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Overthinking: il nemico del benessere

Overthinking: il nemico del benessere
Massimo Servadio

Autore: Massimo Servadio

Categoria: Rischio psicosociale e stress

29/11/2023

Pensare troppo può ostacolare il problem solving. In che modo impatta sul benessere? Come gestire questa tendenza?

Overthinking: il nemico del benessere

Pensare troppo può ostacolare il problem solving. In che modo impatta sul benessere? Come gestire questa tendenza?

 

Il termine inglese “Overthinking” si traduce in italiano con “Pensare troppo” e, come dice la traduzione stressa, si riferisce al pensare ad una situazione o un argomento in modo eccessivo o più semplicemente pensare a qualcosa troppo o troppo a lungo o, ancora, “la tendenza a rispondere a un disagio focalizzandosi sulle cause e sulle conseguenze dei propri problemi, senza intraprendere nessuna azione di problem solving concreto”.

Per quanto il pensiero sia stato e sia tutt’oggi la capacità dell’essere umano che ha portato all’evoluzione della specie, quando questa diventa un’attività prolungata ed eccessiva può diventare dannosa, soprattutto se non porta a nessuna conclusione.

 

Nella società frenetica in cui viviamo, il nostro pensiero non è quasi mai rivolto al presente ma, piuttosto, al passato e soprattutto al futuro. Attraverso la modalità del multitasking ci ritroviamo a svolgere convulsivamente più attività contemporaneamente, non concedendoci la possibilità di concentrarci adeguatamente su ciascuna di queste. Questa modalità di agire, tipico della società odierna, porta automaticamente ad accumulare i pensieri del presente, giorno dopo giorno, (anche quelli che si pensava di aver risolto o archiviato) che, ingigantendosi porteranno alla formazione di malumore, ansia e stress.

 

Con ciò non intendiamo che soffermarsi a pensare su qualsiasi problematica ci attanagli sia sbagliato o controproducente ma piuttosto che, quando questo pensare diventa eccessivo, irrefrenabile, spasmodico e aggrovigliato, senza condurre ad alcuna soluzione o conclusione, si possono creare danni psicologici che vanno a modificare l’umore e il benessere individuale. Esisterebbe infatti, secondo alcuni studi, una correlazione piuttosto forte tra il fenomeno dell’overthinking e uno stato di depressione. Ciò dipenderebbe dal fatto che continuare a ruminare su un pensiero senza giungere ad una conclusione, comporterebbe l’aumento di confusione; all’aumentare della confusione aumenterebbe anche la generazione di dubbi ed insicurezze, creando un circolo vizioso che legherebbe l’individuo alla situazione di frustrazione e insoddisfazione, portandolo a continuare a vagare nei pensieri alla ricerca di una soluzione per una prospettiva futura di vita migliore. Quindi, il soggetto sarebbe così spinto in una situazione di totale insoddisfazione e di sopraffazione da tutti i problemi che ogni giorno si accumulano nella sua testa senza trovare soluzione alcuna, dando la sensazione di non poterne uscire.

Chiaramente, questo tipo di problema lede le competenze e l’umore dell’individuo che ne soffre, in primis in ambito personale, della propria vita privata, ma anche nel contesto lavorativo in cui agisce. Agendo il fenomeno indiscriminatamente su ogni tipo di problema, si rischia che tale problematica freni l’individuo anche quando si tratta di problemi di lavoro: una semplice mail da inviare, le scadenze da rispettare o gli appuntamenti da programmare.


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La causa principale alla base del fenomeno dell’overthinking è sicuramente la paura: trovarsi di fronte ad una situazione che non ci si ritiene in grado di affrontare, ci porta automaticamente a scomporla, a spezzettarla in tante piccole parti, e ad analizzarle minuziosamente pur di conoscerne ogni più piccolo dettaglio. Fare ciò ci condurrebbe, però, in una sorta di vicolo cieco in cui ingigantiremmo quelle piccole parti e perderemmo di vista il vero obiettivo (ossia affrontare la situazione). Un’altra causa collegata a quella appena vista, è la necessità di avere tutto sotto controllo che, similmente alla paura, ci porterebbe a sovra analizzare ogni aspetto della situazione di fronte a cui ci troviamo, per paura di perdere il controllo. Infine, anche una scarsa conoscenza e padronanza di sé, ma soprattutto delle nostre emozioni, ci condurrebbe nelle dinamiche sopradescritte che, in un mix tra paura e necessità di controllo, ci farebbe perdere il focus della situazione, alimentando sentimenti di incertezza e inadeguatezza rispetto alla situazione stessa.

 

Ma come possiamo frenare l’overthinking se e quando ci rendessimo conto di mettere in atto questo meccanismo?

Un primo modo per provare a frenare il “pensare troppo” è il concentrarsi sul qui ed ora, distogliendo lo sguardo dal futuro e portando i propri pensieri su qualcosa che è presente, nel momento in cui siamo e agiamo: individuiamo un oggetto o una parte della stanza in cui siamo e iniziamo a descriverne le sue caratteristiche in modo accurato, ma essenziale (colore, forma, dimensione, temperatura, ecc.). Questo andrebbe fatto anche più volte, fino a che non riusciamo ad interrompere il flusso frenetico di pensieri.

Un’alternativa può essere quella di concentrarsi sul proprio respiro (usando il primo passo della tecnica della meditazione) oppure ripetere un mantra su cui concentrare il proprio pensiero per distogliere la mente dal flusso precedente.

Più in generale, comunque, qualsiasi forma di attività che conceda al soggetto di “staccare la testa” può sicuramente aiutare ad uscire dal fenomeno dell’overthinking; l’attività fisica, così come un qualsiasi hobby che ci appassioni e che ci occupi la mente a tal punto da non concederle di tornare a rimuginare sui pensieri che ci attanagliano.

Il segreto che accomuna tutte queste “tecniche”, infatti, oltre al fatto di riportare la mente sul presente senza lasciarlo vagare nel futuro o rimuginare sul passato, è quello di aiutare a distrarci, ossia staccarci dal flusso aggrovigliato di pensieri da cui veniamo trasportati nell’overthinking.

 

Infine, anche se complesso, ciò che è necessario imparare ad accettare è che nessuno è perfetto e che la perfezione non esiste. Inseguire stereotipi o idee di perfezione non ci aiuterà a diventare perfetti, ma alimenterà solamente la nostra sensazione di frustrazione e insoddisfazione. Imparare a perdonare i propri errori e le proprie imperfezioni, piuttosto, ci aiuta a migliorarci e a conoscerci. I problemi ci sono e ci saranno sempre! A renderli grandi o piccoli è solo la nostra forza nell’affrontarli e risolverli, per quanto possibile.

 

 

Massimo Servadio

Psicoterapeuta e Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni




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Rispondi Autore: Panni Mauro immagine like - likes: 0
29/11/2023 (09:21:47)
GRAZIE per aver affrontato questo tema / condizione all'interno della quale può capitare di trovarsi, specie se nel tempo non si è costruita / alimentata una rete di collaborazioni e/o non si è dedicato tempo di qualità / risorse a formazione interdisciplinare (es. Non Technical Skills) ed attività anche complementari (es. Volontariato Sociale) che rimettano al centro le Persone evitando di focalizzarsi solo sui "problemi" (per quanto reali, a volte rischiano di ridurre la nostra capacità di trovare in noi stessi e soprattutto negli Altri le risorse necessarie al #MiglioramentoPossibile).

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