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Linee guida per la prevenzione della tubercolosi negli operatori sanitari
Roma, 27 Gen – Se l’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha indicato già dal 1993 la tubercolosi (TB) come un rischio riemergente e un grave problema di sanità pubblica a livello mondiale, è necessario sottolineare come gli Operatori Sanitari (OS) occupino una posizione particolare nel processo di prevenzione e sorveglianza della tubercolosi.
Infatti per ragioni professionali l’operatore sanitario si trova ad avere un rischio di infezione e di malattia tubercolare attiva maggiore rispetto alla popolazione normale: è potenzialmente esposto a fonti di contagio note (soprattutto se l’assistenza al paziente contagioso è prestata senza adottare le Procedure Assistenziali di Sicurezza) e fonti di contagio non note, come accade in servizi o situazioni di emergenza o quando la contagiosità di un paziente ospedalizzato non è stata sospettata o ancora accertata. Senza dimenticare che l'operatore sanitario può rappresentare una fonte di contagio anche per i colleghi e soprattutto per i pazienti.
Riguardo al rischio tubercolosi ricordiamo l’ approvazione del 7 febbraio 2013 dell’Accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante « Prevenzione della tubercolosi negli operatori sanitari e soggetti ad essi equiparati».
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In relazione ai dati della presenza della tubercolosi nella popolazione mondiale e anche europea (nel 2010 sono stati segnalati poco più di 300.000 nuovi casi), ai documenti dell’OMS e allo stesso Accordo del 7 febbraio 2013, la Regione Veneto – con Deliberazione della Giunta Regionale 14 ottobre 2014, n. 1875 – ha approvato le Linee Guida regionali “Prevenzione e sorveglianza della tubercolosi negli operatori sanitari”, allegate alla delibera. Linee guida che sono un aggiornamento e parziale modifica delle Linee Guida già approvate in passato dalla Regione con D.G.R. n. 2053 del 3 luglio 2007 e successivamente integrate con D.G.R. n. 602 del 7 agosto 2007.
Si ricorda inoltre che il documento "Prevenzione della tubercolosi negli operatori sanitari e soggetti ad essi equiparati" approvato dalla Conferenza Stato Regioni è stato recepito dalla Regione Veneto con D.G.R. n. 643 del 7 maggio 2013.
Nella presentazione del DGR 1875/2014 e nelle linee guida si ricorda che la protezione del lavoratore dai rischi derivanti dall' esposizione ad agenti biologici è regolata dal Decreto Legislativo 81/2008 (TU). In particolare il titolo X del TU individua tra i soggetti a rischio il lavoratore e i soggetti equiparati, “facendo rientrare in tale categoria studenti in medicina, specializzandi di area medico-chirurgica, allievi infermieri e tutti gli iscritti alle lauree sanitarie”.
Come indicato nel D.Lgs. 81/2008 il datore di lavoro (DL) ha l'obbligo di effettuare la valutazione di tutti i rischi - incluso quelli relativi all’esposizione ad agenti biologici - e di elaborare il DVR (documento di valutazione dei rischi) con la consulenza del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e del Medico competente (MC). E per questa valutazione è importante, oltre alla definizione delle misure di prevenzione e di protezione, “l'individuazione degli operatori esposti al rischio, dovendo essere adottate nei loro confronti specifiche misure tecniche, organizzative e procedurali, secondo quanto disposto dall'art. 272 T.U.” (Misure tecniche, organizzative, procedurali).
Riprendiamo brevemente alcune indicazioni tratte dal documento, approvato dal DGR 1875/2014, “Prevenzione e sorveglianza della tubercolosi negli operatori sanitari”.
Dopo aver riportato gli estremi dell’obbligo di valutazione di tutti i rischi, come indicati nel TU, il documento ricorda che la valutazione del rischio tubercolare va effettuata:
- “in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro;
- in occasione del riscontro di un caso di tubercolosi di origine lavorativa;
- in occasione del riscontro di un caso di tubercolosi anche non di origine lavorativa in un operatore sanitario; a tal fine il lavoratore e tenuto a comunicare questa informazione al MC;
- in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata”.
La valutazione del rischio (VdR) deve inoltre essere svolta a più livelli:
- a livello di struttura socio-sanitaria, ovvero di Presidio ospedaliero;
- a livello di struttura complessa, ovvero Unità Operativa entro il Presidio;
- a livello di sottostruttura dell'Unita Operativa (es. degenza, piastra operatoria, servizio in cui si svolgono attività a rischio - es. broncoscopia, ambulatorio, ecc.)”.
Riportiamo poi alcune indicazioni sulle attività lavorative a rischio di trasmissione tubercolare.
Il rischio di contrarre l'Infezione Tubercolare Latente (ITBL) per l' operatore sanitario (OS) dipende dal “diverso combinarsi di:
- contagiosità del paziente;
- mansioni comportanti contatto stretto (attività assistenziali dirette, ravvicinate e ripetute) o regolare (la maggior parte delle normali attività assistenziali) con il paziente;
- durata complessiva dell'esposizione alla fonte di contagio;
- circostanze ambientali sfavorevoli (ambienti di dimensioni ristrette, con areazione e ventilazione limitate, o impianti di trattamento dell’aria con ricircolo anche parziale);
- assistenza al paziente prestata senza adottare le Procedure Assistenziali di Sicurezza (PAS), ed in particolare senza indossare i Dispositivi di Protezione Individuali (DPI) per la protezione respiratoria: i Facciali Filtranti di Protezione di classe 2 o 3 (FFP2 o FFP3)”.
Si ricorda poi che il Mycobacterium tuberculosis “non si trasmette per contatto diretto, bensì per via aerea, e che rimane sospeso in aria e viene trasportato dalle correnti anche a notevole distanza dal punto di emissione, rimanendo vitale a lungo nell’ambiente”.
Rimandando ad una lettura integrale del documento, riportiamo per concludere un breve elenco, non esaustivo, delle attività assistenziali e diagnostiche a maggior rischio:
- “tutte le procedure diagnostiche o terapeutiche che inducono tosse o aerosol infetti vanno considerate come a maggior rischio di trasmissione TB se effettuate senza gli adeguati FFP, ed in particolare: broncoscopia ed endoscopia delle vie aeree superiori; manovre di rianimazione cardio‐respiratoria ed intubazione; aspirazione endotracheale; induzione dell'escreato; trattamento con aerosol; irrigazione di ascessi aperti o di altre lesioni tubercolari aperte; interventi chirurgici su organi sede di infezione (polmone, rene, apparato osteoarticolare, eccetera); indagini diagnostiche istopatologiche a rischio, compresa autopsia; indagini microbiologiche a rischio; attività ripetuta di fisioterapia respiratoria”. Gli OS che “hanno effettuato tali procedure senza gli adeguati FFP su pazienti con diagnosi di TB contagiosa sono considerati “Contatti” al fine della sorveglianza sanitaria (SS). Con “contatto” si fa riferimento a persona “che ha condiviso lo stesso spazio con persona con TB contagiosa con modalità tali, e per un tempo sufficientemente lungo, da rendere possibile la trasmissione di Mycobacterium tuberculosis”.
Inoltre:
- “anche gli OS che hanno operato senza gli adeguati FFP nell’area di permanenza di pazienti con diagnosi di TB contagiosa nella struttura di ricovero o di diagnosi (zona potenzialmente contaminata) per un periodo superiore alle 8 ore sono considerati ‘Contatti’ al fine della SS”;
- “ulteriori fattori di rischio, quali la particolare contagiosità del paziente segnalata dal laboratorio di microbiologia e/o particolari circostanze durante l’assistenza e/o la mancanza di adeguati ricambi d’aria, potranno essere presi in considerazione per definire ‘Contatti’ gli OS che hanno operato nella zona potenzialmente contaminata anche per un periodo inferiore alle 8 ore”.
Tiziano Menduto
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