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Privacy in banca senza costi
Le banche non possono chiedere ai loro clienti compensi per la consegna di documenti contenenti informazioni personali che li riguardano. Neppure se il cliente richiede il rilascio di copia della documentazione di ogni operazione da lui effettuata dal 1997 sul conto corrente.
Il principio sulla gratuità dell’accesso ai dati personali, detenuti dal titolare o responsabile del trattamento, è stato ribadito dall’Autorità che ha accolto il ricorso di un cittadino al quale la sua banca aveva chiesto 2400 euro per ricercare e fornire copia della documentazione di ogni operazione da lui effettuata dal 1997 in poi su due conti correnti a lui intestati.
La vicenda è stata illustrata nella newsletter dell’Autorità.
Il correntista aveva fatto una prima richiesta di accedere alla documentazione, formulata ai sensi dell’art. 119 del d. lg. n. 385/1993 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia).
La banca ai sensi del citato art. 119 rispondeva invitando il ricorrente, in base alle disposizioni emanante dalla Banca d’Italia in attuazione del decreto del Ministero del tesoro del 24 aprile 1992, a precostituire presso una propria filiale “i fondi occorrenti per la ricerca e la produzione dei documenti richiesti”, per un importo complessivo di 2.400 euro.
Il correntista presentava, quindi, una nuova richiesta, formulata questa volta ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675/1996, nella quale ribadiva la richiesta di accesso gratuito a tutte le informazioni personali detenute dall’istituto.
A questa seconda richiesta la banca aveva risposto fornendo all’interessato alcuni dati personali da essa posseduti (dati anagrafici, codice fiscale, estremi della carta d’identità), ma ribadiva che per ricevere copia della documentazione relativa alle singole operazioni bancarie, il correntista avrebbe dovuto procedere alla costituzione del fondo richiesto.
Il correntista aveva deciso così di rivolgersi al Garante al quale rinnovava le proprie richieste di accesso ai dati detenuti dalla banca e richiedeva di porre a carico dell’istituto bancario le spese sostenute per il procedimento.
L’Istituto bancario, invitato dall’Autorità ad aderire alle richieste, ribadiva invece quanto già dichiarato nei precedenti riscontri specificando di aver fornito all’interessato i dati personali da essa detenuti e affermando, nel contempo, che la consegna di copia della documentazione bancaria inerente le operazioni compiute risulterebbe del tutto estranea alle norme che tutelano la privacy.
Nel provvedimento il Garante ha riconosciuto legittima la richiesta dell’interessato.
Di seguito riportiamo le motivazioni.
“L’art. 13 della legge 675/1996 e l’art. 17 del D.P.R. n. 501/1998 obbligano il titolare o il responsabile del trattamento ad estrapolare dai propri archivi e documenti tutti i dati personali oggetto di richiesta, detenuti sia su supporto cartaceo o informatico, che riguardano l’interessato, e a comunicarli a quest’ultimo con modalità idonee a renderli agevolmente comprensibili.
In particolare, l’esercizio del diritto di accesso vantato dal ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto dalla banca, deve essere garantito gratuitamente e non può essere condizionato, per quanto attiene alle modalità di esercizio, a quanto statuito, ad altri fini, dal citato Testo Unico in materia bancaria.”
Alla banca è stato quindi ordinato di estrarre dagli atti e dai documenti da essa detenuti tutte le informazioni personali richieste in relazione alle movimentazioni effettuate e di comunicarle all’interessato in modo intellegibile.
La banca dovrà inoltre pagare le spese del procedimento.
Il principio sulla gratuità dell’accesso ai dati personali, detenuti dal titolare o responsabile del trattamento, è stato ribadito dall’Autorità che ha accolto il ricorso di un cittadino al quale la sua banca aveva chiesto 2400 euro per ricercare e fornire copia della documentazione di ogni operazione da lui effettuata dal 1997 in poi su due conti correnti a lui intestati.
La vicenda è stata illustrata nella newsletter dell’Autorità.
Il correntista aveva fatto una prima richiesta di accedere alla documentazione, formulata ai sensi dell’art. 119 del d. lg. n. 385/1993 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia).
La banca ai sensi del citato art. 119 rispondeva invitando il ricorrente, in base alle disposizioni emanante dalla Banca d’Italia in attuazione del decreto del Ministero del tesoro del 24 aprile 1992, a precostituire presso una propria filiale “i fondi occorrenti per la ricerca e la produzione dei documenti richiesti”, per un importo complessivo di 2.400 euro.
Il correntista presentava, quindi, una nuova richiesta, formulata questa volta ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675/1996, nella quale ribadiva la richiesta di accesso gratuito a tutte le informazioni personali detenute dall’istituto.
A questa seconda richiesta la banca aveva risposto fornendo all’interessato alcuni dati personali da essa posseduti (dati anagrafici, codice fiscale, estremi della carta d’identità), ma ribadiva che per ricevere copia della documentazione relativa alle singole operazioni bancarie, il correntista avrebbe dovuto procedere alla costituzione del fondo richiesto.
Il correntista aveva deciso così di rivolgersi al Garante al quale rinnovava le proprie richieste di accesso ai dati detenuti dalla banca e richiedeva di porre a carico dell’istituto bancario le spese sostenute per il procedimento.
L’Istituto bancario, invitato dall’Autorità ad aderire alle richieste, ribadiva invece quanto già dichiarato nei precedenti riscontri specificando di aver fornito all’interessato i dati personali da essa detenuti e affermando, nel contempo, che la consegna di copia della documentazione bancaria inerente le operazioni compiute risulterebbe del tutto estranea alle norme che tutelano la privacy.
Nel provvedimento il Garante ha riconosciuto legittima la richiesta dell’interessato.
Di seguito riportiamo le motivazioni.
“L’art. 13 della legge 675/1996 e l’art. 17 del D.P.R. n. 501/1998 obbligano il titolare o il responsabile del trattamento ad estrapolare dai propri archivi e documenti tutti i dati personali oggetto di richiesta, detenuti sia su supporto cartaceo o informatico, che riguardano l’interessato, e a comunicarli a quest’ultimo con modalità idonee a renderli agevolmente comprensibili.
In particolare, l’esercizio del diritto di accesso vantato dal ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto dalla banca, deve essere garantito gratuitamente e non può essere condizionato, per quanto attiene alle modalità di esercizio, a quanto statuito, ad altri fini, dal citato Testo Unico in materia bancaria.”
Alla banca è stato quindi ordinato di estrarre dagli atti e dai documenti da essa detenuti tutte le informazioni personali richieste in relazione alle movimentazioni effettuate e di comunicarle all’interessato in modo intellegibile.
La banca dovrà inoltre pagare le spese del procedimento.
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