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Conoscere e affrontare nelle aziende lo stress lavoro correlato

Conoscere e affrontare nelle aziende lo stress lavoro correlato
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio psicosociale e stress

06/06/2017

Un contributo si sofferma sul rischio stress nei luoghi di lavoro, sui modelli concettuali e questionari per la valutazione soggettiva del rischio psicosociale e sul modello per la valutazione oggettiva dello stress lavoro‑correlato.

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Trieste, 6 Giu – “Scadenze, ritardi, pressioni dai capi, screzi con i colleghi possono portare a quello che viene definito stress da lavoro: pressione, agitazione, ansia da prestazione sono alcune delle sensazioni spiacevoli che possono manifestarsi nella vita quotidiana di un lavoratore”. A ricordarlo, fornendo strumenti, esperienze e buone pratiche per la valutazione e prevenzione del rischio, è il volume “Dalla prevenzione alla gestione dello stress lavoro correlato” curato da Giorgio Sclip (RSPP, membro del Focal Point per l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – Università degli Studi di Trieste), edito da EUT Edizioni Università di Trieste.

 

Il volume, presentato al seminario “Dalla prevenzione alla gestione dello stress lavoro-correlato. Strumenti di valutazione e buone pratiche”, che si è tenuto il 13 marzo 2017 a Trieste, riporta in particolare i materiali della giornata di studi “Sicurezzaccessibile” che si è svolta, sempre a Trieste, nel mese di ottobre 2015.

 

Ci soffermiamo oggi su un contributo, pubblicato nel volume, che ci permette di riflettere sul rischio stress lavoro-correlato e sulle modalità di valutarlo

 

In “Che cos’è lo stress lavoro-correlato?”, contributo a cura di Francesca Larese Filon (Unità Clinico Operativa di Medicina del Lavoro – Università di Trieste) si ricorda che lo stress è una “risposta aspecifica dell’organismo ad una qualsiasi richiesta proveniente dall’ambiente”.

 

Si indica poi che è stato Hans Seyle nel 1956 a parlare per primo di “Sindrome generale di adattamento” come della risposta dell’organismo di fronte a stimoli esterni.  In particolare “la persona risponde prima con una fase di allarme (1), caratterizzata da tachicardia e ipertensione (attacca o fuggi), successivamente con una fase di ‘resistenza’ (2) in cui la persona cerca di far fronte agli stimoli negativi, fino alla comparsa di una fase di ‘esaurimento’ (3) nella quale l’individuo perde la capacità di far fronte agli eventi stressogeni e possono comparire le patologie correlate”.

Viene fatto anche un accostamento tra lo stress e la meccanica di una molla.

Se “la tiriamo poco si allunga e quando la rilasciamo, la tensione scompare. In questo caso parliamo di ‘eustress’ o stress positivo, che è quello che ci permette di essere attivi e di rispondere agli stimoli che riceviamo dall’esterno. Ma se la nostra ‘molla’ viene tirata troppo comincia a deformarsi (strain), non ritorna più nella posizione di partenza e nasce lo stress negativo ‘distress’. La tensione porta alla deformazione della molla e possono insorgere patologie associate. Il nostro organismo perde il suo equilibrio”.

 

E in questo senso lo stress diventa – come riportato nel vocabolario Treccani - “tensione nervosa, logorio, affaticamento psicofisico” oppure – continua Francesca Larese Filon - con terminologia medica, ‘la risposta funzionale con cui l’organismo reagisce a uno stimolo più o meno violento (stressor) di qualsiasi natura (microbica, tossica, traumatica, termica, emozionale, ecc.). Negli organismi degli animali superiori si configura in una serie di fenomeni neuro-ormonali fra i quali predomina l’intensa attività secretoria della corteccia surrenale’.

E si ricorda che se la nostra vita è fatta di stimoli che riceviamo dall’esterno, “a questi possiamo rispondere in modo diverso: per alcuni soggetti uno stimolo è irrilevante, mentre per altri può diventare fonte di tensione e di ‘stress’. Quindi è fondamentale sia lo stimolo che la risposta personale del soggetto e la sua capacità di far fronte alle situazioni e pressioni esterne (coping)”.

 

Rimandiamo alla lettura integrale del contributo, che si sofferma anche sull’obbligo di valutazione dei rischi, e ci soffermiamo invece sui modelli concettuali e questionari per la valutazione “soggettiva” del rischio psicosociale.

 

Infatti ci sono modelli e questionari, come ricordato anche in altri articoli del nostro giornale, che permettono di valutare lo stress lavoro correlato.

 

Uno di questi è quello di Karasek, detto Job Content Questionnaire (JCQ), che “parte dal concetto che una eccessiva domanda sul lavoro (demand) insieme ad uno scarso controllo (control) del compito genera stress. Ma in questo sistema un effetto protettivo viene giocato dal ‘supporto’ ricevuto da colleghi, superiori e famigliari”.

 

Invece un altro modello è quello proposto da Siegrist “Effort-Rerward-Imbalance” che “parte dal concetto che lo stress si manifesta quando vi è uno sbilanciamento fra sforzo e ricompensa. Per l’autore la ricompensa non è solo economica ma anche legata alla stima e all’apprezzamento sul lavoro svolto. L’autore introduce anche la dimensione del ‘sovraccarico’ (overcommittment) che dà una indicazione dell’eccessivo coinvolgimento del lavoratore con possibili conseguenze sulla salute”.

 

Più recentemente l’HSE (Health and Safety Executive) ha “proposto un nuovo questionario che fonde vari modelli con l’intenzione di avere uno strumento che si adatta meglio alla valutazione della situazione negli ambienti di lavoro” (nel contributo è presente anche un’immagine delle “dimensioni” affrontate nel questionario proposto da HSE).

Si ricorda poi che l’inail ha provveduto a redigere una traduzione in italiano che è stata validata, “indagando la richiesta sul lavoro (demand), la sua capacità di svolgere il lavoro (controllo sul compito), il supporto dei superiori e dei colleghi, le relazioni interpersonali, il ruolo della persona all’interno dell’organizzazione e la possibilità di cambiamento. L’insieme produce un indice complessivo derivato dalla somma delle singole dimensioni ed espresso in rosso-giallo-verde in funzione dei punteggi ricevuti”.

 

Il contributo si sofferma poi sul modello per la valutazione “oggettiva” dello stress lavoro‑correlato.

 

Si segnala che “nell’ambito della necessità di avere alcuni indicatori più oggettivi, rispetto ai questionari che rispecchiano la percezione e soggettività della persona”, Ballotin ha proposto un “metodo di facile utilizzo da applicare di screening nelle aziende. Questa metodologia è stata recepita dall’Inail che suggerisce questo metodo a tutte le aziende italiane”: “quando la valutazione oggettiva risulta a rischio il datore di lavoro deve provvedere ad approfondire la situazione con questionari ‘soggettivi’ o con altri strumenti psicologici”.

 

Si indica che un tale approccio ha “reso più facile e meno costosa la valutazione del rischio, permettendo anche una standardizzazione delle procedure e una comparabilità dei dati, nei limiti di una valutazione ‘veloce’ dello stress lavoro correlato, ma che considera in modo complessivo tutti i fattori indicati come rischi psicosociali”. Tale valutazione prevede dati “oggettivi” che possono essere “indicatori di malessere/stress nell’ambiente di lavoro (aumento degli infortuni, delle assenze per malattia professionali, ecc.) e segnalazioni di stress-lavoro correlato o istanze giudiziarie”. Parametri quantificabili che vengono poi “associati ad alcuni indicatori di contesto del lavoro e di contenuto del lavoro che permettono un migliore inquadramento della situazione relativa ai rischi di tipo psico-sociale”. Anche in questo caso è presente nel contributo una rappresentazione grafica degli aspetti peculiari della valutazione oggettiva dello stress lavoro-correlato.

 

L’intervento si conclude sottolineando, tuttavia, che la valutazione dello stress è “solo il primo passo per intervenire cercando di migliorare l’ambiente di lavoro nei vari aspetti che possono concorrere a indurre condizioni di disagio”. Infatti le valutazioni oggettive e soggettive “sono strumenti che possono suggerire le aree in cui intervenire per permettere al lavoratore di stare meglio e all’organizzazione di funzionare in modo ottimale”.

 

 

Dalla prevenzione alla gestione dello stress lavoro correlato”, Sicurezza accessibile - Giornata di studi - Trieste, 20 ottobre 2015, volume curato da di Giorgio Sclip (RSPP, membro del Focal Point per l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – Università degli Studi di Trieste), edito da EUT Edizioni Università di Trieste, presentato al seminario “Dalla prevenzione alla gestione dello stress lavoro-correlato. Strumenti di valutazione e buone pratiche” (formato PDF, 7.58 MB).

 

 

RTM



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