Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Il punto sulla qualificazione dei formatori per la sicurezza
Roma, 9 Feb - La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette “morti bianche”, istituita con deliberazione del Senato del 24 giugno 2008, ha approvato all’unanimità, nella seduta del 17 gennaio 2012, la Terza relazione Intermedia sull’attività svolta dalla medesima Commissione.
La relazione si divide in diversi capitoli:
1. L’organizzazione dei lavori della Commissione
2. L’inchiesta della Commissione: il sistema della tutela, della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro in Italia
3. Gli approfondimenti su temi particolari
4. I sopralluoghi della Commissione: gli infortuni ed il sistema di prevenzione sul territorio
5. Considerazioni conclusive
Abbiamo scelto di presentare un estratto tratto tra gli approfondimenti relativo a “La qualificazione dei formatori per la sicurezza sul lavoro”.
“3.3. La qualificazione dei formatori per la sicurezza sul lavoro
Il decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede espressamente all’articolo 37 tra gli obblighi che competono al datore di lavoro anche quello di formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, nonché dei dirigenti e dei preposti in materia di sicurezza sul lavoro.
L’articolo 34 prevede inoltre che lo stesso datore di lavoro debba ricevere una specifica formazione, qualora intenda svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione dai rischi. Come già indicato nel paragrafo 2.3, è opportuno ricordare che finalmente, dopo un laborioso iter, sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 8 dell’11 gennaio 2012 gli accordi del 21 dicembre 2011 approvati dalla Conferenza Stato-Regioni che fissano le modalità e i contenuti dei due tipi di formazione.
Si tratta di un fatto molto positivo: la formazione, infatti, rappresenta uno strumento essenziale ai fini di una corretta prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, in quanto è il primo strumento attraverso il quale creare una consapevolezza sempre più diffusa sul valore della sicurezza nei luoghi di lavoro, sia da parte dei datori di lavoro (che considerano
spesso la sicurezza come un costo aggiuntivo o comunque come un aggravio) che degli stessi lavoratori (che la interpretano a volte in maniera meramente formale). La formazione si pone quindi anche come veicolo di crescita e di cambiamento culturale: non a caso il testo unico all’articolo 2, con una forte innovazione rispetto al passato, la definisce esplicitamente come «processo educativo», attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili ad accrescere la sicurezza e a ridurre i rischi.
Un problema concreto che si pone nelle attività di formazione è però quello della qualificazione dei formatori, ossia degli esperti chiamati a erogare gli insegnamenti e le nozioni in materia di sicurezza sul lavoro.
I datori di lavoro che intendono realizzare interventi di formazione per il personale, specie nelle piccole o piccolissime imprese, non sono sempre in grado di valutare i contenuti e le modalità della formazione più appropriati per le loro specifiche esigenze. Essi tendono quindi ad affidarsi ad esperti e consulenti esterni, che dovrebbero possedere un’adeguata preparazione, per la cui attestazione non esiste però al momento una regolamentazione specifica. Ciò crea spesso situazioni confuse o addirittura ambigue, in cui si inseriscono a volte soggetti inadeguati e inaffidabili che offrono i loro servizi alle aziende, magari a tariffe concorrenziali, danneggiando sia i clienti che i professionisti più seri e qualificati.
Occorre dunque introdurre delle norme che, al pari di quanto già avviene per altre figure specializzate, stabiliscano i requisiti di competenza e professionalità necessari per l’esercizio dell’attività di formatori per la sicurezza, evitando di creare inutili appesantimenti burocratici e ostacoli alla libera iniziativa imprenditoriale, ma garantendo comunque la qualità di queste prestazioni, a tutela sia della professionalità dei veri formatori, sia delle aziende e dei lavoratori ai quali la formazione è rivolta.
Si tratta di una situazione che è stata più volte segnalata alla Commissione da enti istituzionali parti sociali, anche nel corso delle numerose missioni svolte sul territorio. Per approfondire la questione e verificare gli opportuni rimedi, la Commissione ha quindi iniziato un percorso d’indagine, chiamando anzitutto a riferire sul tema, nella seduta del 15 giugno 2011, gli esperti della Consulta interassociativa italiana per la prevenzione (CIIP), un organismo che raggruppa importanti associazioni di categoria degli esperti del settore della prevenzione e che era già stata sentita più volte in passato dalla Commissione.
Il dottor Rino Pavanello, in qualità di presidente della CIIP, ha illustrato sinteticamente il quadro normativo vigente in materia di formazione per la salute e la sicurezza del lavoro, imperniato sul decreto legislativo n. 81 del 2008. Egli ha confermato come tale normativa definisca compiutamente, all’articolo 2, il concetto di «formazione», senza però specificare i requisiti professionali che devono possedere coloro che svolgono tale attività.
La definizione di questi requisiti è infatti demandata alla Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, attraverso uno dei suoi comitati tecnici.
La Commissione consultiva sta ancora lavorando sul punto, stante la complessità della materia e considerando anche il fatto che, come altri aspetti di dettaglio dell’attuazione del testo unico, la sua definizione deve essere concordata fra tre soggetti diversi (Stato, regioni e parti sociali) che non hanno spesso visioni coincidenti sulla questione. D’altra parte, quand’anche i criteri di qualificazione dei formatori della sicurezza fossero stati già definiti dalla Commissione, sarebbe comunque sempre necessario un intervento legislativo per istituire un sistema di assistenza e controllo che garantisca concretamente l’applicazione e il rispetto di tali criteri, a beneficio degli operatori e delle imprese. La mancanza di una normativa specifica ha infatti creato una situazione di grande incertezza, favorendo un mercato parallelo delle consulenze e degli attestati di sedicenti formatori della sicurezza, privi delle necessarie qualifiche e che danneggiano le aziende che si affidano a loro.
Il dottor Pavanello ha ricordato in proposito una serie di normative di rango secondario che debbono essere ancora emanate per completare l’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, soffermandosi in particolare sui criteri di qualificazione dei formatori e sul libretto formativo dei lavoratori. Vi è inoltre l’imminente scadenza del termine per i criteri di aggiornamento professionale dei responsabili del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) e degli addetti al servizio di prevenzione e protezione (ASPP).
In termini concreti, la CIIP ha quindi illustrato alla Commissione una serie di proposte per definire la figura del formatore professionale, sulla base dell’esperienza della propria esperienza. In primo luogo, poiché all’interno di un’azienda accanto ai lavoratori esiste una pluralità di soggetti che debbono ricevere formazione per la salute e la sicurezza sul lavoro, ciascuno con le proprie specifiche esigenze, sarebbe opportuno distinguere tra «formatori qualificati», che svolgono attività formativa in via prevalente o esclusiva, e «operatori formati», che esercitano altre mansioni ma erogano comunque formazione ad altre persone.
Per ciascun tipo di formatore è possibile identificare una serie di requisiti di competenza, a seconda dell’area di specializzazione, basati su titoli di studio o su specifiche esperienze professionali e di docenza maturate.
Il sistema proposto dalla CIIP è molto articolato: ad esempio, esso individua quattro aree di specializzazione didattico-formativa (normativo-giuridica, politecnica, igienico-sanitaria e formativo-relazionale-comportamentale) e distingue tra formatori qualificati senior (più esperti) e junior (che devono maturare una specifica esperienza), nonché tra operatori formati interni all’azienda (ad esempio dirigenti o preposti chiamati ad addestrare alcuni lavoratori) ed esterni alla stessa (per esempio installatori di macchinari che forniscono anche addestramento per il loro utilizzo). Inoltre è previsto un sistema di accreditamento per la valutazione dei titoli di studio e delle esperienze professionali e didattiche, volendo consentire anche ai formatori già in attività di rientrare in questa nuova e più rigorosa impostazione, previa verifica dei requisiti posseduti.
Il punto sostanziale, sul quale i rappresentanti della Consulta hanno molto insistito, è però che la definizione dei requisiti professionali specifici è solo il primo passo per la regolamentazione dei formatori della sicurezza.
Occorre infatti anche individuare forme di pubblicità che possano dare pubblica evidenza alle persone effettivamente in possesso dei suddetti requisiti, come già previsto, del resto, per altre figure del sistema di prevenzione e protezione individuate dalle disposizioni vigenti, quali gli RSPP e gli ASPP, i medici competenti ecc. Senza entrare nel merito specifico delle modalità più corrette per realizzare questa pubblicità, la cui scelta spetta necessariamente al legislatore, la CIIP ha sottolineato con forza tale esigenza, che non vuole precostituire barriere all’entrata o altre limitazioni all’esercizio dell’attività, ma solo fornire garanzie circa la qualità delle prestazioni, a tutela degli stessi professionisti, delle imprese e dei lavoratori che riceveranno la formazione. A ciò si deve poi accompagnare un sistema premiale e di controllo (di tipo evidentemente pubblicistico) che garantisca l’effettività dei requisiti e il loro rispetto.
Un altro interessante contributo sul tema della qualificazione dei formatori della sicurezza sul lavoro è venuto poi dalla CEPAS – Certificazione delle professionalità e della formazione, un organismo specializzato nella certificazione dei formatori e che è stato audito dalla Commissione il 30 novembre 2011.
Come ha precisato il presidente, dottor Giancarlo Colferai, la CEPAS è un’associazione riconosciuta senza scopo di lucro che si occupa specificamente di verificare e certificare la qualità dell’attività svolta dai formatori che operano nei vari settori, al fine di tutelare i professionisti e i clienti, anche contro la concorrenza sleale di soggetti inadeguati e improvvisati che si offrono purtroppo sul mercato. L’attività si svolge in conformità alla norma
ISO/IEC 17024, che prescrive come definire gli schemi di certificazione e di valutazione per ogni figura professionale e si configura come una «attestazione di parte terza» (cioè di un organismo indipendente e accreditato).
La CEPAS inoltre non svolge attività diretta di formazione, per evitare conflitti d’interesse. Essa verifica se i requisiti dei formatori sono conformi agli standard professionali, secondo le regole dell’EQF (European Qualifications Framework, Quadro europeo delle qualifiche). È poi accreditata dall’ente nazionale di accreditamento ACCREDIA e membro ufficiale delle principali organizzazioni internazionali di settore quali l’IPC (International personnel certification association) e l’IAF (International accreditation forum), il che favorisce importanti scambi di esperienze.
Per accedere alla certificazione, i professionisti debbono anzitutto possedere specifiche competenze tecniche, didattiche ed adeguata esperienza lavorativa e sostenere uno specifico esame. Superato l’esame, ricevono il certificato di docenti della formazione, che ha validità triennale ed è rinnovato solo se il professionista dimostra di aver curato l’aggiornamento professionale, di aver svolto in maniera corretta la sua attività e aver rispettato il codice deontologico dell’associazione.
Da molti anni la CEPAS si occupa della certificazione dei formatori della sicurezza sul lavoro, per cui ha elaborato specifici schemi con i requisiti e le competenze necessarie. Ad esempio, molti formatori aderenti all’AIFOS (Associazione italiana formatori della sicurezza sul lavoro) sono stati certificati con tale modalità 13. Il sistema di certificazione illustrato può quindi dare ottimi risultati anche in questo campo, consentendo di valutare e selezionare in modo mirato diverse tipologie di formatori a seconda delle specializzazioni richieste. L’esperienza dimostra infatti che la formazione della sicurezza sul lavoro necessita di figure non generiche ma specifiche, troppo diverse essendo le esigenze di ogni settore produttivo.
Se dunque è possibile ipotizzare, sulla base di esperienze già presenti sul mercato, modalità di certificazione «privatistica» della qualità dei formatori, si tratta pur sempre di un’attestazione che interviene a posteriori, mentre resta aperto il problema di definire preliminarmente le competenze e quindi il percorso di studi e di esperienze che dovrebbero compiere i soggetti che intendono svolgere l’attività di formatori della sicurezza sul lavoro. Anche i vari corsi di specializzazione attivati ad esempio nelle università italiane – alcuni dei quali verranno illustrati nel paragrafo successivo –, pur prestigiosi non risolvono direttamente la questione, proprio
Perché manca attualmente una regolamentazione univoca della materia, come accade invece per altre figure professionali. La Commissione intende allora farsi parte attiva per mettere a punto una specifica proposta normativa in materia, con il concorso degli organismi di settore e previo confronto con i ministeri competenti e con la Conferenza delle regioni e delle province autonome. A tal fine, si riserva quindi di approfondire ulteriormente la questione, certamente assai complessa dal punto di vista tecnico, per poter studiare una soluzione adeguata.”
FG
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.
Pubblica un commento
Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0 | 09/02/2012 (08:41:03) |
Per favore non rincorriamo il "valore legale" del titolo o delle competenze. La certificazione delle proprie competenze, il "bollino blu", deve essere un'azione volontaria. Disciplinata ma volontaria. |
Rispondi Autore: Dr Roberto Amato - likes: 0 | 09/02/2012 (09:46:06) |
Letto l'articolo "il punto sulla qualificazione dei formatori per la sicurezza" (Anno 14 - numero 2791 di giovedì 09 febbraio 2012) mi preme commentarlo apportando il mio contributo per migliorare tale importante punto del DlGs 81/08 ed il mio consiglio è quello di prevedere l'obbligo di comunicazione al Servizio di Vigilanza dell'ASL competente per territorio l'avvio del corso di formazione allegando l'elenco dei professionisti che ne prenderanno parte, questa notifica permetterebbe al personale di vigilanza la verifica della bontà del corso, della professionalità dei docenti e l'effettiva partecipazione degli iscritti. Questo potrebbe essere un disincentivo ai "falsi corsi" per tenere le "carte a posto". Grazie per la disponibilità Dr Roberto Amato Responsabile Unità Operativa Luoghi di Lavoro dell'ASL Napoli 3 Sud. |
Rispondi Autore: Kendo - likes: 0 | 09/02/2012 (09:46:43) |
Sono d'accordo..Aifos, Cepas, per fortuna non sono la legge..basta con bollini,certificazioni e quant'altro, soprattutto se non stabiliti da un Ente di legge..un'azienda seria sceglie un professionista/formatore serio. Non siamo più agli albori della 626. E' il mercato che epura i non professionisti.. |
Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0 | 09/02/2012 (10:08:48) |
@ Roberto Amato La regola potrebbe essere adottata. Anche se le ASL rischierebbero di saltare o più semplicemente ...di non controllare. Saluti |
Rispondi Autore: Dr Roberto Amato - likes: 0 | 09/02/2012 (10:32:50) |
Mi dispiace che sia stato frainteso ma visto che mi piace essere chiaro ribadisco che, se è vero che la formazione serve a lavorare sicuri, e visto che in giro ci sono tantissime scuole di formazione, certificate e non che rilasciano attestati di tutti i tipi e per tutte le professioni, senza che questo sia controllato da nessuno ma solo in caso di infortunio mortale o grave, e visto che per molti è importante "il pezzo di carta" sarebbe tanto difficile o complicato notificare la propria attività formativa???, visto che ciò già è previsto nel decreto 81 (vedi notifica preliminare per i cantieri temporanei e mobili) cosa a che fare questo con "il bollino blu", penso che per avermi risposto in tal senso io non abbia fatto capire bene lo scopo del mio commento che certamente non aveva come obiettivo la volontà di dare punteggi o bollini, ma solo la possibilità di verificare chi e come fa formazione. Ad altri la competenza per l'affisione di bollini...Roberto Amato |
Rispondi Autore: Paolo Alemani - likes: 0 | 09/02/2012 (11:45:58) |
Eccoci di nuovo, un altro sproloquio legislativo animato dalle migliori intenzioni ma poi vuoto dal punto di vista pratico. Arbori della 626.....nessun requisito per fare l'RSPP....porte aperte a cani, porci capre e cavoli. (e mi spiace per Kendo....il mercato non epura i non professionisti, anzi) Definizione dei requisiti per fare l'RSPP: cacciare che nel frattempo è entrato nel settore senza nessuna specifica competenza? Meno che meno, ormai sono diventati esperti sul campo. Formazione continua? Intesa come continuamente rivedere gli stessi videocorsi (purgati nelle parti di citazione normativa in modo da evitare i riferimenti alla 626 oggi 81/08, lavoro neppure fatto bene perchè in qualche caso il riferimento c'è scappato!!). Docenti espertissimi in ingegneria gestionale che vaneggiavano approfondamente di ecotossicologia, tossicologia ed epidemiologia dimostrando di non avere neppure idea di cosa stavano dicendo. (il filmato di youtube sulle "pratoline di tezze" visto fino alla nausea....mancavano solo le teorie cospiratorie, gli ufo ed i puffi per avere la certezza di aver buttato via i soldi del corso). Docenti che sostenevano che i campi elettromagnetici potevano produrre variazioni nella fertilità femminile in quanto l'eventuale spirale anticoncezionale poteva essere spostata dalle variazioni del campo. E queste sono solo alcune delle perle che mi è capitato di sentire tra corsi di formazione e di aggiornamento. La formazione a distanza vista come fumo negli occhi, forse perchè il materiale è visionabile e denunciabile da tutti in caso di cavolata colossale? Io vorrei un ente di certificazione superiore fatto da personaggi competenti (ingegneri, tossicologi, epidemiologi, statistici, fisici e rappresentanti di tutte le materie coinvolte nel nostro ambito) che non si limitino a mettere il bollino di approvazione del corso (che tanto si può comprare in un modo o nell'altro) ma che standardizzino quello che un rspp, rls o formatore deve sapere. E per favore non si riciclino gli esperti formati sul campo privi del necessario background scientifico, tecnico e culturale. Registri ASL? Ma per favore...non è sufficientemente dimostrato che le ASL non sono in grado di operare con efficienza (dove sono per esempio i registri per i soggetti che dovrebbero controllare le attrezzature di sollevamento? boh...per ora legge rinviata).Un nome su un registro non fa il docente e sopratutto le ASL non hanno ne le competenze ne la voglia di sobbarcarsi pure i controlli sulla scolarità dei docenti. Si parla troppo di quantità di formazione.....ma troppo poco di qualità della formazione (meno ore, più orientate al problema, più efficienza), altrimenti la cosa mi puzza solo di business (grande business). Saluti. |
Rispondi Autore: cris falzolgher - likes: 0 | 09/02/2012 (17:12:09) |
RSPP "solo" dal 2008, scoprendo una passione tardiva e spendendo fior di quattrini per frequentare i migliori corsi, negli anni ne ho viste e sentite di tutti i colori: chi riteneva fosse necessaria una laurea tecnica (scusate, ma la matematica che serve l'abbiamo fatta tutti e se uno non è stupido i modelli impara ad usarli), gente che epurava a priori la FaD, parlando solo OGGI di requisiti minimi che davo per scontati sei anni fa. Da ultima arrivata mi sbaglierò ma in fondo, come in tutte le cose, ci vogliono passione (per continuare ad apprendere), umiltà (per ciò che non si sa), serietà (anche se il cliente vuole solo "la carta", siamo noi a trasferire credibilità a quello che facciamo)...magari qualche strafalcione l'avrò detto anch'io, però chi ha parlato con me ha capito il VALORE della sicurezza in azienda. Un punto di partenza. |
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 09/02/2012 (22:40:11) |
Per qualificarsi come formatore in materia di sicurezza, basta semplicemente mettere sul proprio curriculum professionale: * Chi sei? * Che titolo di studio hai? * Che formazione hai progettato/organizzato/gestito? * Che docenze hai fatto? * Per quanto tempo l'hai fatto? * In quali settori l'hai fatto? * Con quali aziende/enti l'hai fatta? * Quali risultati hai raggiunto (livello apprendimento pre-post, gradimento, ecc.) * Quali risultati hanno raggiunto le aziende clienti; * I riferimenti dei clienti per far verificare al potenziale nuovo cliente quanto hai affermato nel tuo curriculum. Saranno i clienti a scegliere con il criterio che vorranno usare. Infatti, ricordiamoci sempre che un'azienda avrà sempre il formatore che si merita. Non sarà certo l'iscrizione a questa o quella associazione oppure il bollino blu di questo o di quell'altro ente a qualificare un professionista o a influenzare le scelte di un'azienda. In un corso di formazione ciò che conta sono chi lo progetta e chi fa la docenza; il resto sono balle. |
Rispondi Autore: Rocco Vitale, presidente Aifos - likes: 0 | 10/02/2012 (18:49:32) |
Nella sua semplicità ha ragione l'amico Carmelo Catanoso. Il fatto è che senza tanta burocrazia bisogna definire le cose con qualche norma. Come CIIP abbiamo fatto una proposta che è molto articolata, proprio per dare al legislatore la possibilità di scegliere, valutare ed analizzare. Per quanto riguarda altri quesiti la mia posizione è sempre stata quella che le ASL dovrebbero "controllare" le società ed enti che fanno formazione e sapere chi sono i docenti. Una volta che una società è seria e corretta vuol dire che dove lavora vi sarà serietà e lo stesso vale per il formatore: se è bravo e capace la sua presenza è già indice di aver fatto bene. Dato che non riuscirà mai a fare ispezioni in tutte le aziende inizierò a farle dove operano enti, aziende e società sconosciute ed improvvisate. In poche parole parliamo sempre di qualità e allora le ASL verifichino chi lavora in qualità (per davvero) e le aziende coinvolte, di fatto, saranno controllate dal RSPP, formatore, azienda che gode della buona e seria reputazione. Sul fatto che i buoni formatori e sarà il mercato a scegliere sono d'accordo e dico ogni giorno la stessa cosa: però vale anche per noi la severa legge dell'economia laddove la moneta cattiva scaccia quella buona, mentre viceversa è sempre difficile. Sono queste le difficoltà che, assieme, vogliamo superare. |
Rispondi Autore: Mauro Tripiciano - likes: 0 | 11/02/2012 (18:55:04) |
Come dare una leggibilità alla competenza dei formatori senza ricadere nei bollini o nel valore legale? Costruendo sulla proposta di Carmelo Catanoso, si potrebbe dare un formato ufficiale standard al curriculum dei formatori, del tipo del defunto (?) Libretto del Cittadino, in cui ciascun formatore dovrebbe riportare i propri titoli, le esperiemze lavorative, i corsi fatti ed erogati ecc. Per chi vuole, ovviamente, tra i titoli ci può essere una certificazione CEPAS, KHC, una associazione ad AIFOS ecc. Niente costi, massima trasparenza e responsabilità. Sta poi alle associazioni e ad altri enti del settore (confindustria, confartigianato, ecc; INAIL, ASL ecc.) pubblicare questi "libretti" affinchè l'utenza possa conoscere e scegliere. |
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0 | 12/02/2012 (10:47:50) |
Mauro, la proposta è troppo semplice per essere applicata in Italia. Personalmente, continuerò a propormi, come formatore, con un CV strutturato come nel mio precedente post dove, per mia fortuna, posso vantare esperienze pluriennali documentate in 3 delle 4 aree individuate dalla proposta CIIP. |
Rispondi Autore: Cinieri Vincenzo - likes: 0 | 13/02/2012 (10:18:27) |
Ho letto diversi commenti e tutti non concordanti, questo dimostra lo stato di confusione che regna. Ma ragioniamo per obiettivi e/o per "rischio": 1) docenti "non formati": introduciamo su base nazionale un riconoscimento dietro superamento di un esame (ad esempio presso il CEPAS): le persone tutte possono essere autodidatte e/o aver seguito dei corsi preparatori terzi che ovviamente non ti assicurono il superamento dell'esame; 2) corsi fantasmie/o allievi fantasmi: registro nazionale informatico di chi tiene il corso, i nomi dei partecipanti, i docenti Registro da cui uno, dotato di password, può anche prelevare le sue qualifiche, utile al committente per la verifica dell'idoneità tecnica professionale (chi non si aggioprna in tempo, viene avvisato e viene messo in sospensione, come del resto avviene per il DURC, ......) 3) contenuti della formazione: programmi dettagliati e precisi in funzione delle ore di formazione; resi trasparenti a livello nazionale. 4) formazione on-line: da riservare solo alle grandi aziende: non so, chi ha 50, 100 dipendenti; 5) neo aziende: esse non posso aprire una partita IVA se non garantiscono già da subito l'applicazione del D.Lgs 81/2008: deve aver conseguito prima i corsi oppure indicano il nominativo del rspp e/o alter figure da subito. Tutte le innovazioni sono benvenute se fatte da persone serie e professionali. |
Rispondi Autore: livio martina - likes: 0 | 23/03/2012 (23:53:33) |
è molto difficile valutare chi è in grado di fare formazione ai lavoratori, non è certamente il titolo di studio che conta ma sopratutto l'esperienza acquisita negli ambienti di lavoro con conoscenza pratica delle attività lavorative (chi non ha mai lavorato in officina ha grosse difficoltà a capire realmente come ci si può fare male e saper spiegare a chi ascolta cosa fare per evitare pericoli)inoltre è importantissimo che ogni formatore sappia bene quali sono le cose che sà e sulle quali può esercitare e quelle sulle quali la sua conoscenza non è approfondita ed è meglio che non faccia nulla (credo sia meglio non fare i tuttologi ma limitarsi alle cose che si conoscono bene), io ho seguito tanti corsi di aggiornamento, le persone che ho trovato più preparate sulle cose concrete e che meglio di altri hanno saputo dire ciò che era utile a creare lagiusta sensibilità, sono stati personaggi formatori che provenivano da ambienti produttivi di famose aziende metalmeccaniche e alimentari, portavano esempi concreti e non solo la mera illustrazione di articoli di legge, credo che non sia semplice stabilire chi è più bravo e chi lo è meno a fare formazione, anche l'ingegnere più titolato se non ha capcità comunicative e capacità di comprendere le esigenze dell'utenza che si presenta di volta in volta può non essere idoneo e far addormentare o non creare la giusta sensibilità, penso sia un grande REBUS difficile da sciogliere, forse..... potrebbe essere praticabile la prodeura per l'abilitazione a consulente ADR con esami periodici su temi specifici, ma dico forse e ho grossi dubbi, spero si faccia chiarezza, una cosa sola è chiara che più le cose si fanno complicate per le aziende e più le stesse vengono incentivate a trasferirsi in Svizzera o Austria....... |
Rispondi Autore: Noodles - likes: 0 | 04/03/2013 (11:35:49) |
Ancora non comprendo se la figura del formatore/docente esegue la sua professione a 360°.. precisamente nel settore industriale in regime di legge 334/99 cioè fabbriche con il rischio di incidente rilevante la formazione è contemplata nel dm 16 marzo del 1998.. mi chiedo se questo formatore deve tenere conto della specificità di questa legge o il docente di cui stiamo parlando esegue la formazione solo per quanto riguarda il decreto 81? |