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Imparare dagli errori: infortuni negli scavi a sezione ristretta

Imparare dagli errori: infortuni negli scavi a sezione ristretta
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio scavi

10/12/2015

Esempi di infortuni correlati alle attività di scavo e in particolare ai lavori di scavo a sezione ristretta. Scavi per la posa di tubazioni nella costruzione di una villa bifamiliare e scavi di posa e reinterro di un condotto fognario.


Brescia, 17 Dic – Torniamo a parlare degli infortuni che avvengono nelle attività di scavo, un tema su cui insiste da qualche settimana la nostra rubrica “ Imparare dagli errori”.
 
E continuiamo a occuparci in particolare degli  scavi a cielo aperto che, ricordiamo, è il nome con cui si intendono generalmente gli scavi aventi la larghezza uguale o inferiore all'altezza, eseguiti a partire dalla superficie del terreno naturale o dal fondo di un precedente scavo di sbancamento, sempre che il fondo del cavo non sia accessibile ai mezzi di trasporto.
 
Questa settimana ci soffermiamo sugli scavi a sezione ristretta, chiamati anche  scavi in trincea, scavi continui di sezione trasversale ristretta che vengono spesso utilizzati, ad esempio, per la posa di tubazioni.
 
Anche in questo caso le dinamiche che presentiamo sono tratte dall’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al  sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi, strumento che, come abbiamo denunciato in un nostro precedente articolo, continua purtroppo ad aver disfunzioni che ne impediscono momentaneamente una consultazione pubblica.
 
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I casi
Il primo caso è relativo ad un infortunio in un cantiere per la costruzione di una villa bifamiliare.
Un lavoratore, durante i lavori di posa di tubazioni di scarico in PVC sul fondo di uno scavo a sezione ristretta della profondità di circa 1,9 m, mentre è chino per giuntare due tubi, viene seppellito dal terriccio in seguito al franamento di parte di una delle due sponde dello scavo. Franamento sollecitato anche dalla vibrazione prodotta dal vicino escavatore che prosegue lo scavo. Lo scavo resta sepolto sotto il terreno franato per circa dieci minuti prima di essere estratto dai colleghi e quindi soccorso dal personale del 118. Muore alcuni giorni dopo per edema cerebrale conseguente alla asfissia.
Lo scavo era stato realizzato in parte in materiale riportato per il ritombamento degli scavi di fondazione. La relazione geologica, riferita al terreno della zona, indicava come altezza critica per la stabilità delle sponde di scavo m 1,20, evidenziando la necessità di sbadacchiare le pareti o profilarle a 45° in caso di profondità di scavo superiori.
Riportiamo i fattori causali rilevati dalla scheda di Infor.mo.:
- “mancata armatura o profilatura delle pareti dello scavo a sezione ristretta nonostante le prescrizioni del PSC e della relazione geologica”;
- “attività dello scavatore nei pressi dello scavo nonostante il divieto imposto dal coordinatore”; - il lavoratore “lavorava chino sul fondo di uno scavo a sezione ristretta”.
 
Il secondo caso riguarda un infortunio avvenuto nello scavo posa e reinterro di un condotto fognario in pressione di polietilene.
Nella zona in cui avverrà l'infortunio è necessario “sotto passare dei condotti preesistenti posti perpendicolarmente al tracciato in esecuzione”. In relazione a questa particolarità, si è reso necessario aumentare la profondità dello scavo fino a circa 4 m”. Da quanto riferito successivamente dai lavoratori, “i vari elementi di conduttura venivano saldati al di fuori dello scavo per lunghezze variabili tra i 60 e 70 m circa per poi essere calati nello scavo stesso profondo normalmente 1,5 m circa con l’ausilio dello scavatore. Da quanto dichiarato dai lavoratori pare non fosse tecnicamente necessario accedere al fondo dello scavo in nessun momento delle lavorazioni. Non vi erano comunque parapetti o delimitazioni che impedissero il lavoratori di avvicinarsi allo scavo. Di fatto si è rilevato che, data la particolarità di posa nella zona dell'infortunio, in quel punto sarebbe stato necessario eseguire la saldatura sul fondo dello scavo”.
Veniamo all’infortunio: il lavoratore si trova sul ciglio dello scavo, quando all’improvviso il terreno sotto i suoi piedi cede facendolo cadere sul fondo dello scavo, in prossimità della parete opposta e ricoprendolo di terra.
Lo scavo “non era armato e la consistenza del terreno non dava garanzie di stabilità. In prossimità del ciglio dello scavo era depositato del terreno”.
Sono diversi i fattori causali dell’incidente.
La scheda di Infor.mo. rileva in particolare:
- “lo scavo a sezione ristretta non aveva armature di sostegno;
- sul ciglio dello scavo era presente deposito di materiale;
- lo scavo non era delimitato”.
 
La prevenzione
Dopo aver presentato nei giorni scorsi diverso materiale di prevenzione degli infortuni negli scavi a cielo aperto, ci soffermiamo oggi più genericamente sulla tenuta dei fronti di scavo e sulle opere provvisionali di sostegno. E lo facciamo attraverso il contenuto del documento “ La sicurezza nei lavori di scavo. Istruzioni operative per la scelta delle opere provvisionali in funzione della natura dei terreni”, ospitato nello spazio web della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
 
Riguardo alla tenuta dei fronti di scavo il sottolinea che “la capacità della parete di scavo di autosostenersi in assenza di opere di stabilizzazione deve essere valutata in sede progettuale in modo rigoroso”; è necessario quindi effettuare tutte le indagini preliminari di natura geologica e geotecnica e le relative elaborazioni necessarie.
Infatti “è possibile dare allo scavo un’inclinazione (definita inclinazione di sicurezza, scarpa, angolo di scarpa) tale per cui essa risulti stabile nel breve periodo e non vi sia pericolo di crollo. Detta inclinazione di sicurezza è determinata dalle caratteristiche della parete di scavo; tra quelle di maggiore interesse vanno ricordate:
- le condizioni geologiche (presenza di discontinuità quali, ad esempio, fratture e/o intercalazioni di livelli litologicamente differenti) e idrogeologiche (eventuale presenza e condizioni di circolazione delle acque sotterranee);
- le caratteristiche geometriche (altezza);
- le caratteristiche geotecniche del terreno (angolo di attrito interno, coesione);
- le condizioni al contorno dello scavo (presenza di sovraccarichi in prossimità della parete di scavo, quali costruzioni, edifici, ecc.)”.
 
Se le varie metodiche di valutazione della stabilità di un versante - naturale o artificiale - tengono conto di questi fattori, il documento in ogni caso evidenzia che:
- “la presenza di discontinuità (fratture, diaclasi, giunti, ecc.) agisce a sfavore della stabilità;
- le condizioni di saturazione del terreno diminuiscono il valore della resistenza interna del materiale;
- la presenza di falde idriche sospese nell’ambito del versante, analogamente alla presenza di costruzioni o ingombri di qualsivoglia natura in prossimità del limite della parete di scavo, costituiscono sovraccarichi che agiscono a sfavore della stabilità;
- l’aumentare dell’altezza agisce a sfavore della stabilità, per inclinazioni superiori al valore dell’angolo di attrito interno”.
In ogni caso “all’aumentare dell’angolo di attrito interno del materiale e della sua coesione aumenta l’angolo di scarpa e, conseguentemente, la stabilità del versante”.
 
Il documento si sofferma poi sulla valutazione delle condizioni di stabilità di uno scavo e sulle opere provvisionali di sostegno e sistemi di protezione.
 
Si indica che “quando si deve realizzare uno scavo, occorre prima verificare se necessitano opere di sostegno”.
E quando “si effettua uno sbancamento (o scavo a cielo aperto) di larghezza superiore rispetto all’altezza, in materiali a comportamento granulare, il sistema di protezione è necessario:
- se l’inclinazione della parete dello scavo è maggiore dell’angolo di attrito interno del terreno
- se si supera l’altezza critica in materiali coesivi”.
Mentre nel caso di scavi a sezione obbligata, in cui la profondità è maggiore della larghezza, “occorre necessariamente armare lo scavo per evitare crolli e franamenti delle pareti”.
Fanno tuttavia eccezione “i casi in cui:
- lo scavo non raggiunge la profondità di 1 metro
- quando esso è realizzato in roccia ed il tecnico competente ritiene non verificabile un crollo delle pareti di scavo.
Le opere di sostegno devono essere realizzate prima che entrino persone all’interno dello scavo e devono essere calate dall’esterno dello stesso”.
 
Il documento – che si sofferma in particolare su armature, contrafforti e puntelli, protezioni blindate, ... - riporta in conclusione anche informazioni sui sistemi di protezione e di accesso allo scavo (parapetti, passerelle, rampe e scale).
 
Ad esempio riguardo alle passerelle e rampe si segnala che le “rampe di accesso e di uscita dallo scavo devono essere realizzate secondo un progetto effettuato da un tecnico specializzato”. E quando le rampe sono costruite con due o più elementi strutturali “gli stessi devono essere assemblati in modo da evitare movimenti o spostamenti che ne compromettano la stabilità”.
Inoltre “per rendere possibile e sicuro l’attraversamento dello scavo o della trincea da parte dei soli lavoratori, occorre predisporre delle passerelle larghe almeno 60 cm. Quando le passerelle vengono utilizzate anche per il trasporto di materiale, devono essere larghe minimo 120 cm. In tutti i casi devono comunque essere sempre dotate di parapetti e barriere ferma piede su entrambi i lati”.
 
 
Pagina introduttiva del sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 1907 e 3941 (archivio incidenti 2002/2010).
 
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 
 
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