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La sindrome di burnout nel comparto della scuola

Gli insegnanti sono soggetti al doppio della frequenza di patologie psichiatriche rispetto a impiegati e personale sanitario. Quali le conseguenze? Come reagiscono i singoli? In uno studio le analisi, la letteratura e i fattori predisponenti. Prima parte

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Attraverso la segnalazione della newsletter di diario-prevenzione, siamo venuti a conoscenza di un recente documento, pubblicato sul sito Educazione&Scuola, che fa luce su una problematica magari non recente, ma sicuramente non sufficientemente conosciuta nel mondo della scuola: il fenomeno del burnout.
 
Di “sindrome di burnout” si parla in realtà ormai da una ventina di anni per indicare una risposta ad uno stress emozionale con sintomi cha appartengono alla sfera emotiva, comportamentale, cognitiva e somatica. Sindrome che colpisce in prevalenza le persone che esercitano professioni d'aiuto: medici, infermieri, volontari, educatori, assistenti sociali, psicologi, poliziotti, vigili del fuoco… Professioni che sono in costante contatto con il disagio, con malattie gravi e incurabili, con l’angoscia e in alcuni casi con la morte.
 
Inoltre alcune ricerche dimostrano che il comparto scolastico è uno dei comparti più a rischio per l’insorgere di problemi psichiatrici, problemi che rappresentano il 70 % delle cause di abbandono scolastico da parte dei docenti.


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In questo contesto la pubblicazione “Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti” - a cura  di Vittorio Lodolo D’Oria, Francesca Pecori Giraldi, Antonio Vitello, Carola Vanoli, Patrizia Zeppegno e Paolo Frigoli - ricorda che la categoria degli insegnanti, “a causa di particolari fattori stressogeni legati all’attività professionale”, può essere soggetta alla “sindrome di burnout”. Una sindrome caratterizzata da:
- “affaticamento fisico ed emotivo;
- atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali;
- sentimento di frustrazione per mancata realizzazione delle proprie aspettative”.
 
A queste tre caratteristiche recentemente F. Folgheraiter* ne ha aggiunta una quarta descritta come “perdita della capacità del controllo, smarrimento cioè di quel senso critico che consente di attribuire all’esperienza lavorativa la giusta dimensione”. In questa situazione l’attività di insegnante “finisce per assumere un’importanza smisurata nell’ambito della vita di relazione e l’individuo non riesce a “staccare” mentalmente tendendo a lasciarsi andare anche a reazioni emotive, impulsive e violente”.
 
Tra le cause di stress lavorativo nella scuola italiana, secondo quanto indicato nello studio, troviamo:
- “la peculiarità della professione (rapporto con studenti e genitori, classi numerose, situazione di precariato, conflittualità tra colleghi, costante necessità di aggiornamento);
- la trasformazione della società verso uno stile di vita sempre più multietnico e multiculturale (crescita del numero di studenti extracomunitari e degli interscambi culturali come effetti della globalizzazione);
- il continuo evolversi della percezione dei valori sociali (con l’introduzione di nuove politiche a favore dell’handicap con l’inserimento di alunni disabili nelle classi, delega educativa da parte della famiglia a fronte dell’assenza di genitori- lavoratori o di famiglie monoparentali);
- l’evoluzione scientifica (avvento dell’era informatica e delle nuove tecnologie di comunicazione elettronica);
- il susseguirsi continuo di riforme (autonomia scolastica, innalzamento della scuola dell’obbligo, ingresso nel mondo della scuola anticipato all’età di cinque anni e mezzo);
- la maggior partecipazione degli studenti alle decisioni e conseguente livellamento dei ruoli con i docenti (decreti delegati del ’74, Statuto degli studenti/studentesse del DPR 239/98);
- il passaggio critico dall’individualismo al lavoro d’equipe (che ha comportato la scomparsa dall’insegnante unico con l’avvento dell’insegnamento basato su una pluralità di docenti);
- l’inadeguato ruolo istituzionale attribuito/riconosciuto alla professione (retribuzione insoddisfacente, risorse carenti, precarietà del posto di lavoro, mobilità, scarsa considerazione da parte dell’opinione pubblica)”.
 
Questo gruppo di lavoro, “partendo dall’analisi degli accertamenti sanitari per l’inabilità al lavoro, svolta dai Collegi Medici della ASL Città di Milano nel periodo 1/92 – 12/01”, ha operato un “confronto tra quattro macrocategorie professionali di dipendenti dell’Amministrazione Pubblica (696 insegnanti, 596 impiegati, 418 sanitari, 1340 operatori)”.
I risultati dimostrano che “la categoria degli insegnanti è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori”.
Pur non essendo ancora contemplata nel DSM-IV (classificazione internazionale delle patologie psichiatriche) è verosimile ritenere che la sindrome del burnout, se trascurata, possa trasformarsi successivamente in patologia psichiatrica.
 
Nello studio sono poi riportate descrizioni e analisi delle reazioni di adattamento (coping strategies) che i singoli insegnanti adottano per far fronte al burnout, nel tentativo di reagire a una situazione che, se non affrontata per tempo e adeguatamente, può degenerare in malattia psico-fisica.
Una classificazione delle coping strategies è stata proposta in uno studio nel Regno Unito (Cooper, 1993) diversificando le stesse in:
- “azioni dirette (direct), miranti cioè ad affrontare positivamente la situazione;
- diversive (diversionary), cioè tese a schivare l’evento assumendo un atteggiamento apatico, impersonale, distaccato nei confronti di terzi;
- di fuga (withdrawal) o abbandono dell’attività, per sottrarsi alla situazione stressogena;
- palliative (palliative) cioè incentrate sul ricorso a sostanze come caffè, fumo, alcool, farmaci”.
 
Nella seconda parte di questo articolo saranno brevemente affrontate le prospettive e le ipotesi di intervento tratte dalla letteratura scientifica e dall’analisi degli autori della pubblicazione.
 
- “Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti” di Vittorio Lodolo D’Oria, Francesca Pecori Giraldi, Antonio Vitello, Carola Vanoli, Patrizia Zeppegno, Paolo Frigoli (formato PDF, 134 kB)
- “Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti”, diapositive (formato PPT, 283 kB)
 
* Introduzione all’edizione italiana di “Io, operatore sociale - Come vincere il burnout e rendere gratificante il mio lavoro”, di G. Bernstein, Y. Halaszyn, Trento, 1993
 
Tiziano Menduto



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