Rischio chimico: i valori di riferimento nel processo di valutazione
Si parla di “rischio chimico” quando vi è una esposizione ad agenti chimici, cioè, ai sensi del Decreto Legislativo 52/97, aggiornato al più recente 39/16, a qualsiasi elemento o composto, allo stato naturale o ottenuto, utilizzato o anche solo smaltito mediante qualsiasi attività lavorativa.
La disciplina che studia l’esposizione ad agenti chimici di varia natura e i seguenti effetti sullo stato di salute di ogni esposto è la tossicologia industriale, che va poi a dividersi in due fondamentali branche, la tossicocinetica (studio del percorso metabolico del tossico) e la tossicodinamica (studio degli effetti a carico di specifici organi bersaglio o dell’intero organismo derivanti dall’esposizione al tossico).
Esistono per tanto molteplici “caratteristiche” che una sostanza può possedere per essere definita pericolosa per la salute, il titolo IX del Decreto Legislativo 81/08 espone le seguenti: esplosivo, comburente, infiammabile, tossico, nocivo, corrosivo, irritante, cancerogeno, mutageno, inquinante per l’ambiente.
Vista la pericolosità intrinseca che un tossico può possedere è fondamentale conoscere e monitorare preventivamente la sostanza o il composto preso in esame.
A tale scopo è funzionale la cosiddetta Valutazione del Rischio Chimico (art. 223 Testo Unico), un processo di valutazione globale e documentato di tutti i rischi di origine chimica per la sicurezza e per la salute dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro.
Tale valutazione si articola in più punti cardini, il primo risulta essere l’identificazione dei pericoli, in questa fase si devono reperire quante più informazioni possibili su ogni pericolo presente, nello specifico rischio chimico, è importante avere informazioni come la descrizione di tutti i processi lavorativi e le schede dati di sicurezza di ogni sostanza o composto presente in tali processi. Con particolare attenzione che va fatta alle frasi H (hazard) previste dal CLP (Reg. 1272/08).
Dopo di che si giunge alla seconda fase che è la valutazione preliminare dei rischi, ovvero la fase più corposa che prende in esame lo studio delle proprietà fisico chimiche del tossico, la quantità e la modalità d’uso, le misure di protezione già in atto, l’utilizzo di cicli chiusi, di sistemi di aspirazione, l’idoneità dei piani di lavoro, le misure preventive e, se non sufficienti, protettive già attuate.
Tutto ciò può portare ad una esposizione valutabile con rischio residuo accettabile e perciò al di sotto dei limiti introdotti dalla norma oppure alla necessità di una valutazione approfondita del rischio.
Nel primo caso vi sarà un’esposizione totale alla sorgente di rischio definibile ai sensi dell’art. 224 del D. Lgs. 81/08 come irrilevante per la salute e bassa per la sicurezza, dovranno essere adottate comunque le misure generali esposte nello stesso articolo (riduzione al minimo dei lavoratori esposti, della durata e dell’intensità dell’esposizione, l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori, la manutenzione delle attrezzature di lavoro).
In caso contrario sarà indispensabile approfondire la valutazione con l’ausilio dei cosiddetti monitoraggi, ambientale o biologico.
Il primo consiste in una acquisizione di un campione ambientale ed un seguente confronto con valori limite di soglia prestabiliti (TLV), il secondo è l’analogo con campionamento biologico e confronto con indicatori d’esposizione, quest’ultimo può essere utilizzato solo qualora sia rilevabile una sostanza tal quale a quella entrata nell’organismo umano o un suo metabolita.
Sono elementi fondamentali i già citati TLV (Threshold Values Limits), emanati dall’Associazione Americana degli Igienisti Industriali per il monitoraggio di una o più sorgenti di rischio. I TLV risultano però essere l’ultimo elemento utilizzabile gerarchicamente parlando, di fatti la priorità in termini di ricerca di valori di riferimento lo ha il Testo Unico, nello specifico si ricercano tali valori nell’allegato XXXVIII, se qui non sono presenti si ricercano valori in ambito europeo e solo se anche in questo caso non si trovano valori di riferimento specifici i più attendibili, in ambito internazionale, risultano essere quelli prodotti dall’ACGIH.
Essi vengono definiti come: “concentrazioni di sostanze chimiche al di sotto delle quali la maggior parte dei lavoratori (97,5%) può essere esposta ripetutamente giorno dopo giorno senza alcun effetto negativo per la salute”.
Si parla di “maggior parte di lavoratori” poiché una seppur minima percentuale può avere una ipersensibilità congenita o acquisita che pertanto non esclude una comparsa di alterazioni negative a carico del proprio stato di salute anche se esposti al di sotto del TLV di riferimento.
Si parla, inoltre, di TLV di riferimento poiché ne esistono di tre differenti tipologie: TLV-TWA, TLV-STEL, TLV-CEILING:
- TLV-TWA (threshold limit value time weighted average): Questo valore si riferisce a concentrazioni nell’aria di sostanze inquinanti e rappresentano condizioni entro le quali si deve ritenere che pressoché tutti i lavoratori possono essere ripetutamente esposti giorno dopo giorno senza danni a carico del proprio stato di salute; i dati studiano concentrazioni ponderate nel tempo di una giornata lavorativa di 7-8 ore e per una settimana di 40 ore.
- TLV-STEL (threshold limit value short term exposure limit): Limite per breve tempo d’esposizione. Concentrazione massima a cui i lavoratori possono essere esposti fino a un periodo di 15 minuti continuativamente, con esposizioni che non possono superare le 4 giornaliere e con un intervallo di almeno 60 minuti tra l’una e l’altra.
- TLV-CEILING (limite invalicabile): Concentrazione di inquinante che non deve essere superata nemmeno per un solo istante.
Parallelamente ai TLV esistono anche dei livelli di dose-risposta chiamati DNEL (Derived No Effect Level) e PNEC (Predicted No Effect Concentration).
Il DNEL è il livello di esposizione stimato al di sopra del quale gli umani non dovrebbero essere esposti. Per diverse vie di esposizione e diversi target sono stati calcolati diversi DNEL; produttori ed importatori in base ai valori stimati DNEL devono elaborare le varie procedure operative nell'uso delle sostanze e dei composti pericolosi e le misure di prevenzione e protezione da attuare.
Il DNEL è fondamentale nel momento della “caratterizzazione del rischio” che vede un rapporto tra esposizione stimata e DNEL che deve essere inferiore ad 1 per essere accettabile.
Analogo del DNEL è il PNEC, usato nella caratterizzazione del rischio ambientale, obbligatoria nel regolamento REACH (Reg. 1907/06). Esistono diversi PNEC per diversi comparti ambientali (acque salmastre, sedimenti ecc.).
Anche per il PNEC vi è una caratterizzazione del rischio derivabile dal rapporto tra l’esposizione stimata per ogni tipologia di comparto ambientale ed il PNEC di riferimento, anche in questo caso deve essere inferiore ad 1 per essere accettabile.
Secondo la legislazione EU REACH, fabbricanti e importatori di sostanze chimiche sono tenuti a calcolare DNEL come parte della valutazione sulla sicurezza chimica (CSA) per qualsiasi sostanza o composto utilizzata o prodotta in quantitativi pari o superiori alle 10 tonnellate annue. Pertanto, in presenza di DNEL vi sarà sempre una scheda dati di sicurezza estesa, cioè una SDS in cui sono presenti gli scenari d’esposizione, seguenti al CSA (studio della sostanza prodotta in quantitativi pari o superiori alle 10 tonnellate annue) ed il CSR (report del CSA).
Rispetto ai valori TLV (TWA, Ceiling, Steel) il DNEL ed il PNEC posseggono la fondamentale differenza di non prevedere la fase del campionamento, ma sono ottenibili da studi statistico-informatici.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di attenersi parallelamente sia ai TLV che ai DNEL/PNEC, se presenti. Pertanto potrebbe trovarsi in varie situazioni e dover operare correttamente.
Se, ad esempio, la sostanza ha un valore di riferimento nazionale, si dovrà cercare tale valore nell’allegato XXXVIII del Decreto legislativo 81/08 ma valutare anche la presenza di DNEL.
Nel caso in cui non vi siano valori di riferimento nazionali si fa riferimento agli europei oppure a quelli internazionali ma comunque studiando anche, allo stesso tempo, gli eventuali DNEL presenti.
Se infine la sostanza non ha alcun valore di riferimento c’è obbligo di adottare le misure generali (art. 224 decreto 81/08) e, in ottica preventiva, le misure specifiche di protezione (art. 226 decreto 81/08).
In conclusione si può quindi affermare che un datore di lavoro ha l’obbligo di valutare e mantenere il rischio sia al di sotto dei limiti introdotti dai TLV che da quelli introdotti dal DNEL o PNEC di riferimento. Così facendo potrà adempiere parallelamente sia alle disposizioni introdotte dal decreto legislativo 81/08 sia a quelle del regolamento REACH.
A cura di Nicholas Giralico (Tecnico della Prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro)
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Rispondi Autore: Alcide Massaro - likes: 0 | 11/10/2018 (14:40:17) |
Ottimo. |
Autore: Nicholas Giralico | 29/10/2018 (18:18:35) |
La ringrazio per il suo commento positivo sul mio lavoro inerente il rischio chimico e la sua valutazione |
Rispondi Autore: Nicholas Giralico - likes: 0 | 29/10/2018 (18:17:15) |
La ringrazio per il commento positivo sul mio lavoro inerente rischio chimico |