendo lui e non io. In realtà non è così, ma tale percezione si ha solo in un sistema inerziale (velocità uniforme). Su tutti gli altri mezzi di trasporto, a causa del manto stradale irregolare, tale percezione non si ha. Quindi la responsabilità è solo di chi è alla guida. Campagne di informazione sulla responsabilità alla guida, sono sempre bene accolte! |
Rispondi Autore: Michele Montresor - likes: 0 | 30/08/2018 (09:49:04) |
Gent.ma Redazione PuntoSicuro, lettori, mi permetto di esprime un parere personale sull’articolo e sul successivo commento del sig. Decorato. Mi pare che complessivamente si tenda a fare un po' di confusione su questa (complessa) questione, senza discernere tra gli incidenti stradali che occorrono alla popolazione e quelli “lavoro-correlati” ed in “itinere”. Sì perché, a mio giudizio, non sono la stessa cosa. Sebbene l’ambito (la strada) sia lo stesso, le motivazioni, i mezzi, la loro manutenzione, le professionalità, ecc, non sono le stesse. Il mantra de “Il 90% degli incidenti stradali, infatti, è causato da un errore umano”, non tiene conto che, fatto salvo gli artigiani e i lavoratori autonomi (ex art. 21 del D.Lgs 81/08), accanto all’autista siede, sul sedile del passeggero, il sig. “Organizzazione” per cui opera, in nome e per conto, il conducente del mezzo. Cioè il soggetto che può, con le proprie decisioni imprenditoriali, migliorare o peggiorare le condizioni di guida del lavoratore. E poi abbiamo strade, illuminazioni e segnaletiche che spesso creano le migliori condizioni incidentali; e qui il comportamento centra ma fino ad un certo punto. Riconosco che la multifattorialità degli infortuni è caratteristica oramai nota a tutti (con qualche distinguo) mentre è più difficile rilevarla negli infortuni stradali. Basterebbe leggersi la norma UNI ISO 39001 (Sistemi di gestione della sicurezza del traffico stradale) per comprendere che, oltre al ben noto (e abusato quale unico fattore causale) comportamento del conducente, esistono molte azioni preventive (non meno di una trentina) che possono essere messe in campo dall’Organizzazione per ridurre efficacemente il rischio da incidente stradale; da quelle che agiscono sul comportamento e la consapevolezza, come ha ben evidenziato l’autore, a quelle tecnologiche ed organizzative. Oltre, ovviamente, a tutto il sistema pubblico dei controlli. Nell’articolo si parla di alcool. Altro rischio di confusione. In una seria ricerca svolta a Mantova per gli anni 2009-2013, si sono potuti osservare solo 5 casi (stato psicofisico per abuso di sostanze) su 1738 infortunati cioè pari allo 0,3%. Il dato potrebbe essere sottostimato ma questo è l’ordine di grandezza. Ben diverso dalle percentuali che caratterizzano gli incidenti stradali della popolazione con la causa “alcool” ed affini. Ovvio, lì, c’è gente che lavora, non che utilizza la strada per le proprie necessità. E dietro c’è un’Organizzazione che controlla e mette in campo una serie di professionisti, dall’RSPP al Medico competente, che fanno prevenzione nel rispetto dell’81. In tutti gli altri casi questo sistema di “protezione” è assente. Ombre e luci. Le ombre ci sono e ci parlano di lavoratori morti sulle strade per quelle “falle del sistema” che sottovalutano il rischio da incidente stradale per i lavoratori esposti. Come quel ventisettenne che dopo più di 24 ore filate di lavoro senza pause con il mezzo aziendale, alle 16:00 di un giorno di maggio, è deceduto contro un mezzo d’opera parcheggiato in strada, verosimilmente per un colpo di sonno. Nessuna frenata. Lì sul sedile del passeggero, accanto al corpo esanime, l’Organizzazione non c’era. O come nei casi dei cantieri stradali che, non rispettando il Decreto Interministeriale 04/03/2013 e il relativo Disciplinare Tecnico 10 luglio 2002, creano le “condizioni favorevoli” per incidenti stradali ove perdono la vita ignari lavoratori. Ombre. Come il sistema dei controlli svolti dai Servizi Sanitari Territoriali dell’intero “Stivale” che, nel caso degli infortuni stradali, abdicano quotidianamente alle Forze dell’Ordine dimenticando che loro, l’81, non se lo “filano” (com'è giusto che sia); così tutte le possibili azioni preventive in capo all’Organizzazione, diventano “Terre di mezzo”. Desolatamente inesplorate. Ma questo è solo un parere personale. Michele Montresor, Tecnico della Prevenzione nei luoghi di Lavoro – SPSAL - ATS Val Padana. [NOTA: la responsabilità dei contenuti è unicamente dell’autore e non riflette necessariamente l’opinione dell’Organizzazione di appartenenza] |
Rispondi Autore: Guzzo Flavio - likes: 0 | 05/09/2018 (17:04:04) |
Gentile redazione Punto Sicuro e gentili tutti, ho leggo con molta attenzione sia il vostro articolo che il mirato intervento del Sig. Motresor e vorrei contribuire con qualche mia considerazione su quest'ultimo, convenendo in toto su quanto da lui scritto, in particolare sul capitolo dedicato all’alcool mi vede all’unisono, ma aggiungendo che forse le cause vanno ricercate anche alla base, alle fondamenta del problema e quindi nel contesto della "formazione". Mi riferisco al "sistema" che come obiettivo principale si limita ad "abilitare" nella conduzione di un veicolo, quando dovrebbe essere invece quello di "formare" avendo una più opportuna visione d'insieme, la sola che potrebbe soddisfare tutte quelle necessità che il contesto moderno chi obbliga a considerare. Mi riferisco, per esempio, al fatto che sarebbe saggio aggiornare i programmi con nuove tecniche pedagogiche che riescano a motivare "intrinsecamente" scelte del futuro autista verso la costante ricerca della sicurezza, e non motivarlo "estrinsecamente" parlando lui di eventuali sanzioni o multe. Spetta al formatore trasferire il concetto che la guida con il cellulare risulta essere poco igienica non tanto per il portafoglio ed i punti, quanto perché fattore scatenante di incidenti e morti (le statistiche parlano molto chiaro). E quando mi riferisco ad un auspicabile aggiornamento dei programmi faccio riferimento in modo indiretto anche all'aggiornamento del corpo formatori i quali sarebbe opportuno si avvalessero non solo di nozioni di Guida Sicura (dinamica del veicolo: sotto/sovrasterzo, forza centrifuga e trasferimenti dinamici dei carichi), ma anche di quelle concernenti la Guida Percettiva/preventiva e/o difensiva (anticipare situazioni di "potenziale" pericolo sfruttando al massimo la visione periferica e centrale…forse per qualcuno concetti del tutto sconosciuti), senza dimenticare la Guida Eco grazie alla quale si potrebbero trasferire non tanto nozioni di come funziona il giochetto delle curve caratteristiche di un motore (Coppia- Potenza- e Consumo specifico), quanto quelle per raggiungere “facilmente” ottimi risultati adottando fin dall’inizio (e quindi “formando” in senso etimologico del termino) nel discente un particolare “stile di guida preventiva”. Risultati che influenzerebbero in modo sostanziale sia il consumo di carburante (dando una considerevole mano all’ambiente. Navighiamo nel mare della Green economy) che ai tempi di percorrenza (Guida Eco significa consumare meno arrivando prima!!!..mica facile il giochetto!!). Se solo si focalizzasse l'attenzione su questo ultimo aspetto (guida eco) forse si darebbe un grande positivo contributo alla disastrosa situazione italiota. Spetta oggi, e avrebbe comunque spettato ieri, al corpo insegnanti trasmettere il concetto che la guida è soprattutto un "atteggiamento mentale" che richiede necessariamente molto “capitale di attenzione”, e ce ne potremmo rendere conto se solo prendessimo coscienza delle innumerevoli diverse situazioni nelle quali costantemente “gravitiamo” e che costantemente tutte cambiano (traffico, meteo e comportamenti variegati di tutti gli altri utenti che nello stesso momento stanno utilizzando la nostra stessa strada). E, avendo noi un "capitale di attenzione" limitato, sarebbe opportuno convogliarlo TUTTO verso un unico fine, che potrebbe essere (ad esempio) quello di evitare un eventuale incidente. Mica male l’idea!! A questo punto della mia voglio allacciarmi a quanto, a mio modesto avviso, "erroneamente" detto dall’articolista nel capitolo dedicato l'uso di smartphone alla guida. Mi preme ricordare che sugli autobus di una volta c'era un messaggio che invitava a "NON PARLARE AL CONDUCENTE" e, leggendo il suo intervento, mi domando se quel messaggio oggi potrebbe trovare ancora una sua validità come forse, evidentemente, la trovava ieri. O forse ieri il traffico era più "impegnativo" di quanto non lo sia oggi? O forse il conducente di ieri era più "limitato"? A mio avviso sarebbe opportuno e molto più igienico trasmettere altri messaggi, come ad esempio dire che meno distrazioni si hanno quando si sta vivendo una esperienza non naturale, meglio risulterebbe esser per tutti, autisti e pedoni e ciclisti, che lo scorso anno sono risultati essere circa il 50% della totalità dei morti sulle strade (ISTAT li chiama gli “utenti deboli”). A proposito di “esperienza innaturale” voglio ricordare che per l'uomo spostarsi nello spazio ad una velocità superiore di quella per la quale è stato progettato concepito e creato NON E' una esperienza “NATURALE”, come lo potrebbe essere, al contrario, per il ghepardo inseguire la gazzella a 120Km/h!!. E di quanto detto mi convince il fatto che se viaggio ascoltando la radio, nel momento in cui cambiano le condizioni del traffico, ad esempio: dopo un tratto autostradale libero mi vedo “impegnato” nella ricerca di un mio spazio in tangenziale, la prima cosa che faccio è abbassare “sistematicamente” il volume della radio. Cosa molto interessante questa (a proposito del carico cognitivo e del limitato capitale di attenzione), aggiungo che molto probabilmente il mio comportamento nel contesto descritto credo non trovi il suo limite nella sfera "soggettiva"...cioè, non credo capiti SOLO A ME!! Come non credo capiti “solo a me” sbagliare strada mentre sono impegnato (erroneamente) in una animata discussione telefonica. Dunque nell’articolo mi sembra di aver letto un messaggio "potenzialmente fuorviante “. E allora, se è vero non solo quanto detto dal sottoscritto ma anche “studiato” da qualcuno certo più competente, mi domando perché viene “legiferata” la possibilità di utilizzare vivavoci e Bluetooth di varia specie? Non rappresentano anche quelle “fonti di distrazione”? O forse il legislatore ha considerato solo la “distrazione manuale”? , perché il fatto di far uso del cellulare alla guida implica necessariamente avere solo una mano sul volante!!..Evidentemente per il legislatore, una situazione “penalizzante”. E la “distrazione cognitiva” non è forse più deleteria e ben più pericolosa? Senza considerare il fatto che spesso, nella maggior parte dei casi, l’autista non sappia neanche usare “correttamente” le due mani sul volante..quando le mette!!! Parlo della corretta posizione di guida che queste dovrebbero prendere sulla corona di quello strumento che si chiama volante, ma che troppo spesso viene chiamato “sterzo” (come erroneamente chiamato da “istruttori di scuola guida” che pubblicano le loro “inquietanti” lezioni su youtube. Ricordo che “lo sterzo” è quello della bicicletta e dell’APE CAR!!), posizione che “logicamente, intelligentemente e naturalmente” dovrebbe essere quella così detta delle 9 e ¼ e non quella “fondamentalmente deleteria” delle 10.10. Info da non trasmettere ai patentandi perché verrebbero sistematicamente bocciati da qualsiasi Sig. “ingegnere della motorizzazione” che focalizzano la loro attenzione sulla corretta “mungitura dello sterzo”!!! Il bovino, il caprino e l’ovino vengono munti, il volante si gestisce sempre solo con 2 mani alla 9 e ¼ e nel caso si necessiti, si utilizza la tecnica della contrapposizione incrociata e non certo quella della mungitura o altre inquietanti manovre “insegnate” in autoscuola!! Qualcuno si è domandato se forse non sarebbe il caso di mettere mano a tutto il quadro formativo; dai programmi al corpo insegnati, passando innanzitutto da una loro aggiornata professionalizzazione. Interessante domanda visti i risultati che dimostrano la completa ignoranza del popolame nell’utilizzare anche solo tratti autostradali a tre corsie nei quali “sistematicamente” la prima è completamente libera come se fosse quella dello sfigato di turno!! Mi domando se l’autista medio italiano, percorrendo tratti autostradali a tre corsie, sia alla costante ricerca della sicurezza ventrale materna, quando embrione era protetto da tutti i lati!! O forse anche questo è solo un problema di “formazione”? Chiaro che, fortunatamente, tra l’ambiente degli addetti ai lavori impegnati in questo campo ci sono molte realtà decisamente virtuose, professionalmente preparate e che come fine non hanno solo quello di “far superare gli esami” ma di trasferire ben altri concetti, nozioni ed info complementari che vanno ben al di la di “freddi” programmi ministeriali. Ma mi domando anche se queste ineccepibili realtà siano presenti sul territorio sempre più in numero ristretto o se non stiano, addirittura, inconsciamente percorrendo la via dell’estinzione. Ringraziando quelli che hanno avuto la pazienza di leggermi e scusandomi di non essere riuscito a partorire qualche cosa di più sintetico auguro a tutti buon lavoro. Guzzo Flavio, istruttore di Guida Sicura, eco, difensiva e BBS per autisti di mezzi pesanti. |