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Malattie del rachide: una mappatura del rischio professionale

Malattie del rachide: una mappatura del rischio professionale
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio ergonomico

30/03/2022

Riguardo alle patologie muscoloscheletriche del rachide tre factsheet Inail presentano una mappatura del rischio professionale e forniscono azioni di miglioramento in ambito preventivo e di tutela indennitaria del lavoratore.

Roma, 30 Mar – Come ricordato nell’articolo “ INAIL: il progetto mappe di rischio”, prevenire l’esposizione ai fattori di rischio che contribuiscono ai disturbi muscoloscheletrici lavoro correlati appare “cruciale per la sostenibilità del lavoro, soprattutto nel contesto dell’invecchiamento della forza lavoro e dell’obiettivo politico di aumentare i tassi di occupazione tra le fasce d’età più anziane”.

 

In relazione a questi temi e in relazione a quanto indicato nella Strategia europea 2014-2020, che chiede di migliorare la prevenzione delle malattie legate al lavoro e di migliorare la raccolta dei dati statistici, la Sovrintendenza Sanitaria Centrale dell’Inail ha elaborato un progetto di lavoro denominato Mappe di rischio che ha avuto inizio nel 2021.

Mappare il rischio è, infatti, la “condizione imprescindibile per garantire da un lato la prevenzione e dall’altro la migliore tutela indennitaria del lavoratore, in una dimensione integrata di assoluta reciprocità dei due momenti”. E il progetto Mappe si prefigge di valorizzare il patrimonio esclusivo di dati di cui l’Inail dispone “per costruire una mappatura del rischio professionale sul territorio e offrire uno strumento di analisi del fenomeno delle tecnopatie, al fine di perfezionare i meccanismi di tutela e attuare le migliori strategie di prevenzione”.

 

Riguardo alle mappe di rischio sono stati recentemente pubblicati tre fact sheet (Fogli scientifici di medicina legale, medicina del lavoro, cure e riabilitazione, protesi e reinserimento) della Sovrintendenza Sanitaria dell’ Inail, a cura di P. Rossi, M. Innocenzi, E. Saldutti, G. Norcia, D. Mandolesi e S. Manetta:

  • Progetto mappe di rischio n. 2
  • Progetto mappe di rischio n. 3
  • Progetto mappe di rischio n. 4

 

Nella breve presentazione dei tre documenti ci soffermiamo sui seguenti argomenti:


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Il progetto mappe di rischio n. 2 e le malattie muscoloscheletriche

Nel progetto mappe di rischio l’attenzione si è inizialmente focalizzata sulle patologie muscoloscheletriche del rachide che, con la lettura integrata di informazioni su denunce, rischi e danni conseguenti, ha portato ad elaborare mappe di danno e di rischio in specifici settori lavorativi, in territori localizzati, evidenziando fenomeni meritevoli di attenzione e per i quali si sono prospettate azioni di miglioramento in ambito preventivo e di tutela indennitaria del lavoratore.

 

Nel fact sheet relativo al “Progetto mappe di rischio n. 2” si indica che la prima fase del progetto “ha permesso di delineare con precisione la cornice entro la quale concentrare un’analisi più approfondita del rischio per le malattie del rachide sul territorio nazionale, nel quinquennio 2015-2019”. Infatti quattro macro territori - le Regioni Toscana, Sardegna, Umbria e Abruzzo – “presentano dati di incidenza di malattie muscoloscheletriche per mille addetti più elevati delle altre regioni, in ognuna delle categorie Ateco attenzionate tra le prime della graduatoria di rischiosità”. Mentre la Lombardia “presenta il minor numero di denunce per 1000 addetti in tutte le categorie produttive esaminate”.

 

Riprendiamo dal documento il grafico con i dati:

 

 

Dopo aver analizzato il caso della Toscana, nelle conclusioni del documento si indica che “il macrodato assoluto a livello nazionale non descrive adeguatamente il fenomeno della tecnopatia”. Infatti “pretendere di inferire la gravità del rischio dal numero assoluto di denunce è fuorviante, come del resto anche valutare la sola dimensione regionale del fenomeno, senza approfondire le specificità dei singoli territori”.

Invece per mappare efficacemente il rischio “è necessario declinare i valori assoluti di denunce e riconoscimenti nei rapporti con gli addetti alle diverse attività produttive, regione per regione, provincia per provincia, sede per sede”, anche perché il fenomeno tecnopatico “è fortemente disomogeneo sul territorio nazionale, variando al variare di elementi intrinseci all’istituto ed estrinseci ad esso”.

Se il tasso di denuncia è spesso più elevato “in specifiche realtà geografiche, molto circoscritte, e su specifiche realtà produttive”, una volta individuate queste realtà “si può incidere sul fenomeno elaborando ed attuando strategie di prevenzione mirate”.

 

Rimandiamo alle ulteriori indicazioni del fact sheet che si sofferma su:

  • miglioramento delle banche dati
  • miglioramenti dell’organizzazione di lavoro sul piano interno (ad esempio riguardo alla raccolta dei dati).

 

Il progetto mappe di rischio n. 3 e i meccanismi di denuncia di tecnopatia

Nel “Progetto mappe di rischio n. 3” si ricorda che l’analisi preliminare, nei due precedenti fact sheet, della graduatoria regionale, “costruita attraverso l’estrazione dei tassi di denuncia per mille addetti delle malattie del rachide nel quinquennio 2015-2019, ha evidenziato la collocazione della Lombardia all’ultimo posto in Italia, nonostante la varietà e la numerosità delle attività produttive”. Ma “l’analisi del quadro provinciale dimostra con evidenza l’inattendibilità del macro-dato, che non esprime mai il fenomeno nella sua completezza. Il confronto tra i dati provinciali offre un quadro estremamente variegato e meritevole di approfondimento”. E si è deciso “di procedere al dettaglio del dato, provincia per provincia, in ogni categoria Ateco tra le prime sei per rischiosità nella graduatoria regionale relativa alle patologie del rachide”.

 

In particolare, si indica nelle conclusioni, “In Lombardia si conferma una scarsissima propensione alla denuncia in tutte le province, tranne che in quella di Bergamo, dove i tassi sono in linea o superiori a quelli nazionali. I valori complessivi delle province lombarde valutate nel loro insieme ad esclusione di Bergamo, sono di molti ordini di grandezza inferiori alla media nazionale”. E tuttavia anche nella provincia di Bergamo “le ragioni di una propensione alla denuncia più spiccata non sembrano attribuibili, se non in parte, a una specificità del tessuto socioeconomico (la caratteristica frammentazione in micro-aziende a gestione familiare o ditte individuali del comparto edile può effettivamente incidere), quanto piuttosto a fattori contingenti, come la presenza di un medico competente particolarmente disponibile, responsabile di una quota straordinaria di denunce, e di enti di patronato molto attivi sul territorio”. Mentre “su tutto il restante territorio regionale, il meccanismo della denuncia della tecnopatia è bloccato alla fonte e i casi non pervengono, se non in minima parte, all’attenzione dell’INAIL”.

Per innescare poi “una tendenza virtuosa alla maggior denuncia in territori in cui il fenomeno della tecnopatia è evidentemente sotto denunciato, è indispensabile dunque partire dall’origine della denuncia con interventi mirati”.

 

Il progetto mappe di rischio n. 4 e la necessità di elementi di standardizzazione

Veniamo, infine, al “Progetto mappe di rischio n. 4”.   

 

Si indica che dopo aver analizzato i dati nazionali - “rilevando come effettivamente le malattie muscoloscheletriche rappresentino la quota di gran lunga più significativa tra le malattie denunciate in Italia” e come in seno a tale classe di patologie, “i disturbi a carico del rachide, in correlazione a movimentazione manuale di carichi o vibrazioni trasmesse a corpo intero, siano i più frequenti” – si è verificato che la numerosità assoluta di tali patologie in Italia non corrisponde a una omogenea distribuzione sul territorio.

Al contrario “si possano enucleare cluster di denunce superiori alla media nazionale in alcune specifiche realtà geografiche del Paese”. E in questo caso si è presa in esame, analiticamente, la situazione della regione Sardegna: “nella graduatoria regionale costruita ordinando le regioni per tasso di denuncia di tecnopatie interessanti il rachide ogni mille addetti del comparto Industria, la Sardegna si colloca al secondo posto, dietro solamente alla Toscana”.

 

Anche in questo caso, si indica nelle conclusioni, l’analisi quantitativa delle attività a livello provinciale e di sede ribadisce “una significativa disomogeneità nella propensione alla denuncia, nella modalità di istruzione della stessa e, non di rado, nella metodologia di approccio medico-legale alle medesime casistiche. Questo richiama la necessità di una promozione, dal livello centrale verso il territorio, di elementi di standardizzazione: istruzioni tecnico-scientifiche e operative, in primis; formazione, interazioni tra diverse realtà e audit, in secondo luogo”.

In particolare la rassegna sulle tipologie di visto negativo nei casi di respingimento “ha evidenziato una forte concentrazione di motivazioni legate alla incompletezza del dato a disposizione e alla sua scarsa qualità, dovute, a loro volta, ad omissioni nella raccolta, alla lentezza della risposta di molte realtà produttive alle richieste di integrazione dell’Inail, in rapporto alle tempistiche imposte dagli obiettivi legati alla performance, alla mediocre qualità e specificità dei DVR”.

 

Anche in questo caso il documento, che vi invitiamo, come gli altri, a visionare integralmente, riporta, infine, molte azioni di miglioramento in relazione a diversi aspetti (attività formative e di indirizzo, incontri tra diverse realtà, strategie di ricerca attiva, …).

 

 

RTM

 

 

Scarica i documenti da cui è tratto l'articolo:

Inail, Sovrintendenza sanitaria centrale, fact sheet a cura di P. Rossi, M. Innocenzi, E. Saldutti, G. Norcia, D. Mandolesi e S. Manetta, edizione 2022:

 


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