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L'esposizione ad agenti chimici nel regolamento Reach e nel Testo Unico

L'esposizione ad agenti chimici nel regolamento Reach e nel Testo Unico
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio chimico

07/07/2017

Un intervento sulla valutazione del rischio da agenti pericolosi per la salute e i modelli emergenti in ambito europeo per la stima dell’esposizione. L’algoritmo ART e i vantaggi e svantaggi dei modelli per il Regolamento Reach e il D.Lgs. 81/2008.

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Bologna, 7 Lug – Nelle scorse settimane abbiamo iniziato a conoscere alcuni modelli di calcolo per la stima dell'esposizione ad agenti chimici con particolare riferimento all’utilizzo nell’ambito del Regolamento n. 1907/2006 (Regolamento REACH) o come ausilio nella valutazione del rischio chimico richiesta dal Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008).

E lo abbiamo fatto presentando gli atti –raccolti nella pubblicazione “REACH. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di lavoro” – del convegno “Reach_2015. L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di lavoro” che si è tenuto il 16 ottobre 2015 durante la manifestazione Ambiente Lavoro a Bologna.

 

In particolare attraverso l’intervento “REACH, CLP e scenari di esposizione: la valutazione del rischio da agenti pericolosi per la salute e i modelli emergenti in ambito europeo” – a cura di Elisabetta Barbassa (Contarp Inail Direzione Regionale Lombardia), Alessandro Carella e Giorgio Papa (Contarp Inail Direzione Regionale Marche), Maria Rosaria Fizzano e Piero La Pegna (Contarp Inail Direzione Generale) – abbiamo potuto presentare nell’articolo “ I modelli di calcolo per la stima dell'esposizione ad agenti chimici”i modelli ECETOC TRA e Stoffenmanager.

 

Sempre con riferimento a questo intervento, parliamo invece oggi del modello ART.

 

Si indica che “l'algoritmo ART (Advanced Reach Tool) è un modello meccanicistico per la stima dell'esposizione inalatoria a sostanze chimiche” (può essere utilizzato on-line collegandosi a questo sito web) di tipo TIER-2 che “si basa su un quadro concettuale che adotta un approccio recettore-fonte, descrivendo il trasporto graduale di un contaminante dalla sorgente di emissione al recettore, ovvero il lavoratore”.

E la descrizione del modello richiede che l'ambiente di lavoro “sia suddiviso in due zone: quella centrata sul lavoratore, detta anche near field (NF), e quella far field (FF), che comprende il resto dell'ambiente di lavoro. L'algoritmo si propone di stimare l'esposizione inalatoria totale derivante sia dal contributo del campo vicino (NF) che di quella del campo lontano (FF) considerando dei fattori modificanti dell'esposizione, i cosiddetti MF (moding factors)”.

 

Inoltre il modello prevede nove fattori modificanti, di cui “due sono relativi alla sorgente di emissione dell'inquinante mentre gli altri sono influenzati dal trasporto dell'inquinante dalla sorgente al recettore (lavoratore)”:

- potenziale di emissione della sostanza (substance emission potential): potenzialità di emissione intrinseca di una sostanza (es. polverosità per agenti di particolato, volatilità per i liquidi, ecc.);

- potenziale di emissione dell’attività in studio (activity emission potential): potenzialità dell’attività a generare una esposizione: è determinata da varie variabili come il tipo e la quantità di energia trasferita, la quantità di prodotto utilizzato, il livello di contenimento dell'emissione, la natura del processo in esame;

- controllo localizzato (localized controls): parametro che prende in considerazione le misure di controllo ingegneristico in prossimità della sorgente destinate a contenere e/o catturare l'emissione degli agenti inquinanti dai processi, dalle macchine e/o attrezzature prima che questi possano disperdersi nell'ambiente di lavoro”;

- segregazione (segregation): “parametro relativo all'isolamento della sorgente di emissione dall'ambiente di lavoro, ma non al contenimento della stessa”;

- separazione (enclosure personal): “parametro che considera la separazione dell'operatore dall'ambiente di lavoro: a differenza della segregazione, in questo caso il lavoratore viene posto in una zona separata all'interno dell'ambiente di lavoro (es. cabina con area condizionata);

- dispersione/diluizione (dispersion/dilution): parametro relativo alla dispersione dell'inquinante dalla sorgente all'ambiente di lavoro, attraverso fenomeni di ventilazione (sia naturale che meccanica) che determinano la diluizione del contaminante: il parametro risulta influenzato sia dalle caratteristiche dell'ambiente di lavoro (indoor o outdoor) che dal volume dello stesso, nonché dalla presenza ed efficacia degli impianti di ventilazione;

- contaminazione delle superfici ed emissioni fuggitive (surface contamination and fugitive emission): parametro che considera l'emissione correlata al rilascio di contaminanti depositati su superfici, anche a seguito di perdite involontarie e imprevedibili (ad es. l'abbigliamento lavoratore e/o attrezzi di lavoro) o generate da normali attività sul posto di lavoro (ad es. lo spostamento di attrezzature/veicoli, le normali operazioni di pulizia, le manutenzioni);

- comportamento dei lavoratori (personal behaviour): parametro che rappresenta l'influenza del comportamento del lavoratore sull'esposizione professionale. Possono determinare un potenziale di esposizione ad es. orientamento e distanza del lavoratore dalla sorgente, movimenti o posture assunte durante lo svolgimento di alcune particolari operazioni (es. la movimentazione manuale di sostanze);

- utilizzo di DPI delle vie respiratorie (respiratory protective equipment): Parametro che rappresenta i dispositivi di protezione individuale, che vengono classificati in base alla loro efficienza”.

 

Rimandando alla lettura integrale dell’intervento, che riporta ulteriori dettagli, si segnala che attualmente l'algoritmo ART è calibrato “per valutare l'esposizione a polveri inalabili, ai vapori e alle nebbie; inoltre a possibile valutare l'esposizione anche a vapori e/o solidi che si disperdono durante alcuni processi come sabbiatura, frantumazioni e la manipolazione di oggetti contaminati. Tuttavia questo modello non risulta applicabile per valutare l'esposizione a gas e fibre; a solidi diversi dal legno, dalla pietra e dai metalli (ad esempio vetro o plastica); a liquidi con volatilità molto bassa (tensione di vapore < 10 Pa) e a fumi derivanti da processi a caldo (es. saldatura, combustione, fumi di gomma)”.

 

Segnalando che l’intervento si sofferma poi su alcuni esempi di applicazione dei modelli (esposizione a stirene nel comparto della vetroresina e esposizione a toluene nella verniciatura in un'autocarrozzeria), riprendiamo infine alcune considerazioni e conclusioni degli autori.

 

Si ricorda che la realtà produttiva italiana è costituita prevalentemente da micro e piccole imprese con una estrema diversificazione delle attività svolte dai lavoratori: “questa evenienza rende difficoltosa l'applicazione di modelli di calcolo sviluppati sulla base di situazioni generalmente ideali e validati per fattispecie ben identificate e caratterizzate”.

 

A questo proposito si segnala che i modelli ECETOC, Stoffenmanager e ART “sono attualmente molto utilizzati in Europa e hanno la caratteristica principale di fornire una stima numerica dell'esposizione professionale, sia pure in alcuni casi limitatamente al contributo inalatorio. Ciò permette di valutare la loro capacità previsionale a seguito di un confronto tra le stime ottenute applicando questi modelli su un particolare scenario espositivo con delle misurazioni sperimentali condotte su delle realtà lavorative precise e, come fatto per Stoffenmanager e ART, di procedere a una loro validazione in determinati ambiti di applicazione tramite l'utilizzo di database dedicati”.

Senza dimenticare, tuttavia, che la “sola stima dell'esposizione professionale, quand'anche caratterizzata da una elevata accuratezza, rappresenta solo una fase, seppure importante, dei processi per valutare il rischio chimico e/o la sicurezza chimica”. E si evidenzia come dall'applicazione dei modelli “ci si deve attendere valori sufficientemente conservativi, collocabili tutti in una stessa ‘area di rischio’, rappresentativi di una situazione espositiva ‘reale’ per un determinato settore lavorativo e per una determinata mansione”.

 

Una tabella nel documento riporta i vari fattori da prendere in considerazione per valutare il rischio chimico per la salute ai sensi dell'art. 223 del Digs. 81/08 e la loro presenza o meno come parametro nei modelli ECETOC, Stoffenmanager e ART. E dalla tabella risulta che Stoffenmanager è il modello “più esaustivo nel prendere in considerazione i fattori previsti dall'art. 223 del D.Lgs. 81/2008 ed è l'unico modello che considera la pericolosità della sostanza (frasi H) consentendo di ottenere anche una classificazione del rischio per fasce (alto, medio, basso)”.

 

Una delle altre considerazioni riportate dagli autori riguarda l'algoritmo ART che risulta caratterizzato da “una maggiore complessità rispetto ai modelli precedenti e richiede inserimenti di dati più rigorosi relativi sia alle caratteristiche chimico-fisiche della sostanza in studio (per esempio per i liquidi il coefficiente di attività) sia sui dati relativi al controllo dell'esposizione, sia primari che secondari (LEV, abbattimento acqua, segregazioni...)”.

 

In ogni caso la stima dell'esposizione ottenuta con i modelli considerati è “sempre utilizzabile nell'ambito della creazione di scenari d'esposizione ai fini del Regolamento REACH in quanto sono tutti richiamati dalla stessa guida dell'ECHA anche se, per la semplicità d'uso, per la stima dell'esposizione iniziale si usa molto il modello ECETOC-TRA che fa riferimento direttamente ai descrittori d'uso previsti dal REACH, in particolare alle categorie di processo o PROC”.

E, invece, nella stima dell'esposizione in ambito della valutazione del rischio ai sensi del D.Lgs. 81/2008 si precisa ancora che “non tutti i modelli prendono in considerazione in modo esplicito i parametri previsti dall'art. 223”. Da qui la necessità, dunque, dell'utilizzo di questi strumenti “da parte di personale formato ed esperto e, soprattutto, in grado di valutare tutti i parametri che determinano il rischio attribuendo ad essi ii giusto peso e di effettuare una valutazione complessiva del rischio chimico sulla base di quanto previsto dal Titolo IX Capo I del D.Lgs. 81/2008”.

 

 

Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, ECHA, “ REACH. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di lavoro”, pubblicazione che raccoglie gli atti, a cura di C. Govoni, G. Gargaro e R. Ricci, dei due convegni “REACH_2015. L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di lavoro” e “REACH Sanità. L’applicazione dei Regolamenti Europei delle Sostanze Chimiche in ambito sanitario” (formato PDF, 78.44 MB)

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP”.

 

 

RTM



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