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Regolamento Reach: la gestione degli scenari espositivi nella PMI

Regolamento Reach: la gestione degli scenari espositivi nella PMI
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischio chimico

31/10/2018

Un intervento affronta il tema della gestione degli scenari espositivi nella PMI e propone un metodo per l’approccio alla verifica di conformità. Le difficoltà nelle piccole aziende e a gestione efficiente di SDS e scenari espositivi.

Bologna, 31 Ott – Abbiamo ricordato più volte nei nostri articoli, anche con specifiche interviste ad alcuni ricercatori, le difficoltà e le sfide che devono essere affrontare le piccole imprese nell’applicazione del Regolamento n. 1907/2006 (REACH) e del Regolamento  n. 1272/2008 (CLP). E le PMI (Piccole e Medie Imprese) rappresentano nella UE il 90% di tutte le imprese, “sono la colonna portante della sua economia e generano due posti di lavoro su tre”.


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A ricordarlo e a proporre una metodologia per affrontare e risolvere alcune difficoltà nelle PMI in relazione ai regolamenti europei, è un intervento al convegno “REACH  2016. TU2016, REACH e CLP. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP e le novità nella gestione del rischio chimico nei luoghi di vita e di lavoro” (Ambiente Lavoro, Bologna 19 ottobre 2016).

 

Regolamento Reach: le difficoltà per le piccole aziende

Nell’intervento “La gestione degli scenari espositivi nella PMI: analisi delle criticità e proposta di un metodo per l’approccio alla verifica di conformità”, a cura di Lucia Rossi ( Ordine Interprovinciale dei Chimici del Veneto) si ricorda che le PMI “possono beneficiare di costi ridotti per ottemperare alla legislazione UE”. E, con riferimento a quanto indicato tra i “considerando” dello stesso Regolamento REACH, per le PMI sono stati realizzati documenti di orientamento pratico.

Tuttavia anche le linee guida ECHA (Agenzia Europea delle Sostanze Chimiche), “pur essendo dettagliate ed approfondite, sono sicuramente più adatte e comprensibili ad un personale formato e specializzato”. Infatti spesso nella PMI “non si possiedono adeguate risorse, mezzi gestionali e talvolta nemmeno le competenze o la cultura di base per fare fronte a tutto ciò”.

 

Proprio partendo da questi presupposti, la relazione pone l’attenzione su quanto previsto dal Regolamento REACH in relazioni agli obblighi per l’Utilizzatore a Valle “di identificare, applicare e raccomandare misure appropriate che consentano di controllare adeguatamente i rischi”.

E si propone un “metodo per agevolare la lettura e comprensione degli scenari espositivi allegati alle Schede di Dati di Sicurezza (SDS) delle sostanze in uso, allo scopo di confrontarli con l’operatività aziendale”.

È proprio attraverso questo confronto, o verifica di conformità, che si “permetterà all’ Utilizzatore a valle di stabilire se la sostanza in oggetto venga adoperata in sicurezza, agevolando di fatto anche la Valutazione del Rischio Chimico da condursi ai sensi del D.Lgs.81/2008”.

Quello che viene presentato nella relazione è un caso studio di analisi degli scenari espositivi per un’azienda operante nel settore della produzione di vernici a base solvente, analizzati secondo il metodo proposto.

 

Il metodo per la verifica di conformità

Riprediamo innanzitutto, dalla relazione, un diagramma che riassume lo schema di flusso per la raccolta, la verifica e la gestione delle informazioni al fine di condurre un confronto dell’aderenza tra le condizioni effettivamente impiegate nell’azienda in esame e quanto indicato dal fornitore nello scenario di esposizione.

 

Schema di flusso per la raccolta, la verifica e la gestione delle informazioni

 

Come si vede nel diagramma il metodo si sviluppa in sei fasi.

E l’attività svolta si è focalizzata “sullo studio delle informazioni preliminari relative all’impresa e sulle schede dati di sicurezza provenienti dai fornitori delle materie prime. La verifica è stata condotta per l’acetato di butile impiegato nella produzione delle vernici”.

 

Riprendiamo brevemente alcune indicazioni sulle varie fasi della verifica di conformità.

 

Nella fase di raccolta informazioni e mappatura preliminare del processo (Fase 1) “sono state raccolte le informazioni relative al tipo di azienda, al settore industriale nel quale opera e, più nel dettaglio, al processo produttivo nel quale le materie prime in esame vengono impiegate”. E ad ogni step produttivo “sono stati assegnati i descrittori d’uso relativi alle categorie di processo (PROC) che meglio descrivono l’attività svolta. L’assegnazione è stata fatta sulla base di quanto stabilito dalla linea guida ECHA ‘Capitolo R.12: Sistema dei descrittori degli usi’, v.2 marzo 2010, in particolare facendo riferimento all’elenco dei PROC (appendice R.12-3)”. Si ricorda che esiste anche una versione 3 della guida pubblicata a dicembre 2015.

Nella relazione sono riportate figure e tabelle relative a:

  • flusso di produzione e mappatura degli scenari contributivi
  • mappatura preliminare dell’attività svolta dall’azienda.

 

Veniamo alla Fase 2 relativa alla qualità del documento e-SDS e delle informazioni contenute.

 

Si indica che una prima valutazione “è stata effettuata verificando se il solvente in esame sia registrato presso ECHA e confrontando i dati relativi all’identificazione e alla classificazione contenuti nel dossier di registrazione con quelli della SDS. L’acetato di butile è risultato essere una sostanza registrata la cui classificazione è armonizzata ed è coerente con quella riportata nella SDS in esame”.

Si conduce poi “un’analisi della Scheda di Dati di Sicurezza estesa. I criteri di valutazione adottati sono:

  • completezza dei dati, ovvero i 16 punti contenuti nel corpo principale della SDS devono essere tutti compilati; eventuali carenze devono essere motivate;
  • lo scenario espositivo allegato dovrebbe essere composto da 4 sezioni (Titolo; Condizioni d’uso che influiscono sull’esposizione; Stima dell’esposizione; Guida per l’utilizzatore a valle), secondo quanto indicato nella Guida Pratica ECHA che riporta esempi illustrativi sulla compilazione di scenari espositivi; inoltre ci deve essere coerenza tra quanto riportato nello scenario espositivo ed il corpo principale della SDS”.

Il risultato della valutazione, e ulteriori dettagli su questa fase, sono riportati nella relazione.  

 

L’identificazione dello scenario pertinente

Nella Fase 3 (analisi degli scenari, confronto con la mappatura preliminare ed identificazione dello scenario pertinente) “si è individuato negli scenari espositivi della sostanza in esame, più precisamente nella sezione contenente i titoli abbreviati, il caso specifico che più si adatta e meglio descrive l’attività svolta dall’azienda che stiamo considerando”.

 

Si ricorda che una prima difficoltà che si può incontrare in questa fase, “è il variare del formato del documento relativo agli scenari espositivi a seconda del fornitore. Infatti, diversamente da quanto accade per la Scheda di Dati di Sicurezza la cui struttura è rigida, nel caso degli scenari d’esposizione non sempre la configurazione standard trova preciso riscontro nella documentazione che si riceve dal proprio fornitore”. E chiaramente è necessario un maggior impegno da parte del lettore, “che dovrà sforzarsi maggiormente di riconoscere i punti chiave dello scenario espositivo nonostante le apparenti differenze nella struttura del documento. In considerazione di quanto detto è molto importante, in questa fase di individuazione dello scenario contributivo opportuno, avere le idee chiare su ciò che si cerca ancora prima di iniziare”.

 

Si ricorda che l’attività dell’azienda produttrice di vernici “è in sostanza quella di miscelare o formulare diversi ingredienti per ottenere una miscela. Pertanto il titolo breve pertinente deve fare esplicito riferimento a questo tipo di attività”.

 

Una tabella nella relazione riporta i risultati di questa fase e si ricorda se nell’ambito di questo studio, “lo scenario espositivo relativo alla miscelazione è stato facilmente individuato”, a volte “può essere necessario interpretare il documento, per potere concludere che la propria attività specifica è effettivamente compresa in un determinato scenario sebbene non appaia evidente ad una prima valutazione e dalla lettura del titolo breve. Per potere riconoscere lo scenario pertinente, occorre quindi condurre un’approfondita analisi iniziale, considerando nel dettaglio tutte le procedure aziendali e cercando di anticipare in maniera più ampia possibile come potrebbero venire descritte”.

 

Rimandiamo alla lettura integrale della relazione che si sofferma anche sulla:

  • Fase 4 (creazione di una check-list relativa a OC ed RMM): la check-list relativa alle condizioni operative (OC) ed alle misure di gestione del rischio (RMM) “è stata redatta sulla base delle indicazioni contenute nello scenario pertinente individuato nelle fasi precedenti”;
  • Fase 5 (compilazione delle check-list con i dati aziendali e confronto con le indicazioni del fornitore): nel documento sono riportate le check-list complete, inclusi i dati aziendali.

Un paragrafo della relazione è poi dedicato ai “risultati e discussione” con riferimento specifico a:

  • esposizione dei lavoratori;
  • esposizione ambientale.

 

In conclusione, si indica che nel caso studio in merito alle misure di gestione del rischio RMM definite dai produttori, “sono emerse delle diversità tra quanto riportato e quanto realmente applicato, in particolare per quanto riguarda l’uso di aspirazione localizzata in diverse fasi della procedura operativa. Le incongruenze emerse sono tali da richiedere un approfondimento che potrebbe portare all’obbligo di messa in scala con l’opportuno modello o, in alternativa, di valutazione della sicurezza d’uso a carico dello stesso utilizzatore a valle”.

Approfondimento che non è stato affrontato, perché esulava dallo scopo dello studio ovvero “proporre un approccio che permetta agli Utilizzatori a Valle di gestire con efficienza SDS e Scenari Espositivi per arrivare in maniera autonoma a condurre una preliminare verifica di conformità per la propria operatività aziendale”. Tuttavia laddove la verifica di conformità evidenzi la necessità di azioni correttive, “queste dovranno essere valutate ed implementate, eventualmente con l’ausilio di un professionista/consulente esperto o con formazione certificata”.

 

   

   

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “REACH. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro”, pubblicazione che raccoglie gli atti dei due convegni “REACH  2016. TU2016, REACH e CLP. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP e le novità nella gestione del rischio chimico nei luoghi di vita e di lavoro” e “REACH edilizia. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nell’ambiente da costruire e nell’ambiente costruito” (formato PDF, 13.34 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ I regolamenti REACH e CLP e i luoghi di lavoro”.



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