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Stress lavoro correlato, aziende ancora poco attente al problema

Autore: Enzo Di Frenna

Categoria: Rischio psicosociale e stress

18/05/2012

Un anno e mezzo fa entrava in vigore l’obbligo di valutare lo stress lavorativo. Cosa è stato fatto? Esistono dati e ricerche? Le aziende si sono messe in regola? Ecco una breve analisi della situazione. Di Enzo Di Frenna.

 
Roma, 17 Mag – Quattro anni fa entrava in vigore il “Testo Unico” che disciplina in maniera uniforme la sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs 81/2008). L’articolo 28 della normativa prevede l’obbligo per le aziende di valutare anche i rischi collegati allo stress lavoro-correlato, valutazione che deve essere integrata nella più generale valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e salute sul lavoro e riportata nel documento che analizza tali rischi (DVR). Cosa è successo da allora? In che misura le aziende si sono adeguate e cosa hanno fatto le associazioni di categoria per sensibilizzare i loro iscritti ad affrontare il problema? Vediamo.
 
L’obbligo di valutare lo stress lavoro correlato doveva entrare in vigore il 31 dicembre 2008. Ma ci fu un coro di proteste degli imprenditori, che dichiararono di essere impreparati ad affrontare il problema. Il termine fu dunque più volte spostato fino al 1 agosto 2010, ma anche in quel caso accadde poco o nulla. Il Ministero del Lavoro si rese conto che la tematica non era semplice da affrontare. Ad esempio, in molti casi i datori di lavoro erano convinti che la valutazione dovesse essere effettuata da uno psicologo. Così fu deciso di concedere alle aziende altri sei mesi. Quindi si arrivò a dicembre 2010, termine ultimo entro il quale le aziende dovevano almeno dimostrare di aver avviato tale valutazione prevista dal Testo Unico 81. Il 18 novembre 2010, il Ministero del lavoro, a ridosso del termine, ha infine emanato le linee metodologiche approvate dalla Commissione consultiva permanente per la sicurezza e salute per valutare il rischio stress lavoro-correlato in azienda.
Da allora è trascorso quasi un anno e mezzo e non si conosce ancora quante aziende hanno ottemperato all’obbligo. «Non abbiamo dati sull’argomento. Attendiamo notizie dalle Regioni, che dovrebbero aver attivato gli organi di vigilanza», spiega a PuntoSicuro Lorenzo Fantini, dirigente della Divisione Salute e Sicurezza del Ministero del Lavoro e membro della Commissione consultiva che ha espresso le indicazioni sulla valutazione dello stress lavoro correlato. Le Regioni, nel frattempo, non hanno a disposizione dati rilevanti e non è chiaro se hanno effettuato ispezioni da cui è risultata qualche irregolarità. Un esempio? La Regione Lazio, interpellata telefonicamente, conferma che non hanno proceduto al momento ad alcun monitoraggio delle aziende e precisano di “aver soltanto indetto un tavolo di confronto sullo stress lavoro correlato”.
 

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Neppure le associazioni di imprese hanno monitorato il problema. E non risultano in agenda eventi rilevanti per sensibilizzare gli imprenditori sulla valutazione dello stress lavoro correlato. «Non abbiamo effettuato studi e ricerche sullo stato di avanzamento della valutazione dello stress lavoro correlato all’interno delle aziende - spiegano in Confindustria - ma abbiamo partecipato all’elaborazione delle linee guida emanate dal Ministero del Lavoro. In questo modo riteniamo di aver contributo a fornire uno strumento, semplice e concreto, che si attiene alle logiche che sono alla base della valutazione».
La Confcommercio si allinea sulla stessa posizione: «Non abbiamo prodotto ricerche o studi sullo stress lavoro correlato. Siamo al corrente dell’obbligo di legge ed i nostri associati conoscono la necessità di valutare il nuovo rischio professionale. Ma non disponiamo di dati al momento».
Michele Ficara Manganelli, presidente di Assodigitale, conferma la scarsa sensibilità al problema: «Non abbiamo effettuato analisi sul tema e non disponiamo di nessun monitoraggio. In questa momento di forte crisi economica le aziende hanno altre priorità, tra cui sopravvivere e non fallire. Ma il problema dello stress nel nostro settore è molto serio. Le aziende del digitale sono esposte a una pressione informativa enorme. Per fare business bisogna usare per molte ore le tecnologie informatiche, Internet e la posta elettronica, utilizzando spesso diversi apparecchi in multitasking. Quindi valutare lo stress nelle aziende del digitale sarebbe molto proficuo, anche dal punto di vista dell’efficienza sul business. Abbiamo intenzione di aprire sul nostro sito una sezione dedicata al tema dello stress in azienda, ospitando gli interventi di esperti e psicologi».
Umberto Bellini, presidente di Asseprim - l’associazione che rappresenta oltre 700 aziende di servizi professionali alle imprese – ha affrontato il tema del tecnostress nel 2007, organizzando un convegno a Milano in collaborazione con Wireless, a cui parteciparono numerosi imprenditori, quindi ben prima dell’entrata in vigore del Testo Unico 81. Ma oggi? L’unico evento di sensibilizzazione si è tenuto il 31 marzo scorso a Milano: un workshop indirizzato agli imprenditori associati ad Asseprim, che aveva l’obiettivo di “fornire indicazioni e chiarimenti di tipo normativo, organizzativo e metodologico, necessari alla realizzazione di un programma delle attività di valutazione dello stress lavoro correlato”.
Luigi Izzo, architetto, vicepresidente della sezione romana dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, impegnato in numerosi progetti nei cantieri laziali, riconosce la necessità di valutare lo stress nei luoghi di lavoro, ma ammette una scarsa opera di sensibilizzazione: «Valutare lo stress è un’emergenza in questa fase di grave crisi economica. Ci sono numerosi fattori, ad esempio le continue riorganizzazioni del personale e la mobilità legata al calo delle commesse nel settore edilizio, che favoriscono il ricorso a turni di lavoro stressanti e carichi eccessivi di lavoro. In questo modo, un lavoratore stressato può subire un calo della concentrazione ed esporsi a possibili infortuni e incidenti in cantiere. Purtroppo l’argomento è ancora poco considerato dagli imprenditori, nonostante sia entrato in vigore l’obbligo di effettuare la valutazione dello stress lavoro correlato.»
 
Eppure gli imprenditori rischiano parecchio se, durante un’ispezione, emerge che non hanno ottemperato all’obbligo. Il giudice Raffaele Guariniello della Procura di Torino ha già avviato le prime indagini e ci sono già sette aziende indagate per inadempienze. Ma il Ministero del Lavoro precisa che, se l’azienda dimostra di aver avviato il processo di valutazione in modo corretto, non può essere considerata “inadempiente”, come conferma Lorenzo Fantini, e questa è anche la linea applicata dalle Regioni.
 
Lo stress nei luoghi di lavoro è un problema molto diffuso, come emerge da alcune ricerche. L’Eu-Osha ha intervistato di recente 35.540 lavoratori in tutta Europa ed è emerso che lo stress sul lavoro è la maggiore preoccupazione. Christa Sedlatschek, direttore dell’istituto europeo che ha condotto lo studio, ha affermato: «La crisi finanziaria e i cambiamenti che si susseguono nel mondo del lavoro esercitano pressioni sempre maggiori sui lavoratori; non deve stupire, quindi, che lo stress legato all’attività lavorativa sia una delle principali preoccupazioni della gente. Indipendentemente dall’età, dal genere e dalle dimensioni dell’organizzazione, una grande maggioranza della popolazione è del parere che lo stress legato all’attività lavorativa andrà aumentando». L’Organizzazione mondiale della Sanità, invece, prevede che entro il 2020 la depressione – spesso associata a uno stile di vita stressante – sarà la principale causa di assenza sul lavoro.
A supportare le aziende in modo concreto ci ha pensato però Inail, l’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che ha messo a disposizione su Internet un portale dove le aziende possono trovare tutte le informazioni utili: dal “Manuale di valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato", che contiene risorse e strumenti finalizzati a supportare le aziende”, fino a un lungo elenco di “strumenti scientificamente validati, che le aziende possono utilizzare nel processo di valutazione e gestione del rischio da stress lavoro-correlato, nel rispetto della normativa vigente”.
 
Uno dei settori più attivi nell’opera di sensibilizzazione del nuovo rischio stress è invece l’Information and Comunication Tecnology (ICT), un comparto che conta circa 1,3 milioni di lavoratori dipendenti. Gianluigi Ferri, amministratore delegato di Wireless, società leader in Italia nel settore degli eventi broadband, spiega: «La crisi economica ha ridotto del 7 per cento il mercato ICT negli ultimi due anni. La valutazione dello stress non è tra le priorità di molti piccoli e medi imprenditori, ma le grandi aziende stanno affrontando il problema con serietà, rispettando il nuovo obbligo previsto dal Testo Unico 81». Tra le aziende più virtuose c’è Microsoft Italia (830 dipendenti) che ha attivato diverse procedure per la valutazione dello stress in azienda, ed anche IBM Italia (8000 dipendenti,), che però ha riscontrato “difficoltà nell’identificare una modalità univoca per l’applicazione di quanto richiesto dal D. Lgs 81/2008.” Il Gruppo HP Italia (5000 dipendenti) è piuttosto attento al tema della “salute e sicurezza sul lavoro” e ha utilizzato diverse metodologie di valutazione per ogni singola realtà produttiva. Telecom Italia (60 mila dipendenti) ha predisposto diversi “focus group”, soprattutto sull’impatto che ha l’organizzazione del lavoro e la mobilità delle mansioni svolte, mentre Vodafone Italia ha avviato il processo di valutazione dello stress lavorativo.
 
 
Enzo Di Frenna


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