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Incendio alla ThyssenKrupp di Torino: rinviati a giudizio i sei indagati

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Prevenzione incendi

13/05/2008

Sono arrivati i rinvii a giudizio per l'incendio alla ThyssenKrupp. Le accuse vanno dall'omicidio e incendio volontario, all'omicidio colposo, all'omissione di cautele. Per salvare la vita dei sette operai sarebbero stati sufficienti 900 euro.

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Le indagini seguite all’incendio della ThyssenKrupp di Torino, che ha provocato sette morti tra gli operai lo scorso 6 dicembre, hanno portato al rinvio a giudizio per i sei principali indagati.
 

 
L’accusa nei confronti di Herald Espenhahm, 42 anni, amministratore delegato per l'Italia della multinazionale, è pesante: omicidio e incendio con dolo.
È un’accusa che si basa sul lavoro dei magistrati inquirenti e che è stata ipotizzata di fronte alla gran mole di prove e accertamenti che nei mesi successivi all’incendio sono stati prodotti.
 

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Già a febbraio il procuratore capo di Torino, Marcello Maddalena, aveva ricordato che: “L'accusa è pesante, ma abbiamo le prove”. E riguardo alla particolarità di un’imputazione così pesante nel mondo del lavoro aveva risposto: “Noi pensiamo che debba essere fatta per gli omicidi sul lavoro, ma soltanto se ci sono i presupposti. Che in questo caso esistono“.
 
Secondo le indagini della Procura l’amministratore delegato per l’Italia avrebbe dovuto mettere a norma lo stabilimento torinese; e la scelta di non farlo, tenendo in conto che dopo pochi mesi dall’incidente gli impianti avrebbero dovuto trasferirsi a Terni, non può avere avuto che un venale obiettivo: il risparmio.
Qualcuno, Espenhahm, ha “accettato il rischio” di un incidente. Tra l’altro un incidente possibile, visti i precedenti di altri incidenti similari negli stabilimenti tedeschi e su linee identiche a quella teatro del rogo torinese.
 
Inoltre nelle accuse dei magistrati si fa riferimento agli stanziamenti che la sede centrale aveva inizialmente previsto per aumentare la sicurezza dello stabilimento torinese: secondo i conti fatti dai PM, per salvare la vita dei sette operai sarebbero stato sufficiente spendere poco più di 900 euro. Necessari per allestire un impianto di spegnimento automatico del fuoco sulla linea di produzione.
 
Se considerato colpevole di questa imputazione, Herald Espenhahm può rischiare fino a ventun anni di carcere.
 
Per gli altri cinque indagati - i consiglieri delegati Marco Pucci e Gerald Priegnitz, il dirigente ternano Daniele Moroni, il direttore dello stabilimento torinese Giuseppe Salerno e il responsabile del servizio previsione rischi Cosimo Cafueri – le accuse sono meno gravi ma, comunque, rilevanti.
Sono accusati di omissione volontaria di cautele contro gli incidenti e omicidio colposo con colpa cosciente, mentre l’azienda è, invece, indagata in qualità di persona giuridica nella figura del legale rappresentante, Jurgen Hermann Fechter.
 
Mentre si attendono i commenti della sede centrale Thyssenkrupp, molti parenti delle vittime si mostrano soddisfatti e fiduciosi di ottenere giustizia. Ma la soddisfazione non nasconde il dolore dei lutti subiti e non è sufficiente a coprire la rabbia di una tragedia avvenuta probabilmente per un semplice e calcolato risparmio.
 
Tiziano Menduto
 


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