Come devono alimentarsi i lavoratori esposti ad ambienti severi caldi?
Bologna, 26 Lug – Abbiamo ricordato più volte nei nostri articoli i rischi dei lavoratori che sono esposti a condizioni termiche severe calde, ad esempio se impegnati in cicli produttivi “a caldo” o durante la stagione estiva in attività outdoor.
In questi casi il rischio per la salute è “principalmente legato agli effetti dell’innalzamento della temperatura corporea dei lavoratori o all’eccessiva perdita di liquidi, che possono provocare malesseri o possono essere addirittura fatali”. E se la limitazione dei tempi di esposizione “è normalmente la forma più efficace di prevenzione”, ancor più efficace può essere “l’adozione di uno stile di vita che permetta di mantenere una perfetta efficienza fisica ed il raggiungimento di un benessere che può migliorare complessivamente la prestazione lavorativa”, come ricordato anche nell’intervista “ L’importanza della valutazione del microclima nei luoghi di lavoro” al ricercatore Inail Michele Del Gaudio.
A tornare ad affrontare in questo modo il tema dei rischi negli ambienti severi caldi, suggerendo anche un “programma dietetico con protocolli per stili di vita idonei ai lavoratori esposti a stress da esposizione ad ambienti di lavoro caldi”, è un intervento al convegno “dBA2018 – I rischi fisici nei luoghi di lavoro” (Bologna, 17 ottobre 2018) organizzato da Regione Emilia-Romagna, Inail e Ausl Modena durante la manifestazione “Ambiente Lavoro”.
L’intervento è stato pubblicato nel volume “dBA2018 – I rischi fisici nei luoghi di lavoro”, curato da S. Goldoni, P. Nataletti e N. Della Vecchia, che raccoglie gli interventi all’omonimo convegno bolognese.
Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:
- I rischi dei lavoratori esposti ad ambienti severi caldi
- Le condizioni termiche severe e il corretto stile di vita
- Il lavoratore che sta bene lavora meglio ed è meno esposto ad infortuni
I rischi dei lavoratori esposti ad ambienti severi caldi
L’intervento “Corretta alimentazione dei lavoratori esposti ad ambienti severi caldi” – a cura di Michele del Gaudio (INAIL, Unità Operativa Territoriale di Avellino), Daniela Freda (INAIL, Dipartimento di Innovazioni Tecnologiche, Roma), Michele Di Stasio e Maria Grazia Volpe (CNR, Istituto di scienze dell’alimentazione, Avellino) – prende in considerazione l’indice PHS (Predicted Heat Stress - UNI EN ISO 7933) che calcola “il tempo massimo di esposizione in base ai valori stimati di temperatura interna dell’organismo e in base alla perdita di liquidi”. E l’obiettivo finale è “il controllo e la riduzione dello stato di stress idrico dei lavoratori attraverso una dieta che ottimizzi e massimizzi la capacità di controllare lo stress, che preveda il consumo di alimenti e bevande ad elevata attività antiossidante, arricchite in molecole bioattive in micro e macro elementi e in vitamine in grado di apportare un sufficiente grado di idratazione”.
Questi gli step individuati:
- analisi dei dati acquisiti e stima del rischio da stress calorico effettuata mediante l’indice di valutazione PHS (Predicted Heat Strain);
- indicazione di diete ricche in componenti capaci di limitare gli effetti indotti da stress calorico;
- verifica in campo degli effetti della dieta adottata mediante la compilazione di idonei questionari;
- rilevamento dei consumi mediante diario alimentare;
- stesura e produzione di una semplice guida che evidenzi gli effetti benefici dell’utilizzo delle diete formulate”.
Segnaliamo che il contributo si sofferma anche sulla classificazione degli ambienti termici che, in base alle condizioni termiche sono generalmente suddivisi in ambienti “moderati” ed ambienti “severi”. E si sofferma in particolare su questi ultimi (“ambienti in cui le condizioni sono tali da favorire forti scambi energetici dal corpo umano verso l’ambiente e possono quindi costituire un rischio per la salute del lavoratore”) con particolare riferimento al sistema di termoregolazione del nostro corpo.
A questo proposito si ricorda che “quando l’umidità dell’aria è elevata il processo di evaporazione che completa la sudorazione può essere impedito” e il corpo umano “può subire dei danni se la temperatura interna raggiunge i 38°C o perde una quantità di acqua superiore al 3% del peso”.
I casi esaminati nel contributo riguardano in particolare:
- cantiere edile all’aperto
- lavoratori addetti alla manutenzione forni di cottura piastrelle
Due casi che “sono rappresentativi di condizioni severe a cui possono essere esposti i lavoratori impegnati in attività all’aperto durante la stagione estiva” e alle condizioni in capannoni industriali “in cui si svolge una attività che richiede produzione di calore”.
Vengono poi indicate anche le abitudini alimentari dei lavoratori ricavate da interviste sul campo
Le condizioni termiche severe e il corretto stile di vita
Il contributo si sofferma poi sul corretto stile di vita e sulla promozione della salute nei luoghi di lavoro che “deve tener conto degli effetti sinergici sulla salute umana costituiti da rischi legati agli stili di vita, in particolare dell’alimentazione, dell’attività motoria, del fumo di sigarette e dei rischi professionali”.
Si indica poi che la possibilità di “aumentare il consumo di composti ad alto contenuto di sostanze antiossidanti, quali quelle di tipo polifenolico, vitaminico, micro e macro elementi, fitosteroli, acidi grassi mono e polinsaturi, fibre solubili e insolubili, dovrebbe essere l’obiettivo nell’ambito di una dieta che ottimizzi e massimizzi la capacità di contrasto dello stress ossidativo”. Tuttavia il loro impiego “deve essere basato su una conoscenza di alcuni elementi fondamentali (per esempio le dosi ottimali, la modalità di somministrazione, la scelta e la combinazione degli alimenti atti a limitare i fenomeni di disidratazione e stress) per amplificarne al massimo l’interessante proprietà di controllo”.
In particolare possibili diete da adottare per lavoratori esposti a condizioni termiche severe, con riferimento alle due tipologie di lavoratori riportate sopra, dovrebbero “basarsi sui seguenti punti fondamentali:
- Piatti pronti con caratteristiche funzionali fortificate e/o supplementate, ossia arricchendo i pasti di specifiche sostanze rispetto alla loro composizione di base e/o aggiungendone altre che non possiedono naturalmente, in modo tale che gli stessi possano mostrare benefici effetti su una o più funzioni dell’organismo e che riducano i rischi di dei lavoratori esposti a condizioni severe;
- Ampio uso di prodotti freschi, stagionali, soprattutto del settore ortofrutticolo, riducendo l’uso di alimenti molto trasformati spesso ricchi di sale;
- Utilizzo di oli caratterizzati da un elevato contenuto in acidi grassi monoinsaturi, in primis l’oleico, polinsaturi (PUFA), tra i quali alcuni acidi grassi essenziali come l’acido linoleico e α-linolenico che non possono essere sintetizzati dai mammiferi e devono essere introdotti attraverso la dieta;
- Introduzione di cereali con alto contenuto proteico (quinoa, amaranto, sorgo, miglio, grano saraceno, ecc.), semi vegetali (zucca, lino, chia, canapa, ecc.), prodotti vegetali naturalmente ricchi in componenti bioattive;
- Uso di legumi (fagioli neri, ceci, lenticchie ecc.) e di farine integrali ricche in fibre (segale, farro, canapa, ecc.);
- Consumo di frutta e verdura durante le pause;
- Bevande costituite da tè verde e/o succhi di frutta senza zuccheri aggiunti;
- Attraverso i distributori automatici, laddove esistenti, snack confezionati con basso contenuto calorico, a base di frutta secca (nocciole, noci, mandorle ecc.) e cioccolato fondente, cereali integrali, yogurt e/o preparati probiotici, insalate pronte all’uso”.
Si segnala poi che anche la pratica regolare di attività motoria da parte dei dipendenti “è perseguibile implementando azioni diverse nell’organizzazione e nelle scelte politiche dell’azienda, quali:
- uso delle scale e non dell’ascensore;
- organizzazione di eventi sportivi;
- esercizi fisici durante le pause;
- uso del pedometro/contapassi;
- convenzioni con palestre/piscine
- palestra all’interno dell’azienda, laddove possibile”.
Si indica poi che il piano di sana alimentazione e adozione di stili di vita salutistici “dovrebbero essere adeguatamente promossi anche attraverso la predisposizione e distribuzione di materiale informativo (brochure, brevi guide in formato sia cartaceo sia elettronico) per incoraggiare i lavoratori a rivedere abitudini alimentari scorrette e ridurre le problematiche da lavoro severo”.
Il lavoratore che sta bene lavora meglio ed è meno esposto ad infortuni
Gli autori concludono che il lavoratore “non sempre è consapevole che per svolgere la sua attività deve comportarsi esattamente come fa un atleta per prepararsi alla gara”.
In particolare i lavoratori che svolgono la loro attività in ambienti particolari, come quelli con condizioni termiche severe, “debbono essere più degli altri attenti al loro benessere fisico, che può fare la differenza in termini di prestazioni ma anche e soprattutto in termini di salute e sicurezza”. A questo proposito molti datori di lavoro hanno investito negli ultimi anni nel miglioramento dei luoghi di lavoro e nella promozione di corretti stili di vita: “un lavoratore che ‘sta bene’ lavora meglio ed è meno esposto ad infortuni”.
Si segnala poi che “sono frequenti casi di malori nei lavoratori che avevano assunto cibi e bevande inadeguati per le condizioni termo-igrometriche del sito lavorativo”.
Dunque la promozione di una adeguata alimentazione per questa tipologia di lavoratori, “potrebbe essere raggiunta implementando azioni diverse nella organizzazione e nelle scelte politiche dell’azienda, finalizzate a garantire la disponibilità di alimenti salutari sul posto di lavoro poiché spesso gli alimenti proposti dalle mense aziendali e/o dai punti di ristoro esterni, oppure gli stessi pasti che i lavoratori si preparano a casa, sono spesso ricchi di calorie e con un’alta percentuale di grassi saturi, con troppo sale e inadeguati a contrastare lo stress ossidativo”.
Quando la scelta degli alimenti è affidata al lavoratore “occorre fare una accurata informazione affinché lo stesso acquisisca le nozioni fondamentali per conservare la sua salute e migliorare le sue prestazioni lavorative. Quando invece è disponibile un servizio di ristorazione collettiva è possibile indirizzare la scelta fornendo pasti equilibrati e mirati alle esigenze delle attività svolte”. Inoltre – “per ridurre gli effetti di una esposizione dei lavoratori a condizioni termiche severe calde” – un datore di lavoro “può anche agire sull’organizzazione del lavoro spostando le attività nelle ore più fresche della giornata, o adottando misure tecniche come l’adozione di schermi per proteggere i lavoratori dall’esposizione diretta alla radiazione solare”.
Si rimanda, in conclusione, alla “consultazione dei siti web specializzati per le previsioni meteorologiche, che utilizzando l’indice di calore (Heat Index) segnalano il verificarsi di condizioni particolarmente stressanti e permettono di decidere quando svolgere i compiti più gravosi”.
Tiziano Menduto
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “ dBA2018 – I rischi fisici nei luoghi di lavoro”, a cura di S. Goldoni, P. Nataletti e N. Della Vecchia, pubblicazione che raccoglie gli atti dell’omonimo convegno - Bologna, 17 ottobre 2018 (formato PDF, 7.76 MB).
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