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Inail: rischio caduta, assorbitori di energia e peso dei lavoratori
Roma, 29 Giu – Se la funzione dei DPI contro le cadute dall’alto è anche quella di salvaguardare la salute dei lavoratori attenuando gli effetti di una possibile caduta, l’elemento essenziale per questo scopo è l’assorbitore di energia, un componente progettato per dissipare l'energia cinetica sviluppata durante la caduta.
Una norma di prodotto, la UNI EN 355:2003 “Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto - Assorbitori di energia” specifica i requisiti, i metodi di prova, le istruzioni per l'uso, la marcatura e l'imballaggio per gli assorbitori di energia. E fornisce, dunque, le caratteristiche dimensionali e meccaniche che l’assorbitore deve possedere. E nella norma si assume che il peso del lavoratore sia pari a 100 kg e non si prevede che possa variare.
Il problema è che in realtà il peso dei lavoratori edili impegnati in attività in quota, e che utilizzano sistemi di arresto caduta, può essere ben diverso dai 100 kg previsti nella normativa tecnica europea. E questa criticità ha determinato anche l’interesse del CEN/TC 160, il Comitato Tecnico del Comitato europeo di normazione (CEN) che si interessa dei DPI contro le cadute dall’alto.
Per affrontare questo problema si sono svolti, in questi anni, diversi studi ed è stata recentemente realizzata, da parte del Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici (DIT) dell’Inail, una pubblicazione dal titolo “Idoneità dell’assorbitore di energia in relazione al peso del lavoratore” curata da Luca Rossi, Luigi Cortis, Francesca Maria Fabiani e Davide Geoffrey Svampa, con la collaborazione di Carlo Ratti e Calogero Vitale.
Nello studio presentato nel documento si considera in particolare la possibilità che il peso del lavoratore possa essere differente e, per comprendere come questa variazione possa influire sul comportamento dell’assorbitore, sono state effettuate delle prove sperimentali.
La pubblicazione, che vi invitiamo a leggere integralmente, si sofferma innanzitutto su alcuni aspetti storico-normativi e ricorda che il D.Lgs. 81/2008 ha ulteriormente disciplinato la materia riguardante l’utilizzo e le caratteristiche che debbono possedere i sistemi di arresto caduta.
In particolare si indica che i DPI destinati alla protezione dei lavoratori contro le cadute dall’alto sono disciplinati dall’art. 115 (Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto) comma 1: “Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di protezione collettiva come previsto all’articolo 111,comma 1, lettera a), è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione idonei per l’uso specifico composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, conformi alle norme tecniche, quali i seguenti:
a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature”.
Il documento si sofferma poi sui danni sul corpo umano conseguenti all’arresto caduta.
Si indica che sui possibili danni “sono presenti in letteratura pubblicazioni provenienti soprattutto da ricerche e prove a carattere medico della NASA (National Aeronautics and Space Administration) e della AGARD (Advisory Group for Aerospace and Development)”. I lavori “provengono dal settore Idoneità dell’assorbitore di energia in relazione al peso del lavoratore aerospaziale e sottolineano grossi rischi localizzati nell’area delle vertebre cervicali, toraciche e lombari; inoltre identificano danni agli organi interni alle alte decelerazioni lungo la direzione piedi-testa”. Alcuni di questi lavori furono successivamente esaminati da un gruppo di lavoro del CEN “che li utilizzò per fissare in 6 kN la massima forza di arresto per un dispositivo di arresto caduta utilizzato da un lavoratore dell’industria indossante imbracature specifiche, tenendo conto dei seguenti fattori:
- differenza nel tipo di imbracature usate, in quanto quelle da paracadutismo fasciano una parte del torso più grande rispetto quelle di uso industriale;
- minore preparazione fisica alle sollecitazioni da parte dei lavoratori dell’industria;
- larga fascia di età nei lavoratori dell’industria con età media più elevata rispetto a militari e sportivi”.
E si indica inoltre che una imbragatura ben avvolgente il corpo “riduce gli effetti delle decelerazioni nell’ arresto della caduta”. La letteratura scientifica riporta infatti che, “per un corpo ben sostenuto da una imbragatura, le vertebre presentano una migliore resistenza, in quanto la massa muscolare e i tessuti del corpo forniscono un supporto idoneo ad azioni agenti per brevi periodi di tempo. Inoltre, una colonna vertebrale sollecitata con una forza frenante il più allineata con la verticale, presenta un minore rischio di danno: infatti quando l’individuo non è ben imbracato o il corpo forma un elevato angolo con la verticale, il rischio di flessione della spina dorsale è maggiore. Pertanto il carico dovuto alla rapida frenata, deve essere distribuito, per quanto possibile, sulla massima area del corpo, per evitare concentrazioni di forze con il risultato di sottoporre il corpo a sollecitazioni di flessione e taglio. Il carico dovrebbe essere trasmesso per quanto possibile direttamente allo scheletro, preferibilmente via struttura pelvica e non via colonna vertebrale. Ulteriori rischi sono a carico degli organi interni a causa della loro inerzia durante l’arresto”. Infatti il cuore, i polmoni, l’intestino e gli altri organi “formano un insieme, contenuto nella gabbia toracica, libero di muoversi come in sospensione e che risulta più influenzato dagli effetti del jolt”, dove il jolt “rappresenta la rapidità con cui l’assorbitore dissipa l’ energia di caduta. Una decelerazione molto rapida produce seri danni al corpo”.
La pubblicazione presenta poi la UNI EN 355: 2003, con particolare riferimento all’individuazione del requisito dinamico che l’assorbitore deve soddisfare, e le prove sperimentali realizzate con la descrizione non solo delle prove, ma anche delle attrezzature e delle apparecchiature utilizzate.
Concludiamo riportando alcune indicazioni tratte dai risultati delle prove sperimentali nell’uso di due diversi sistemi di arresto caduta prodotti da due diversi fabbricanti (chiamati simbolicamente F e I).
Lo studio mostra che “utilizzando assorbitori di tipo F ed I un lavoratore di peso compreso pari a 60 kg, in caso di caduta, subisce delle sollecitazioni superiori a quelle normalmente accettate. Il lavoratore di 80 kg presenta la stessa problematica in caso di utilizzo dell’assorbitore I. Un lavoratore di peso compreso tra 100 e 120 kg, invece, è sottoposto ad accelerazioni inferiori a quelle normalmente accettate”.
In definitiva sono i lavoratori leggeri quelli “soggetti al rischio legato al funzionamento dell’assorbitore. Essi infatti sono sottoposti ad elevate accelerazioni e ridotte cadute frenate che possono comportare danni all’organismo in quanto lo stesso potrebbe non sopportare l’elevata energia meccanica trasmessa. Ciò a prescindere dalle loro caratteristiche fisiche e dalle condizioni di salute”.
Sarebbe dunque utile “introdurre delle classi per individuare le tipologie di assorbitori da impiegare nelle varie fasce di peso che potrebbero essere testati non solo con massa di 100 kg ma con taglie differenti”. Chiaramente ciò “significherebbe sottoporre a revisione la UNI EN 355:2003”.
Inail - Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici, “ Idoneità dell’assorbitore di energia in relazione al peso del lavoratore”, documento curato da Luca Rossi, Luigi Cortis, Francesca Maria Fabiani e Davide Geoffrey Svampa, con la collaborazione di Carlo Ratti e Calogero Vitale, edizione 2016 (formato PDF, 12.48 MB).
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Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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