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Ruolo e responsabilità dello psicologo in un approccio multidisciplinare

Ruolo e responsabilità dello psicologo in un approccio multidisciplinare
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio psicosociale e stress

15/12/2023

Considerazioni di ordine generale in materia di rischi psicosociali utili ad illustrare sinteticamente il sistema di responsabilità in ottica individuale e aziendale: l'orientamento della ISO 45003.

Considerato l’orientamento della ISO 45003, gli obiettivi che si pone, i suoi aspetti qualificanti e la chiarezza introdotta in materia di rischi psicosociali, si possono avanzare considerazioni di ordine generale utili ad illustrare sinteticamente il sistema di responsabilità, prima in ottica individuale e poi aziendale.
È possibile un esame partendo dagli aspetti professionali soggettivi che formano oggetto d’indagine per gli psicologi nel momento in cui, ai sensi delle norme vigenti, sono chiamati in qualità di “esperti” a partecipare alla valutazione e alla gestione dei rischi psicosociali. 

A tale riguardo appare importante ai fini di una Mental Health strategy per il benessere psicologico nei luoghi di lavoro il coinvolgimento dello psicologo del lavoro all’interno di quel che si potrebbe definire “un approccio multidisciplinare”, in cui si considera fondamentale il concorso di una serie di figure professionali legate alla sicurezza nei posti di lavoro (previste nel D. Lgs. 81/08 e s.m.i.).
Lo psicologo del lavoro, in particolare se formato in materia di rischi psicosociali, può contribuire in modo decisivo all’analisi del contesto e del contenuto della mansione, possedendo quelle competenze concettuali e metodologiche necessarie (Amore e Corradini, 2019) a individuare potenziali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore (prevenzione primaria).
Potrebbe intervenire, inoltre, nella fase di riabilitazione delle risorse personali del singolo lavoratore con programmi di sviluppo della self efficacy, della resilienza e delle strategie di coping (prevenzione secondaria), nonchè intervenire sulla salute dei singoli lavoratori (prevenzione terziaria) mediante i metodi e gli strumenti che gli sono propri. Quest’ultima attività è composta dall’insieme delle azioni di gestione del malessere soggettivo resosi ormai evidente, il quale richiede interventi mirati per problemi di salute fisica o psicologica, come i trattamenti di counselling, riabilitazione o psicoterapia. 

Questi livelli di intervento sono focalizzati sull’individuo, attraverso programmi che incoraggino stili di vita salubri – ad esempio suggerimenti sulla dieta, centri fitness sul luogo di lavoro, formazione sul rilassamento o su capacità di gestione dello stress, counselling (Ballottin et al., 2021).
Infine, in altri contesti come quello peritale, lo psicologo potrebbe contribuire alla stima dell’entità del danno del lavoratore a seguito di esposizione ai fattori di rischio psicosociale. In definitiva, è possibile constatare quanto l’applicazione delle misure elencate derivi da competenze appartenenti alla figura dello psicologo del lavoro o comunque ad un profilo professionale formato in tale ambito. 


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Le misure da adottare per andare incontro alle esigenze organizzative 

Considerato che il successo della gestione dei rischi psicosociali dipende dall'impegno di tutti i livelli e funzioni dell'organizzazione, in particolare del top management, ogni figura coinvolta nel processo detiene obblighi e responsabilità, delineate dalle Leggi in vigore nel nostro ordinamento.
È importante specificare, come recita l’articolo 17 del D. Lgs. 81/08, Obblighi del datore di lavoro non delegabili, che il Datore di lavoro è il principale titolare della valutazione di tutti i rischi: Il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività: 
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. All’art. 31 comma 3, il D. Lgs. 81 del 2008 e s.m.i. prevede che però il Datore di lavoro: possa avvalersi di persone esterne all'azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio. Il comma 4 ribadisce che: il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32. 

Ne consegue che lo psicologo del lavoro, con specifica competenza in materia di rischi psicosociali, possa essere coinvolto in qualità di Esperto nelle attività di valutazione di tali tipologie di rischio. Inoltre all’Art 32 comma 1 viene specificato che. Le capacità ed i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. 

Questo in coerenza con l’art. 28 dove il Comma 1 recita: La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi… 

E anche in conformità con il Comma 2 Lettera d): l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri. 

Infatti, il già richiamato Accordo europeo del 2004 (e l’Accordo interconfederale del 2008) all’art. 6 prevede che qualora: l’azienda non può disporre al suo interno di competenze sufficienti, può ricorrere a competenze esterne in conformità alle leggi europee e nazionali, ai contratti collettivi e alle prassi. 

Sul versante della responsabilità professionale individuale dell’Esperto chiamato a collaborare, considerata la particolare natura dell’obbligo assunto dal professionista – un’obbligazione di mezzi e non di risultato –, un eventuale inadempimento non può essere fatto derivare da un mancato raggiungimento dell’obiettivo posto dal cliente. Esso deve essere esaminato sulla base del dovere di diligenza, che prescinde dal criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, ma si adegua segnatamente alla natura dell’attività esercitata [ Questo principio viene sancito ai sensi del Codice Civile all’art. 2230 che indica il contratto come oggetto le prestazioni di opera intellettuale]. Il contenuto di tale diligenza è variabile e deve essere identificato in relazione alla singola fattispecie… Il professionista è chiamato a svolgere l’incarico che gli è stato affidato compiendo tutte le attività che considera idonee a raggiungere lo scopo dichiarato dal cliente e quindi a raggiungere il risultato che desidera. Tale comportamento deve rispondere al principio della diligenza enunciato dall’art. 1176, comma 2, c.c. il quale prevede che, nell’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata., considerati l’incarico professionale e le circostanze concrete in cui la prestazione deve svolgersi. 

La Legge n. 24 dell’8 marzo 2017, Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché' in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie ribadisce all’Art.5, comma 1, Buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida che: 

Gli esercenti le professioni sanitarie, nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensidel comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali”.
Quindi, fatte salve le responsabilità civili e penali, già disciplinate per le altre figure della sicurezza (Datore di Lavoro, RSPP, MC), in considerazione del fatto che il Medico Competente e lo Psicologo (Esperto) rivestono un ruolo nelle strutture di prestatori d’opera intellettuale aventi un ruolo sanitario, le norme citate, pur essendo di ordine più generale rispetto al tema dei rischi psicosociali, dovrebbero indurre ad adottare i contenuti della ISO 45003.
Infine, l’indicazione contenuta nel Codice deontologico degli Psicologi italiani indica all’art. 5 che: Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate. 

Le responsabilità dell’organizzazione 

Se si considera la gestione della responsabilità d’impresa è utile richiamare l’art.30 del D. Lgs.81/08 e s.m.i., il quale al comma 1 recita: Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti; […] 
E poi al comma 3: Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attività svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. 
Anche in ambito organizzativo ci sono ulteriori riferimenti che dovrebbero spingere ad adottare le indicazioni della ISO 45003 in quanto questo standard può fornire valide indicazioni per la gestione della salute e della sicurezza. 

Il rispetto della norma ISO 45003 dimostra inequivocabilmente l’impegno di un’azienda o organizzazione a garantire condizioni di lavoro dignitose, salute e benessere. Ad esempio nel Codice Etico del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane possiamo notare un invito alla sua utilizzazione in coerenza con eventuali norme europee.

Sicurezza e Benessere organizzativo come Obiettivi di sviluppo sostenibile 

Lo standard ISO 45003 contribuisce ai 17 OSS (Obiettivi di sviluppo sostenibile) e ai 169 sotto-obiettivi ad essi associati, i quali tutti assieme costituiscono il nucleo vitale dell’ Agenda 2030. Si tratta, com’è noto, di obiettivi che tengono conto in maniera equilibrata delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile, ossia economica, sociale ed ecologica. 
Le organizzazioni che si impegnano per la sostenibilità stanno allineando, sempre di più, le loro strategie aziendali agli obiettivi di sviluppo sostenibile SDGs (Sustainable Development Goals) delle Nazioni Unite. 
Per le organizzazioni che cercano di migliorare il proprio profilo ESG (Environmental Social e Governance), l’implementazione di ISO 45003 e il suo allineamento agli SDGs rappresentano iniziative che comunicano ai propri stakeholder, inclusi i dipendenti, il messaggio potente di voler seriamente prendersi cura delle persone. 
Volendo offrire una cornice di riferimento applicativa a tale riguardo, ancora più ampia dei campi di applicazione della ISO 45003, si elencano i possibili collegamenti con i 17 obiettivi ONU ed eventualmente con il PNRR. 
Alcuni di questi 17 obiettivi includono direttamente o indirettamente gli obiettivi della ISO 45003, come ad esempio l’Obiettivo 3, Salute e benessere, declinato in “Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età”. 
Le disparità di genere, poi, costituisce uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà. L’Obiettivo 5 Uguaglianza di genere, “Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze”, al fine di promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne ha consentito di fare significativi progressi nella scolarizzazione delle ragazze e nell’inserimento delle donne nel mercato del lavoro. Senza contare che l’uguaglianza di genere non rappresenta solo una questione morale, ma anche economica e di crescita (Delfini, 2020). 
E ancora: l’Obiettivo 8, Lavoro dignitoso e crescita economica, declinato in “Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti” indica l’importanza di proteggere il diritto al lavoro e promuovere un ambiente lavorativo sano e sicuro per tutti i lavoratori, inclusi gli immigrati, in particolare le donne, e i precari. 
L’Obiettivo 9, Industria, innovazione, infrastrutture, indica la prospettiva di “Costruire un’infrastruttura resiliente, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e sostenere l’innovazione”. Gli investimenti in un’infrastruttura sostenibile e nella ricerca scientifica e tecnologica favoriscono la crescita economica, creano posti di lavoro e promuovono il benessere. 
L’ Obiettivo 11, Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili, è perfettamente in linea con lo standard ISO 45003, così come l’Obiettivo 16, Promuovere società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli. 
La nostra giurisprudenza, inoltre, si esprime in modo molto chiaro quando afferma che: 
  • la tutela dell’integrità psico-fisica del lavoratore da parte del datore di lavoro non si esaurisce “nell’adozione e nel mantenimento perfettamente funzionale di misure di tipo igienico-sanitarie o antinfortunistiche”, ma coinvolge l’intera persona del lavoratore;
  • che il concetto di salute nel D.Lgs. n. 81/08 si esprime come uno “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” (art. 2 co.1 lettera) e che l’obbligo di valutare tutti i rischi richiede di tenere conto delle differenze di genere, dell’età, della provenienza, o ancora della tipologia contrattuale (art. 28 comma 1) 
Fatte tutte le precedenti considerazioni di tipo normativo, si evince che l’obiettivo di creare un luogo di lavoro inclusivo sta diventando oggetto di specifiche disposizioni normative, con le quali il legislatore da un lato chiama le organizzazioni a rendere trasparente la propria politica aziendale a riguardo; dall’altro rende talvolta necessaria, talvolta premiale, l’adozione di azioni volte a tutelare il lavoratore/trice da tutti i rischi anche di genere, di età, di provenienza.
In questo senso, la legge n. 108/2021 (conversione del D.L. n. 77/2021) che riguarda gli interventi finanziati dai fondi del PNRR introduce alcune regole assai significative, tanto più interessanti in quanto è possibile immaginare che siano destinate ad assumere presto valenza generale. 
È, dunque, un dato acquisito l’impatto della dimensione Sociale della Sostenibilità sul benessere del lavoratore; così come altrettanto acquisito che la valorizzazione delle politiche del personale a tutela dell’individuo non costituisce più (soltanto) un adempimento di obblighi normativi, ma costituisce un elemento qualificante dell’intera organizzazione. 


L'articolo è tratto da:

Ordine degli psicologi del Lazio - Rischi psicosociali nei luoghi di lavoro: quali obiettivi per le organizzazioni e quali prospettive d’intervento per la psicologia del lavoro - Isabella Corradini, Shalom Addari, Franco Amore, Elisa Corsa, Luigia Cusano, Roberto Domanico, Sara Giorgi, Roberto Ibba, Gaetana Pennacchio, Giulia Tunzi. (pdf) 



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