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Privacy, sicurezza, internet e marketing
In tema di privacy presentiamo l'interessante intervista a Stefano Rodota', presidente del garante per la privacy, realizzata da Giovanni Tannini, pubblicata da Web Marketing Tools.
WMT - Il tema della privacy sembra essere molto ampio; proviamo a partire dalla legge 675/96, quella sul 'trattamento dei dati personali', in cui emergono subito concetti come il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, la dignità delle persone fisiche e i diritti delle persone giuridiche e di ogni altro ente o associazione. Ci aiuta a inquadrare il tema 'privacy'?
Stefano Rodotà - La prima cosa che mi sento di dire è che la privacy è un tema che ha uno strettissimo legame sia con le libertà civili, sia con la business community. È utile fare due riflessioni per introdurre il discorso, la prima relativa al significato del concetto di privacy per l'individuo e la società in generale, e la seconda sul rapporto tra dato personale e mercato. L'avvento di internet ha stimolato una forte presa di coscienza: diverse ricerche sia negli Stati Uniti sia in Europa hanno dimostrato che la tutela della privacy rappresenta la maggiore preoccupazione degli utenti in Rete. Il fenomeno è così sentito da costituire al momento un robusto ostacolo allo sviluppo del commercio elettronico e qui entriamo nella seconda parte di questo primo quadro del tema: il rapporto tra dato e mercato. Il principio è che se è vero che in Rete un utente può pubblicare il suo indirizzo email, non è vero che per questo solo fatto tale indirizzo possa essere liberamente utilizzabile. L'Europa sta andando sempre più verso l'armonizzazione di leggi nei singoli stati che si ispirino al principio per cui l'invio di una email può avvenire solo con il previo consenso dell'interessato e questo è solo il primo passo dell'attuazione concreta di norme per la rigida tutela del dato.
WMT - Esistono dei temi particolarmente sentiti dall'utente internet, primo tra tutti l'anonimato? Rientra tra i diritti tutelati?
Stefano Rodotà - L'anonimato è una classica richiesta degli utenti internet: il cybernauta lo considera come un vero e proprio diritto. L'anonimato deve essere protetto e il Garante lo riconosce come associabile alla libertà: bisogna essere attenti a tenere fermi i diritti dei cittadini in Rete. È però anche giusto che l'anonimato trovi dei limiti nel momento in cui si scontra con le esigenze di sicurezza civile. Magistratura e forze investigative devono potere risalire a un possibile terrorista o criminale, e questo è un primo limite. Inoltre deve essere possibile fermare un soggetto che pubblichi online qualcosa che lede la privacy di un altro: siamo nel caso di conflitto tra privacy, in base al quale nessuno può celarsi dietro il diritto alla riservatezza se agisce violando la privacy di qualcun altro.
WMT - Qual è la via per conciliare diritto all'anonimato e sicurezza o tutela della privacy di altri?
Stefano Rodotà - La via che sembra soddisfare entrambe le esigenze è quella dell'anonimato protetto. L'idea è che un utente possa scegliere tutti i nickname che vuole rendendosi anonimo in Rete, ma ha l'obbligo di rilasciare documentazione al suo provider sulla sua identità. Il provider metterà questi dati a disposizione solo della magistratura o in caso di indagini delle forze dell'ordine. Al momento una direttiva europea obbliga i provider a conservare i dati per un periodo determinato.
WMT - Reazioni dei provider?
Stefano Rodotà - Non positive ovviamente, per due motivi: responsabilità e costi tecnici.
WMT - Se questa è la strada, va trovato un punto di equilibrio tra tutele.
Stefano Rodotà - Credo stia nel rispetto rigoroso di due elementi: la protezione dei dati conservati, che devono essere non accessibili e disponibili esclusivamente in caso di indagini degli organi preposti; e il fatto che il periodo di permanenza del dato in archivio deve essere limitato. Su questo secondo punto il Garante per la privacy ha già ripetutamente segnalato un'anomalia tutta italiana, che è quella di conservare per cinque anni i tabulati telefonici, un periodo decisamente troppo lungo.
WMT - Qual è la situazione negli altri paesi?
Stefano Rodotà - Prima dell'11 settembre 2001 normalmente si arrivava a sei mesi, poi ci si è portati tra i sei mesi e l'anno in Europa. Ecco, credo che ai provider non vada imposto un tempo più lungo, anzi credo che dovrebbe essere previsto un tempo inferiore.
WMT - Questo in Europa. E negli Stati Uniti?
Stefano Rodotà - In Usa la situazione è diversa. Nel pur severissimo Patriot Act del Dicembre 2001 il tema non è entrato. Gli Usa hanno fatto grosse pressioni sull'Europa per ottenere che i provider conservassero i dati, eppure nella loro espressione più severa per la sicurezza non hanno introdotto questa disciplina. Siamo di fronte a un paradosso perché di fatto gli Stati Uniti hanno ottenuto da altri paesi quello che non hanno ritenuto opportuno introdurre al loro interno.
WMT - In buona sostanza i provider hanno responsabilità e costi diversi nel quadro normativo europeo rispetto a quello statunitense.
Stefano Rodotà - I problemi di (mancata) armonizzazione Ue-Usa del quadro normativo non si fermano qui. L'Unione Europea sta lavorando intensamente a una disciplina del tema della privacy e il principio dell'opt-in, che prevede che i mittenti di pubblicità spedita via posta elettronica debbano ottenere il preventivo consenso da parte del destinatario, è un principio in gran parte già adottato. Negli Usa le imprese vogliono avere mano libera, dichiarando di affidarsi all'autoregolamentazione. Questo implica non solo un diverso approccio alle libertà individuali ma anche, in un mercato globale, l'alterazione dei fattori di concorrenza tra imprese: quelle statunitensi hanno meno costi e vincoli rispetto alle imprese dell'unione europea. L'organismo dei garanti europeo sta lavorando molto su questo.
WMT - Quindi in Italia posso ricevere spamming da imprese Usa, ma per legge non da imprese europee.
Stefano Rodotà - L'approccio austero della legge in Italia determina un'ottima capacità di controllo all'interno dei confini nazionali sullo spamming, così come alta è la possibilità di intervenire a livello europeo. Più difficile il discorso che riguarda internet nella sua dimensione più naturale, quella senza confini. Qui come si deve procedere? Non considerando internet come uno spazio senza regole: ciò che è illegale lo è anche in Rete. C'è il problema della legge applicabile: se in Usa qualcuno raccoglie dati su cittadini europei usando il lavoro e il computer di una risorsa fisicamente in Europa, è applicabile la regola del consenso preventivo? Non vi è al momento una risposta, posso solo dire che è in corso di elaborazione un codice deontologico per internet e si sta lavorando molto sul tema.
WMT - E le aziende europee sono veramente a posto con la privacy?
Stefano Rodotà - Si sa ormai che tutti i siti devono contenere chiare politiche di privacy. Purtroppo una ricerca di quest'anno su oltre 650mila siti in Italia, di cui 441mila raggiungibili, ha evidenziato un dato drammatico: solo il 13% circa ha soddisfacenti politiche di privacy. Vi sono inadempienze notevoli e diffuse per informative incomplete, richiesta di consenso generica, indicazione dei responsabili carente, discordanza tra quanto si dichiara e quanto poi accade, assenza dell'elenco dei diritti dell'utente. In compenso nel 13,7% dei casi si trova l'uso di cookies e nel 6,8% di web bugs.
WMT - Ma le aziende non stanno migliorando? Fosse solo perché gli utenti cominciano a premiare le imprese più sensibili al rispetto del diritto alla privacy…
Stefano Rodotà - Stanno cambiando le politiche di spamming: sempre più spesso in mancanza di preventivo consenso si ottengono effetti boomerang e il consumatore castiga lo spammer. L'opt-in sta diventando una leva per stabilire un dialogo con il consumatore che si traduce in fiducia.
WMT - E fiducia significa fedeltà, ossia tanto per cominciare ripetizione dell'acquisto.
Stefano Rodotà - È per questo che le imprese stanno sempre più adottando un approccio tipo privacy uguale risorsa, consapevoli anche del fatto che così si aiuta l'e-commerce: se aumenta la fiducia sul trattamento dei dati personali, cresce la disponibilità a spendere online. Per capire come alcune imprese stiano già considerando il rispetto della privacy come valore, si segua questo esempio reale: esiste un'azienda che fornisce beni e servizi via internet che invita all'acquisto spiegando che una volta terminata la transazione tutti i dati raccolti per completarla saranno cancellati. Siamo quindi di fronte a una vera leva di marketing.
WMT - In realtà poi l'utente internet si trova di fronte a tentativi di violazione sia da parte di quasi-monopolisti sia di piccolissime realtà che facendo spamming non hanno nulla da perdere.
Stefano Rodotà - È una nota dolente, ma il Garante sta operando sempre più fermamente per limitare questi casi. Crescenti segnalazioni e ricorsi di cittadini italiani hanno già determinato blocchi di banche dati, e quindi di attività, oltre che multe. Per quanto riguarda le situazioni di quasi-monopolio le autorità garanti europee stanno operando in modo congiunto per bloccare ogni tentativo di violazione. Le attuali azioni hanno un effetto anche su altri valori del mercato: trasparenza e concorrenza. Le azioni a livello europeo si concentrano infatti sull'obiettivo di evitare che vi sia un'accessibilità non richiesta né autorizzata ai propri sistemi o pc, situazione che tende a realizzare un controllo totale delle applicazioni installate e politiche commerciali lesive della concorrenza.
WMT - Come si muove il Garante in Italia di fronte a situazioni in cui un unico gruppo imprenditoriale possiede varie informazioni su diversi tipi di consumo?
Stefano Rodotà - In questi casi, per esempio per Enel e Wind, vale il principio del vincolo della finalità e della conformità dell'utilizzo rispetto a quella precisa finalità. Comportamenti diversi possono essere posti in atto solo previa presentazione analitica di obiettivi, azioni e metodi con cui si intende incrociare determinati dati di fonti diverse e in ogni caso mai prima di avere ottenuto il consapevole consenso del soggetto interessato. L'efficacia dell'azione del Garante è sostenuta dalla collaborazione con altre autorità; già in passato i rapporti stretti con l'Antitrust o l'Autorità per le telecomunicazioni hanno dato buoni frutti.
WMT - Torniamo alle aziende. Se è vero che la privacy rappresenta una sfida al cambiamento organizzativo finalizzato a farne un asset, resta comunque il fatto che tecnicamente la privacy è pur sempre un costo.
Stefano Rodotà - Non c'è dubbio, però anche gli accorgimenti per evitare infortuni sul lavoro sono un costo, ma il diritto alla salute se non alla tutela della vita stessa vanno salvaguardati. Nel rispetto dei pesi relativi, la privacy si è ormai configurata come un diritto fondamentale della persona. Nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea approvata a Nizza nel dicembre del 2000 la protezione dei dati personali ha assunto una grande forza trovando espressione in un articolo dedicato, l'articolo 8, e se siamo di fronte a un diritto fondamentale della persona, questo va rispettato anche se comporta un costo.
WMT - Costi processo e tecnici...
Stefano Rodotà - In verità non solo, perché la privacy può essere un costo anche in termini di mancati ricavi; pensi alla possibilità per un quotidiano di pubblicare un nome che aiuterebbe a vendere molte più copie: se lo facesse in violazione della privacy sarebbe un comportamento illegittimo che si scontra con un diritto della persona e quindi non può farlo, perdendo potenziali ricavi. Ma veniamo al costo della sicurezza del dato, perché si tratta di questo: si devono adottare una serie di misure fisiche e logiche per impedire l'accesso improprio ai dati in proprio possesso. Anche questo fa parte delle responsabilità di chiunque gestisca dati personali, che sia un'azienda o la stessa pubblica amministrazione.
WMT - Abbiamo affrontato prima il tema del rapporto tra diritto all'anonimato e alla sicurezza; qual è il rapporto tra tutela del dato in possesso di un'azienda e sicurezza?
Stefano Rodotà - Anche se spesso si parla di conflitto tra tutela della privacy e sicurezza, questi sono due valori di rilievo costituzionale e ci sono dei punti di equilibrio che devono essere trovati. Tutele rigidissime sono la migliore garanzia per salvaguardare la sicurezza personale in tutti i casi di raccolta dati. Quanto più è protetto il dato, tanto più aumenta la sicurezza della persona. Facciamo un esempio. Se a una prenotazione di un volo aereo vi è associata una richiesta di pasto kasher e il dato non è molto ben protetto, quel volo potrebbe essere meno sicuro. Non è da escludere che il terrorismo penetri nelle banche dati con il fine di pianificare la propria azione. In buona sostanza, la massima tutela della privacy è un'eccellente alleata della sicurezza.
WMT - Qual è il ruolo della privacy tra la dimensione commerciale di internet e quella sociale, civile o politica?
Stefano Rodotà - Gli usi commerciali della Rete stanno prendendo il sopravvento sugli altri, appiattendo internet su esigenze puramente di mercato; assistiamo alla propensione di chi usa internet come veicolo commerciale a escludere o comprimere tutte le dimensioni che contrastano con questa finalità. Questo è un rischio perché internet concepito come supermercato è come nel reale uno spazio pacificato, asettico, dove tutto è studiato per farti muovere senza interferire con le tue più naturali abitudini di consumo. Non si deve rischiare di perdere il valore di internet come strumento di comunicazione e organizzazione civile, come luogo di incontro e di scambio tra reale e virtuale. Questa stessa distinzione va cedendo il passo al concetto di mixed reality, una realtà mista in cui confluiscono l'online e la piazza, cui segue poi l'amplificazione televisiva, capace di propagare l'effetto di un evento. Si pensi solo per fare un esempio alla protesta no global di Seattle, organizzata in internet, portata nel luogo più fisico possibile che è la piazza e poi moltiplicata dalla Tv ecco la mixed reality. Siamo di fronte a comunità virtuali, che poi tanto virtuali non sono, che rappresentano un elemento costitutivo della democrazia e che hanno bisogno di internet, anche se internet non basta. La stessa dimensione politica troverà sempre più espressione in questa sede.
WMT - Digressione: l'open source è alleato della privacy?
Stefano Rodotà - Credo personalmente che sia un fenomeno importante perché rompe la logica monopolistica che tende a impadronirsi delle informazioni degli utenti che usano certi programmi; in questo senso, posso dire che l'open source è alleato della privacy.
WMT - Si può dire che c'è un certo tipo di marketing che può sentire come valore il rispetto di queste dimensioni proprie della Rete?
Stefano Rodotà - Credo che una concezione di internet a più dimensioni vada anche a vantaggio delle imprese. Direi che se la privacy viene considerata dal marketing non come un vincolo ma piuttosto in quanto asset, allora il marketing stesso contribuisce a fare cadere quella sorta di rifiuto aprioristico del suo rispetto che aleggia nel mercato e questo aiuta a stimolare un atteggiamento coscienzioso sul tema che travalica la dimensione commerciale di internet.
WMT - Ci sono comunque dei limiti alla sfera d'azione del marketing sui dati trattabili?
Stefano Rodotà - Se è vero che il marketing può contribuire a sostenere un diritto fondamentale della persona è vero anche che non può abbracciare tutti i dati. Sono da escludere per esempio i così detti dati sensibili, per il trattamento dei quali la legge prevede il consenso scritto dell'interessato e l'autorizzazione preventiva del Garante. Le informazioni sulla salute rientrano tra i dati sensibili e non possono in alcun modo divenire oggetto di circolazione mercantile. Mi riferisco anche alla sfera delle opinioni politiche o religiose. Diciamo che è importante che si percepisca l'importanza della privacy come valore di mercato perché questo ne rafforza il significato presso tutti, ma attenzione a non pensare che sia sufficiente dare potere alla privacy per pensare di fare entrare sul mercato qualsiasi informazione.
WMT - Come si applica la tutela della privacy in un contesto in rapida e continua evoluzione, per esempio rispetto all'ultima frontiera legata alle tecnologie mobili: alla legge non rischiano di sfuggire casi nuovi e sempre più complessi di trattamento del dato?
Stefano Rodotà - Quella del mobile business e dell'evoluzione delle telecomunicazioni è una materia in cui tutte le previsioni si sono rivelate smentibili per cui ci vuole prudenza e realismo. Partiamo dal principio che le regole non sono eterne. In una realtà che si muove così rapida dobbiamo ragionare con un presupposto inverso rispetto alla tradizione: non più scrivere una regola e mantenerla attiva per un certo tempo ma considerare l'elemento normativo come un momento di una disciplina del settore. La via che seguiamo è quella dell'elaborazione di codici di deontologia e di buona condotta che possono avere contenuti vincolanti simili a quelli di una legge. In generale principi quali la protezione del dato come diritto fondamentale, l'esclusione di determinate informazioni dalla trattabilità commerciale e la dignità della persona devono essere calati e applicati nei diversi contesti: vale il rispetto del principio.
WMT - Ma la disciplina è efficace? Le leggi, che sono effettivamente dure nelle sanzioni previste, funzionano?
Stefano Rodotà - Mi riservo un giudizio. Nei primi anni di lavoro eravamo consapevoli di essere di fronte a un argomento che sarebbe andato a incidere in modo molto ampio sulla società: cittadini, imprese, pubblica amministrazione sono stati toccati direttamente da una vera rivoluzione culturale. In questi primi anni abbiamo adottato un approccio collaborativo più che sanzionatorio, in modo da dare tempo di acquisire il concetto con consapevolezza e responsabilità. Questa strategia ci ha premiato con un grande consenso da parte dell'opinione pubblica: la legge sulla privacy non ha creato un garante, ma ha attribuito un potere a ognuno di noi, un potere che prima non aveva.
WMT - E questo potere di ognuno di noi ha valore se il Garante ha il potere di intervenire in modo efficace…
Stefano Rodotà - Le dirò che ora che abbiamo raggiunto questi risultati possiamo, anzi dobbiamo cominciare a spostarci su un approccio più incisivo, di tipo sanzionatorio. È un passaggio già iniziato: abbiamo dato tempo a tutti per conoscere, capire, adeguarsi. Ora non ci sono più scuse per non rispettare la legge ed è giusto che chi la viola paghi.
WMT - E pagano?
Stefano Rodotà - I primi risultati sono confortanti: chi ha ricevuto una sanzione pecuniaria non ha pensato di fare ricorso, ha pagato. Non è che abbandoniamo la filosofia collaborativa, ma di fronte a casi di reiterata violazione o comportamenti gravi interveniamo con forza e incisività. In questo senso ispezioni e sanzioni saranno intensificate.
WMT - C'è un intervento o un momento particolarmente forte di azione del Garante nella sua breve ma molto intensa storia?
Stefano Rodotà - Il Garante si trovò quasi subito di fronte a un tentativo da parte del mondo bancario di vanificare la legge sulla privacy. In quel caso si decise di dare un segnale chiaro imponendo a un gruppo bancario di modificare tutte le comunicazioni alla clientela, e così fu. Il messaggio era chiaro: abbiamo un approccio collaborativo, ma la privacy è un diritto della persona e non intendiamo accettare violazioni.
WMT - Quello finanziario è un settore particolarmente sensibile?
Stefano Rodotà - Le cosiddette 'centrali rischi' sono oggetto di grande attenzione da parte del Garante. Queste banche dati contengono informazioni che potrebbero escludere un cittadino dalla concessione di un mutuo, di un credito o dalla sottoscrizione di un contratto di assicurazione ed è quindi fondamentale un corretto e sempre aggiornato trattamento del dato.
WMT - Qual è il provvedimento più duro che l'autorità ha adottato?
Stefano Rodotà - Segnalazioni alla magistratura a parte, prima dell'estate sono state bloccate le banche dati di sette società: significa il blocco dell'attività del soggetto titolare. Altri interventi possono riguardare il divieto di usare determinati dati oppure l'obbligo di correggere o integrare le informazioni. Si pensi a un soggetto che risulta denunciato per truffa: una banca dati potrebbe contenere questo dato e non quello, già vero, che è stato anche pienamente assolto dall'accusa.
WMT - Quali sono i prossimi impegni dell'Autorità Garante?
Stefano Rodotà - Diversi. Si sta mettendo a punto un testo unico sulla protezione dei dati personali che renderà più facile conoscere la legge. Per internet, direct marketing, informazioni commerciali, saranno definiti dei codici deontologici destinati a incidere sulle modalità di comportamento dei soggetti interessati. Inoltre c'è una grande campagna informativa che ha lo scopo di spingere la conoscenza vera della legge e fare cadere gli alibi di chi si ostina a non rispettare la privacy.
WMT - Abbiamo parlato di rapporto tra aziende, privacy e internet, diritti civili, diritti della persona, mercati, marketing, sicurezza, processi, sanzioni: c'è un filo conduttore in tutto questo?
Stefano Rodotà - Uno per gli utenti, uno per le imprese. Per i cittadini direi che ognuno è il primo garante di sé stesso per il trattamento dei suoi dati. Per le imprese, che la privacy deve essere considerata come un vettore che cambia i processi in funzione della centralità dei diritti della persona, quindi in funzione del valore percepito dal cliente: la privacy da costo a risorsa.
Fonte: Web Marketing Tools n. 58
WMT - Il tema della privacy sembra essere molto ampio; proviamo a partire dalla legge 675/96, quella sul 'trattamento dei dati personali', in cui emergono subito concetti come il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, la dignità delle persone fisiche e i diritti delle persone giuridiche e di ogni altro ente o associazione. Ci aiuta a inquadrare il tema 'privacy'?
Stefano Rodotà - La prima cosa che mi sento di dire è che la privacy è un tema che ha uno strettissimo legame sia con le libertà civili, sia con la business community. È utile fare due riflessioni per introdurre il discorso, la prima relativa al significato del concetto di privacy per l'individuo e la società in generale, e la seconda sul rapporto tra dato personale e mercato. L'avvento di internet ha stimolato una forte presa di coscienza: diverse ricerche sia negli Stati Uniti sia in Europa hanno dimostrato che la tutela della privacy rappresenta la maggiore preoccupazione degli utenti in Rete. Il fenomeno è così sentito da costituire al momento un robusto ostacolo allo sviluppo del commercio elettronico e qui entriamo nella seconda parte di questo primo quadro del tema: il rapporto tra dato e mercato. Il principio è che se è vero che in Rete un utente può pubblicare il suo indirizzo email, non è vero che per questo solo fatto tale indirizzo possa essere liberamente utilizzabile. L'Europa sta andando sempre più verso l'armonizzazione di leggi nei singoli stati che si ispirino al principio per cui l'invio di una email può avvenire solo con il previo consenso dell'interessato e questo è solo il primo passo dell'attuazione concreta di norme per la rigida tutela del dato.
WMT - Esistono dei temi particolarmente sentiti dall'utente internet, primo tra tutti l'anonimato? Rientra tra i diritti tutelati?
Stefano Rodotà - L'anonimato è una classica richiesta degli utenti internet: il cybernauta lo considera come un vero e proprio diritto. L'anonimato deve essere protetto e il Garante lo riconosce come associabile alla libertà: bisogna essere attenti a tenere fermi i diritti dei cittadini in Rete. È però anche giusto che l'anonimato trovi dei limiti nel momento in cui si scontra con le esigenze di sicurezza civile. Magistratura e forze investigative devono potere risalire a un possibile terrorista o criminale, e questo è un primo limite. Inoltre deve essere possibile fermare un soggetto che pubblichi online qualcosa che lede la privacy di un altro: siamo nel caso di conflitto tra privacy, in base al quale nessuno può celarsi dietro il diritto alla riservatezza se agisce violando la privacy di qualcun altro.
WMT - Qual è la via per conciliare diritto all'anonimato e sicurezza o tutela della privacy di altri?
Stefano Rodotà - La via che sembra soddisfare entrambe le esigenze è quella dell'anonimato protetto. L'idea è che un utente possa scegliere tutti i nickname che vuole rendendosi anonimo in Rete, ma ha l'obbligo di rilasciare documentazione al suo provider sulla sua identità. Il provider metterà questi dati a disposizione solo della magistratura o in caso di indagini delle forze dell'ordine. Al momento una direttiva europea obbliga i provider a conservare i dati per un periodo determinato.
WMT - Reazioni dei provider?
Stefano Rodotà - Non positive ovviamente, per due motivi: responsabilità e costi tecnici.
WMT - Se questa è la strada, va trovato un punto di equilibrio tra tutele.
Stefano Rodotà - Credo stia nel rispetto rigoroso di due elementi: la protezione dei dati conservati, che devono essere non accessibili e disponibili esclusivamente in caso di indagini degli organi preposti; e il fatto che il periodo di permanenza del dato in archivio deve essere limitato. Su questo secondo punto il Garante per la privacy ha già ripetutamente segnalato un'anomalia tutta italiana, che è quella di conservare per cinque anni i tabulati telefonici, un periodo decisamente troppo lungo.
WMT - Qual è la situazione negli altri paesi?
Stefano Rodotà - Prima dell'11 settembre 2001 normalmente si arrivava a sei mesi, poi ci si è portati tra i sei mesi e l'anno in Europa. Ecco, credo che ai provider non vada imposto un tempo più lungo, anzi credo che dovrebbe essere previsto un tempo inferiore.
WMT - Questo in Europa. E negli Stati Uniti?
Stefano Rodotà - In Usa la situazione è diversa. Nel pur severissimo Patriot Act del Dicembre 2001 il tema non è entrato. Gli Usa hanno fatto grosse pressioni sull'Europa per ottenere che i provider conservassero i dati, eppure nella loro espressione più severa per la sicurezza non hanno introdotto questa disciplina. Siamo di fronte a un paradosso perché di fatto gli Stati Uniti hanno ottenuto da altri paesi quello che non hanno ritenuto opportuno introdurre al loro interno.
WMT - In buona sostanza i provider hanno responsabilità e costi diversi nel quadro normativo europeo rispetto a quello statunitense.
Stefano Rodotà - I problemi di (mancata) armonizzazione Ue-Usa del quadro normativo non si fermano qui. L'Unione Europea sta lavorando intensamente a una disciplina del tema della privacy e il principio dell'opt-in, che prevede che i mittenti di pubblicità spedita via posta elettronica debbano ottenere il preventivo consenso da parte del destinatario, è un principio in gran parte già adottato. Negli Usa le imprese vogliono avere mano libera, dichiarando di affidarsi all'autoregolamentazione. Questo implica non solo un diverso approccio alle libertà individuali ma anche, in un mercato globale, l'alterazione dei fattori di concorrenza tra imprese: quelle statunitensi hanno meno costi e vincoli rispetto alle imprese dell'unione europea. L'organismo dei garanti europeo sta lavorando molto su questo.
WMT - Quindi in Italia posso ricevere spamming da imprese Usa, ma per legge non da imprese europee.
Stefano Rodotà - L'approccio austero della legge in Italia determina un'ottima capacità di controllo all'interno dei confini nazionali sullo spamming, così come alta è la possibilità di intervenire a livello europeo. Più difficile il discorso che riguarda internet nella sua dimensione più naturale, quella senza confini. Qui come si deve procedere? Non considerando internet come uno spazio senza regole: ciò che è illegale lo è anche in Rete. C'è il problema della legge applicabile: se in Usa qualcuno raccoglie dati su cittadini europei usando il lavoro e il computer di una risorsa fisicamente in Europa, è applicabile la regola del consenso preventivo? Non vi è al momento una risposta, posso solo dire che è in corso di elaborazione un codice deontologico per internet e si sta lavorando molto sul tema.
WMT - E le aziende europee sono veramente a posto con la privacy?
Stefano Rodotà - Si sa ormai che tutti i siti devono contenere chiare politiche di privacy. Purtroppo una ricerca di quest'anno su oltre 650mila siti in Italia, di cui 441mila raggiungibili, ha evidenziato un dato drammatico: solo il 13% circa ha soddisfacenti politiche di privacy. Vi sono inadempienze notevoli e diffuse per informative incomplete, richiesta di consenso generica, indicazione dei responsabili carente, discordanza tra quanto si dichiara e quanto poi accade, assenza dell'elenco dei diritti dell'utente. In compenso nel 13,7% dei casi si trova l'uso di cookies e nel 6,8% di web bugs.
WMT - Ma le aziende non stanno migliorando? Fosse solo perché gli utenti cominciano a premiare le imprese più sensibili al rispetto del diritto alla privacy…
Stefano Rodotà - Stanno cambiando le politiche di spamming: sempre più spesso in mancanza di preventivo consenso si ottengono effetti boomerang e il consumatore castiga lo spammer. L'opt-in sta diventando una leva per stabilire un dialogo con il consumatore che si traduce in fiducia.
WMT - E fiducia significa fedeltà, ossia tanto per cominciare ripetizione dell'acquisto.
Stefano Rodotà - È per questo che le imprese stanno sempre più adottando un approccio tipo privacy uguale risorsa, consapevoli anche del fatto che così si aiuta l'e-commerce: se aumenta la fiducia sul trattamento dei dati personali, cresce la disponibilità a spendere online. Per capire come alcune imprese stiano già considerando il rispetto della privacy come valore, si segua questo esempio reale: esiste un'azienda che fornisce beni e servizi via internet che invita all'acquisto spiegando che una volta terminata la transazione tutti i dati raccolti per completarla saranno cancellati. Siamo quindi di fronte a una vera leva di marketing.
WMT - In realtà poi l'utente internet si trova di fronte a tentativi di violazione sia da parte di quasi-monopolisti sia di piccolissime realtà che facendo spamming non hanno nulla da perdere.
Stefano Rodotà - È una nota dolente, ma il Garante sta operando sempre più fermamente per limitare questi casi. Crescenti segnalazioni e ricorsi di cittadini italiani hanno già determinato blocchi di banche dati, e quindi di attività, oltre che multe. Per quanto riguarda le situazioni di quasi-monopolio le autorità garanti europee stanno operando in modo congiunto per bloccare ogni tentativo di violazione. Le attuali azioni hanno un effetto anche su altri valori del mercato: trasparenza e concorrenza. Le azioni a livello europeo si concentrano infatti sull'obiettivo di evitare che vi sia un'accessibilità non richiesta né autorizzata ai propri sistemi o pc, situazione che tende a realizzare un controllo totale delle applicazioni installate e politiche commerciali lesive della concorrenza.
WMT - Come si muove il Garante in Italia di fronte a situazioni in cui un unico gruppo imprenditoriale possiede varie informazioni su diversi tipi di consumo?
Stefano Rodotà - In questi casi, per esempio per Enel e Wind, vale il principio del vincolo della finalità e della conformità dell'utilizzo rispetto a quella precisa finalità. Comportamenti diversi possono essere posti in atto solo previa presentazione analitica di obiettivi, azioni e metodi con cui si intende incrociare determinati dati di fonti diverse e in ogni caso mai prima di avere ottenuto il consapevole consenso del soggetto interessato. L'efficacia dell'azione del Garante è sostenuta dalla collaborazione con altre autorità; già in passato i rapporti stretti con l'Antitrust o l'Autorità per le telecomunicazioni hanno dato buoni frutti.
WMT - Torniamo alle aziende. Se è vero che la privacy rappresenta una sfida al cambiamento organizzativo finalizzato a farne un asset, resta comunque il fatto che tecnicamente la privacy è pur sempre un costo.
Stefano Rodotà - Non c'è dubbio, però anche gli accorgimenti per evitare infortuni sul lavoro sono un costo, ma il diritto alla salute se non alla tutela della vita stessa vanno salvaguardati. Nel rispetto dei pesi relativi, la privacy si è ormai configurata come un diritto fondamentale della persona. Nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea approvata a Nizza nel dicembre del 2000 la protezione dei dati personali ha assunto una grande forza trovando espressione in un articolo dedicato, l'articolo 8, e se siamo di fronte a un diritto fondamentale della persona, questo va rispettato anche se comporta un costo.
WMT - Costi processo e tecnici...
Stefano Rodotà - In verità non solo, perché la privacy può essere un costo anche in termini di mancati ricavi; pensi alla possibilità per un quotidiano di pubblicare un nome che aiuterebbe a vendere molte più copie: se lo facesse in violazione della privacy sarebbe un comportamento illegittimo che si scontra con un diritto della persona e quindi non può farlo, perdendo potenziali ricavi. Ma veniamo al costo della sicurezza del dato, perché si tratta di questo: si devono adottare una serie di misure fisiche e logiche per impedire l'accesso improprio ai dati in proprio possesso. Anche questo fa parte delle responsabilità di chiunque gestisca dati personali, che sia un'azienda o la stessa pubblica amministrazione.
WMT - Abbiamo affrontato prima il tema del rapporto tra diritto all'anonimato e alla sicurezza; qual è il rapporto tra tutela del dato in possesso di un'azienda e sicurezza?
Stefano Rodotà - Anche se spesso si parla di conflitto tra tutela della privacy e sicurezza, questi sono due valori di rilievo costituzionale e ci sono dei punti di equilibrio che devono essere trovati. Tutele rigidissime sono la migliore garanzia per salvaguardare la sicurezza personale in tutti i casi di raccolta dati. Quanto più è protetto il dato, tanto più aumenta la sicurezza della persona. Facciamo un esempio. Se a una prenotazione di un volo aereo vi è associata una richiesta di pasto kasher e il dato non è molto ben protetto, quel volo potrebbe essere meno sicuro. Non è da escludere che il terrorismo penetri nelle banche dati con il fine di pianificare la propria azione. In buona sostanza, la massima tutela della privacy è un'eccellente alleata della sicurezza.
WMT - Qual è il ruolo della privacy tra la dimensione commerciale di internet e quella sociale, civile o politica?
Stefano Rodotà - Gli usi commerciali della Rete stanno prendendo il sopravvento sugli altri, appiattendo internet su esigenze puramente di mercato; assistiamo alla propensione di chi usa internet come veicolo commerciale a escludere o comprimere tutte le dimensioni che contrastano con questa finalità. Questo è un rischio perché internet concepito come supermercato è come nel reale uno spazio pacificato, asettico, dove tutto è studiato per farti muovere senza interferire con le tue più naturali abitudini di consumo. Non si deve rischiare di perdere il valore di internet come strumento di comunicazione e organizzazione civile, come luogo di incontro e di scambio tra reale e virtuale. Questa stessa distinzione va cedendo il passo al concetto di mixed reality, una realtà mista in cui confluiscono l'online e la piazza, cui segue poi l'amplificazione televisiva, capace di propagare l'effetto di un evento. Si pensi solo per fare un esempio alla protesta no global di Seattle, organizzata in internet, portata nel luogo più fisico possibile che è la piazza e poi moltiplicata dalla Tv ecco la mixed reality. Siamo di fronte a comunità virtuali, che poi tanto virtuali non sono, che rappresentano un elemento costitutivo della democrazia e che hanno bisogno di internet, anche se internet non basta. La stessa dimensione politica troverà sempre più espressione in questa sede.
WMT - Digressione: l'open source è alleato della privacy?
Stefano Rodotà - Credo personalmente che sia un fenomeno importante perché rompe la logica monopolistica che tende a impadronirsi delle informazioni degli utenti che usano certi programmi; in questo senso, posso dire che l'open source è alleato della privacy.
WMT - Si può dire che c'è un certo tipo di marketing che può sentire come valore il rispetto di queste dimensioni proprie della Rete?
Stefano Rodotà - Credo che una concezione di internet a più dimensioni vada anche a vantaggio delle imprese. Direi che se la privacy viene considerata dal marketing non come un vincolo ma piuttosto in quanto asset, allora il marketing stesso contribuisce a fare cadere quella sorta di rifiuto aprioristico del suo rispetto che aleggia nel mercato e questo aiuta a stimolare un atteggiamento coscienzioso sul tema che travalica la dimensione commerciale di internet.
WMT - Ci sono comunque dei limiti alla sfera d'azione del marketing sui dati trattabili?
Stefano Rodotà - Se è vero che il marketing può contribuire a sostenere un diritto fondamentale della persona è vero anche che non può abbracciare tutti i dati. Sono da escludere per esempio i così detti dati sensibili, per il trattamento dei quali la legge prevede il consenso scritto dell'interessato e l'autorizzazione preventiva del Garante. Le informazioni sulla salute rientrano tra i dati sensibili e non possono in alcun modo divenire oggetto di circolazione mercantile. Mi riferisco anche alla sfera delle opinioni politiche o religiose. Diciamo che è importante che si percepisca l'importanza della privacy come valore di mercato perché questo ne rafforza il significato presso tutti, ma attenzione a non pensare che sia sufficiente dare potere alla privacy per pensare di fare entrare sul mercato qualsiasi informazione.
WMT - Come si applica la tutela della privacy in un contesto in rapida e continua evoluzione, per esempio rispetto all'ultima frontiera legata alle tecnologie mobili: alla legge non rischiano di sfuggire casi nuovi e sempre più complessi di trattamento del dato?
Stefano Rodotà - Quella del mobile business e dell'evoluzione delle telecomunicazioni è una materia in cui tutte le previsioni si sono rivelate smentibili per cui ci vuole prudenza e realismo. Partiamo dal principio che le regole non sono eterne. In una realtà che si muove così rapida dobbiamo ragionare con un presupposto inverso rispetto alla tradizione: non più scrivere una regola e mantenerla attiva per un certo tempo ma considerare l'elemento normativo come un momento di una disciplina del settore. La via che seguiamo è quella dell'elaborazione di codici di deontologia e di buona condotta che possono avere contenuti vincolanti simili a quelli di una legge. In generale principi quali la protezione del dato come diritto fondamentale, l'esclusione di determinate informazioni dalla trattabilità commerciale e la dignità della persona devono essere calati e applicati nei diversi contesti: vale il rispetto del principio.
WMT - Ma la disciplina è efficace? Le leggi, che sono effettivamente dure nelle sanzioni previste, funzionano?
Stefano Rodotà - Mi riservo un giudizio. Nei primi anni di lavoro eravamo consapevoli di essere di fronte a un argomento che sarebbe andato a incidere in modo molto ampio sulla società: cittadini, imprese, pubblica amministrazione sono stati toccati direttamente da una vera rivoluzione culturale. In questi primi anni abbiamo adottato un approccio collaborativo più che sanzionatorio, in modo da dare tempo di acquisire il concetto con consapevolezza e responsabilità. Questa strategia ci ha premiato con un grande consenso da parte dell'opinione pubblica: la legge sulla privacy non ha creato un garante, ma ha attribuito un potere a ognuno di noi, un potere che prima non aveva.
WMT - E questo potere di ognuno di noi ha valore se il Garante ha il potere di intervenire in modo efficace…
Stefano Rodotà - Le dirò che ora che abbiamo raggiunto questi risultati possiamo, anzi dobbiamo cominciare a spostarci su un approccio più incisivo, di tipo sanzionatorio. È un passaggio già iniziato: abbiamo dato tempo a tutti per conoscere, capire, adeguarsi. Ora non ci sono più scuse per non rispettare la legge ed è giusto che chi la viola paghi.
WMT - E pagano?
Stefano Rodotà - I primi risultati sono confortanti: chi ha ricevuto una sanzione pecuniaria non ha pensato di fare ricorso, ha pagato. Non è che abbandoniamo la filosofia collaborativa, ma di fronte a casi di reiterata violazione o comportamenti gravi interveniamo con forza e incisività. In questo senso ispezioni e sanzioni saranno intensificate.
WMT - C'è un intervento o un momento particolarmente forte di azione del Garante nella sua breve ma molto intensa storia?
Stefano Rodotà - Il Garante si trovò quasi subito di fronte a un tentativo da parte del mondo bancario di vanificare la legge sulla privacy. In quel caso si decise di dare un segnale chiaro imponendo a un gruppo bancario di modificare tutte le comunicazioni alla clientela, e così fu. Il messaggio era chiaro: abbiamo un approccio collaborativo, ma la privacy è un diritto della persona e non intendiamo accettare violazioni.
WMT - Quello finanziario è un settore particolarmente sensibile?
Stefano Rodotà - Le cosiddette 'centrali rischi' sono oggetto di grande attenzione da parte del Garante. Queste banche dati contengono informazioni che potrebbero escludere un cittadino dalla concessione di un mutuo, di un credito o dalla sottoscrizione di un contratto di assicurazione ed è quindi fondamentale un corretto e sempre aggiornato trattamento del dato.
WMT - Qual è il provvedimento più duro che l'autorità ha adottato?
Stefano Rodotà - Segnalazioni alla magistratura a parte, prima dell'estate sono state bloccate le banche dati di sette società: significa il blocco dell'attività del soggetto titolare. Altri interventi possono riguardare il divieto di usare determinati dati oppure l'obbligo di correggere o integrare le informazioni. Si pensi a un soggetto che risulta denunciato per truffa: una banca dati potrebbe contenere questo dato e non quello, già vero, che è stato anche pienamente assolto dall'accusa.
WMT - Quali sono i prossimi impegni dell'Autorità Garante?
Stefano Rodotà - Diversi. Si sta mettendo a punto un testo unico sulla protezione dei dati personali che renderà più facile conoscere la legge. Per internet, direct marketing, informazioni commerciali, saranno definiti dei codici deontologici destinati a incidere sulle modalità di comportamento dei soggetti interessati. Inoltre c'è una grande campagna informativa che ha lo scopo di spingere la conoscenza vera della legge e fare cadere gli alibi di chi si ostina a non rispettare la privacy.
WMT - Abbiamo parlato di rapporto tra aziende, privacy e internet, diritti civili, diritti della persona, mercati, marketing, sicurezza, processi, sanzioni: c'è un filo conduttore in tutto questo?
Stefano Rodotà - Uno per gli utenti, uno per le imprese. Per i cittadini direi che ognuno è il primo garante di sé stesso per il trattamento dei suoi dati. Per le imprese, che la privacy deve essere considerata come un vettore che cambia i processi in funzione della centralità dei diritti della persona, quindi in funzione del valore percepito dal cliente: la privacy da costo a risorsa.
Fonte: Web Marketing Tools n. 58
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