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Storie di infortunio: non girate quella chiave
Un’ esplosione con conseguente incendio in una fabbrica chimica durante il turno di notte, muore Mauro, un operaio, e rimangono leggermente feriti altri due lavoratori.
Chi
Mauro aveva 40 anni ed era italiano, sposato con due figli di 20 e 22 anni. Lavorava in azienda da 10 anni e quella sera era capoturno del suo reparto in sostituzione di un collega in ferie.
Dove e quando
L’incidente è avvenuto nella primavera del 2007 nel reparto chimico di un’azienda farmaceutica che produce principi attivi per medicinali in provincia di Novara, situata in una zona residenziale poco distante dal centro di una cittadina.
Come
Mauro, insieme ai due colleghi, doveva scaricare da un reattore dell’acido colicoche era in soluzione con il metanoloche è un solvente molto infiammabile. Doveva poi trasferirlo, attraverso le tubazioni dell’impianto, in una centrifuga, con la quale separare il prodotto dal solvente. Per svuotare il reattore erano necessarie tre cariche della centrifuga. Quando ha iniziato il turno, la centrifuga era in rotazione e vuota, quindi Mauro ha effettuato il primo riempimento della centrifuga e la successiva separazione del prodotto. Finita la prima separazione, insieme ai colleghi, l’ha svuotata. Per fare questa operazione era necessario chiudere manualmente la valvola che mandava l’azoto nella centrifuga, azoto che serviva per rendere inerte la soluzione. Quando ha iniziato a scaricare per la seconda volta il prodotto nella centrifuga già in rotazione, il solvente si è innescatocausandone l’esplosione e poi l’incendio del reparto. Mauro, che era ai comandi della centrifuga e quindi molto vicino ad essa, è stato investito dall’esplosione ed è morto sul colpo. I due colleghi che erano più lontani sono stati feriti in modo lieve. Sono rimasti in stato di shock per alcune ore.
L’impianto per la centrifugazione dei prodotti era dotato di un sistema di inertizzazioneche tramite azoto saturava la centrifuga eliminando l’ossigeno così da evitare la combustione delle sostanze infiammabili.
Al momento dell’incidente la valvola manuale di mandata dell’azoto era chiusa pertanto era impossibile inertizzare la centrifuga. Questo è avvenuto poiché l’impianto non aveva un sistema automatico di chiusura della linea di azoto. Quindi, quando si apriva la centrifuga per scaricarne il contenuto bisognava chiudere manualmente la valvola di mandata dell’azoto. Probabilmente la valvola era stata chiusa dallo stesso Mauro quando ha effettuato lo svuotamento della centrifuga dopo la prima carica.
Il sistema di inertizzazione era impostato senza il controllo automatico del consenso per l’accensione della centrifuga, pertanto era possibile avviarla senza una corretta inertizzazione. Inoltre l’impianto non era dotato di nessun sistema efficace di allarme visivo o acustico.
Questo ha fatto sì che Mauro, non accorgendosi della valvola chiusa, ha potuto avviare la lavorazione senza che la centrifuga fosse in sicurezza.
Le tre condizioni: 1) la valvola dell’azoto che era stata chiusa e non più riaperta; 2) il fatto che l’impianto fosse impostato sulla modalità manuale, 3) la mancanza di segnali di pericolo visibili dall’operatore sono state determinanti nel causare l’infortunio.
Cosa si è appreso dall’inchiesta
L’impianto era dotato di una chiave per selezionare la modalità di funzionamento, (AUTOMATICO protezioni inserite – MANUALE protezioni disinserite), che doveva essere gestita con molta accortezza e utilizzata solamente per disattivare il controllo dell’impianto durante la lavorazione senza solventi o per le bonifiche con acqua. In realtà la chiave era sempre inserita, lasciando all’utilizzatore dell’impianto la facoltà di disinserire il sistema di sicurezza dell’inertizzazione.
“Non ricordo perché mi è capitato raramente di usarlo in manuale, e quando capita non utilizzo l'azoto perché non è necessario. Nella funzione in manuale l'operatore può decidere se attivare o meno il flusso di azoto”.
L’impianto non era dotato di un sistema efficace di allarme che avvertisse gli addetti della mancanza del flusso di azoto, vi era solamente una piccola spia sul quadro di controllo fuori dalla normale visuale dell’operatore durante le operazioni di centrifugazione.
Alcuni operai hanno dichiarato che in azienda succedeva di commutare l’impianto di inertizzazione in MANUALE durante le lavorazioni con solventi. Sempre dalle dichiarazioni risulta che questo accadeva quando l’impianto di inertizzazione non riusciva a raggiungere i livelli di concentrazione di ossigeno e pressione prestabiliti, magari per problemi di tenuta pneumatica della centrifuga. In tale caso l’operatore, non potendo avviare la centrifuga, commutava il selettore annullandone il controllo sull’avvio, così da poter continuare la lavorazione. La scarsa manutenzione delle attrezzature o il loro mancato adeguamento al progresso tecnico hanno agito come incentivo per i lavoratori a bypassare le sicurezze.
Gli stessi lavoratori hanno anche dichiarato che questa manovra era effettuata quando mancava poco al raggiungimento della soglia, ma non sapevano qual è la concentrazione di ossigeno sotto la quale la combustione del solvente non avviene.
“Molto spesso invece per vari motivi l'inertizzazione non raggiunge i livelli stabiliti e l'impianto non dà il consenso di avvio centrifuga e quindi per poter lavorare si mette in manuale e si avvia la centrifuga. Questa prassi è abituale per molti colleghi ed è conosciuta dai responsabili.”
In azienda non era stata eseguita una corretta valutazione per il rischio di esplosione, erano state considerate solo le perdite dalle flangedell’impianto in caso di guasto, ma non i rischi durante le normali operazioni lavorative.
Si è appreso, inoltre, che la formazione ai lavoratori sui rischi specifici nell’uso degli impianti con prodotti infiammabili era stata piuttosto scarsa. Si erano dedicate solo pochissime ore alla formazione nel corso degli anni precedenti all’incidente e i lavoratori, non avendo adeguate conoscenze tecniche, non erano in grado di decidere in autonomia senza il controllo automatico dell’impianto quando l’inertizzazione era sufficiente.
“Si l'ho eseguita anche io a volte l'impianto non raggiunge il livello per 0,5-0,6 punti percentuali, si mette in manuale e si procede con il lavoro, e sono sicuro che i responsabili ed i capi turno ne erano a conoscenza.
Domanda: Lei conosce la percentuale minima di ossigeno in cui il metanolo può creare una miscela esplosiva?
Risposta: No non ne ho la minima idea ...”
Indicazioni per la prevenzione
Molte macchine e impianti sono dotate di selettore a chiave per disattivare le sicurezze in modo da permettere riparazioni o manutenzioni. Queste chiavi devono essere gestite con molta attenzione poiché l’abitudine di lasciarle inserite, oltre a dare agli operatori un margine di discrezionalità non opportuno e non dovuto, può senz’altro contribuire a generare l’erronea convinzione che non ci siano sostanziali differenze a operare in una modalità piuttosto che nell’altra. Questo fa sì che i lavoratori agiscano senza le necessarie cautele in caso di disattivazione del sistema di sicurezza.
La gestione di impianti chimici che comportano l’uso di sostanze pericolose e infiammabili, è un’attività che deve prevedere un ciclo continuo di formazione e addestramento degli operatori, integrato da procedure di lavoro che siano di supporto per evitare errori o dimenticanze.
La normativa prevede che le attrezzature e gli impianti siano adeguati al progresso tecnico, e mantenuti correttamente, questo anche per evitare l’utilizzo di procedure scorrette per superare le mancanze tecniche degli impianti.
Gli avvisi di allarme per condizioni di pericolo immediato, in questo caso il mancato flusso di azoto, devono essere immediatamente percepibili dagli operatori, in ogni postazione da loro occupata.
Walter Lazzarotto, Biagio Calò
Servizio Pre. S.A.L della Asl NO
Fonte: Dors.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Marcello Verrocchio - likes: 0 | 18/01/2013 (05:37:22) |
Apprezzo moltissimo questa ricostruzione della dinamica e dei fatti che hanno determinato l'esplosione e il conseguente incidente mortale (decesso del povero Mauro). Auspicherei di poter leggere più frequentemente su Punto Sicuro articoli di questo genere in quanto molto istruttivi per fare ben comprendere al lettore interessato, gli errori (tecnici progettuali, gestionali, comportamentali, ecc...) che sono stati alla base dei gravi e drammatici incidenti sul lavoro, spesso riferiti dai media in maniera molto sommaria. |
Rispondi Autore: alfredo ruggiero - likes: 0 | 18/01/2013 (07:44:09) |
Mi chiedo :era stato eseguito un Hazop dell'impianto condotto dall'ingegnere di processo,supervisore di produzione,responsabile di manutenzione,eventuale progettista? L'analisi delle operazioni avrebbe rilevato il problema della gestione della valvola di azoto di inertizzazione,inoltre a seguito dell'hazop si sarebbe potuto scrivere una procedura operativa da seguire per l'operazione di svuotamento della centrifuga in sicurezza.Si conducevano periodici audit sul processo?.A seguito di modifiche di impianto era prevista una pre start up safety review? |
Rispondi Autore: Mario Mirimin - likes: 0 | 18/01/2013 (08:33:56) |
Articolo molto ben fatto, grazie. Diventerà sicuramente materiale per la formazione d'aula. |
Rispondi Autore: Francesco Nube - likes: 0 | 18/01/2013 (08:41:00) |
E' uno scandalo che aziende di processo e a rischio rilevante siano progettate ed esercite come mostrato sopra. Ma gli enti di controllo (ASL, ARPA, MIN AMB, ecc.) dov'erano prima dell'incidente? |
Rispondi Autore: Salvatore Gaias - likes: 0 | 18/01/2013 (08:52:59) |
Gli infortuni accadono quando si cercano le scorciatoie per evitare di fermare la produzione per effettuare tutti quei lavori che tengono l'impianto in perfetta efficenza. I lavoratori fanno il loro dovere a volte con strutture non a norma in quanto sono ricattabili e non possono rifiutarsi altrimenti passi per un lavativo. In questi casi vanno sanzionati i responsabili delle condizioni di funzionamento dell'impianto. |
Rispondi Autore: Bonini Leonardo - likes: 0 | 18/01/2013 (09:01:42) |
Articolo degno di segnalazione e che nei termini e nelle modalità di redazione merita di essere replicato anche su alri eventi. E' materiale di spunto per l'attività formativa. |
Rispondi Autore: Roberto Silvestrini - likes: 0 | 18/01/2013 (09:19:57) |
Articolo ben fatto e sicuramente da portare di esempio in attività formativa; da sempre la storia insegna quindi, pur nella speranza che si tenda quanto meno a infortuni zero, ben vengano articoli di questo tipo. |
Rispondi Autore: Francesco Cattari - likes: 0 | 18/01/2013 (11:08:55) |
Ovviamente tutto l'impianto era potenzialmente esplosivo e di conseguenza anche le apparecchiature avrebbero dovuto essere classificate secondo le Direttive Europee 94/9/EC (che definisce l'esecuzione delle apparecchiature elettriche e non elettriche) e 99/92/EC (che prevede la classificazione delle zone pericolose e definisce le categorie delle apparecchiature ammesse). Purtroppo non conosco l'impianto in dettaglio ma sono certo che queste direttive e le relative norme tecniche, non sono state applicate. Avrei molte argomentazioni in merito, ma mi limito alla centrifuga, che è il punto in cui l'esplosione è avvenuta. Perchè è esplosa? Semplicemente perchè NON ERA ANTIDEFLAGRANTE, ovvero a tenuta di esplosione (EExd). Se fosse stata realizzata e certificata in esecuzione EExd, l'esplosione sarebbe stata contenuta all'interno dell'involucro e non si sarebbe propagata all'esterno. Purtroppo, ancora oggi, ci sono molti impianti, con presenza di gas o polveri, potenzialmente esplosivi, per i quali queste direttive sono, volontariamente o involontariamente, ignorate. Accorgersene il giorno dopo, è tardi! |
Rispondi Autore: Giorgio Vanoli - likes: 0 | 19/01/2013 (11:59:24) |
Sono d'accordo articoli come questo , si dovrebbero vedere più spesso |