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Dal riconoscimento delle targhe al riconoscimento dei volti

Dal riconoscimento delle targhe al riconoscimento dei volti
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

19/04/2016

La polizia utilizza sempre più spesso sistemi automatizzati di riconoscimento delle targhe. Cosa potrebbe accadere se utilizzasse nello stesso modo apparati per il riconoscimento automatico dei volti? A cura di Adalberto Biasiotti.

Le polizie locali stanno utilizzando con crescente frequenza un nuovo dispositivo, che permette di acquisire la targa di un automezzo e di collegarsi automaticamente ad un data base, dove sono archiviati i dati di polizza assicurativa e di revisione dell’auto.
Chi scrive aveva già visto in funzione  questi dispositivi negli Stati Uniti almeno vent’anni fa, ma oggi il costo di questi dispositivi è diventato assai basso e la velocità di connessione attraverso le reti digitali permette di avere in tempo quasi reale una risposta.
 
I sindaci di molti paesi stanno già diffondendo comunicati stampa, nei quali vengono messi in evidenza i grandi vantaggi di questi dispositivi, che permettono certamente di migliorare il livello di  sicurezza sulle strade, permettendo di bloccare per tempo veicoli privi di assicurazione o non  in grado di circolare.
 
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Tuttavia vorrei che i miei lettori cominciassero a pensare a cosa potrebbe accadere quando queste stesse tecnologie verranno applicate non già al riconoscimento delle targhe, ma al riconoscimento dei volti.
Anche se è vero che ad oggi gli applicativi di riconoscimento dei volti non sono particolarmente efficienti ed efficaci, è anche vero che gli applicativi ed i computer possono sempre migliorare e questo fatto deve certamente darci da pensare.
 
Oggi come oggi, Facebook ha a disposizione centinaia di miliardi di fotografie di persone, che sono “taggate”, vale a dire sono collegate ad un nome ed un cognome specifico. Se una telecamera cattura il volto di una persona in transito ed è in grado di accedere al database di Facebook, utilizzando degli applicativi particolarmente intelligenti e veloci, è possibile in pochi istanti avere a disposizione il nome e cognome della persona che in quel momento è stata inquadrata dalla telecamera.
Ma non è finita.
 
I social media non tengono solo in archivio le fotografie di una persona, ma anche tutta un’altra serie di informazioni, che permettono di inquadrare sempre meglio la persona, la sua cultura, le sue frequentazioni ed anche i suoi orientamenti sessuali, in funzione del fatto che questa persona acceda con frequenza a particolari siti Internet.
Proviamo ora a pensare come una grande catena di supermercati potrebbe utilizzare queste informazioni.
Appena un cliente entra nel negozio, il suo volto viene catturato, viene confrontato con il database di Facebook, oppure il database delle patenti automobilistiche, oppure il database delle carte di identità.
Il cliente viene immediatamente identificato ed al commesso vengono offerte informazioni sul profilo di questo cliente. Le informazioni potrebbero ad esempio essere visualizzate su Google Glass, come già sta facendo adesso la polizia di Dubai.
Il commesso è adesso in grado di sapere perfettamente chi si trova davanti, quali interessi abbia, quali acquisti ha fatto in passato, quali sono i suoi orientamenti sessuali, quali potrebbero essere i prodotti di maggior interesse per lui.
Il gioco è fatto.
 
Ma si può fare di più e di meglio, perché ad esempio potrebbe esservi un pannello pubblicitario, all’interno del supermercato, che visualizza informazioni che sono mirate al tipo di spettatore che sta osservando il pannello. Avendo già tutte le informazioni sopra elencate, circa questo visitatore, il pannello può visualizzare un messaggio specificamente mirato a questo visitatore e in grado di catturare la sua attenzione.
A chi ritiene che questi scenari siano di fantascienza, vorrei ricordare di andare a rivedere il film Minority report, dove queste tecnologie erano già illustrate, con un indice di credibilità estremamente elevato.
 
In un nuovo libro, recentemente pubblicato negli Stati Uniti, Lock in di John Scalzi, il tema viene ripreso e personaggi di questo libro si osservano a vicenda, grazie a questi dispositivi di cattura del volto e di visualizzazione delle informazioni  connesse.
Ma vi è un’altra prova provata del fatto che queste tecnologie sono molto più immanenti, di quanto si possa credere e faccio riferimento alle attività svolte negli Stati Uniti da un’azienda specializzata, chiamata Vigilant Solutions. Questa azienda si è convenzionata con un gran numero di autocarri, che quotidianamente percorrono le grandi autostrade americane, ed ha installato a bordo degli stessi dei lettori di targa, in tutto simili a quelli che vengono utilizzati dalle polizie locali in Italia.
Mentre l’autocarro cammina, il dispositivo cattura migliaia e migliaia di targhe, che vengono confrontate con un data base delle targhe che corrispondono ad automobili, che occorre recuperare, perché il proprietario non ha pagato le rate del prestito per l’acquisto dell’auto.
Qualche lettore forse ricorderà che sui canali televisivi a pagamento appaiono regolarmente dei servizi su aziende, che svolgono un’attività che in inglese viene chiamata “repossessing”, che consiste appunto nel recuperare automobili sulle quali è pendente un’ipoteca.
Orbene, questa azienda prima menzionata prende tutti questi dati e li inserisce in un gigantesco sistema di analisi, che permette di verificare, una volta trovata una targa meritevole di attenzione, dove e quando essa è stata catturata e dove probabilmente essa potrà essere recuperata, basandosi appunto su dati di tracciamento e movimento.
Per dare un’idea delle dimensioni di questa attività, l’azienda in questione cattura 70.000.000 di targhe tutti i mesi. I servizi di questa azienda sono a pagamento e vengono resi appunto ai proprietari di saloni di autovetture, che devono recuperare automobili sott’ipoteca, oppure a uffici recupero di istituti bancari, che hanno erogato  un prestito per l’acquisto dell’autovettura.
 
Queste sono le tecnologie  che vengono utilizzate dai casinò, che debbono proibire l’ingresso a soggetti che sono  sulla lista nera. Le fotografie dei soggetti vengono inserite in una lista nera e una telecamera, all’ingresso del casinò, effettua un confronto automatico fra il volto catturato al momento e il volto inserito nel database. Il fatto di poter fare il confronto fra numerose fotografie permette di elevare in maniera significativa l’affidabilità dell’identificazione e i tempi necessari per eseguire questa operazione sono sicuramente in continua diminuzione.
Oggi i casinò utilizzano degli specialisti che sono dotati di una straordinaria memoria visiva, ma questi soggetti costano e non possono rimanere in servizio per ore e ore e ore, come invece può fare un apparato completamente automatizzato.
 
Come accennato in precedenza, sistemi del genere cominciano essere utilizzati dalla polizia di Dubai, che utilizza degli occhiali Google Glass, collegati un data base centrale. È sufficiente che un poliziotto vi guardi, perché il vostro volto venga acquisito dalla telecamera incorporata negli occhiali, venga inviato ad un data base centrale e sul monitor incorporato negli occhiali il poliziotto riceve, in pochi istanti, tutte le informazioni di rilevanza criminale che li riguardano.
 
Cari colleghi, vi spiace meditare un poco su questi temi?
 
 
Adalberto Biasiotti
 
 
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