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Il Garante della privacy blocca i data-base di 7 aziende che operano su Internet
Nuovo intervento anti-spamming dall'Autorità per la protezione dei dati personali.
Il Garante per la privacy ha disposto nei confronti di 7 società, operanti su Internet, il blocco del trattamento dei dati personali contenuti nei loro data-base per la violazione delle norme sulla privacy.
Le aziende (operanti in settori che vanno dalla vendita di software, al materiale pornografico, alla promozione commerciale, alla pubblicità) avevano infatti inviato via e-mail informazioni pubblicitarie e commerciali indesiderate utilizzando indirizzi di posta elettronica senza il consenso degli interessati.
I primi accertamenti nei confronti delle 7 società sono stati disposti dal Garante in seguito ai ricorsi presentati da alcuni cittadini.
Un provvedimento severo quello del blocco dei data-base, che si è reso necessario in quanto è stato appurato che le modalità di raccolta ed utilizzazione dei dati da parte delle società, oltre a riguardare i ricorrenti, riguardavano anche numerosi altri utenti di Internet.
Dagli accertamenti disposti dal Garante, nell'esame dei vari ricorsi (tutti accolti), sono infatti emersi elementi che hanno indotto l'Autorità a ritenere che fossero trattati in modo illecito non solo i dati dei ricorrenti.
Le società avevano giustificato il proprio operato affermando che gli indirizzi e-mail erano stati reperiti attraverso ricerche massive in Internet, da elenchi ritenuti erroneamente 'pubblici' e liberamente utilizzabili, oppure di averli creati attraverso modalità automatizzate, cioè attraverso software che consentono di raccogliere gli indirizzi e-mail sulla Rete attraverso procedure cosiddette 'random'.
Il Garante ha ritenuto che l'invio dei messaggi violasse le norme della privacy, in quanto le società non avevano acquisito preventivamente dai destinatari delle e-mail il consenso previsto (data la natura della comunicazione), né li avevano informati sull'uso che avrebbero fatto dei loro dati e sui diritti che la legge sulla privacy riconosce, in particolare il diritto di opporsi all'uso delle informazioni personali per fini di informazione commerciale.
Riguardo ai ricorsi, le società ''spammatrici'' dovranno ora cancellare dai loro archivi i dati personali dei ricorrenti e sono state condannate al pagamento 250 euro per le spese del ricorso. In alcuni casi si è resa necessaria anche una denuncia penale.
Pesanti le conseguenza del blocco dei data-base, anche dal punto di vista economico.
Dal momento della notifica dei provvedimenti - curata dalla Polizia postale - le società destinatarie del blocco non potranno più usare illecitamente i dati personali e dovranno limitarsi alla loro sola conservazione, in attesa di una successiva pronuncia che verrà adottata dall'Autorità all'esito del procedimento di controllo.
In ogni caso le società dovranno nel frattempo cancellare i dati personali dei singoli interessati che hanno presentato in passato ricorso al Garante o che dovessero vederlo accolto nelle prossime settimane. Coloro che, essendovi tenuti, non dovessero rispettare il provvedimento di blocco rischiano la reclusione da tre mesi a due anni.
Non è la prima volta che il Garante interviene contro l'utilizzo indiscriminato di indirizzi e-mail reperiti su Internet per l'invio di comunicazioni promozionali.
E' dell'inizio di luglio infatti la decisione di accogliere il ricorso di un docente universitario nei confronti di una societa' che gli aveva inviato e-mail pubblicitarie all' indirizzo di posta elettronica, presente, per finalità istituzionali, sul sito dell'università presso la quale insegna. (Si veda PuntoSicuro n.593).
L'orientamento del Garante segue la recente direttiva europea su privacy e telecomunicazioni, che ha generalizzato in Europa il principio del consenso (e non del rifiuto a posteriori) per lo spamming, disciplinando anche quello anonimo.
Per regolamentare una volta per tutte l'uso a diversi fini degli indirizzi e-mail, il Garante sta mettendo a punto un ''decalogo'', in vista anche del codice deontologico.
Il Garante per la privacy ha disposto nei confronti di 7 società, operanti su Internet, il blocco del trattamento dei dati personali contenuti nei loro data-base per la violazione delle norme sulla privacy.
Le aziende (operanti in settori che vanno dalla vendita di software, al materiale pornografico, alla promozione commerciale, alla pubblicità) avevano infatti inviato via e-mail informazioni pubblicitarie e commerciali indesiderate utilizzando indirizzi di posta elettronica senza il consenso degli interessati.
I primi accertamenti nei confronti delle 7 società sono stati disposti dal Garante in seguito ai ricorsi presentati da alcuni cittadini.
Un provvedimento severo quello del blocco dei data-base, che si è reso necessario in quanto è stato appurato che le modalità di raccolta ed utilizzazione dei dati da parte delle società, oltre a riguardare i ricorrenti, riguardavano anche numerosi altri utenti di Internet.
Dagli accertamenti disposti dal Garante, nell'esame dei vari ricorsi (tutti accolti), sono infatti emersi elementi che hanno indotto l'Autorità a ritenere che fossero trattati in modo illecito non solo i dati dei ricorrenti.
Le società avevano giustificato il proprio operato affermando che gli indirizzi e-mail erano stati reperiti attraverso ricerche massive in Internet, da elenchi ritenuti erroneamente 'pubblici' e liberamente utilizzabili, oppure di averli creati attraverso modalità automatizzate, cioè attraverso software che consentono di raccogliere gli indirizzi e-mail sulla Rete attraverso procedure cosiddette 'random'.
Il Garante ha ritenuto che l'invio dei messaggi violasse le norme della privacy, in quanto le società non avevano acquisito preventivamente dai destinatari delle e-mail il consenso previsto (data la natura della comunicazione), né li avevano informati sull'uso che avrebbero fatto dei loro dati e sui diritti che la legge sulla privacy riconosce, in particolare il diritto di opporsi all'uso delle informazioni personali per fini di informazione commerciale.
Riguardo ai ricorsi, le società ''spammatrici'' dovranno ora cancellare dai loro archivi i dati personali dei ricorrenti e sono state condannate al pagamento 250 euro per le spese del ricorso. In alcuni casi si è resa necessaria anche una denuncia penale.
Pesanti le conseguenza del blocco dei data-base, anche dal punto di vista economico.
Dal momento della notifica dei provvedimenti - curata dalla Polizia postale - le società destinatarie del blocco non potranno più usare illecitamente i dati personali e dovranno limitarsi alla loro sola conservazione, in attesa di una successiva pronuncia che verrà adottata dall'Autorità all'esito del procedimento di controllo.
In ogni caso le società dovranno nel frattempo cancellare i dati personali dei singoli interessati che hanno presentato in passato ricorso al Garante o che dovessero vederlo accolto nelle prossime settimane. Coloro che, essendovi tenuti, non dovessero rispettare il provvedimento di blocco rischiano la reclusione da tre mesi a due anni.
Non è la prima volta che il Garante interviene contro l'utilizzo indiscriminato di indirizzi e-mail reperiti su Internet per l'invio di comunicazioni promozionali.
E' dell'inizio di luglio infatti la decisione di accogliere il ricorso di un docente universitario nei confronti di una societa' che gli aveva inviato e-mail pubblicitarie all' indirizzo di posta elettronica, presente, per finalità istituzionali, sul sito dell'università presso la quale insegna. (Si veda PuntoSicuro n.593).
L'orientamento del Garante segue la recente direttiva europea su privacy e telecomunicazioni, che ha generalizzato in Europa il principio del consenso (e non del rifiuto a posteriori) per lo spamming, disciplinando anche quello anonimo.
Per regolamentare una volta per tutte l'uso a diversi fini degli indirizzi e-mail, il Garante sta mettendo a punto un ''decalogo'', in vista anche del codice deontologico.
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