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Sicurezza sul lavoro: la sinergia possibile tra istituzioni e aziende

Sicurezza sul lavoro: la sinergia possibile tra istituzioni e aziende

L’importanza della sinergia tra i Servizi Pubblici di prevenzione nei luoghi di lavoro e le imprese al fine di ridurre infortuni e malattie professionali: i Piani Mirati di Prevenzione e i Programmi Predefiniti. A cura di E. ariano e R. Borgato.

In teoria i Servizi Pubblici di prevenzione nei luoghi di lavoro e le imprese dovrebbero avere l’obiettivo comune di contribuire, nell’ambito delle rispettive competenze, a ridurre infortuni e malattie professionali.

 

Nella pratica questa sinergia è contrastata sia dalla drastica riduzione degli investimenti sui Servizi Pubblici sia dall’atteggiamento difensivo delle imprese. I ridotti investimenti indirizzano le attività dei Servizi Pubblici prevalentemente alla vigilanza e al controllo, a scapito della correzione di situazioni di rischio, gravi, ma comunque affrontabili con soluzioni note e di semplice implementazione. Le imprese si concentrano prevalentemente sul proteggersi dalle azioni repressive, adottando un approccio burocratico, formale, legalistico e astratto.

Si producono così effetti disfunzionali che è necessario correggere.

L'idea che il semplice incremento della vigilanza produca un significativo miglioramento della attività di prevenzione nelle imprese si basa su una grave semplificazione, mai provata da studi di efficacia a medio e lungo termine, secondo la quale basterebbe la “semplice applicazione” delle norme per garantire la gestione sicura dei processi di lavoro. 

 

Ma quasi tutte le attività produttive sono complesse, o comunque fortemente segnate da meccanismi di mercato e di mercato del lavoro e richiedono quindi di essere analizzate e affrontate come tali in modo da condurre a individuare soluzioni migliorative sufficienti, pertinenti e appropriate per favorire processi di crescita organizzativa delle imprese e per evitare errori che possano innescare un pericoloso “effetto farfalla”.

 

Sono innumerevoli gli esempi che dimostrano l’inadeguatezza del dare risposte semplicistiche a problematiche complesse. Nel farlo si spingono i Servizi Pubblici di Prevenzione verso l’impoverimento culturale e la perdita progressiva delle proprie competenze e capacità tecniche e scientifiche, avvitandosi su attività spesso marginali, documentali e auto referenziate. E le imprese, a loro volta, si sentono sempre più incentivate a un approccio formale e difensivo e all’adempimento legislativo, subendo a loro volta un impoverimento professionale delle risorse interne delle strutture aziendali di prevenzione.

 

Purtroppo però la tendenza a semplificare è quella che tende a prevalere, anche per assecondare le istanze sociali presenti nel dibattito pubblico. Esse provengono in larga parte da ambienti sindacali, che, di fronte al rallentamento e, per certi versi, al peggioramento degli indicatori di efficacia della prevenzione, chiedono “più controlli e sanzioni”, senza peraltro specificarne la qualità o gli obiettivi specifici.

 

La mancanza di obiettivi è stata peraltro clamorosamente confermata dall'approvazione della L.215 del 17.12.2021 che, per superare i ritardi e le inadempienze “di sistema”, individua come provvedimento centrale la duplicazione delle competenze tra ASL e Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL). Ciò avviene senza dotare l’Ispettorato di capacità tecniche effettive e senza prevedere alcun potenziamento dei Servizi delle ASL, demandato alle regioni. La legge dunque si limita praticamente a dedicare attenzione “solo” al controllo e alla vigilanza, mentre sarebbe semmai occorsa la definizione di procedure certe di regia e di definizione di strategie di intervento condivise.

 

Questa deriva è purtroppo sostenuta anche dalla definizione prevalente di indicatori di attività per i Servizi di prevenzione, che misurano quasi solo l'attività di vigilanza e repressione, senza peraltro definirne la qualità (copertura dei controlli al 5% delle aziende, proporzione di aziende sanzionate) e quasi mai l'efficacia preventiva -il trend infortunistico generale nel breve è troppo soggetto a variabili di difficile controllo- che invece sarebbe possibile verificare con un buon sistema informativo.


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Il quadro sopra tratteggiato segna quindi una tendenza all'impoverimento di risorse e di contenuti, che però non corrisponde a quanto indicato dalle norme e dai documenti di indirizzo sul tema della salute e sicurezza sul lavoro.

 

In particolare, una lettura integrata del Piano Nazionale Prevenzione 2020-2025 e delle Linee Strategiche UE-OSHA 21-27 permette di delineare un panorama decisamente più articolato.

 

In essi vengono indicate una serie di linee strategiche e di attività in carico ai soggetti privati e pubblici protagonisti della prevenzione, quali:

  • mettere in primo piano i rischi psicosociali, le sostanze pericolose (in particolare amianto, cancerogeni, tossici riproduttivi, piombo, medicinali), gli agenti biologici, il lavoro stagionale
  • promuovere i Modelli di Organizzazione e di Gestione della salute e sicurezza al lavoro e la responsabilità sociale d’impresa
  • prestare attenzione alle micro, piccole e medie imprese e commisurare le attività di prevenzione alle loro dimensioni
  • effettuare percorsi di formazione su salute e sicurezza con formatori di qualità
  • effettuare indagini di igiene industriale, valutazioni ergonomiche e organizzative
  • prevenire le malattie professionali correlate ai rischi attuali
  • avere un approccio «Total worker health» (promozione della salute, buone prassi, prevenzione primaria)
  • contrastare violenze, molestie e discriminazioni
  • gestire l’invecchiamento della forza lavoro
  • promuovere un ambiente di lavoro per tutti (genere, diversità, disabilità)
  • sviluppare il partenariato sociale-sanitario e l’alleanza tra i professionisti
  • sostenere le iniziative di promozione della salute

 

Sul piano organizzativo, in vista della realizzazione di queste linee strategiche, il Piano Nazionale Prevenzione individua due strumenti di grande importanza metodologica, che tutte le regioni devono prevedere all'interno dei loro piani attuativi: i Piani Mirati di Prevenzione e i Programmi Predefiniti.

 

Il Piano Mirato di Prevenzione rappresenta uno strumento innovativo di controllo nelle imprese. Partendo da una programmazione delle attività di prevenzione secondo criteri di priorità di rischio, sviluppa processi volti al miglioramento delle misure generali di tutela e non solo alla verifica dell’applicazione della norma. L’azione dei Servizi si orienta quindi verso il supporto/assistenza al mondo del lavoro e coniuga l’assistenza con la vigilanza.

 

Definisce obiettivi prioritari condivisi con le parti sociali e con le imprese e facilita soprattutto alle piccole e medie imprese, che costituiscono gran parte del tessuto produttivo italiano, l’accesso alla conoscenza, ovvero alla valutazione e corretta gestione dei rischi. In questo modo, al fine di raggiungere. Solo successivamente attiva un'azione sistematica di controllo centrata sugli obiettivi che ha precedentemente definito e condiviso.

 

I Programmi Predefiniti riprendono, sviluppano e rendono obbligatorie su tutto il territorio nazionale le attività che negli anni scorsi erano affidate ai Piani Interregionali di prevenzione. Impongono attività coordinate e coerenti su tutto il territorio nazionale su argomenti di particolare rilevanza: in particolare i Programmi Predefiniti PP7 (agricoltura ed edilizia) e PP8 (Prevenzione del rischio cancerogeno professionale, delle patologie professionali dell’apparato muscolo-scheletrico e del rischio stress correlato al lavoro). In particolare, il Programma Predefinito relativo ad agricoltura ed edilizia, affrontando specifici settori di attività, permette di sviluppare, in sintonia con altri enti e settori della pubblica amministrazione, politiche integrate di indirizzo e controllo, ma anche di sostegno e sviluppo.

 

Queste scelte strategiche sono pienamente in linea con quanto previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) prestazioni che ogni regione deve garantire con il proprio Servizio Sanitario Regionale. Per il livello della “Prevenzione collettiva e sanità pubblica”, relativa all'area di intervento “C Sorveglianza, prevenzione e tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” non sono previsti solo controlli, che peraltro includono anche gli audit, le indagini di igiene industriale, le inchieste per infortuni e malattie professionali, le valutazioni di tipo ergonomico/organizzativo.

 

Tra i compiti rientrano infatti anche:

  • sorveglianza epidemiologica dei rischi e dei danni correlati al lavoro e stesura di report informativi diretti a istituzioni, cittadini e parti sociali,
  • cooperazione del sistema sanitario con altre istituzioni e con le rappresentanze sindacali e datoriali, per la realizzazione di programmi intersettoriali.
  • individuazione di buone prassi per il miglioramento della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e promozione di stili di vita sani nelle imprese,
  • coordinamento e controllo dell'attività di sorveglianza sanitaria su esposti ed ex esposti.

 

Per sviluppare adeguatamente questo approccio strategico e queste attività occorre un patto tra la società civile (associazioni professionali, imprenditoriali, sindacali, organismi paritetici) e la Pubblica Amministrazione che funga da catalizzatore di un processo finalizzato a

  • modernizzare e semplificare le norme, migliorare l’efficienza del sistema istituzionale
  • incrementare la capacità di risposta rapida alle emergenze (es. covid 19)
  • promuovere la cooperazione intersettoriale (Comitati Regionali di Coordinamento, Comitati Paritetici Bilaterali)
  • promuovere la collaborazione scuola-aziende-istituzioni
  • incrementare trasparenza, equità e uniformità delle azioni di vigilanza e controllo
  • potenziare la ricerca attiva delle malattie professionali e lavoro-correlate migliorando le prestazioni mediche specialistiche dei Servizi e costruendo reti inter-specialistiche
  • potenziare la sorveglianza sanitaria e il counselling per gli ex-esposti a cancerogeni, rischi chimici e fisici
  • sostenere il ruolo strategico del sistema della prevenzione aziendale, composto da Datore di Lavoro, RSPP, medico competente, RLS, RLST

 

Strutture Aziendali o Associative e Comitati di supporto alle piccole e micro imprese, dotati delle competenze necessarie, potrebbero contribuire a individuare gli obiettivi di prevenzione condivisi, raggiungibili e misurabili in tempi definiti. Essi andrebbero a costituire l’ossatura di questo e dei futuri Piani Nazionali di Prevenzione che così canalizzerebbero in sinergia risorse pubbliche e private.

 

Il patto dovrebbe prevedere il duplice impegno di imprese e dei Servizi della pubblica amministrazione

Alle imprese, in sintonia con la logica dei piani mirati, spetterebbe l’onere di finalizzare le proprie risorse a sostenere l’azione di prevenzione nelle medie, piccole e micro imprese in modo da conseguire in concreto misure di prevenzione efficaci. Potrebbero impiegare per questo forti competenze interdisciplinari e garantire lo sviluppo di Organismi Tecnici associativi e Organismi Paritetici di qualità

 

I Servizi della pubblica amministrazione, adeguatamente rinforzati per rispondere agli obiettivi di Piano, dovrebbero mettere a disposizione strutture e risorse adeguate per qualità delle prestazioni e per livello organizzativo a erogare tutti i LEA e a perseguire i singoli piani regionali, definendo per ognuna delle prestazioni previste adeguati indicatori di processo e di efficacia.

 

Ma esiste veramente una volontà di muoversi in questa direzione?

 

 

Eugenio Ariano

Renata Borgato

 

 

Ministero della Salute – Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria- Piano Nazionale della Prevenzione 2020 – 2025.





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