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Come prevenire il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori

Come prevenire il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Movimenti ripetitivi e sovraccarico

24/05/2017

Un Piano di Prevenzione si sofferma sul sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. Indicazioni per la prevenzione del rischio: gli interventi strutturali, gli interventi organizzativi e gli interventi formativi e di aggiornamento.

Come prevenire il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori

Un Piano di Prevenzione si sofferma sul sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. Indicazioni per la prevenzione del rischio: gli interventi strutturali, gli interventi organizzativi e gli interventi formativi e di aggiornamento.

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Monza, 23 Mag – Le patologie muscolo-scheletriche in questi ultimi anni sono diventate sempre più la principale patologia professionale riconosciuta nei sistemi assicurativi europei e finalmente comincia a filtrare nelle aziende, anche attraverso le varie campagne di informazione realizzate, la consapevolezza del rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. Ma esistono tuttavia interventi in grado di affrontare e prevenire questo rischio? Cioè una volta che il rischio venga valutato adeguatamente che possibilità ha l’azienda di trasformare questa valutazione in una migliore tutela dei lavoratori?   

 

Per rispondere a questa domanda possiamo fare riferimento ad un documento correlato al Piano Mirato di Prevenzione, dal titolo “Il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori: un rischio sottovalutato”, messo in atto nel 2016 dall’ ATS Brianza e dai Comitati di Coordinamento Provinciali di Monza Brianza e Lecco.

 

Il documento “Il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori: un rischio sottovalutato. Guida per le imprese”, che rappresenta la sintesi condivisa del lavoro svolto da un gruppo di lavoro costituito nell’ambito del Comitato di Coordinamento Provinciale ex art.7 DLgs 81/08 dell’ATS Brianza, si sofferma su vari temi inerenti il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori: effetti sulla salute, normativa, valutazione, prevenzione e sorveglianza sanitaria. E un intero capitolo è riservato agli interventi di bonifica.

 

Infatti “qualora la valutazione dell’esposizione e lo studio delle patologie muscolo-scheletriche correlate al lavoro abbiano evidenziato la presenza di un rischio legato ai movimenti ripetitivi e/o sforzi degli arti superiori è necessario attuare interventi relativi a tre di aree di intervento”:

- strutturale (posto di lavoro, utilizzo di strumenti ergonomici). Gli interventi strutturali (disposizione ottimale del posto di lavoro, degli arredi e del lay-out; scelta degli strumenti ergonomici) tendono a migliorare gli aspetti legati a uso di forza, posture e movimenti incongrui, compressioni localizzate;

- organizzativa (ritmi, pause, rotazioni). Gli interventi organizzativi (progettazione ergonomica del lavoro) tendono a migliorare gli aspetti legati a alta frequenza e ripetitività’ dei gesti per tempi protratti, assenza o carenza di adeguati periodi di recupero;

- formativa (sui rischi e danni, modalità di svolgimento dei gesti e uso delle pause). Gli interventi formativi e di aggiornamento (informazioni appropriate su specifici rischi e danni, predisposizione concrete modalità di svolgimento dei gesti di lavoro e di utilizzazione delle tecniche, suggerimenti relativi alla utilizzazione delle pause) sono complementari agli altri tipi di intervento.

E si sottolinea che l’efficacia degli interventi dipende proprio “dall’azione coordinata e pressoché contemporanea su queste tre aree di intervento”.

 

Rimandando alla lettura integrale del documento, che riporta diverse tabelle, anche con riferimento alle soluzioni rapportate ai fattori di rischio, veniamo agli interventi strutturali.

 

Gli interventi strutturali “riguardano principalmente la disposizione ottimale del posto di lavoro, degli arredi e del lay-out e la scelta di strumenti di lavoro ergonomici. Essi tendono in generale a migliorare gli aspetti legati a posture e movimenti incongrui, a compressioni localizzate di strutture anatomiche degli arti superiori, a un uso eccessivo della forza. Gli interventi strutturali tendono pertanto a ridurre le conseguenze derivanti principalmente dai fattori di rischio ‘postura’ e ‘forza’ e, secondariamente, da altri fattori di rischio complementari”.

 

Il documento si sofferma sui criteri per contenere il fattore di rischio “postura”:

- il principio fondamentale è “rivolto ad evitare movimenti o posizioni protratte che costringano le articolazioni ad operare ai limiti della loro massima ampiezza di escursione. È necessario porre attenzione a consentire il mantenimento di una postura o un movimento articolare al di sotto del 50% della massima possibilità di escursione per ciascuna articolazione”;

- per consentire agli arti superiori di lavorare in posizione corretta è “spesso necessario ‘disegnare’ correttamente il posto di lavoro in modo da ottenere: adeguate altezze del piano operativo, sia per posizioni erette sia per posizioni sedute; adeguata altezza del sedile per le posture assise; adeguate aree operative per gli arti superiori”.

 

Veniamo ai criteri per contenere il fattore di rischio “forza”:

- il principio fondamentale è “rivolto a evitare lo sforzo muscolare eccessivo durante l’esecuzione di un compito (richiesta di forza eccedente la normale capacità individuale). Va inoltre ricordato che posture sfavorevoli di ogni articolazione dell’arto superiore, in particolare del polso e della mano, riducono anche drasticamente la capacità di applicazione di forza da parte della muscolatura del segmento interessato”;

- per ridurre intrinsecamente l'uso eccessivo di forza, vanno applicate le seguenti indicazioni: evitare contrazioni anche occasionali di entità superiore al 50-60% della massima capacità individuale; l’impegno muscolare medio di un gruppo muscolare non deve superare in durata il 15% della massima capacità nel turno di lavoro”.

Si segnala che tanto più bassa sarà l'entità dell’impegno muscolare, “tanto maggiore sarà la durata consentita di tale impegno (relazione esponenziale). E ancora, tanto più bassa sarà l'entità dell’impegno muscolare, tanto più alta sarà la frequenza di azioni tecniche utilizzabile e permessa nello svolgimento del compito ripetitivo, con conseguenti positive ripercussioni anche sulla ‘produttività’. In generale, una riduzione di richiesta di forza può essere ottenuta utilizzando strumenti a motore, strumenti meccanici di presa e di fissazione della presa, leve più vantaggiose azionabili in posizioni migliori da gruppi muscolari più forti o, infine, con la meccanizzazione globale dell’azione”.

 

Ed il documento non poteva poi non soffermarsi sugli strumenti di lavoro che devono rispondere ad una “serie di requisiti per consentire di contenere i fattori di rischio ‘postura’ e ‘forza’ e di conseguenza anche il rischio di infortunio”.

In particolare uno strumento di lavoro ergonomico deve “consentire di:

- evitare deviazioni del polso superiori al 50% dell'escursione articolare;

- evitare azioni ripetute con un solo dito;

- evitare impugnature che costringano a posizioni di presa sfavorevoli all’applicazione

della forza;

- evitare movimenti a strappo e a colpi;

- evitare compressioni localizzate;

- evitare la trasmissione di vibrazioni meccaniche”.

Si segnala poi che lo strumento utilizzato “deve inoltre essere rivestito da materiale non scivoloso, né conduttore di calore, privo di bordi taglienti, estremità appuntite e altre sporgenze non protette”.

 

Riportiamo alcune indicazioni anche sugli interventi organizzativi.

 

Gli interventi organizzativi sono “necessari quando si riscontrano alta frequenza di azioni tecniche e/o insufficienti periodi di recupero funzionale”. E i principali criteri d’intervento “sono:

a) Riduzione del numero di azioni tecniche intrinsecamente al ciclo

b) Presenza e adeguata distribuzione dei tempi di recupero

c) Introduzione della turnazione su più compiti

d) Riduzione dei ritmi di lavoro (nei casi estremi)”.

 

Si segnala che il primo e più importante intervento consiste nel “ridurre il numero di azioni tecniche intrinseche al ciclo, secondo l’ordine ed i criteri di seguito elencati:

- evitare azioni dovute a inconvenienti tecnici ricorrenti;

- evitare azioni inutili, rivedendo le procedure di lavoro;

- ripartire le azioni fra i due arti per le attività meno complesse;

- ridurre la ripetizione di azioni identiche ad alta frequenza, introducendo fasi automatiche;

- ridurre le azioni accessorie;

- aumentare il numero di addetti, laddove non sia possibile ridurre altrimenti la frequenza.

È opportuno quindi ottimizzare per qualità e quantità le azioni tecniche necessarie per compiere un ciclo lavorativo”.

In ogni caso l'individuazione delle modifiche da porre in atto è “possibile solo dopo un’attenta analisi delle azioni compiute nel ciclo”.

 

Il documento si sofferma poi sull’importanza di adeguati tempi di recupero: “il rapporto ottimale tra periodi di lavoro ripetitivo e periodi di recupero è di 5:1” e “un periodo di recupero dovrebbe intervenire almeno ogni ora di lavoro ripetitivo”.

A questo proposito si indica che è “opportuno:

- ottimizzare la distribuzione delle pause ufficiali, riducendo eventualmente la durata di ogni singola pausa, ma aumentandone la frequenza nella giornata lavorativa;

- predisporre le pause possibilmente alla fine di un'ora di compito ripetitivo;

- evitare di prevedere delle pause vicine all'orario d’inizio della pausa per il pasto e all'ora di fine turno”.

 

Inoltre la rotazione su più compiti “può essere utile per ridurre il rischio di esposizione laddove consenta di alternare i lavoratori su lavorazioni con differenti livelli di rischio. Analogamente è utile l'alternanza su posti con differente impegno dei due arti superiori (destro e sinistro). La rotazione consente altresì, attraverso lo svolgimento di lavori alternativi non ripetitivi, di introdurre dei periodi di recupero per gli arti interessati”.

 

Concludiamo segnalando che il documento si sofferma anche sugli interventi formativi e di aggiornamento con riferimento sia alla formazione dei lavoratori che alla formazione dei tecnici di produzione, capireparto e dirigenti.

 

 

ATS Brianza, “ Il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori: un rischio sottovalutato. Guida per le imprese”, documento che rappresenta la sintesi condivisa del lavoro svolto da un gruppo di lavoro costituito nell’ambito del Comitato di Coordinamento Provinciale ex art.7 DLgs 81/08 dell’ATS Brianza correlato al Piano Mirato di Prevenzione “Il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori: un rischio sottovalutato” (formato PDF, 1.29 MB).

 

ATS Brianza, “ Scheda di autovalutazione”, documento correlato al Piano Mirato di Prevenzione “Il sovraccarico biomeccanico degli arti superiori: un rischio sottovalutato” dell’ATS Brianza (formato DOC, 262 kB).

 

Leggi gli altri articoli di PuntoSicuro sui rischi correlati ai movimenti ripetitivi e al sovraccarico biomeccanico

 

 

Tiziano Menduto



Creative Commons License Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

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