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Dati biometrici sui visti: quesiti aperti

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Privacy

28/09/2004

I Garanti della privacy europei evidenziano i punti critici dell’archivio VIS.

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Forti limitazioni alla condivisione, da parte dei Paesi dell’UE, di dati biometrici di coloro che richiedono permessi di soggiorno e visti.
Le chiedono i Garanti per la protezione dei dati personali, prendendo in esame la proposta di creare un database dei visti centralizzato a livello europeo (il cosiddetto VIS, Visa Information System).

I documenti che ne prevedono l’istituzione (es. Decisione del Consiglio UE dell’8 giugno 2004), contengono, secondo i Garanti, indicazioni troppo generiche sulle garanzie e le salvaguardie da applicare.

In un recente parere, il Gruppo dei Garanti europei ha indicato i principi di protezione, sanciti dalla Direttiva 95/46, che devono essere rispettati nel prevedere un formato uniforme a livello UE per i visti ed i permessi di soggiorno, comprendente identificatori biometrici (impronte di due dita + foto dell’interessato) registrati in formato digitale su chip elettronico. In particolare deve essere garantito che i dati siano raccolti per scopi specifici, espliciti e legittimi e non trattati ulteriormente per scopi incompatibili con quelli della loro raccolta. E’ necessario specificare con chiarezza all’interessato le finalità per cui si trattano dati biometrici prima di procedere alla loro raccolta, in modo da garantire la legittimità della procedura.

Una materia particolarmente delicata quella del trattamento dei dati biometrici, in quanto hanno un elevato potenziale identificativo e permettono di raccogliere informazioni sugli interessati anche a loro insaputa (si pensi, appunto, alle impronte digitali). E

Secondo i Garanti la proposta di memorizzare i dati biometrici in un archivio centralizzato (il VIS) per condurre eventuali, successive verifiche su soggetti che entrino illegalmente nel territorio dell’UE, appare un approccio non proporzionato alle finalità perseguite (identificazione dei richiedenti permesso di soggiorno), e dunque in contrasto con il principio di proporzionalità stabilito dalla direttiva europea in materia di privacy.

Per quanto riguarda la possibilità di istituire un formato uniforme per i visti e le richieste di soggiorno, il Gruppo dei Garanti europei ha sottolineato che deve essere garantita agli la possibilità di accedere ai dati biometrici memorizzati nel chip e un’elevata affidabilità del sistema. In caso di respingimento la persona interessata deve sapere come opporsi alla decisione e far valere il proprio punto di vista.

Per quanto riguarda la prevista “interoperabilità”, ossia la possibilità per altre autorità di accedere ai dati memorizzati nel chip, nessuna modifica di tali dati deve essere possibile se non all’autorità che ha rilasciato il visto/il permesso di soggiorno. Inoltre, l’interessato deve sapere che il dato è oggetto di accesso, e soltanto i soggetti pubblici autorizzati devono avere la possibilità di accedervi. Le informazioni disponibili non devono andare oltre quelle indispensabili allo svolgimento delle funzioni alle quali la singola autorità è preposta.

Alcune delle indicazioni fornite dai Garanti, in attesa della definizione dei criteri che dovranno regolamentare il funzionamento del sistema, sono state sintetizzate dal Garante italiano nella newsletter settimanale.
In particolare, la necessità di meglio precisare le finalità perseguite con l’istituzione del sistema, che in parte sembrano sovrapporsi a quelle previste per il “nuovo” Sistema di informazione Schengen (SIS II); l’inopportunità di concedere alle autorità di Paesi terzi di accedere al VIS, anche per non violare il principio (sancito dalla Direttiva UE 95/46) secondo cui è possibile trasferire dati personali verso Paesi terzi soltanto se questi ultimi garantiscono un livello “adeguato” di protezione dei dati personali; la necessità di prevedere un termine massimo (e non minimo) di conservazione dei dati pari a cinque anni, e comunque di differenziare la conservazione a seconda della natura dei dati in oggetto; l’esigenza di garantire un adeguato controllo del VIS da parte del Garante europeo per la protezione dei dati, recentemente divenuto operativo, con la collaborazione delle autorità nazionali per quanto riguarda i trattamenti effettuati in ambito nazionale.

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