Storie di infortunio: un carico facile
Pubblichiamo una storia dal titolo “Un carico facile” a cura di Giovanni Muresu e Roberto Costanzo, Servizio Pre.S.A.L. della Asl AL: un autista mentre sistemava una cinghia che serviva per bloccare alcuni bancali di pannelli di legno al pianale di un semirimorchio, è caduto dal carico che stava assicurando, precipitando a terra.
La storia è tratta dal sito del Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute della Regione Piemonte ( Dors) che raccoglie storie d'infortunio rielaborate dagli operatori dei Servizi PreSAL delle ASL piemontesi a partire dalle inchieste di infortunio.
UN CARICO FACILE
a cura di Giovanni Muresu e Roberto Costanzo, Servizio Pre.S.A.L. della Asl AL
Che cosa è successo
Un autista mentre sistemava una cinghia che serviva per bloccare alcuni bancali di pannelli di legno al pianale di un semirimorchio, è caduto dal carico che stava assicurando, precipitando a terra. Il lavoratore ha subito un trauma cranico ed è stato trasportato all’ospedale in prognosi riservata.
Chi è stato coinvolto
Marcovalerio era un autista di 48 anni dipendente di un’importante azienda di trasporti. A seguito dell’infortunio, l’Inail ha riconosciuto un’inabilità temporanea di 504 giornate e un’invalidità permanente del 70%. L’infortunato ha riportato un deficit cognitivo e non ha più potuto riprendere alcuna attività lavorativa.
Dove e quando
L’infortunio è avvenuto nel maggio 2013 all’interno di un’azienda di lavorazione del legname della provincia di Alessandria.
Che cosa si stava facendo
Le operazioni di carico svolte dai carrellisti dell’azienda produttrice di pannelli in legno erano presidiate da Marcovalerio che mediante alcune cinghie fissava di volta in volta i pannelli di legno al pianale del semirimorchio. Per consentire le operazioni di carico, l’autista aveva preventivamente spostato il telo superiore e laterale sinistro verso la cabina di guida e tolto le centine dello stesso lato guida.
In un primo tempo ha fissato i ganci delle cinghie sotto il pianale sul lato destro, opposto al lato guida, ha fatto passare le cinghie tra la sponda e il telo e le ha posizionate sul pianale del semirimorchio. Successivamente, è salito sul pianale e ha gettato le restanti parti di cinghia verso l’esterno passandole sulla sommità del lato destro e adagiandole a terra a lato del semirimorchio (schema 1).
Schema 1: posizione della cinghia prima dell’inizio delle operazioni di carico – Vista posteriore autocarro
Le operazioni di carico erano iniziate in prossimità della cabina di guida dell’autocarro e quindi Marcovalerio fissava il carico man mano che veniva completato, facendo passare le cinghie, situate a terra sul lato destro del mezzo sopra il carico verso il lato opposto (schema 2).
Schema 2: posizione della cinghia al termine delle operazioni di carico – Vista posteriore autocarro
Al termine delle operazioni di carico, l’autista è salito sui pannelli di legno e, dopo aver recuperato la cinghia, l’ha gettata sul lato guida per metterla in seguito in tensione e agganciarla al semirimorchio.
A un certo punto
Per mettere in tensione manualmente la quarta cinghia sfruttando il proprio peso, Marcovalerio l’ha afferrata ed ha abbandonato l’appoggio dei piedi sul carico (schema 3).
Schema 3: posizione di Marcovalerio nell’operazione di tensionamento della cinghia, prima della caduta a terra – Vista posteriore autocarro.
Nella fase di discesa di Marcovalerio verso il pavimento, la cinghia si è sganciata dal pianale cui era ancorata sul lato destro del semirimorchio, facendolo precipitare; il lavoratore ha urtato violentemente la testa contro il pavimento perdendo conoscenza.
“… insieme al mio collega (io a piedi e lui sul carrello) ci dirigevamo in magazzino per abbinare un pacco di pannelli di compensato per poi caricarli. Quando eravamo a circa 30 metri dal camion in caricamento, ho sentito un forte colpo, rumore insolito per quelli che si sentono durante le lavorazioni, mi sono voltato ed ho visto l’autista del camion disteso a terra”.
Cosa si è appreso dall’inchiesta
Lo spostamento delle cinghie adagiate a terra esternamente alla sponda sul lato chiuso dal telo e il completamento del passaggio sotto la centinatura, richiedeva un’operazione manuale dall'interno del semirimorchio, già parzialmente caricato, a contatto con il carico. Ionel, autista di un altro mezzo che stava seguendo il proprio carico di pannelli, infatti, ha confermato che Marcovalerio quel giorno era salito sul carico. Dal lato aperto del semirimorchio il fissaggio del carico con le cinghie appariva come segue. Nella zona vicina alla cabina di guida, due cinghie (n. 1 e n. 2) erano in trazione e fissate alla sponda ormai chiusa con carico terminato per quell’area.
La terza cinghia si trovava invece arrotolata sul carico mentre la quarta cinghia era arrotolata sul pavimento.
Dopo aver agganciato quattro cinghie dal lato destro del semirimorchio dove il telo era abbassato, è probabile che Marcovalerio sia salito sopra al carico di pannelli ad un’altezza di circa 2,80 m da terra. Inoltre, sul pannello in legno più esterno del carico, in corrispondenza della posizione delle cinghie n. 3 e n. 4 non ancora in tensione, era visibile l’impronta di una scarpa sinistra che corrispondeva per conformazione della suola alle scarpe indossate da Marcovalerio al momento dell’infortunio. I segni marcati e ben definiti indicano una pressione significativa della suola della scarpa sul pannello in legno, che corrisponde, verosimilmente, ad una forza esercitata pari almeno al peso di chi ha tirato la cinghia per assicurare il carico, prima di completare l'operazione di fissaggio sul lato aperto.
Nonostante l'azienda di trasporti avesse organizzato correttamente incontri di formazione e informazione per gli autisti, nella realtà i lavoratori, operando principalmente in aziende diverse, eseguono in piena autonomia le operazioni di fissaggio del carico sui loro mezzi di trasporto. Un collega di Marcovalerio ha, infatti, specificato:
“Ogni carico condiziona il modo di operare il fissaggio delle cinghie e ogni autista segue le sue procedure in base a come si sente più sicuro nell’operazione. Normalmente, andando a caricare in varie aziende con tipologie differenti di carico, il fornitore della merce indica il modo corretto per fissare il carico in sicurezza senza danneggiarlo e l’autista, di conseguenza, seguendo le indicazioni fornitegli si attiva con il suo metodo a fissare le cinghie…”.
Tale affermazione lascia intendere che ci sia tra gli autisti una sorta di subcultura che riguarda le abilità nel fissaggio dei carichi, che poco ha che vedere con la formazione e informazione aziendale, che comunque è stata effettuata. Si può verosimilmente supporre che Marcovalerio, sicuro delle sue capacità, abbia adottato di sua iniziativa un comportamento anomalo, nella sua metodologia operativa, che l'ha portato ad avere un'eccessiva tranquillità, spingendosi oltre i normali limiti di precauzione per operare in sicurezza. Decisiva è stata l'operazione di tirare la cinghia puntando il piede sul pannello verticale del carico già fissato e di sfruttare il peso del proprio corpo per la trazione prima di scendere a terra e fissare la cinghia al cricchetto che serve per metterla in tensione e in sicurezza.
Raccomandazioni[1]
L’attività di formazione/informazione è indispensabile, oltre che prevista a livello normativo, ma da sola non é sufficiente. Soprattutto quando il lavoratore si viene a trovare in ambienti esterni all'azienda di appartenenza, rimane una significativa componente di autonomia e discrezionalità che sfugge alle nozioni apprese nella formazione e che sovente prevale sulle raccomandazioni teoriche ricevute. L'agire umano, in questo senso, diventa imprevedibile perché le situazioni sono elaborate da chi le vive e vengono adattate al proprio modo di approcciare la realtà. In questo senso è evidente che, oltre alla formazione specifica in certi settori, sia indispensabile sensibilizzare e formare i lavoratori all'utilizzo di processi di problem solving dedicati a incrementare quegli strumenti intellettuali utili nei momenti in cui, fuori dall'ambiente protetto aziendale, si trovano a farsi carico di scelte operative che in alcuni casi possono rivelarsi fatali. Per la loro incolumità, gli autisti predispongono il mezzo al carico/scarico attraverso lo spostamento dei teloni laterali, rimozione centine da un lato o in base ad esigenze sui due lati. Invece, non devono partecipare alle operazioni di carico/scarico posizionandosi in zona indicata dall’azienda ospitante. Rimane l’obbligo da parte dell’autista del fissaggio del carico prima di eseguire il trasporto o del suo sbloccaggio nella fase di consegna.
Nelle fasi di fissaggio e sbloccaggio del carico gli autisti devono sottostare alle seguenti disposizioni:
- divieto assoluto alla salita sul carico;
- utilizzo corretto della scala in dotazione all’autocarro;
- utilizzo di attrezzature (scala a palchetto, piattaforme), fornite dall’azienda ospitante, che deve essere concordato preventivamente da parte della propria azienda di appartenenza, nel caso in cui la scala in dotazione non sia adatta a garantire un accesso sicuro in quota, in relazione alla tipologia del carico.
Come è andata a finire
Nell’inchiesta non si sono evidenziate responsabilità nei confronti del datore di lavoro dell’azienda per cui lavorava Marcovalerio. I colleghi di lavoro hanno aderito volontariamente a un fondo di solidarietà, della durata di un anno, per compensare le minori entrate economiche causate dall’assenza dal lavoro e anche la direzione dell’azienda ha partecipato all’iniziativa. Non riuscendo ad accettare la situazione, i familiari si sono subito mobilitati per attivare anche su base civile un contenzioso con l’azienda per il riconoscimento di un indennizzo dei danni subiti dal loro congiunto. Il processo civile non ha portato a esiti differenti da quanto già emerso in sede penale e non sono state accertate responsabilità, né riconoscimenti di indennizzi economici.
Marcovalerio, purtroppo, ha riportato un danno cognitivo permanente che a distanza di tempo non accenna a regredire e non è attualmente in grado di condurre una vita autonoma. L’azienda ha offerto alla moglie di Marcovalerio un posto di lavoro come addetta al centralino e alla portineria ma l’offerta è stata rifiutata. Evidentemente, i familiari di Marcovalerio si stanno misurando con un dramma di proporzioni immense, difficile da accettare, che tocca sia la sfera degli affetti avendo perso il loro congiunto, presente fisicamente ma svuotato di tutti gli aspetti cognitivi, sia il versante economico. Infatti, a seguito dell’infortunio si è ridotta significativamente la fonte di reddito che permetteva alla famiglia di condurre una vita senza privazioni e di pagare il mutuo gravante sull’abitazione acquistata in precedenza.
Tratto da " UN CARICO FACILE" (pdf, 0.6 MB)
[1] Le raccomandazioni sono state elaborate dalla comunità di pratica sulle storie di infortunio riunitasi il 19 settembre 2017 a Biella e costituita da: Rosalba Altopiedi, Silvia Ambrogio, Marco Basso Monica Caramello, Piero Corino, Giovanni Debernardi, Marco Ferro, Sandro Ferro, Anna Ghisa, Michele Giacosa, Francesco Giorgis, Angela Griffa, Giorgio Griffa, Marcello Libener, Fabrizio Macagno Gabriele Mottura, Antonino Nebbia, Roberto Nicola, Marisa Saltetti, Angelo Vella; infine sono state riviste dagli autori della storia.
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