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Il tortuoso accesso ai dati giudiziari
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Il cittadino che intende lamentare una violazione della riservatezza o esercitare il diritto di accesso ai propri dati personali quando questi sono trattati per ragioni di giustizia da un ufficio giudiziario, non può farlo rivolgendosi direttamente all’ufficio giudiziario o presentando ricorso al Garante, ma deve segnalare il caso all’Autorità, che disporrà opportuni accertamenti.
L’iter di accesso ai dati in questi particolari casi è stato chiarito dal Garante della privacy, affrontando il ricorso presentato da una donna nei confronti di un Tribunale.
Il caso è stato illustrato nella newsletter settimanale dell’Autorità.
La ricorrente, una debitrice colpita da un provvedimento di esecuzione immobiliare di un giudice, chiedeva il blocco o la trasformazione in forma anonima di alcuni dati, tra i quali il suo nominativo, che comparivano per intero, a suo dire illecitamente, sul sito Internet di un Tribunale.
La ricorrente si appellava alle recenti modifiche apportate al Codice di procedura civile (artt. 490 e 570 Cpc) dall’entrata in vigore del Codice sulla protezione dei dati personali (art. 174, commi 9 e 10), riguardanti la riservatezza delle notifiche di atti e delle vendite giudiziarie, in cui viene sancito che nell’avviso di vendita sia omessa l’indicazione del debitore e che maggiori informazioni sulla vendita, tra cui anche le generalità della persona sottoposta ad esecuzione immobiliare, possano essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque ne abbia interesse.
Il Garante ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso solo perché non rientrava tra i casi (art. 8, comma 2, Codice della privacy) in cui è possibile esercitare direttamente il diritto di accesso o far valere i propri diritti tramite ricorso, riguardando dati trattati a fini di giustizia da un ufficio giudiziario, dal Ministero della giustizia, dal Consiglio superiore della magistratura. Ma, alla luce della documentazione prodotta nel corso del procedimento dalla donna, il Garante ha, tuttavia, deciso di avviare accertamenti sui trattamenti di dati personali effettuati dal tribunale, del cui esito informerà la ricorrente.
Il cittadino che intende lamentare una violazione della riservatezza o esercitare il diritto di accesso ai propri dati personali quando questi sono trattati per ragioni di giustizia da un ufficio giudiziario, non può farlo rivolgendosi direttamente all’ufficio giudiziario o presentando ricorso al Garante, ma deve segnalare il caso all’Autorità, che disporrà opportuni accertamenti.
L’iter di accesso ai dati in questi particolari casi è stato chiarito dal Garante della privacy, affrontando il ricorso presentato da una donna nei confronti di un Tribunale.
Il caso è stato illustrato nella newsletter settimanale dell’Autorità.
La ricorrente, una debitrice colpita da un provvedimento di esecuzione immobiliare di un giudice, chiedeva il blocco o la trasformazione in forma anonima di alcuni dati, tra i quali il suo nominativo, che comparivano per intero, a suo dire illecitamente, sul sito Internet di un Tribunale.
La ricorrente si appellava alle recenti modifiche apportate al Codice di procedura civile (artt. 490 e 570 Cpc) dall’entrata in vigore del Codice sulla protezione dei dati personali (art. 174, commi 9 e 10), riguardanti la riservatezza delle notifiche di atti e delle vendite giudiziarie, in cui viene sancito che nell’avviso di vendita sia omessa l’indicazione del debitore e che maggiori informazioni sulla vendita, tra cui anche le generalità della persona sottoposta ad esecuzione immobiliare, possano essere fornite dalla cancelleria del tribunale a chiunque ne abbia interesse.
Il Garante ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso solo perché non rientrava tra i casi (art. 8, comma 2, Codice della privacy) in cui è possibile esercitare direttamente il diritto di accesso o far valere i propri diritti tramite ricorso, riguardando dati trattati a fini di giustizia da un ufficio giudiziario, dal Ministero della giustizia, dal Consiglio superiore della magistratura. Ma, alla luce della documentazione prodotta nel corso del procedimento dalla donna, il Garante ha, tuttavia, deciso di avviare accertamenti sui trattamenti di dati personali effettuati dal tribunale, del cui esito informerà la ricorrente.
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