Mobbing ed infarto

Un lavoratore vittima del mobbing ha un rischio di infarto più elevato rispetto alla media.
I fattori pscico-sociali (ansia, depressione, mobbing, ma anche dispiaceri e preoccupazioni quotidiane…) associati ai tradizionali fattori di rischio (quali fumo, obesità, diabete, ipertensione, ipercolesterolemia…) raddoppiano il rischio di infarto.
La depressione può innescare inoltre di comportamenti “a rischio”, quali disordine alimentare, scarsa attività fisica, fumo.

E’ la tesi del Prof. Gulizia, direttore dell'unità operativa di cadiologia dell'ospedale di Catania e presidente del primo congresso di cardiologia mediterranea.
La notizia è stata riportata da Kataweb Salute, che ha illustrato alcuni dei dati esposti dal Prof. Gulizia.

L’ansia, associata alla depressione, aumenta inoltre il rischio cardiaco nel post-infarto: ad un anno e mezzo da un episodio d'infarto, muore mediamente il 17 per cento dei depressi rispetto al solo 5 per cento delle persone non depresse

Riguardo all’impatto della vita lavorativa sui fattori di rischio è stato rilevato che il 50 per cento di chi ha avuto un infarto dichiara di essere stato vittima di ingiustizie o gravi discriminazioni sul posto di lavoro.
Un fattore di rischio, quindi, molto diffuso. Si consideri infatti che nell’Unione europea, più di un lavoratore su quattro è affetto da sintomi da stress derivante dal lavoro; lo stress non è una malattia, ma può causare portare a depressione, esaurimento nervoso e altre patologie se si manifesta con intensità per periodi prolungati.