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Epidemiologia e prevenzione: come cambia la tutela di salute e sicurezza?

Epidemiologia e prevenzione: come cambia la tutela di salute e sicurezza?

Un intervento presenta utili riflessioni su epidemiologia, partecipazione e prevenzione per la sicurezza e la salute dei lavoratori. Come cambiano gli scenari di esposizione e la gestione del rischio.

Brescia, 15 Feb – In tempi di crisi e di grandi cambiamenti – ad esempio connessi alla situazione pandemica, all’evoluzione del mondo del lavoro e alle novità normative in materia di salute e sicurezza - è necessario riflettere sulle novità, sui mutamenti, sui concetti di cui possono modificarsi nel tempo anche i significati.

 

Per permetterci di fare questa opera di riflessione e approfondimento, ci soffermiamo oggi su un intervento al webinar “Epidemiologia, partecipazione e prevenzione per la sicurezza e la salute dei lavoratori” che, organizzato da ASUR 3 Marche, Associazione italiana di epidemiologia (AIE) e SNOP, si è tenuto il 26 ottobre 2021.

 

L’intervento da cui partiamo è in realtà un intervento introduttivo che, a cura di Roberto Calisti (UOC SPreSAL Epi Occ - ASUR MARCHE), presenta anche un “tentativo di glossario” per esplicitare e rivedere molte definizioni importanti in materia di salute e sicurezza.

 

L’articolo affronta i seguenti argomenti:


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Epidemiologia, partecipazione e prevenzione

L’intervento introduttivo “Epidemiologia, partecipazione e prevenzione” parte dalla definizione del termine “epidemiologia” che può essere definito come “lo studio della distribuzione degli eventi collegati alla salute e alle malattie (di qualunque natura) e dei rispettivi determinanti, nonché dell'applicazione delle ipotesi e delle evidenze che ne derivano al fronteggiamento dei problemi sanitari di popolazione”.  

Dunque l’ epidemiologia ha, tra i suoi scopi, “quelli di monitorare l’andamento degli eventi patologici (partecipando alla definizione della loro ‘ecologia’ e della loro ‘storia naturale’), contribuire a determinare l'origine di malattie le cui cause sono sconosciute, studiare le malattie le cui cause sono già in parte conosciute ma sulle quali sono ancora necessari approfondimenti, progettare, realizzare e valutare i piani di controllo delle malattie, valutare gli effetti delle malattie sui sistemi sanitari e sull’economia, analizzare costi e benefici economici dei diversi possibili interventi per contrastare le malattie e le loro conseguenze”.

 

Si ricorda che invece il termine “partecipazione” compare nell’art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana dove si indica che è ‘compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese’. E compare poi – continua l’intervento - nell’art. 15 del D.Lgs. 81/2008 tra le “misure generali di tutela” per la “gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro”.

 

Infine il termine “prevenzione” può essere definito come “l’assieme delle azioni finalizzate ad evitare l’insorgenza delle malattie e degli infortuni, a partire dall’abbattimento della frequenza, della durata e dell’intensità delle esposizioni ai relativi fattori di rischio, nonché delle azioni volte a contenere l’evoluzione di una malattia già insorta e a limitarne le conseguenze”.

 

Il relatore si sofferma poi su altri termini come “sicurezza”, che pur non definito compare ripetutamente nel testo del Dlgs 81/2008, “salute” (“stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente soltanto in un’assenza di malattia o d’infermità”), “equità” (ricordando che “le condizioni di lavoro appaiono tra i determinanti fondamentali delle disuguaglianze di sicurezza e salute”), “governo dell’incertezza” e “principio di precauzione”.

 

Gli scenari di esposizione e la conoscenza del rischio

Dopo essersi soffermato poi anche su vari altri termini l’intervento ricorda, con riferimento a varie fonti presentate nelle slide, l’importanza di “conoscere per prevenire”, con particolare attenzione anche ad uno scenario particolare, quello dell’esposizione ad agenti cancerogeni e al rischio di tumori.

 

Riguardo all’esposizione a sostanze e agenti pericolosi, si indica che rispetto al passato “gli scenari di esposizione e di rischio sono andati cambiando. Molte lavorazioni e molti agenti di particolare pericolosità sono scomparsi o semplicemente sono stati esportati dai Paesi ‘sviluppati’ verso Paesi ‘in via di sviluppo’ (dove, ovviamente, esercitano i medesimi effetti patogeni che ‘da noi’)”. E ‘da noi’ le esposizioni ai rischi occupazionali “sono divenute nel complesso di minor intensità e meno costanti all’interno della storia di un singolo lavoratore (spesso interessano solo una fase, anche relativamente breve, della storia di persone che passano spesso da un lavoro a un altro), ma spesso si sono sparse, a macchia d’olio, in una miriade di condizioni di ‘bassa’ esposizione cumulativa che riguardano però molte persone; comunque, soprattutto (ma non solo) nei contesti marginali, permangono sacche tutt’altro rare di rischi elevati, che spesso sono ‘accettati di fatto’”.

 

Ma quale rischio – si chiede il relatore - è “accettabile”? Quale rischio viene “accettato”? E chi stabilisce significato concettuale e valore quantitativo di tali termini, così come dei relativi “valori limite di esposizione”?

Si indica che quando le basi di dati sono limitate e il livello di incertezza scientifica è elevato:

  • è necessario essere molto prudenti nei processi di valutazione del rischio e di derivazione dalle ‘alte’ alle ‘basse’ esposizioni;
  • è necessario essere molto etici e molto partecipativi nei processi decisionali che traslano evidenze scientifiche incomplete all’interno di azioni di sorveglianza e prevenzione”.

 

In questo senso un rischio è “ben diversamente ‘accettabile’ da chi è ‘a basso rischio’ rispetto a chi è ‘ad alto rischio’; ma un rischio può essere ‘di fatto accettato’, pur essendo tutt’altro che ‘trascurabile, solo perché non lo si conosce abbastanza”.

 

I cambiamenti: le esposizioni, le relazioni e la partecipazione

L’intervento mostra come oggi sia impossibile identificare un confine netto e una “reale impermeabilità” tra ambienti di vita e ambienti di lavoro. Ad esempio:

  • “le temperature ambientali elevate, a seguito dei cambiamenti climatici, sono un problema crescente in molti scenari residenziali così come durante molti lavori;
  • diversi cancerogeni chimici (idrocarburi policiclici aromatici – IPA, benzene, formaldeide…) sono ubiquitari in molti scenari urbani;
  • SARS-CoV-2 è un agente biologico assolutamente trasversale ad ‘ambienti di vita’ e ‘ambienti di lavoro’;
  • la fatica e lo stress non sono affatto una prerogativa di circoscritti gruppi di popolazione lavorativa”.

 

In realtà le esposizioni residenziali e quelle lavorative si distinguono ormai principalmente “per le rispettive intensità (di norma maggiori negli ambienti di lavoro) e le rispettive durate (di norma maggiori negli ambienti di vita): ci si trova di fronte a delle scale di grigi, più che a una semplice contrapposizione ‘bianco / nero’”.

 

Con la pandemia COVID-19, che ha avuto ed avrà ripercussioni anche sulla diagnosi e il trattamento di molte altre malattie, si è di fronte anche ad una sindemia, cioè all’insieme di problemi di salute, ambientali, sociali ed economici che sono prodotti dall’interazione sinergica di due o più malattie trasmissibili e non trasmissibili; interazione che è caratterizzata da varie ripercussioni, specialmente sulle fasce di popolazione svantaggiata.

 

In questo periodo è poi possibile constatare come le relazioni umane nel mondo del lavoro siano “rese particolarmente difficili, quando non anche ‘povere’, dall’isolamento (da questo punto di vista, lo smartworking non è un vantaggio), dalla instabilità del rapporto (difficilmente dei lavoratori precari sono motivati a costruire dinamiche di gruppo, che si sa in partenza che non dureranno nel tempo), dalla crescente diffusione di occupazioni a basso contenuto professionale (sui quali ben difficilmente si investe anche dal punto di vista emozionale)”.

E chiaramente “la paura che qualsiasi incontro tra persone possa portare ad infettarti e/o ad infettare (qualcosa che mai, nell’esperienza storica recente, avevamo provato prima della pandemia COVID-19) condiziona pesantemente qualsiasi forma di partecipazione”.

In questa situazione “vanno costruite forme di partecipazione adeguate ai tempi”.

 

Bisogna, insomma, “partecipare per prevenire” ricordando però che “comunità e singole persone partecipano solo se hanno informazioni, cultura, motivazioni e possibilità materiali che le mettano in grado di confrontarsi, di ragionare ‘in più di uno’, di discutere, di farsi trovare disponibili a far evolvere le proprie conoscenze e le proprie convinzioni”. E ‘tra coloro che ‘partecipano alla partecipazione’, che è un modo di ‘prendersi cura di sé stessi’, non possono mancare le persone al lavoro e le loro forme di aggregazione sociale, comunque organizzate’.

 

In definitiva, conclude l’interessante intervento a cui rimandiamo per gli altri utili concetti e riflessioni contenute, si indica che “il senso dell’espressione ‘rischio di infortunio’ è abbastanza intuitivo” e “certamente, comprendere il senso dell’espressione ‘rischio di malattia professionale’ (cancro, COVID-19, ‘mal di schiena’, ‘disturbo post-traumatico da stress’ che sia…) è più difficile”.

 

Tuttavia è ancora più difficile “prendere nelle proprie mani e ‘gestire’ i rischi di infortunio e malattia, definire soluzioni possibili e contribuire a realizzarle, trovare il modo per capire ‘chi’ e ‘come’ si farà carico dei costi che ne derivano”.

Tutto difficile – conclude il relatore nel presentare il webinar che è stato “un passo per incamminarsi su questa strada” - ma “vale la pena di provarci”. 

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

“Epidemiologia, partecipazione e prevenzione”, dell’intervento introduttivo a cura di Roberto Calisti (UOC SPreSAL Epi Occ - ASUR MARCHE), relazione al webinar “Epidemiologia, partecipazione e prevenzione per la sicurezza e la salute dei lavoratori”, ottobre 2021.

 



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