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Assegni e aggiornamento dei dati

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Privacy

15/11/2004

Il Garante della privacy interviene a favore di un imprenditore privato dell’autorizzazione ad emettere assegni.

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Ancora un provvedimento che sottolinea l’importanza di un tempestivo aggiornamento dei dati contenuti negli archivi.
Il Garante della privacy interviene a favore di un imprenditore la cui attività era stata bloccata per essere stato inserito nell’archivio CAI (Centrale d’allarme interbancario), l’archivio informatizzato degli assegni bancari e postali e delle carte di credito.

Il caso è stato illustrato nella newsletter settimanale dell’Autorità.
Privato dell’autorizzazione ad emettere assegni per non essere riuscito a dimostrare alla banca, seguendo determinate modalità, di aver pagato un assegno, l’imprenditore si era trovato nell’impossibilità di far fronte ai propri impegni presso fornitori e dipendenti. Aveva così deciso di rivolgersi con una procedura d’urgenza al Garante, il quale ha riconosciuto la legittimità delle sue richieste e ha ordinato l’immediata cancellazione del nominativo dall’archivio informatizzato.

Questi i dettagli della vicenda. L’imprenditore dopo aver emesso un assegno di 12 mila euro veniva contattato dalla banca che gli comunicava il mancato pagamento per mancanza di fondi e nel contempo lo informava della facoltà di poter provvedere al pagamento tardivo per evitare l’iscrizione nell’archivio CAI e il conseguente divieto di emettere assegni. Nel giro di pochi giorni l’imprenditore, dopo aver ripianato la situazione, consegnava alla banca una dichiarazione del creditore che attestava l’avvenuto pagamento. L’istituto di credito però eccepiva la regolarità della dichiarazione e, dopo una serie di vicende burocratiche decorsi ormai i termini di legge per regolarizzare la situazione (60 giorni), iscriveva l’imprenditore nell’archivio degli assegni bancari e contestualmente gli revocava l’autorizzazione ad emettere assegni.

L’Autorità, pur riconoscendo che l’inserimento del nominativo dell’imprenditore nell’archivio informatizzato è avvenuto lecitamente e nel rispetto della normale prassi bancaria, ha ritenuto “pienamente legittimo intervenire successivamente sui dati inseriti nell’archivio, i quali documentano ora una situazione non corrispondente alla realtà: ai fruitori dell’archivio l’imprenditore appariva infatti come un soggetto che non aveva provveduto al pagamento, neppure tardivo, dell’assegno. Pagamento che era stato, invece, effettuato per intero nei termini indicati dalla banca, anche se la documentazione in grado di dimostrarlo, per una serie di vicende, non era stata accettata ed era giunta con lieve ritardo. Vari riferimenti normativi del Codice sulla protezione dei dati e la stessa disciplina di settore prevedono, infatti, espressamente l’eventualità di una correzione o l’eliminazione di informazioni inesatte o inserite illecitamente.”

Il Garante non ha, quindi, ritenuto ammissibile la tesi sostenuta dai titolari del trattamento di conservare i dati nel CAI per il periodo di efficacia del provvedimento di revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni (sei mesi) sulla base di un regolamento, norma peraltro di rango secondario rispetto al Codice, che disciplina conservazione dei dati in archivio in termini generali.
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