Sicurezza sul lavoro: un nuovo anno tra speranze e realtà
Il bilancio dell’anno appena passato dovrebbe portare, alla luce di quanto accaduto, a pensare e progettare la sicurezza sul lavoro per l’anno 2020 ed anche i prossimi. Nulla però di tutto ciò avviene.
I dati statistici degli infortuni accaduti sono sempre utili per riflettere, ma questi bilanci non si possono basare solo ed esclusivamente sui numeri. Del resto neppure i dati sono completi, esaurienti ed utili. Abbiamo, per semplificare, 22 sistemi di analisi dei dati. 19 Regioni e due provincie autonome, tramite le ASL (e le differenti terminologie di ATS in Lombardia ed in Sardegna, ULSS in Veneto, APSS nel Trentino, AS a Bolzano, USL in Emilia Romagna e Toscana, AUSL in Umbria e a Pescara (mentre dell’Abruzzo si chiamano ASL), ASUR nelle Marche, ASREM nel Molise, ASP in Calabria ed in Sicilia. Ogni regione fa a sé. Spesso non vi sono dati statistici completi a livello regionale né tantomeno un sistema unitario tra le stesse regioni.
Vi è poi l’INAIL, unico ente che presenta i dati a livello nazionale, regionale e provinciale. Vi sono alcune critiche rivolte all’INAIL per come vengono elaborati i dati ma ci si dimentica che l’INAIL è un ente di assicurazione e quindi i dati seguono il sistema assicurativo.
Ciascuno, insomma, ha propri sistemi di rilevamento e pertanto, spesso, questi dati rimangono solo numeri. Quanto era chiara la lezione di Kurt Lewin allorquando sosteneva che una ricerca di dati che non produce una azione conseguente è destinata a restare un volume negli scaffali (!).
Nell’accozzaglia dei dati una cosa però è chiara: gli infortuni aumentano e non si conosce quali sono o siano state le azioni di prevenzione. Per carità di patria, non parliamo del SINP (Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione) che dopo 11 anni ha prodotto solo decreti, commissioni e tanta carta.
In questo quadro sconclusionato dove si è persa l’idea di sistema paese-nazione si sono maggiormente ed ulteriormente aggravate le differenze, da ogni punto di vista, tra nord e sud. A questo storico disequilibrio nazionale, nel campo della salute e sicurezza sul lavoro, si è aggiunta una ulteriore divisione. Questa volta non più tra nord e sud ma tra le aziende medie e grandi e le microimprese che, con meno di 9 dipendenti, rappresentano il 45,3% delle aziende italiane.
A dieci anni dall’entrata in vigore del D. Lgs. 81/2008 questo divario risulta sempre più evidente senza proposte non dico di soluzione ma anche solo di inizio di presa in seria considerazione di questo problema.
L’Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro ( AiFOS), pur senza velleità di sostituirsi agli organi istituzionali, ha realizzato una ricerca-monitoraggio sull’ applicazione del D. Lgs. 81/2008 a dieci anni dalla sua entrata in vigore, il quale ha portato chiare evidenze di questa situazione. L’unico monitoraggio sulla salute e sicurezza era stato effettuato a dieci anni dopo il noto Decreto 626 del 1994 a cura delle Regioni. Persa la spinta propulsiva di una azione a livello nazionale ogni Regione è andata per conto proprio aumentando la burocrazia e le incombenze con: delibere, determine, circolari e via dicendo.
Bisognerebbe chiedersi, con serietà, che cosa di utile hanno apportato al sistema della sicurezza tutti questi interventi a fronte di un quadro che vede i morti e gli infortuni sul lavoro in costante aumento?
La nuova divisione sociale del lavoro, senza scomodare Durkheim, è ormai rappresentata non solo dal lavoro ma delle ore di lavoro che diminuiscono e con esse l’insicurezza sulla salute e la sicurezza dei lavoratori. Nelle aziende strutturate management e sindacati dei lavoratori hanno organizzato quello che possiamo definire il “controllo sociale”, la sicurezza fa ormai parte del sistema produttivo ed organizzativo. Dall’altro lato, come evidenzia la ricerca dell’AiFOS, nelle microimprese la sicurezza è ridotta, quando va bene, ad assolvimenti di legge solo formali fatti di carte ed attestati (quando non sono fasulli) dove non vi è alcuna sostanza.
L’azione più fallimentare è sicuramente quella della formazione che rappresenta il primo ed utile strumento per una azione di prevenzione.
Cosa fare in questa situazione? Non rientra nelle priorità cambiare il D. Lgs. 81/2008 (anche se alcune modifiche sarebbero utili ed immediate per la sua semplificazione ed applicazione) e neppure invocare la decina di decreti che ancora devono essere emessi a dieci anni di distanza. Forse sarebbe più utile pensare a meno decreti che parcellizzano l’azione della legge e a rivedere molti decreti emessi. Basti pensare ai 5 Accordi Stato Regioni sulla formazione di cui da anni si parla (e nessuno si prende la briga di iniziare) per una loro unificazione che però deve essere unificata con altri decreti e a normative previste dalla legge. Altre 5 norme sulla formazione sono previste da decreti differenti e non avrebbe alcun senso riordinare gli Accordi Stato Regioni tralasciando gli altri decreti. Ne verrebbe fuori un’anatra zoppa!
E allora molliamo tutto? Speriamo che qualcuno si muova per fare qualcosa?
No. Non si molla per niente e la speranza non è la fiduciosa attesa di qualche cosa di desiderato. Piuttosto la speranza deve essere riposta in noi stessi per continuare con serietà, caparbietà, interessi e stimoli nuovi a fare bene il nostro lavoro ogni giorno per tutti i giorni.
Il link per conoscere eventi, corsi e iniziative organizzati dall’associazione AiFOS.
Per informazioni e iscrizioni:
Direzione Nazionale AiFOS - via Branze, 45 - 25123 Brescia c/o CSMT, Università degli Studi di Brescia - tel.030.6595031 - fax 030.6595040 www.aifos.it - segreteria@aifos.itI contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.
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Rispondi Autore: Danilo Rigoli- RSPP e Formatore per la Questura di Belluno - likes: 0 | 10/01/2020 (07:36:20) |
Buongiorno, lo scritto riassume, in sintesi, quello che è stato fatto e ciò che resta da fare in un'ottica pragmatica necessaria per non far rimanere la sicurezza in un punto statico e inutile. Pertanto, l'articolo si pone come faro per un'azione volta a migliorare gli interventi, anche con il contributo dei singoli imprenditori o, comunque, operatori della sicurezza sensibilizzandoli a spendere risorse nella formazione quale strumento per ridurre gli incidenti o mancati infortuni. In conclusione, il Dott. Rocco Vitale con l'articolo in questione sensibilizza tutti gli attori a operare nell'interesse generale, in particolare dei lavoratori sia come fruitori del sistema sicurezza sia come attori. Grazie per il Suo contributo! |
Rispondi Autore: ALDO BELLI - likes: 0 | 10/01/2020 (09:47:43) |
"Nelle aziende strutturate management e sindacati dei lavoratori hanno organizzato quello che possiamo definire il “controllo sociale”, la sicurezza fa ormai parte del sistema produttivo ed organizzativo. Dall’altro lato, come evidenzia la ricerca dell’AiFOS, nelle microimprese la sicurezza è ridotta, quando va bene, ad assolvimenti di legge solo formali fatti di carte ed attestati (quando non sono fasulli) dove non vi è alcuna sostanza." Come direbbe un noto personaggio: "Si faccia una domanda e si dia la risposta". Io, che vivo tra le microimprese e che faccio formazione (evito la modestia e le assicuro che la faccio seriamente o, perlomeno, ci provo da almeno 25 anni), la risposta me la dò tutti i giorni e, le assicuro, si fa molta fatica a "continuare con serietà, caparbietà, interessi e stimoli nuovi a fare bene il nostro lavoro ogni giorno per tutti i giorni", soprattutto quando ho a che fare con chi è distante anni luce dal mondo del lavoro "in bottega". La speranza, citata in titolo al suo articolo, è che chi mi consente di lavorare continui ad esistere anche nel 2020 e negli anni che verranno. I segnali, in questo senso, purtoppo, non sono certamente positivi e chi approccia oggi questo lavoro, stante l'attuale situazione economico-politica, non è messo certamente, dalle vigenti normative, nella condizione di ben operare. Concludo, dicendo che per molte aziende e, conseguentemente, per molti lavoratori, oggi il problema è ... lavorare (altoforno 2 di ILVA docet, tornando all'esempio "virtuoso" delle grandi e medie imprese). |