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Come evitare la formazione di atmosfere esplosive

Come evitare la formazione di atmosfere esplosive
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio esplosione, Atex

08/10/2013

L’esplosione di un silos contenete farina causa la morte di 5 lavoratori: come è avvenuto, le cause e le indicazioni per fare una corretta valutazione dei rischi e evitare altre tragedie.

Verso le 14 e 30 del 16 luglio 2007, è  esploso uno dei silos che conteneva farina al Molino Cordero di Fossano (Cuneo). Un quarto d’ora più tardi, quando i primi volontari del Comando dei Vigili del Fuoco erano già sul posto, è scoppiata un’autocisterna ferma sul piazzale, che si era incendiata in seguito alla prima esplosione.
 
Chi è stato coinvolto
Nel rogo ha perso la vita Mario Ricca, autista della ditta che aveva 45 anni e due figli, investito in pieno dalla deflagrazione, il corpo è stato rinvenuto al termine delle operazioni di spegnimento dell’incendio. Altre quattro persone hanno riportato gravissime ustioni. Erano tre dipendenti della ditta: Massimiliano Manuello, che aveva 42 anni e cinque figli, Marino Barale di 38 anni con due figli, Valerio Anchino di 44 anni e Antonio Cavicchioli di 50 anni con 2 figli, che era socio dell’omonima ditta di Fossano, coinvolto nello scoppio perché era appena giunto al mulino per concordare come eseguire un lavoro di manutenzione che gli era stato affidato.
Nei giorni successivi tra il 27 Luglio e il 2 Agosto, purtroppo, sono morti tutti.

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Dove e quando
Il Molino Cordero era un impianto storico di macinazione di cereali e stoccaggio farine, risalente al 1950, posto tra via Torino e via Paglieri. Questa azienda a gestione familiare, occupava 24 dipendenti: 5 facevano gli autisti, 8 i mugnai, 2 i magazzinieri e 9 erano addetti al laboratorio e agli uffici.
In origine era collocato nella periferia di Fossano, in seguito, grazie allo sviluppo urbanistico avvenuto negli anni, attorno alla struttura sono cresciute abitazioni e vie di comunicazione.
L’onda d’urto conseguente alla prima esplosione, è stata talmente violenta da scagliare addirittura una porta tagliafuoco dal lato opposto di via Torino e, in lontananza, per un raggio di circa 300 metri, listelli in legno, lamiere, tegole e macerie più leggere che hanno colpito e danneggiato le abitazioni e le autovetture parcheggiate.
L’ora e la data hanno contribuito a limitare di molto i possibili danni alle persone. Infatti, via Torino che costeggia il mulino è una delle principali strade di accesso e di uscita verso il centro della città, ed è caratterizzata da un alto livello di traffico, in particolare nelle ore di fine scuola o alla sera quando le altre fabbriche terminano la produzione.
Se fosse successo in un orario con più traffico, le autovetture che transitavano sarebbero probabilmente state coinvolte, con possibilità di ulteriori vittime.
 
Come
Si possono unicamente formulare delle ipotesi sulle cause che hanno determinato l’esplosione/incendio e sulla dinamica dell’infortunio, poiché mancano le testimonianze dirette. Tutti i lavoratori coinvolti, purtroppo, sono deceduti. Sono disponibili solo testimonianze di persone che, essendo nei paraggi, hanno udito prima un soffio e, successivamente, una forte esplosione.
La dinamica riportata è stata ricostruita dai tecnici S.Pre.S.A.L. utilizzando vari contributi: rilevazioni e sopralluoghi svolte dai tecnici, perizie basate sui danni subiti dalla struttura, documentazione tecnica acquisita dalla ditta e testimonianze di persone con conoscenze dirette sull’organizzazione e le modalità di funzionamento dell'impianto di molitura.
Tale ricostruzione è stata poi utilizzata durante il dibattimento e, parti di essa, citati nella sentenza.
Il 16 luglio 2007, poco prima delle 14:30, nel cortile dell’azienda Molino Cordero un’autocisterna carica di farina sfusa stava scaricando una parte del suo contenuto, mediante trasferimento pneumatico, in un silos-fariniera in legno presente all’interno dello stabilimento.
L’operazione di ripompaggio della farina all’interno del silos-fariniera si era resa necessaria in quanto, l’autocisterna era stata riempita con un quantitativo di farina superiore rispetto a quello ordinato dal cliente (circa 10 quintali in più rispetto ai 300 ordinati).
Dalle testimonianze raccolte nel corso delle indagini, risulta che la ditta Molino Cordero non disponeva di un sistema di caricamento delle autocisterne in grado di fermarsi quando si raggiungeva il quantitativo desiderato e, alcune volte, come in questo caso, si doveva scaricare l’eccedenza.
L’autista del mezzo Mario Ricca, dipendente della ditta Molino Cordero, prima di partire per la consegna, attraverso il peso presente in azienda, aveva riscontrato un carico maggiore rispetto a quello concordato con il cliente e aveva pertanto deciso di scaricare l’eccedenza nel silos-fariniera.
Per far ciò, ha collegato lo scarico dell’autocisterna al condotto di ripompaggio fisso in uscita dallo stabilimento, mediante una manichetta flessibile in gomma lunga circa 6 metri in dotazione all’autocisterna.
 
L’unico modo a disposizione per verificare quanta farina era stata scaricata era quello di posizionare l’autocisterna sul peso e, attraverso la strumentazione posta al piano terra del fabbricato, controllare la quantità scaricata per poi arrestare l’operazione di ripompaggio al raggiungimento del valore desiderato. Questa era la prassi utilizzata per lo scarico delle farine in eccesso del Molino Cordero, confermata da altri autisti, colleghi di Mario Ricca.
 
 “Nella fase di scarico della merce dalla cisterna del semirimorchio, noi autisti colleghiamo un tubo al collettore centrale posteriore della cisterna … quando la cisterna raggiunge la pressione di 0,8 atmosfere. Viene aperta la maniglia vicino al bocchettone di uscita per far defluire la farina, nel caso in specie, in eccesso… Preciso che tale operazione riguardava la farina in eccesso poiché l’automezzo era già pronto per uscire carico dalla ditta.”
 
A un certo punto, durante l’operazione di ripompaggio, è avvenuta l’esplosione della miscela aria-farina nel silos-fariniera che ha causato il crollo e l’incendio del corpo centrale dell’edificio.
Al momento dell’esplosione Mario Ricca si trovava nell’ufficio al piano terra per controllare l’indicatore sul quadrante della bilancia. L’ufficio si trovava nel corpo centrale del fabbricato, a pochi metri dal silos-fariniera in legno.
Dopo circa una decina di minuti, è avvenuta l’esplosione dell’autocisterna che si era incendiata in seguito alla prima esplosione.
 
Perché
La giornata del 16 luglio era particolarmente tersa, con un’atmosfera estremamente asciutta, temperatura elevata e scarsa umidità (temperatura media di 25,4 °C, minima 16 °C e massima 30 °C, umidità 45%). Una giornata fuori dal comune per essere del mese di luglio, ma sicuramente una condizione meteo favorevole alla formazione di cariche elettrostatiche.
Nelle ricostruzioni effettuate sia dal perito nominato dalla Procura sia dai tecnici intervenuti, è chiara la presenza di polvere di farina nei condotti di trasporto pneumatico e nel silos in concentrazioni tali da generare un composto esplosivo.
Per svolgere l’operazione di scarico della farina mediante trasporto pneumatico, occorre in primo luogo fluidizzare la farina, cioè inviare dell’aria compressa all’interno della cisterna, facendola gorgogliare in maniera che la polvere contenuta nel recipiente si comporti come un liquido.
La regolazione delle valvole di insufflaggio durante il ripompaggio pneumatico della farina nel silos, indica che l’operazione era stata eseguita con una bassa portata di farina e quindi una bassa concentrazione di farina nel condotto. Si è così creata una nube con un rapporto favorevole tra combustibile (farina) e comburente (ossigeno), pronta a esplodere non appena incontrato l’innesco.
Il sistema di ripompaggio utilizzato, era costituito da due elementi metallici (autocisterna e tubo di ripompaggio fisso in uscita dallo stabilimento) separati dalla manichetta isolante in gomma. I due elementi metallici non erano allo stesso potenziale elettrico perché il condotto era dotato di messa a terra mentre l’autocisterna non era collegata al dispersore di terra.
Come si vede nelle fotografie sotto riportate, sull'autocisterna era presente una piastrina metallica, solidale al mezzo elettricamente continua, attraverso la quale poteva essere realizzato il collegamento per la dispersione a terra di eventuali cariche elettrostatiche.
 
Nota tecnica
Le polveri aerodisperse di natura organica naturale (quali, ad esempio farine, zuccheri, polveri di legno, granaglie, ecc.) che hanno una granulometria al sotto di un determinato diametro (per le polveri di farina il diametro medio è all'incirca di 70 μm), a una determinata concentrazione formano una "nube" e, in presenza di comburente sufficiente (ossigeno), danno origine alla cosiddetta "atmosfera esplosiva".
Queste nubi di polveri possono incendiarsi o esplodere, nel caso si manifesti un innesco di sufficiente energia (calore o scintilla).
È noto che proprio il trasporto pneumatico delle farine e di altri prodotti cerealicoli, può caricare elettrostaticamente le particelle per sfregamento delle stesse contro le pareti del vano di pompaggio.
Quando avviene l’innesco, la combustione primaria è rapidissima poiché la dimensione delle particelle è molto piccola. Le particelle, bruciando, producono fumi di combustione e gas che possono espandersi se l’ambiente lo permette, oppure possono aumentare la loro pressione di otto volte: se ciò avviene all’interno di un ambiente confinato, l’ambiente può essere distrutto. Le polveri si depositano al suolo e, dopo un’esplosione primaria con conseguente creazione di gas e fumi, possono essere risollevate e partecipano a loro volta all’esplosione poiché vengono investite da una fiammata calda che le solleva e crea una nuova nube.
 
Nel corso delle indagini, altri autisti dipendenti della ditta Molino Cordero, hanno riferito verbalmente che presso le altre aziende, clienti della ditta Molino Cordero, era preteso il collegamento elettrico al dispersore di messa a terra dell’autocisterna, prima di iniziare le operazioni di scarico della farina mediante pompaggio pneumatico, al fine di evitare la formazione di cariche elettrostatiche.
 
“Sono a conoscenza del fatto che tale punto (nodo) in azienda non esisteva.”
 
Questa è la risposta del titolare della ditta che aveva in appalto la manutenzione degli impianti elettrici, sull'esistenza di un nodo per il collegamento a terra delle autocisterne per lo scarico pneumatico delle farine.
Mario Ricca, il conducente dell’autocisterna, durante l’operazione di ripompaggio pneumatico della farina in eccedenza all'interno del silos-fariniera, non ha potuto collegare a terra l’autocisterna perché, sul piazzale del Molino Cordero, non era stato predisposto uno specifico punto di collegamento a terra.
Durante il ripompaggio, si sono generate molto probabilmente delle scariche elettrostatiche che, in presenza della miscela aria-farina, hanno innescato l’esplosione.
Inoltre, sulla sommità del silos in legno che accoglieva la farina ripompata, non era stato applicato alcun dispositivo di sedimentazione del prodotto in arrivo (es. ciclone). La farina, entrando nel silos sotto pressione (0,5 bar), ha causato una forte turbolenza e il sollevamento degli strati più superficiali di farina, formando una vera e propria nube che avrebbe potuto esplodere.
L’origine più probabile dell’innesco sono state le scintille che si sono formate a causa delle cariche elettrostatiche che possono essersi prodotte:
-per sfregamento della farina contro un tratto della manichetta in gomma allacciata al condotto per il ripompaggio pneumatico.
-nella fase di carico, con relativa movimentazione e rimescolamento della farina con aria dal silos-fariniera, alla coclea, fino alla caduta nell’autocisterna, scollegata alla messa a terra. L’accumulo di cariche elettrostatiche, avvenuto in questa fase, ha trovato poi un punto di scarico verso terra nel condotto metallico raggiunto dalla miscela aria-farina al termine della manichetta, generando così una scarica elettrostatica.
La scarica elettrostatica ha innescato un’esplosione primaria nel condotto di ripompaggio, deformandolo verso la sommità e dando origine a gas e fumi caldi che, propagandosi a grande velocità, hanno raggiunto il silos-fariniera nel quale era stata ripompata la farina, con la conseguente formazione di una grande quantità di polvere sospesa: la nube aria-farina.
 
Ciò ha causato un’esplosione di grande intensità che ha interessato soprattutto i locali del sottotetto e i muri perimetrali che, divelti verso l’esterno, non hanno più sostenuto le travi e le solette sulle quali vi erano i plansichter (grandi setacci, pesanti 3-4 tonnellate) i quali, trovatisi senza appoggio sono precipitati verticalmente trascinando verso il basso tutto ciò che stava sotto di loro, determinando l’intero collasso della struttura rivolta verso via Torino.
Si esclude, invece, che l'innesco dell' atmosfera esplosiva sia stato determinato da lavorazioni meccaniche quali la saldatura ad arco, la molatura, il taglio o similari che potrebbero essere state effettuate imprudentemente da lavoratori dipendenti della ditta Molino Cordero o da Antonio Cavicchioli (titolare della ditta Cavicchioli), presente in quel momento all’interno dello stabilimento.
 
Infatti è emerso che, Antonio Cavicchioli era appena arrivato sul luogo per parlare con il titolare del Molino Cordero e che tutta la sua attrezzatura di lavoro era all'interno del furgone parcheggiato nel cortile aziendale, dove infatti è stata ritrovata. A rafforzare tale ipotesi, nessuno strumento di lavoro (quali smerigliatrici, saldatrici) capace di originare scintille è stato rinvenuto nel corso della minuziosa operazione di rimozione delle macerie.
Inoltre, si esclude, che l'innesco dell'atmosfera esplosiva sia stato causato da imprudenze come l'incauta accensione di una sigaretta da parte di lavoratori dipendenti. Sono numerose le testimonianze raccolte dalle quali si desume che, pur in presenza di personale dipendente fumatore, all'interno dello stabilimento il divieto di fumare veniva fatto rispettare con severo rigore.
 
“Nessuno di noi fumava mai in stabilimento perché i datori di lavoro e il capo mugnaio ci ricordavano frequentemente e rigorosamente che non si poteva fumare, minacciando il licenziamento al terzo richiamo… C’erano cartelli con il divieto di fumo in tutti i reparti dei diversi piani… Erano ligi nel far rispettare questo divieto … non si poteva fumare neanche sul balcone che si trova all’esterno dell’edificio sul lato cortile.”
“In azienda ci sono dei fumatori, io stesso son fumatore… posso affermare con certezza che nessuno di noi fumava all’interno dello stabilimento. Quando volevamo fumare uscivamo fuori… Voglio precisare che tra i presenti al momento dello scoppio nessuno di essi è fumatore.”
 
Cosa si è appreso dall’inchiesta
Se potevano esistere delle perplessità sulla probabilità di esplosione di farine, questo incidente dovrebbe aver fugato ogni dubbio.
Gli elementi necessari a causare un’esplosione in simili impianti sono fondamentalmente tre:
1. la presenza di una nube di polveri di farina in concentrazione tale da fare da combustibile;
2. la presenza di ossigeno come comburente in tale atmosfera;
3. la generazione di un innesco.
Un’atmosfera potenzialmente esplosiva si può generare in operazioni a pressione quali lo scarico per il ripompaggio della farina. Un’altra fonte di polveri pericolose, è la scarsa pulizia degli sversamenti di farina, le perdite in impianti non correttamente mantenuti o la mancata adozione di soluzioni tecniche che ne evitino la formazione (abbattitori, sistemi automatici di rilevazione, bagnatura).
 
Per la generazione dell’innesco occorre prestare attenzione ad almeno tre tipologie di situazioni:
- gli elementi meccanici che potrebbero, per sfregamento, generare calore o scintille;
- gli impianti elettrici (motori, quadri e cablaggi) da realizzarsi con apparecchiature e impianti a tenuta stagna e, in taluni ambienti, di tipo antideflagrante;
- l’impianto di messa a terra che garantisca una tensione equipotenziale lungo tutte le tubazioni e i silos in cui transita la farina.
 
Queste soluzioni tecniche vanno poi abbinate a una costante manutenzione, che garantisca sempre la piena efficienza degli impianti, e a procedure rigorose per il personale che deve operare in queste strutture.
Inoltre, dalle indagini svolte, è emerso che il titolare della ditta Molino Cordero, ritenendo di non possedere le capacità tecniche e professionali per svolgere in proprio “la valutazione dei rischi legati a possibili formazioni di atmosfere esplosive” e “la valutazione del rischio incendio”, si è affidato a un paio di ditte specializzate (consulenti del lavoro), per effettuare tali valutazioni.
Il datore di lavoro della ditta Molino Cordero non ha dato un grande peso alla possibilità di esplosione delle farine e non ha attuato importanti iniziative ai fini della sicurezza dei lavoratori, pur avendo a disposizione le relazioni delle ditte specializzate che indicavano già alcune delle problematiche, rilevate anche successivamente nel corso degli accertamenti.
Va comunque aggiunto che i documenti redatti in seguito alle rispettive valutazioni dei rischi esplosione e incendio, sono risultati carenti ed incompleti in diversi punti o contradditori rispetto la realtà aziendale documentata fotograficamente, ovvero:
- carenza nella classificazione delle aree con presenza di atmosfera potenzialmente esplosive;
- carenza nell’indicazione delle misure tecniche da porre in atto a sanare la situazione riscontrata;
- affermazione di presenza di impianti elettrici a norma, non giustificata, stante la mancanza di una documentazione probatoria;
- affermazione della presenza di rilevatori di incendio, risultati assenti in azienda;
- affermazione della presenza di condotte di trasporto di gas metano, risultati assenti in azienda.
- viene affermato nelle conclusioni che “il livello di pulizia generalmente presente nelle aree di stabilimento risulta ADEGUATO nella maggior parte degli ambienti lavorativi”, mentre invece, la società consulente ha poi prodotto materiale fotografico che contrasta con quanto affermato;
- nella valutazione del rischio incendio, la società consulente non ha tenuto in debita considerazione il possibile rischio di esplosione, legato all’eventuale presenza di atmosfere esplosive, costituite da polveri di farina in sospensione negli ambienti di lavoro.
Date le evidenti conseguenze che tali carenze hanno originato, si ritiene che una corretta valutazione da parte delle società incaricate per l’effettuazione delle rispettive valutazioni, associata a una rigorosa applicazione da parte del datore di lavoro degli adeguamenti indicati, avrebbe, con buona probabilità, potuto evitare l’evento.
 
Indicazioni per la prevenzione
A seguito dell’incidente del Molino Cordero è stato attivato un monitoraggio sui principali impianti simili presenti sul territorio della ASL CN1. Si sono rilevate notevoli differenze tra grandi strutture con impianti moderni e gestiti con cura e alcune ditte di dimensioni minori con impianti obsoleti che hanno affrontato spese significative per gli interventi necessari e che, in alcuni casi, ne hanno determinato la chiusura.
Ai datori di lavoro si può raccomandare di affidarsi a tecnici specializzati e impiantisti qualificati, evitando di archiviare i documenti di valutazione dei rischi redatti dal tecnico specializzato (consulente del lavoro) come un semplice “documento burocratico da tenere a disposizione degli organi di vigilanza”.
Si consiglia ai datori di lavoro di esaminare minuziosamente tale documento per comprenderne il contenuto pretendendo la spiegazione di tutti gli argomenti trattati e di mettere in atto gli adeguamenti indicati a seguito della valutazione.
Il datore di lavoro che valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, deve tener conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilità che si formino atmosfere esplosive e stima della loro durata nell’ambiente;
b) probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni;
d) entità degli effetti prevedibili.
 
I rischi di esplosione sono valutati complessivamente. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in considerazione anche i luoghi (ad es. i reparti di immagazzinamento) che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
Inoltre, sempre ai datori di lavoro, si raccomanda di non far eseguire a personale dipendente, lavori di impiantistica o manutenzione che richiedono competenze specialistiche, al fine di mantenere efficace la sicurezza degli impianti (es. non alterare il grado di protezione degli impianti elettrici).
Gli elementi essenziali al fine di evitare l’esplosione delle polveri di farina, sono:
-l’equi-potenzialità elettrica dei tubi e dei silos;
-l’ abbattimento delle polveri di farina nei silos attraverso adeguati cicloni;
-la raccolta e l’eliminazione immediata di eventuali sversamenti di farina in seguito a guasti;
-una pulizia accurata delle attrezzature e dei locali per eliminare depositi di polveri che inevitabilmente si producono durante le lavorazioni;
-la presenza di sistemi di ventilazione che impediscano il raggiungimento della concentrazione di polvere di farina in aria nel pericoloso rapporto, oltre il quale, la miscela aria-farina, in presenza di innesco, può esplodere;
-la presenza di sistemi di rilevamento e misurazione delle concentrazioni di farina nell’atmosfera dell’ambiente lavorativo, dotati di allarme di segnalazione e di intervento automatico di sezionamento degli impianti in caso di pericolo;
-la presenza di sistemi di spegnimento ad ugelli che soffocano la scintille all’atto della formazione da installare all’interno dei condotti per la movimentazione della farine;
-la presenza di impianti elettrici con caratteristiche ATEX dove necessario e comunque con classe di protezione IP adeguata.
 
Infine, è stato diffuso a tutti i colleghi un promemoria con l’invito a verificare, nei comparti in cui sono presenti sostanze infiammabili, sia la presenza sui veicoli (autocisterne) del collegamento equi-potenziale sia il suo utilizzo nelle fasi di carico-scarico.
 
Come è andata a finire
Visti i gravi danni riportati nei vari reparti del Molino Cordero in seguito all’esplosione e all’incendio, è parso chiaro fin dal giorno successivo all’esplosione, che era impossibile riprendere l’attività produttiva in quella struttura.
“No, perché il mulino non c’è più…”
rispose telefonicamente il datore di lavoro a un suo cliente suggerendogli di rifornirsi presso un altro concorrente.
In effetti, le parti laterali dell’edificio non erano danneggiate: da un lato del fabbricato, il magazzino dei silos metallici contenti il grano e dall’altro lato gli uffici e i laboratori. Il corpo centrale del fabbricato, comprendente mulino e magazzino, era stato distrutto completamente.
L’intera area occupata dall’edificio è stata posta sotto sequestro giudiziario. Si sono svolte indagini, perizie e controperizie per capire come e perché era esploso il mulino. In quel frangente la ditta Molino Cordero ha cercato di continuare comunque l’attività presso un altro stabilimento, ma nel marzo 2008 ha dovuto dichiarare fallimento.
Nel procedimento penale contro i titolari della ditta Molino Cordero, il giudice per l’udienza preliminare ha emesso la sentenza di condanna il 20 marzo 2010, ma l’intera area continua a rimanere sotto sequestro giudiziario, fino al termine del processo d’appello.
Quel che rimane del Mulino Cordero è ancora sempre lì, a ricordarci le vite improvvisamente spezzate di cinque lavoratori e la disperazione e il dolore delle rispettive famiglie: “Non si può morire di lavoro...”
 
 
Silvia Ambrogio
Servizio Pre.S.A.L. della Asl CN1
 
 
 
Fonte: Dors.
 
 
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