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Il rischio rumore e il rischio vibrazioni nell’orticoltura in serra

Il rischio rumore e il rischio vibrazioni nell’orticoltura in serra
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Rischi fisici

03/10/2018

La diffusione dell’orticoltura in serra e i rischi fisici ed ergonomici nelle attività di lavoro. Focus sui rischi fisici correlati al rumore e alle vibrazioni: le conseguenze, le cause e le misure di riduzione del rischio.

Roma, 3 Ott – In Europa l’Italia è, dopo la Spagna, il paese dove l’orticoltura in serra trova maggiore diffusione. Ed infatti nell’ultimo decennio si è avuto un incremento della produzione in serra intorno al 25% anche se, “per motivi di ordine climatico, di valorizzazione delle disponibilità energetiche naturali, e dei vantaggi competitivi che ne derivano, la maggior parte dell’orticoltura italiana in ambiente protetto si concentra nelle aree meridionali, dove si trova più del 50% dell’intera superficie nazionale del comparto agricolo in questione”. E le caratteristiche strutturali delle serre variano in funzione sia delle coltivazioni che delle differenze climatiche che caratterizzano il suolo italiano.
 
A ricordarlo è un intervento che si è tenuto al convegno “ La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre” (Lamezia Terme, 4 luglio 2016) - raccolto, insieme agli altri atti del convegno, in una pubblicazione dell’Inail – e che si sofferma in particolare sul rischio fisico ed ergonomico nelle serre. E lo fa con particolare attenzione, “da un punto di vista dell’igiene del lavoro, alla caratterizzazione delle serre naturalmente ventilate, diversificate per cultivar, con struttura in profilato metallico zincato, generalmente con cubatura unitaria da 3 a 5 m3/m2 e dimensioni variabili da 800-1000 m2 sino a 3000 - 4000 m2”.

 

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La diffusione della coltivazione in serra

Nell’intervento “Il rischio fisico ed ergonomico nelle attività di lavoro condotte in serra”, a cura di M. Diano, I. Di Gesu, M. Valentini (Inail - Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale - Centro Ricerche Lamezia Terme), ricorda che la diffusione della coltivazione in serra “sta divenendo sempre più evidente man mano che i materiali necessari alla loro costruzione diventano più economicamente accessibili per i produttori”. In particolare, l’introduzione della plastica come materiale di copertura “ha rivoluzionato l’impostazione delle colture anticipate e, quindi, ha permesso l’evoluzione degli apprestamenti in funzione delle condizioni ambientali (temperatura, umidità, ventosità) e delle esigenze delle specie da coltivare”.

 

Riprendiamo una tabella dell’Inail con la distribuzione della superficie agricola destinata a produzione in serra nel 2011:

 

Superficie agricola destinata a produzione in serra

 

Nell’intervento si segnala poi che nelle serre, oltre al rischio chimico e biologico, sono presenti anche diversi rischi ergonomici (movimenti ripetitivi, posture incongrue, sforzo fisico, movimentazione manuale di carichi) e fisici.

 

Ci soffermiamo oggi sui rischi fisici correlati a rumore e vibrazioni.

 

Il rischio rumore nelle serre

Nella relazione si indica che il rumore è un “fattore di rischio che si è notevolmente diffuso nel comparto dell’orticoltura a seguito dell’adozione di macchine e attrezzature che espongono gli operatori ad emissioni sonore durante lo svolgimento delle operazioni”. E una eventuale esposizione a rumori intensi, prolungati nel tempo, “determina un danno permanente all’udito noto con il termine di ipoacusia professionale che si manifesta in modo bilaterale, simmetrico ed irreversibile”.

 

Si segnala che il danno da rumore “è particolarmente insidioso in quanto si instaura lentamente e a partire dalle frequenze più elevate (superiori a quelle della voce di conversazione)” e il rumore è corresponsabile di “numerosi effetti indesiderati quali stress, disturbi del sonno, ansia, e molteplici altri segni e sintomi quali l’aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, della frequenza respiratoria, della secrezione gastrica ecc.

 e produce difficoltà di concentrazione con un incremento del rischio infortunistico”.

 

Tra le altre cose si evidenzia che in agricoltura l’ipoacusia da esposizione a rumore è, “tra le tecnopatie storiche (senza considerare le malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee) quella più denunciata e più indennizzata”. E in serra “il problema è ancora più evidente a causa della riflessione delle onde sonore sul film plastico di copertura che crea un effetto riverberante, anche se la presenza delle piante tende a smorzare la riflessione cosicché l’energia acustica tende a dissiparsi velocemente”.

 

L’intervento sottolinea anche che le attrezzature che danno luogo ai livelli più elevati di rumore “sono le trattrici prive di cabina con valori di LAeq frequentemente compresi fra 85 e 95 dB(A) (in funzione anche del tipo di operatrice usata e dei parametri di esercizio della trattrice stessa)”. E “ancor più rumorose risultano le trattrici cingolate”. 

 

Considerando poi che in serra è “disagevole l’uso di DPI per l’udito, a causa del fastidio da essi provocato per la presenza di elevate temperature”, per ridurre i rischi è necessario “intervenire effettuando una riorganizzazione delle procedure di lavoro e realizzando misure adeguate di riduzione del rischio, nelle diverse fasi lavorative”.

 

Il rischio vibrazioni nelle serre

Un altro rischio da considerare è quello generato dalla presenza di vibrazioni e scuotimenti, normalmente associata “all’utilizzo dei macchinari e delle attrezzature utilizzate in agricoltura”.

 

Ricordiamo che le vibrazioni possono essere distinte “in vibrazioni che coinvolgono tutto il corpo (scuotimenti) e vibrazioni che interessano soltanto parti del corpo circoscritte (mano-braccio)”. E gli strumenti vibranti “sono quegli utensili meccanici, azionati da elettricità o da aria compressa, che hanno la prerogativa di sviluppare durante il loro impiego una serie di vibrazioni che si trasmettono al tratto mano-braccio degli utilizzatori, se condotti a mano, ovvero al corpo intero se provocati dalla guida di mezzi di trasporto”.

 

Si segnala che esempi di strumenti in grado di trasferire ingenti quantità di energia sotto forma di vibrazioni o scuotimenti “sono i motocoltivatori, gli atomizzatori a spalla o gli scuotitori”.

Tuttavia il rischio “non si può facilmente generalizzare perché sono molteplici i fattori che determinano l’esposizione: la durata dell’esposizione, il tipo di lavorazione effettuata, le caratteristiche fisiche del terreno, la velocità di avanzamento del mezzo, il peso dell’utensile, la tensione muscolare e la postura e, non ultima, la corretta manutenzione dell’attrezzatura”.

 

In questo senso il rischio vibrazioni “andrebbe valutato di volta in volta o mediante misure ovvero ricorrendo a valutazioni estrapolate da banche dati specifiche come ad esempio quella presente sul Portale agenti fisici”.

 

Concludiamo rimandando ad una lettura integrale dell’intervento che si sofferma anche sui rischi ergonomici connessi al sovraccarico biomeccanico e ai movimenti ripetuti degli arti superiori.    

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica i documenti da cui è tratto l'articolo:

Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Atti di convegno. La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre”, a cura di Elena Barrese e Marialuisa Scarpelli (Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, Inail), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2017 (formato PDF, 1.93 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ La ricerca prevenzionale per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori agricoli nelle serre”.



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