Rischio microclimatico: gli ambienti ad obiettivo comfort
Napoli, 7 Nov – Come ricordato in precedenti articoli sul rischio microclimatico è importante operare una distinzione fra due diverse tipologie di ambienti termici:
- ambienti termicamente moderabili: ambienti nei quali non esistono vincoli in grado di pregiudicare il raggiungimento di condizioni di comfort;
- ambienti termicamente vincolati: ambienti nei quali esistono vincoli in grado di pregiudicare il raggiungimento di condizioni di comfort.
E un ambiente moderabile, se non esistono vincoli, deve essere valutato - ai sensi del punto 1.9.2 dell’Allegato IV del d.lgs. 81/2008 - in un’ottica di perseguimento del comfort. Senza dimenticare che un microclima confortevole “è quello che suscita nella maggioranza degli individui presenti una sensazione di soddisfazione per l’ambiente, da un punto di vista termo-igrometrico, convenzionalmente identificata col termine ‘benessere termoigrometrico’, ma più spesso indicata per brevità come ‘ benessere termico’ o semplicemente ‘benessere’ o ‘comfort’”.
A raccontarlo, soffermandosi sugli ambienti ad obiettivo comfort (moderabili) e sulla necessità di una valutazione per verificare l’esistenza e quantificare l’entità dell’eventuale discomfort, è un documento, elaborato dalla Direzione regionale Inail per la Campania, dal titolo “ La valutazione del microclima. L’esposizione al caldo e al freddo. Quando è un fattore di discomfort. Quando è un fattore di rischio per la salute”.
Gli indici per la valutazione del comfort
Nel documento si segnala che se l’allegato IV del d.lgs. 81/2008 contiene importanti riferimenti ad una serie di quantità fisiche (temperatura, umidità, irraggiamento solare, movimento dell’aria) per la valutazione del discomfort, non contiene, invece, “alcuna indicazione né riguardo agli indici sintetici da utilizzare né riguardo ad eventuali valori limite di accettabilità. Le uniche indicazioni a riguardo sono limitate a raccomandazioni generiche. Di conseguenza per tutti gli aspetti quantitativi esso rimanda alle opportune norme di buona tecnica”.
E a questo proposito il documento Inail presenta i principali indici validati a livello internazionale per la valutazione del comfort in condizioni ambientali differenti.
Ad esempio l’indice PMV (Predicted Mean Vote) validato per ambienti termo-igrometricamente controllati e altri indici (Heat Index, Humidex) adeguati per ambienti moderabili ma non moderati. Questi ultimi sono “ambienti nei quali, tipicamente per deficienze organizzative/gestionali, pur in assenza di vincoli allo stabilirsi di condizioni di comfort, non è raro riscontrare forti deviazioni da condizioni di accettabilità. Non di rado anche ambienti ad alto tasso di sensibilità, ad esempio le scuole (Giovinazzo et al. 2015) vanno a far parte di questa categoria”.
Non viene invece affrontato il “comfort adattivo”, “una tematica molto diffusa per la gestione di ambienti termo-igrometricamente non controllati”. L’approccio adattivo viene infatti “comunemente applicato in ambienti residenziali, specie di nuova concezione, ma risulta al contrario inadeguato in ambienti di lavoro dove si presta facilmente ad abusi”.
Ci soffermiamo oggi, brevemente, sulla presentazione dell’indice PMV.
Il Metodo PMV (Predicted Mean Vote)
Si segnala che la norma tecnica UNI EN ISO 7730 è, ad oggi, “il documento cardine per la valutazione del comfort termo-igrometrico”. E fornisce un “criterio di quantificazione del discomfort basato su un indice detto PMV, acronimo di Predicted Mean Vote (voto medio previsto) che rappresenta la miglior sintesi delle disposizioni dell’allegato IV: integra le quantità fisiche citate (temperatura, umidità, irraggiamento solare, movimento dell’aria) con gli indicatori soggettivi relativi all’abbigliamento e al dispendio metabolico del soggetto (metodi di lavoro applicati e sforzi fisici imposti)”.
Il documento sottolinea che il vantaggio del PMV è che esso, “basandosi su considerazioni strettamente fisiologiche e essendo stato validato su un campione significativo di soggetti, ripropone su basi oggettive una sensazione di soddisfazione che per sua stessa natura è intrinsecamente soggettiva”. E in pratica la procedura “si fonda sull’esistenza di una relazione biunivoca fra bilancio energetico del corpo umano, e sensazione termica, con associato comfort o discomfort”.
Il PMV rappresenta, in definitiva, il “giudizio medio potenzialmente espresso da un campione infinito di soggetti di diversa età, sesso, etnia, relativo al complesso delle variabili microclimatiche e dei parametri individuali che caratterizza l’ambiente in esame”. E viene espresso in una scala di sensazione termica a 7 punti (-3 = molto freddo …… 0 = neutro …... +3 = molto caldo).
Poiché si tratta di un giudizio medio – continua il documento – “esso implica l’esistenza di una variabilità nella risposta individuale. In pratica tale variabilità implica che anche per un gruppo di individui esposti ad identiche condizioni microclimatiche, e che eseguono la stessa attività utilizzando lo stesso abbigliamento, non è possibile individuare una situazione ideale, valida per tutti”.
Riprendiamo una figura che rappresenta la corrispondenza fra sensazione termica e PMV secondo la scala ASHRAE a 7 punti:
Rimandiamo poi alla lettura integrale del documento che riporta altri dettagli e altre tabelle – ad esempio relative alla distribuzione della risposta individuale in corrispondenza di diversi valori di PMV o alla percentuale prevista di insoddisfatti PPD (Predicted Percentage of Dissatisfied) – e si sofferma poi ampiamente sui parametri ambientali e individuali necessari per il metodo.
L’applicabilità del metodo PMV
Si indica che l’ indice PMV, secondo quanto indicato nella norma UNI EN ISO 7730, “risulta applicabile soltanto se:
- l’ambiente può essere definito ‘moderato’, ovvero se la distanza dalle condizioni ideali di comfort, così come risultante dalle misurazioni, è moderata. Quantitativamente ciò richiede che il valore di PMV risulti in valore assoluto inferiore a 2”;
- i quattro parametri ambientali (temperatura dell’aria, temperatura media radiante, pressione parziale del vapore acqueo, velocità relativa dell’aria) e le due quantità soggettive (attività metabolica, isolamento termico del vestiario) sono all’interno dei rispettivi intervalli di applicabilità indicati nel prospetto B.1 della norma (presente nel documento Inail).
In particolare “se risulta non soddisfatta la condizione a), ovvero in condizioni in cui la percentuale prevista di insoddisfatti è molto elevata (oltre il 75%), l’associazione del PMV con la sensazione di comfort termico non è adeguatamente supportata da evidenze sperimentali. Ambienti di questo tipo, benché in linea di principio moderabili, non sono moderati e di conseguenza non possono essere valutati mediante il metodo PMV”. Sono luoghi che vengono identificati come “ambienti a forte discomfort”.
Negli ambienti a forte discomfort l’indice PMV “perde progressivamente di significato:
- negli ambienti caldi per l’insufficiente sensibilità all’umidità ambientale;
- negli ambienti freddi per la sottostima del rischio termico che si manifesta spesso già in prossimità di PMV = -2”.
Concludiamo l’articolo ricordando che nel documento, che fornisce un quadro d’insieme del percorso di valutazione degli ambienti moderabili, sono riportate ulteriori indicazioni su altri indici di discomfort “locale”.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Direzione regionale Campania, “ La valutazione del microclima. L’esposizione al caldo e al freddo. Quando è un fattore di discomfort. Quando è un fattore di rischio per la salute”, a cura di Michele del Gaudio (Inail, Unità Operativa Territoriale di Avellino), Daniela Freda e Raffaele Sabatino (DIT, Inail), Paolo Lenzuni (Inail, Unità Operativa Territoriale di Firenze) e Pietro Nataletti (DIMEILA, Inail), edizione 2018 (formato PDF, 3.09 MB).
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