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UE-USA su privacy: accordo in arrivo?
La rigida regolamentazione dell'Unione Europea in materia di tutela della privacy, diversamente da quella in vigore negli USA, prevede che i dati personali possano essere trasferiti in un Paese al di fuori dell'UE solo in presenza di un ''livello di protezione adeguato''.
Da due anni le diplomazie europea ed americana sono alla ricerca di un accordo sul controverso nodo della protezione dei dati, tra rotture e riavvicinamenti.
Il ''safe-harbor'', soluzione proposta dagli Usa, e' basata sull'autoregolamentazione, cioe' sulla dichiarazione delle aziende di essere un ''porto sicuro''.
Questa proposta e' caldeggiata dalle aziende americane di e-commerce, che ritengono la legislazione dell'UE un ostacolo e vedono nel ''safe-harbor'' un punto d'arrivo per la cooperazione fra aziende USA ed Eurpoei.
Il Dipartimento del Commercio USA dovra' valutare le aziende disposte ad accettare il ''safe-harbor''.
Tale punto e' assai delicato, infatti nel caso l'UE ritenesse che la supervisione non sia sufficientemente efficace, l'accordo potrebbe saltare.
La scadenza del 5 giugno e' ritenuta impegnativa da entrambe le parti.
Innanzitutto perche' in ambito UE l'iter di approvazione non e' rapido.
Prima che la Commissione possa dare il via libera al ''Safe harbor'', il progetto dovra' passare al vaglio di 2 comitati di valutazione ed il Parlamento Europeo dovra' esprimere un parere non vincolante sulla questione.
Esistono inoltre problemi collaterali, quali il crescente malumore delle Associazione dei consumatori USA che vorrebbero una legislazione in grado di garantire miglior sicurezza e protezione, e le inchieste europee, come quella aperta dal Parlamento italiano, sul caso Echelon.
Da due anni le diplomazie europea ed americana sono alla ricerca di un accordo sul controverso nodo della protezione dei dati, tra rotture e riavvicinamenti.
Il ''safe-harbor'', soluzione proposta dagli Usa, e' basata sull'autoregolamentazione, cioe' sulla dichiarazione delle aziende di essere un ''porto sicuro''.
Questa proposta e' caldeggiata dalle aziende americane di e-commerce, che ritengono la legislazione dell'UE un ostacolo e vedono nel ''safe-harbor'' un punto d'arrivo per la cooperazione fra aziende USA ed Eurpoei.
Il Dipartimento del Commercio USA dovra' valutare le aziende disposte ad accettare il ''safe-harbor''.
Tale punto e' assai delicato, infatti nel caso l'UE ritenesse che la supervisione non sia sufficientemente efficace, l'accordo potrebbe saltare.
La scadenza del 5 giugno e' ritenuta impegnativa da entrambe le parti.
Innanzitutto perche' in ambito UE l'iter di approvazione non e' rapido.
Prima che la Commissione possa dare il via libera al ''Safe harbor'', il progetto dovra' passare al vaglio di 2 comitati di valutazione ed il Parlamento Europeo dovra' esprimere un parere non vincolante sulla questione.
Esistono inoltre problemi collaterali, quali il crescente malumore delle Associazione dei consumatori USA che vorrebbero una legislazione in grado di garantire miglior sicurezza e protezione, e le inchieste europee, come quella aperta dal Parlamento italiano, sul caso Echelon.
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