Per un anno di riflessione in materia di sicurezza
L’anno che ci lasciamo alle spalle non ha fatto registrare grandi passi in avanti sui temi della salute e sicurezza sul lavoro. Abbiamo assistito ad un aumento degli infortuni ed al silenzio, che ormai si protrae da alcuni anni, da parte delle istituzioni e del Ministero del lavoro.
L’unica voce è stata “Striscia la notizia” che rendendo noto quanto tutti sanno sugli attestati falsi, ne ha dato notizia con la sua incisiva e pungente satira. Il video ha fatto il giro dei social, producendo tantissimi “mi piace”, commenti e condivisioni. Come al solito, il silenzio generale delle istituzioni, degli organismi di controllo e di vigilanza non ha contribuito a rassicurare coloro che, lavorando correttamente, pensavano - ingenuamente - che queste denunce servissero a bloccare il mercato fasullo della formazione alla sicurezza.
Che in Italia, come del resto anche in altri paesi, vi sia e non da oggi un mercato di finti attestati è cosa tristemente nota. Però, in Italia, abbiamo raggiunto il primato dei “falsi” legittimato da norme e tanta carta per inventare associazioni di datori di lavoro che sono aziende private, associazioni di lavoratori che sono fatte da imprenditori e via di questo passo. Una deriva figlia del Decreto Legislativo 81/2008 e dei successivi Accordi Stato-Regioni.
Non si è mai voluto affrontare con serietà la questione dei soggetti formatori dove non esiste nessuna seria verifica da parte delle Regioni sui soggetti da loro accreditati (con sistemi di accreditamento differenti regione per regione). Per quanto riguarda l’altro soggetto, che dovrebbe essere lo Stato, non ve ne è traccia...
Si continua a ripetere che gli ispettori sono pochi (quali? quelli delle ASL? quelli del Ministero? quelli del nuovo Ispettorato Nazionale del Lavoro?) e che l’attività di controllo vada incentivata e incrementata. Certamente è un problema, ma bisogna ricordare che in quasi tutti i paesi europei vi è un solo organismo che opera quale “ispettorato del lavoro”. Da noi, mettendoli assieme tutti, vi sono tanti ispettori e poche ispezioni. Al di là della buona volontà e delle capacità dei singoli, il sistema non funziona per carenza di formazione interna e di professionalità, e come spesso accade alla prevenzione si predilige la sanzione pensando che bisogna avere ancora più ispettori, tante sanzioni, tante multe, tante verifiche, tanti arresti.
In realtà poco o nulla succede di tutto ciò: pochi episodi isolati, condanne sanzionate dalle prescrizioni lasciando così fiorire e prosperare il mercato della formazione illegale e degli attestati fasulli.
La soluzione non è semplice, né risolvibile nel breve periodo. Quello che manca e non si vede è, sicuramente, la volontà politica per affrontare questo problema che non può essere demandato alle burocrazie pubbliche centrali o periferiche. Ogni volta che l’Inail presenta i dati sugli infortuni o quando la stampa dà spazio a qualche tragico incidente sul lavoro si levano sdegnate le voci che chiedono di aumentare la “cultura della sicurezza”. Belle parole cui non seguono comportamenti conformi e coerenti.
In Italia tutti i cittadini sanno, anche chi non se ne è mai occupato, che il Ministro del lavoro (e quindi della sicurezza sul lavoro) è Giuliano Poletti. Agli stessi cittadini si potrebbe chiedere: come si chiama l’Assessore della propria Regione che si occupa della sicurezza sul lavoro? Io personalmente non lo so: risponderei che questo argomento compete un po’ all’Assessorato alla Sanità ed un po’ a quello al Welfare. La situazione è che le Regioni hanno competenza sulla formazione professionale (con gli Assessorati al lavoro ed alla formazione) e sulla sanità, tramite le ASL (di competenza degli Assessorati alla sanità). Negli Accordi Stato-Regioni si sono assommate confusamente le due cose con risultati evidenti a tutti.
Dicevo che non si è mai voluto affrontare, con serietà, il problema dei soggetti formatori, cui bisogna aggiungere la qualificazione dei docenti. Si tratta di cambiare la visione delle cose e considerare questi soggetti come una risorsa e con come gli “avversari” (è vero che gli attestati fasulli sono emessi da enti farlocchi, ma vi sono anche i soggetti “seri”).
Una attenta analisi delle condizioni che autorizzano lo svolgimento della formazione e della condizione di soggetti legittimati, a tutti i livelli, potrebbe trasformare in preziosi collaboratori gli enti formativi. Certo, a questo punto dovrebbero essere i soggetti formatori ad essere controllati (e molto bene), ma saranno questi stessi soggetti a svolgere una formazione etica e corretta emettendo attestati validi e controllando la qualificazione dei docenti.
La cosa non è nuova. Nella scuola avviene lo stesso laddove alle istituzioni pubbliche si affiancano le scuole private che sono controllate dal Ministero. Lo stesso Ministero del lavoro autorizza i soggetti abilitati per l’effettuazione delle verifiche periodiche delle attrezzature (che una volta erano affidate agli enti pubblici ENPI, prima, ISPESL, poi). Le stesse Regioni con l’originale “accreditamento” individuano i soggetti autorizzati allo svolgimento della formazione professionale.
La questione di base sta proprio nell’abuso della “formazione” dove senza controllo si muove un mondo di corsi, lezioni, docenti (nel passato spesso di funzionari pubblici) che, inevitabilmente hanno portato ad aumentare il florido mercato del falso che produce un ottimo business.
Vi sarà il coraggio, e chi l’avrà, per iniziare a riflettere sul serio su questi temi?
Le premesse non ci sono e né si vede una luce, o una fiammella, accesa. Anzi il tutto sta andando nella direzione opposta. Per stare agli ultimi avvenimenti, ovviamente a creare confusione e più carta con meno sicurezza, sono scesi in campo gli ordini professionali con il lodevole (e lucroso) intento dei crediti formativi per conservare l’iscrizione all’ordine. Ovviamente nella patria della carta non è necessario che un ingegnere progetti una costruzione o un giornalista scriva degli articoli: è sufficiente frequentare un corso e l’iscrizione è rinnovata.
Ma il comico (o meglio il tragico) si ha nel campo della sicurezza sul lavoro laddove la formazione dovrebbe essere, almeno, momento di prevenzione se non di vera e propria azione per diminuire gli incidenti ed infortuni sul lavoro (questo sembra diventato un optional).
Il contributo alla sicurezza sul lavoro degli ordini (con norme nazionali e applicazioni locali diversi da provincia a provincia) porta allo svolgimento diretto di corsi di aggiornamento per RSPP, ASPP e Coordinatori. Naturalmente questi corsi sono validi sia per l’aggiornamento obbligatorio previsto dal D. Lgs. 81/2008, sia anche per il mantenimento dell’iscrizione all’Ordine.
La situazione cambia se, però, il corso di aggiornamento in materia di salute e sicurezza viene effettuato da un soggetto formatore. In questo caso se vale per l’aggiornamento di un RSPP, ASPP o Coordinatore il medesimo corso non è valido, per il professionista che lo ha frequentato, in relazione ai crediti formativi da raggiungere per l’iscrizione all’Ordine.
La soluzione proposta, in molti casi, è solo il pagamento di una quota, senza entrare nel merito della formazione svolta e dei suoi contenuti. Basta pagare, sia una tantum e sia per ogni corso, e viene rilasciata la convenzione per svolgere i corsi. E se non è così rifate pure l’aggiornamento per Coordinatore presso l’Ordine e, in questo caso, è valido sia per i crediti dell’iscrizione all’Ordine stesso e sia per il D. Lgs. 81/2008.
Poi, però, vi sono anche in molti Ordini le persone serie che quando un professionista presenta un Attestato (vero) dello svolgimento di un corso di aggiornamento per Coordinatore lo ritengono valido ai fini dei crediti formativi dell’iscrizione all’Ordine. Rari casi che fanno scuola, da perseguire, ma che a livello nazionale non vengono né promossi né tantomeno diffusi.
Si chiude un anno difficile e desolante quasi invocando le parole del Divin Poeta “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”. Ma non tutto è perso. Dante non ci ha messo nell’Inferno ma nel canto VI del Purgatorio e da qui, con pazienza e penitenza (che per noi vuol dire serietà, etica, lottare passo passo per fare più sicurezza e meno carta, per una formazione sostanziale e non del mero adempimento formale) si può sperare di passare al girone del Paradiso.
Il link per conoscere e non perdere tutti gli eventi organizzati dall’associazione AiFOS...
Per informazioni e iscrizioni:
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Rispondi Autore: Ettore Togni - likes: 0 | 23/12/2017 (13:07:27) |
Analisi impeccabile. Sottoscriverei ogni parola. Peccato che sia un articolo publiredazionale, cioè una informazione pubblicitaria. Avrei apprezzato molto di più se fosse stato frutto di una intervista al sociologo del lavoro, e non al presidente di una delle tante realtà che cercano soci per la loro veste più nobile e, al tempo stesso, clienti per quella più "operativa". Comunque veramente bravo, come sempre. |
Rispondi Autore: Marco Nadalini - likes: 0 | 08/01/2018 (10:33:05) |
Tristemente vero quanto scritto da Rocco Vitale, (che ho avuto in passato l'onore di conoscere di persona). L'unica aggiunta che mi sento di fare è una domanda: l'atteggiamento futuro degli ispettori sarà di migliorare la situazione pratica oppure, sentendosi da troppo tempo ignorati con parole al vento, subentrerà un'apatia remissiva nei confronti di chi non vuole ascoltare? |