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Semplificare per fare più sicurezza nei luoghi di lavoro
Le opinioni sulle strategie in grado di rendere più efficace e attuabile la normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro non sempre sono convergenti. Se una delle tendenze normative – anche in relazione all’approvazione della legge di riforma del lavoro, il cosiddetto “ Jobs Act” - è quella di semplificare molti aspetti che pesano sulle aziende e sugli attori della sicurezza aziendale, diversi interlocutori si chiedono se le semplificazioni della normativa non abbiano anche ricadute negative sui livelli di tutela.
In ogni caso la gestione della salute e sicurezza nelle aziende deve essere svolta innanzitutto da un punto di vista sostanziale prima ancora che formale e purtroppo ci sono ancora innumerevoli forme di documentazioni, notifiche, comunicazioni, che rendono difficile il percorso delle imprese verso una prevenzione efficace.
Secondo l’Avv. Lorenzo Fantini, Direttore dei Quaderni della Sicurezza AiFOS, occorre un approccio pratico “alle criticità di regole e procedure che favorisca la comunicazione tra lavoratori, aziende e operatori della sicurezza (primi tra tutti i formatori)”. E, continua il Prof. Rocco Vitale, Presidente di AiFOS, in realtà “semplificare significa introdurre elementi di chiarezza e sistematicità nell'ordinamento, intervenendo non solo sulla quantità delle leggi ma sulla loro qualità, al fine di contribuire alla competitività e allo sviluppo del Paese”.
Proprio per dare un’occasione di confronto costruttivo sul tema delle semplificazioni, l’Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro (AiFOS) organizza per il 25 marzo 2015 a Roma il convegno di studio e approfondimento “LA SEMPLIFICAZIONE PER FARE PIÙ SICUREZZA”. Un convegno in cui saranno trattati sia gli aspetti correlati alla semplificazione della normativa vigente, sia gli aspetti che riguardano comunque una gestione meno complessa di organizzazioni e processi.
Il confronto sarà poi reso più interessante dalla formula scelta per stimolare il dibattito e le risposte dei relatori. Infatti il convegno avrà un moderatore, il giornalista Marco Michelli, che riporterà al convegno osservazioni, domande, dubbi e richieste di chiarimenti che chiunque potrà presentare via mail entro il 6 marzo.
Ricordiamo che sono diverse le semplificazioni che in questi anni sono state approvate o sono in via di approvazione in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ad Ad esempio le semplificazioni (gestione rischi da interferenze, valutazione dei rischi, modelli semplificati per i cantieri edili, …) dovute al Decreto Legge n. 69 del 21 giugno 2013, il cosiddetto “ Decreto del Fare”, convertito, con modifiche, dal Parlamento con Legge n. 98 del 9 agosto 2013. O anche il recente “ Jobs Act” che prevede una vera e propria delega per future modifiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
E tra i principi e criteri di queste modifiche si fa riferimento alla “razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti” e alla “eliminazione e semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle norme interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi”.
Il convegno “LA SEMPLIFICAZIONE PER FARE PIÙ SICUREZZA” del 25 marzo 2015 si terrà dunque a Roma dalle 14.00 alle 18.00 presso il Centro Congressi Confcommercio, c/o Sala Solari, piazza G.G. Belli 2.
Questo il programma del convegno:
Apertura dei lavori
- Francesco Naviglio, Segretario Generale AiFOS
Interventi
- Jole Vernola, Direttore Centrale Politiche Lavoro e Welfare - Confcommercio
- Lorenzo Fantini, Direttore Quaderni della Sicurezza AiFOS
- Giannunzio Sinardi, Esperto di processi formativi
- Lucia Isolani, Medico del Lavoro ASUR Marche SPSAL Macerata, Medico Legale
- Alberto Andreani, Esperto SGSL, componente Commissione Interpelli Ministero del Lavoro
Moderatore: Marco Michelli
Dibattito e Conclusione dei lavori
- Rocco Vitale, Presidente AiFOS
Si ricorda che il convegno è gratuito, ma con iscrizione obbligatoria.
A tutti i partecipanti al Convegno verrà consegnata una copia del “Quaderno della Sicurezza AiFOS” Q1 2015 e un Attestato di presenza valido per il rilascio di n.2 crediti di aggiornamento per formatore della sicurezza, area normativa.
Eventuali domande, idee, proposte possono essere fatte presenti scrivendo una e-mail entro venerdì 6 marzo all’indirizzo redazione@aifos.it.
Per informazioni e iscrizioni:
Sede nazionale AiFOS: via Branze, 45 - 25123 Brescia c/o CSMT, Università degli Studi di Brescia - tel.030.6595031 - fax 030.6595040 www.aifos.it - convegni@aifos.it
Fonte: Ufficio Stampa AiFOS
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Rispondi Autore: Fabrizio Benedetti - likes: 0 | 27/02/2015 (15:07:22) |
Certo un tema importante. A volte però mi domando dove si trovi una reale semplificazione. Solo in pochissime occasioni siamo davanti a vere semplificazioni. Più spesso abbiamo delle standardizzazioni che risultano di applicazione più difficile dell'applicazione tradizionale. In altri casi si ipotizza, farse meglio dire, si sogna, di poter evitare qualcuno degli adempimenti obbligatori. Questo non è possibile è mai lo sarà. Forse dovremmo iniziare a fare le cose bene. Oppure vogliamo continuare a sognare che sia possibile svicolare? |
Rispondi Autore: mauro tripiciano - likes: 0 | 27/02/2015 (16:39:41) |
Purtroppo la sicurezza è intesa come un cumulo di adempimenti da eseguire e documentare a prova di ispettore. Proviamo a pensare al contrario. Il DVR è IL vero contratto operativo tra Datore di Lavoro e lavoratore perché definisce le modalità di esecuzione del lavoro: trasformiamolo in un documento che deve essere obbligatoriamente consegnato e spiegato al lavoratore per quanto lo riguarda, come se fosse un DPI; chiediamo agli ispettori di verificare questa conoscenza più che la completezza formale della copiatura delle norme dal web...... |
Rispondi Autore: Fancesco B. - likes: 0 | 27/02/2015 (19:15:44) |
A mio parere in questo caso semplificare non significa "tagliare", ma riscrivere dalla radice il TU, rendendolo leggibile anche ai non addetti ai lavori. Mi sono chiesto molto spesso comevi nostri cugini europei abbiano recepito la direttiva madre; dalle poche notizie in mio possesso in Francia e Germania l'omologo del TU è costituito da poche decine di aticoli, in altri stati non si è fatto altro che fare riferimento alla direttiva madre e alla direttive applicative (es. rumore) senza riscrivere atti legislativi che brillano per chiarezza ed impostazione. Gli svizzeri, che "eurouniti" non sono, ma sono maestri di pragmatismo, si basano su pochi concetti chiari e distinti e su un sistema ispettivo e sanzionatorio efficace...noi abbiamo voluto riscrivere la direttiva, stravolgendola, e, anche peggio, l'abbiamo fatta riscrivere a incompetenti (nel senso che non erano competenti in materia). Il TU è sotto molti aspetti figlio della fretta, dell'opportunismo politico e dell'emozione, nella cui formulazione ha contato di più l'aspetto formale che non la sostanzialità e il pragmatismo. Alle volte sono maligno, ma come disse qualcuno ad esserlo spesso ci si azzecca, nel senso che mi sembra più una legge pensata per eludere che per essere efficace, fatta da avvocati per essere letta da avvocati. In sostanza che fare? Riscrivere tutto il TU, ma questa volta facendolo fare a chi realmente fa sicurezza: i tecnici, i fabbricanti di macchine, gli ispettori, ed escludendo (provocatorio voglio essere) politici, avvocati e magistrati, perchè troppo avvezzi a muoversi tra gli aspetti formali e cartacei. Bisogna lasciare da parte anche ogni ideologia, l'idea che la sicurezza rientri nello scontro di classe, retaggio di una cultura dell'altro secolo che purtroppo impregna ancora molti protagonisti in questo campo, dagli ispettori e tecnici ASL ai giudici, e anche ai lavoratori. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 27/02/2015 (20:21:05) |
Il bello è che in Italia vogliamo far "semplificare" agli stessi che hanno "complicato". Cambiano i politici ma i tizi che hanno scritto ed adesso sono incaricati di semplificare, sono sempre gli stessi. |
Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0 | 28/02/2015 (10:23:37) |
Voglio aggiungere altra legna al fuoco del dibattito. Ho trovato il Code du Travail francese, che comprende tutta la sezione dedicata a sicurezza e salute, suddivisa in due sezioni: principi generali e parte regolamentare. L'impostazione è molto fruibile: articoli nella maggior parte non più lunghi di 4 o cinque righe che, con linguaggio diretto e comprensibile, indicano il da farsi. La parte regolamentare ha un'impostazione simile. Ho navigato un po' nella sezione dedicata al rischio chimico, ho scoperto ad esempio che già recepisce organicamente il REACH. Qualche esempio senza commenti. L'omologo dell'articolo 26: Article L4121-5 Lorsque dans un même lieu de travail les travailleurs de plusieurs entreprises sont présents, les employeurs coopèrent à la mise en oeuvre des dispositions relatives à la santé et à la sécurité au travail. L'omologo del decreto sugli spazi confinati Article R4412-22 Lors de travaux susceptibles d'exposer à des gaz délétères dans des espaces confinés tels que les puits, conduites de gaz, canaux de fumée, fosses d'aisances, cuves ou appareils quelconques, les travailleurs sont attachés ou protégés par un autre dispositif de sécurité. Il riferimento al REACH Article R4411-1-1 Les règles de classification, d'étiquetage et d'emballage des substances et mélanges dangereux sont définies par le règlement (CE) n° 1272/2008 du Parlement et du Conseil du 16 décembre 2008 relatif à la classification, à l'étiquetage et à l'emballage des substances et des mélanges et par le présent chapitre pour l'application des directives communautaires et s'appliquent selon les modalités définies à l'article 61 du règlement (CE) n° 1272/2008 du Parlement et du Conseil du 16 décembre 2008. Credo che questa impostazione sia molto efficace, perchè pragmatica. Come si può notare non si parla di DUVRI o altri adempimenti formali, si dice tu fai quello che ti dico e basta. Perchè non siamo capaci di avere un simile approccio o non andiamo in questa direzione? Vorrei una risposta non da parte di chi come me cerca di fare sicurezza nella pratica, ma da chi da un punto di vista diverso del mio, può darmi ragione della nostra incapacità di fare buone leggi. |
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 28/02/2015 (13:05:01) |
Diciamo che l'Italia è un Paese particolare..... Per quanto riguarda le "regole" in tema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si può dire che: "In Italia si chiede di scrivere ciò che si dovrebbe fare senza poi controllare che ciò sia stato fatto; in altri Paesi UE, si chiede di fare, senza il bisogno di scrivere, e poi si controlla che ciò sia stato fatto." In Francia il Code du Travail si limita agli indirizzi generali mentre l'INRS definisce le modalità di applicazione (basta andare sul sito dell'INRS per averene prova). Stesso discorso con HSE in Gran Bretagna. In Italia, grazie ad una sentenza della Cassazione di più di 30 anni fa, nel settore della sicurezza elettrca siamo i primi in Europa (ed anche nel mondo). Non sarà un caso che la "regola dell'arte" come sancito dalla citata sentenza, la definisce il CEI che, guarda caso è privo dei normoburosauri che affollano ministeri e gruppi di lavoro della CSR? |
Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0 | 01/03/2015 (17:44:20) |
Gentilissimo Carmelo, appoggio in pieno il tuo intervento. Il sito dell'INRS, che consulto spesso, è un altro bell'esempio di pragmatismo, completezza e facilità di comprensione, come del resto il SUVA, e una qualunque persona che abbia un minimo di competenze è in grado di utilizzarlo, al contrario della nostra legge che richiede più dimestichezza con il legalese che con gli aspetti tecnici. Verissimo, la legge 186/68 (quella che definisce la regola d'arte) è una splendida legge: due(!!!) articoli chiari, concisi, esaustivi e che non richiede sforzi interpretativi perché non scritta in legalese. Un tempo sapevamo fare leggi utili, vedi anche il "mitico" 547, ora sappiamo solo fare leggi che creano solo tonnellate di adempimenti formali. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 01/03/2015 (18:20:00) |
Il problema è che chi "legifera" non ha alcuna idea su cosa legiferando. Penso sia emblematico quanto indicato dal collega Luca Mangiapane in un post di commento ad un articolo sugli spazi confinati pubblicato su Punto Sicuro il 22 dicembre 2014 e relativo al "modus legiferandi" tipico dello stivale italiota. Scrive il collega: In questo Paese da un po' di anni vige questa procedura: 1) Esiste una legge più o meno sensata, ma che comunque se applicata permetterebbe di evitare infortuni gravi; 2) Chi lavora non sempre rispetta la legge; il non rispetto delle legge a volte comporta degli infortuni gravi; 3) Quando ci sono casi eclatanti, i media danno enfasi a questi incidenti; 4) I politici, che non sanno nulla di quelle che sono le leggi vigenti sulla sicurezza sul lavoro, pensano che non esistano leggi sulla sicurezza e se esistono non sono adeguate; quindi per placare l'opinione pubblica e/o per cavalcare l'onda mediatica ritengono necessario provvedere immediatamente fare delle nuove leggi che evitino il ripetersi degli eventi; 5) I politici chiedono ai loro organi tecnici di fare queste leggi; questi organi tecnici raramente hanno tra le loro fila delle persone che professionalmente hanno conoscenza della materia su cui sono chiamati a lavorare; tra l'altro pensano che se loro che si trovano in quella posizione di super esperti non conoscono bene la materia, allora vuol dire che nessuno in giro per il mondo ha mai affrontato il problema e quindi si deve sempre partire da zero; dato che partendo da zero non hanno un punto a cui appigliarsi, procedono nell'unico modo che conoscono e cioè amplificando la burocrazia senza mettere nulla che aumenti veramente la sicurezza e generando degli oggetti molto vaghi e confusi; la vaghezza e la confusione è fatta ad arte per impedire di capire che chi ha scritto non aveva le idee chiare su che cosa stava scrivendo; 6) Il parlamento, il governo, il presidente della repubblica approvano la legge senza neppure sapere di che cosa si stia parlando; 7) Una volta che la legge diventa operativa, la sua vaghezza e confusione non ne permette una interpretazione univoca (come invece dovrebbe essere) e quindi partono le interpretazioni da parte degli organi di vigilanza, dei magistrati, degli esperti e soprattutto da parte di chi questa legge l'ha scritta (!!!) e qui si legge tutto e il contrario di tutto; a volte gli organi di vigilanza non contenti di quello che è stato fatto nei punti precedenti si danno delle loro linee guida o di indirizzo che sono ancora diverse o più restrittive di quello che richiede la legge, contribuendo in questo modo all'aumento della confusione. 8) Chi deve applicare la legge non capisce più niente di quello che succede e procede cercando di capire chi è che sta dicendo le cose giuste; normalmente in questi casi la paura fa sì che chi le spara più grosse e che quindi è per la repressione totale e per la burocrazia asfissiante, abbia ragione. 9) Quando la paura fa poi 90, anche chi si trova ad applicare la legge cerca di diventare più realista del re e quindi cerca di aumentare ancora di più la restrizione, perché non si può mai sapere come la penserà chi si troverà a valutare le cose nel caso in cui queste andassero male. 10) L'utente finale della legge, che è l'impresa o l'ente e il lavoratore e che mentre succede tutto quello di cui ai punti precedenti stava facendo dell'altro, la legge non sa neanche che esiste e quindi continua a fare come prima continuando a non applicare la legge di cui al precedente punto 1. Quindi, condividendo tutto quanto ha scritto Luca, non posso che dire che c'è da farsi poche illusioni sulle capacità di legiferare e semplificare in modo oculato da parte del Parlamento visto lo spessore e la consapevolezza situazionale di chi, in concreto, scrive le leggi. |
Rispondi Autore: mauro tripiciano - likes: 0 | 02/03/2015 (00:09:02) |
apprezzo il commento di Catanoso, ma purtroppo c'è anche altro:pensatea quello che siamo riusciti a combinare con la valutazione del rischio da stress lavoro correlato, per la quale esiste la linea guida INAIL: gli ispettori controllano l'aderenza formale alla guida! Idem per la formazione obbligatoria, regolata dall'accordo stato-regioni: si bada alla formalizzazione e per niente all'efficacia! Temo che ci siano problemi anche nella qualità degli organi di vigilanza e in quella dei processi, in cui spesso, ancora una volta, si bada più alla lettera della legge che al suo intento (ma non è la caratteristica del diritto romano?). Concludendo: cerchiamo di fare qualcosa di pratico; insisto che la chiave per la semplificazione è cortocircuitare il sistema forzando l'utilizzo di DVR, DUVRI ecc tra gli operai alla cui sicurezza sono dedicati; tutto il resto è "fuffa"; i controlli dovrebbero concentrarsi sulla conoscenza e sull'uso di questi strumenti in campo. |
Rispondi Autore: Harleysta - likes: 0 | 02/03/2015 (08:13:31) |
...probabilmente verrà promulgata una nuova legge e istituito ad hoc, un comitato di semplificazione, inoltre verranno istuite linee guida per l'attuazione di tutto ciò... - il dott. Catanoso ha centrato il problema. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 02/03/2015 (09:21:00) |
E pensare che sullo stress lavoro correlato con la mia collega strizzacervelli ci mettiamo pure a fare i focus group con quelle aziende nostre clienti che hanno capito l'importanza e il potenziale impatto che esso può avere sia in termini sociali che economici. In merito alla preparazione media del personale ispettivo segnalata da Tripiciano, stendiamo un velo pietoso. L'impatto maggiore lo si ha quando, in seguito a reati d'evento, le relazioni al PM tendono a coinvolgere "a prescindere" soggetti come RSPP e CSE in base a visioni molto personali della condotta giuridica attesa/pretesa da parte di questi soggetti. In fase di udienza preliminare i GIP sono ormai abituati a rimandare tutti a giudizio (tanto ci penserà il Giudice) e non perdono tempo in analisi più approfondite. A quel punto si va in giudizio e lì dipende dalla strategia difensiva adottata dal difensore e dal consulente tecnico oltre, naturalmente, al livello di conoscenza specifica del Giudice. Chi finisce in questo vortice, diventa un gran consumatore di maalox per almeno 2 − 3 anni (questo è il tempo che ci vuole per un giudizio di primo grado). Se ti sei giocato bene le tue carte, cominciando alla scelta di chi ti deve difendere (avvocato e consulente tecnico), hai avuto la fortuna di trovare un Giudice che "si legge le carte" e soppesa attentamente i fatti, allora le probabilità di venirne fuori ci sono. Pensiamo alla "costituenda" nuova Agenzia Unica Ispezioni. Sulla carta ci sono 5982 unità addette a tale funzione. Hanno pensato ad incrementare le competenze di tali soggetti? Anche questo servirà per demolire l'approccio diffuso che vede la sicurezza sul lavoro come un insieme di norme e procedure che non produce valore alcuno e, anzi, va costituire un ostacolo alle attività lavorative. |
Rispondi Autore: Francesco B. - likes: 0 | 03/03/2015 (09:19:57) |
Secondo l'aforisma di una persona di mia conoscenza qundo non si vuele risolvere un problema si crea un comitato... |